Creato da roby.floyd il 31/01/2014
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Messaggi del 27/03/2017

Fredda esecuzione

Post n°419 pubblicato il 27 Marzo 2017 da roby.floyd

Salvatore entrò nella gelateria con la sua famiglia, rilassato e sorridente.
"Buongiorno a tutta questa bella gente!"
Si voltarono praticamente tutti per rispondere, ma una volta visto chi era, il silenzio regnava nel locale; il ragazzo che era dietro al bancone rimase impalato con gli occhi sbarrati e l'aria che era fuoriuscita dai polmoni come un palloncino bucato.
Era rimasto fermo con la paletta piena di gelato in un mano e con un cono nell'altra.
"E che è, guaglio', non si saluta?"
"Buongiorno" rispose sottovoce il ragazzo, e, a seguire, gli altri presenti.
Salvatore Gargiulo, detto 'o Chiattone, per i suoi 150 Kg conditi anche di cattiveria, si era palesato in gelateria con a fianco i suoi due bambini che, golosi, si guardavano attorno, due gemellini sui sette anni, dai capelli biondi con boccoli d'oro, in una parola due angioletti...che portavano a spasso il diavolo.
Dopo di loro entrò la madre dei bambini, la donna del boss, una moldava dalla pelle slavata, gli occhi azzurri e freddi e un pesante trucco da vecchia battona.
L'allegra famigliola si sedette a uno dei tavoli del locale pronti a ordinare il loro gelato.
Un cameriere arrivò di corsa, ossequioso e scattante, mentre alcuni dei clienti si allontanavano dimenticandosi di ritirare  le loro ordinazioni.
"Buongiorno signore, è un piacere averla nel nostro locale signore; cosa le porto signore?"
Salvatore sorrise, ma i suoi occhi divennero cattivi: " Primm 'e criatur!"
Il ragazzo annuì inchinandosi, ancora un pò e sarebbe arrivato a leccare il pavimento davanti al boss.
Prese le ordinazioni e sparì velocemente.
Salvatore si guardò intorno soddisfatto; fissò uno per uno gli avventori della gelateria, cercando il loro sguardo.
Voleva vedere chi lo salutava e chi no, voleva sapere chi abbassava gli occhi e chi andava via perchè teneva paura.
Non che la cosa gli dispiacesse più di tanto, anzi, voleva che avessero paura, voleva che si ricordassero chi comandava lì.
Quello era il suo quartiere...quella era roba sua.
Arrivarono i gelati e i bambini sorrisero contenti.
Lui annuì, e il cameriere sparì ancora una volta.
Guardò distrattamente la sua coppa cioccolato e crema, ma non fece in tempo ad afferrare il cucchiaino che uno dei suoi uomini entrò avvicinandosi come un'ombra, gli parlò all'orecchio , poche parole sussurrate in fretta, il boss alzò gli occhi al cielo e tirò un lungo sospiro.

Non aveva un attimo di pace.

Si alzò lentamente poggiandosi con forza sui braccioli della sedia.
"E adesso dove vai?" Chiese la donna.
"E' una questione di lavoro, cinque minuti e torno".
"Lavoro, lavoro, lavoro. Tu sempre lavoro e mai stai con noi".
"Hai ragione tesoro mio, ma ci metto poco. Torno prima che si sciolga il gelato".
Salvatore uscì dalla gelateria portando a spasso il suo corpo grasso e riflettendo sul fatto che Yleana aveva ragione, fra il lavoro e la latitanza non teneva mai tempo per loro, ma purtroppo non poteva sottrarsi ai suoi doveri.
Era un capo e doveva comportarsi da capo.
Si avviò in uno dei vicoli laterali  attorno alla gelateria, i suoi due uomini un passo dietro di lui a rimarcare la gerarchia.
Entrò in quello che sembrava solo un vecchio garage dal portone arrugginito e ammaccato, uno dei suoi gli aprì ossequioso la porta.
Entrarono in una stanzetta dal soffitto basso, con una lampadina nuda che ondeggiava al soffitto e da lì ancora una porta, uno stretto corridoio e si aprì davanti a loro uno stanzone senza finestre con i muri scrostati e carichi di umidità.
Tutto lo spazio era occupato da tre lunghe file di macchine da cucire, rotoli e stoffe erano accatastati negli angoli e una decina di donne spaventate se ne stavano ammassate nel fondo.
Era uno dei suoi laboratori di falsi, uno dei tanti affari che controllava nella zona, quattro stracci che, con la giusta etichetta, si trasformavano in soldi, certo, non era redditizio come il traffico di droga o l'estorsione, ma era pur sempre una tradizione di famiglia a cui non sapeva rinunciare.
Prima di lui lo controllava suo padre e, prima ancora, suo nonno, e poi dava lavoro nella zona, e il consenso del quartiere era una merce preziosa che non poteva perdere.
Si guardò attorno soddisfatto, avevano eseguito i suoi ordini.
Il ragazzo era in ginocchio in mezzo allo stanzone, fra due macchine da cucire vuote, aveva le braccia distese lungo il corpo e la testa bassa.
Sentì i passi pesanti di Salvatore che si avvicinavano e alzò lo sguardo; la bocca era un ammasso di sangue e denti rotti, il naso gonfio e deformato, gli occhi tumefatti.
Qualcuno dei suoi si era divertito, ma senza esagerare.
'O Chiattone scuoteva la testa sconsolato, come un buon padre di famiglia che sorprende il figlio a fare quello che non deve.
E proprio quello era per lui il ragazzo, un figlio, uno dei tanti che aveva nella sua organizzazione, uno dei tanti che toglieva dalla strada e a cui dava un lavoro, delle regole, un avvenire.
E quello che faceva per ringraziarlo?
Lo fregava, gli fotteva i soldi, faceva la cresta sugli incassi del laboratorio e cercava di mettersi in affari con i suoi nemici.
Certe cose gli facevano male al cuore.
I due si guardarono negli occhi; il ragazzo, in ginocchio, provò a biascicare qualche parola di scusa, ma il sangue usciva dalla sua bocca impastata e le parole risuonavano incomprensibili nello stanzone.
Salvatore aveva lo sguardo duro, ma si mostrò dispiaciuto a beneficio delle donne che assistevano in silenzio alla scena.
il ragazzo prese a tremare e piangere, giunse le mani in una preghiera rivolta al suo padrone; Salvatore allungò una mano alla sua destra e uno degli uomini al suo fianco gli porse una pistola.
Il ragazzo cominciò a pisciarsi addosso.
'O Chiattone gli sparò in faccia.
Il colpo risuonò assordante confondendosi con le urla delle donne; il corpo cadde a terra e una pozza di sangue si allargò sul pavimento di cemento grezzo.
Salvatore diede un altro lungo sospiro per far pensare che lo avesse fatto a malincuore e restituì la pistola girandosi e andando via.
In pochi minuti tornò al suo tavolo, alla gelateria, e si sedette davanti ai suoi figli che si stavano impiastricciando con il gelato.
"Com'è il gelato, bell 'e papà? E' buono?"
I bambini annuirono completamente assorti nelle loro coppette.
Si voltò verso la sua donna, Ylenia, che aveva ancora lo sguardo imbronciato, ma lui le sorrise dolce.
"Hai visto che ho fatto presto? Il gelato non s'è sciolto nemmeno".

 
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