Liberi e giusti

La rabbia dei ricercatori italiani bocciati in patria, ma premiati all'estero

«Cara ministra, la prego di non vantarsi dei miei risultati». Inizia così il duro messaggio di Roberta D'Alessandro, ricercatrice italiana che vive e lavora in Olanda, a Stefania Giannini.

  Con questa parole la ricercatrice Roberta D'Alessandro gela la ministra Giannini inorgoglita dal successo degli italiani, e soprattutto delle italiane, al prestigioso bando - da oltre mezzo miliardo - dell'European Research Council.
  Scriveva infatti la ministra: "Colpisce pisitivamente il dato del numero di borse totali ottenute dai nostri ricercatori, che ci posiziona al terzo posto insieme alla Francia, soprattutto colpisce il fatto che siamo i primi per numero di ricercatrici che hanno ottenuto un riconoscimento. Complimenti ai nostri ricercatori e alle nostre ricercatrici".

 "Ma quei successi non sono affatto italiani -  replica la dott.ssa D'Alessandro -  L'Italia non ci ha voluto e non deve appropriarsene"

  Per i riceratori, infatti, bocciati in Italia e superpremiati all'estero, questa vittoria si tinge di amaro, l'amarezza di non essere mai profeti in patria, l'amarezza di dover emigrare e lasciare in Italia persone amate, l'amarezza di portare altrove il proprio genio dopo tutto il sacrificio che il sistema Italia e la sua bistrattata scuola hanno fatto per formarti.
   Ma forse non è solo questione di raccomandazioni se in Italia le cose vannno così, il vero problema, per me, è sempre il parassitismo di Stato: regalare soldi per non lavorare piuttosto che offrire lavoro e opportunità al genio e alla buona volontà. L'Italia non premia il lavoro, il genio, il rischio, l'innovazione ma il mantenutismo, questo è il cancro che ci ucciderà.