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« ManifestoViaggio nel cuore dell'inferno »

Viaggio verso Auschwitz

Post n°2 pubblicato il 16 Ottobre 2010 da ilpresidente_77
 

Le persone non fanno i viaggi,
sono i viaggi che fanno le persone.
John Steinbeck - Viaggio con Charley


Auschwitz

I chilometri che separano Auschwitz da Cracovia sembrano sempre interminabili. Sono sessanta ma potrebbero essere seicento. Ti lasci alle spalle una città piena di vita per attraversare delle campagne silenziose, in un viaggio automobilistico lento e cadenzato. Sessanta chilometri sono un buon viatico, una giusta attesa in una direzione percorsa da molte migliaia di persone, verso quel nome tedesco che soverchia l'originale polacco e marchia inesorabilmente una zona di terra polacca. Verso Auschwitz.
Attraversi Oświęcim, ma sfugge via. Non ti sembra nemmeno essere Auschwitz. Forse anonima, sicuramente diversa. Non cerca di colpirti, di farsi ricordare, non vorrebbe il peso della memoria. Forse non si tratta solo di differenze linguistiche, di due parole diverse per indicare lo stesso luogo. Eppure quando giungi a Oświęcim uno dei luoghi cardine per "la soluzione finale della questione ebraica" è oramai a porta di mano.
Poco più avanti, questione di pochi minuti ad attenderti c'è un grande parcheggio. Non è lì per te. Ha visto passare tantissima gente e, speriamo, ne vedrà passare ancora tanta altra, ma in fine è solo una distesa di cemento con qualche pianta. Null'altro. Nulla ti induce a capire che quello sia il posto che l'Unesco ha inserito nella lista dei patrimoni umanità per non fare dimenticare uno tra i peggiori capitoli della storia recente dell'umanità.  Nulla ti introduce a ciò che ti aspetta. Potresti essere ovunque.
In verità non ti accorgi di essere veramente Auschwitz fin che non vedi il famoso cancello. L'ingresso, la cassa, tutto il resto potrebbero quasi essere cornice e sfondo di un qualunque museo. Solo quando vedi le ignobilmente famose parole "ARBEIT MACHT FREI" capisci veramente di essere ad Auschwitz. Sono solo una copia, ma il significato originario resta sempre immutato "Il lavoro rende liberi". Estrema beffa. Impossibile che dei deportati da mezza Europa potesse avere la minima speranza di qualche forma di libertà.
E' il primo segno fisico che ti incide, che ti fa toccare la fisicità del luogo.
Non condivido l'emozione di fermarmi proprio sotto quella scritta e quella sbarra alzata per una foto, in una foto. Non capisco quella voglia di essere immortalati, di avere una prova per affermare la propria presenza. Non comprendo questo desiderio di quella prova come in una foto vicino ad uno dei tanti gioiosi monumenti che tempestano le varie città mondiali. Non è questione di giusto o sbagliato o semplicemente di rispetto, è solo che non ne sento il bisogno. Non credo che sarà difficile scordarsi il luogo dove oltre 1.000.000 di persone trovarono la morte.

(fine parte prima)

 

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Commenti al Post:
bluewillow
bluewillow il 18/10/10 alle 10:33 via WEB
E' un genere di cose che non capisco nemmeno io, forse qualcuno pensa che una foto rafforzi la memoria, non vede in questo del grottesco, anche se, ripeto,non è quello che farei io.
 
 
ilpresidente_77
ilpresidente_77 il 20/10/10 alle 19:34 via WEB
Come ho detto è una cosa estranea a me al mio modo di pensare, che non mi appartiene che non ho fatto e che non farei. Ognuno può decidere con la sua testa alla fine a me risulta un po' grottesco tutto ciò.
 
cateviola
cateviola il 22/10/10 alle 09:53 via WEB
è una questione di sensibilità, non credo ci sia altro da dire. Il ricordo credo sia comunque incancellabile, anche senza foto-ricordo
(sul bisogno in generale di fermare gli attimi e sull'esigenza di catturare in immagini momenti vissuti e nell'istante già consumati ... cosa che mi riconosco, confesso, anche se con eccezioni, il discorso sarebbe lungo)
 
 
ilpresidente_77
ilpresidente_77 il 25/10/10 alle 18:58 via WEB
non dico che sia sbagliato fare foto in quel luogo, la fotografia è un modo di comunicare, non mi ritrovo nel fare certe foto; solo questo
 
odio_via_col_vento
odio_via_col_vento il 25/10/10 alle 07:52 via WEB
sono viaggi dovuti. per non far spegnere la memoria
 
 
ilpresidente_77
ilpresidente_77 il 25/10/10 alle 19:01 via WEB
ho scelto la citazione di Steinbeck, perché rappresenta a pieno il senso di quel giorno; al di là di tante considerazioni (es. considero Se questo è un uomo di Primo Levi uno dei miei libri fondamentali) è stato un giorno intenso che mi ha tocca nel profondo e nell'intimo molto di più di quello che potessi pensare a priori
 
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Un blog di: ilpresidente_77
Data di creazione: 03/09/2010
 

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