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LA MINACCIA DIGITALE: MEMORIA INDELEBILE

Post n°155 pubblicato il 11 Aprile 2012 da ilblogdelmar
 

Di Chiara Manfredini

Mai come nell'universo digitale le parole "per sempre" sembrano avere più fondata attinenza. Al pari di un infinito dialogo amoroso la promessa di Internet ai suoi utenti si rinnova quotidianamente per l'eternità a garanzia del diritto ad informarsi e ad essere informati. Ogni giorno sono quattro milioni i dati e le informazioni che ci riguardano che finiscono in rete e sui quali non abbiamo alcun controllo. Il tema è al centro di un dibattito che coinvolge i Paesi dell'Unione mentre a Strasburgo si lavora per varare una regolamentazione a tutela della privacy che tenga conto delle difficoltà sorte dopo la nascita dei social network. Il quesito al centro del dibattito è il seguente: abbiamo diritto a richiedere la cancellazione dalla rete di informazioni che ci riguardano? Tanti sono gli aspetti in gioco. Da una parte il diritto all'informazione e dall'altra il diritto alla privacy e alla sicurezza dei dati personali. Come conciliare queste esigenze? Ci prova Viviane Reding, Commissario UE per la Giustizia, con una proposta di revisione della legislazione comunitaria sulla protezione dei dati personali presentata lo scorso 25 gennaio: una direttiva e un regolamento che saranno esaminati dal Parlamento europeo e dai singoli Stati. L'obiettivo è quello di una normativa unica per tutti i Paesi membri, con la previsione di pesanti sanzioni per i trasgressori. La novità più importante è che per la prima volta viene riconosciuto il "diritto all'oblio", ossia la possibilità per gli utenti di richiedere la cancellazione di dati e informazioni che lo riguardano laddove questi non siano più necessari in relazione alle finalità per cui erano stati raccolti. E' previsto anche l'obbligo da parte del soggetto che ha reso pubblici i dati di informare della richiesta di cancellazione i soggetti che abbiano copiato o linkato le informazioni. Oltre a ciò altre disposizioni prevedono che non sarà più il cittadino a dover dimostrare l'illiceità dell'uso dei propri dati, ma il titolare a doverne dimostrare la liceità. Le sanzioni in caso di non ottemperanza sono pesanti: si parla di cifre fino all'1 % del fatturato globale nel caso di aziende di grandi dimensioni. La normativa, pur avendo il merito di rispondere a complesse necessità si presenta forse troppo restrittiva nel caso della tutela dei dati personali e al contrario poco incisiva per quanto riguarda l'informazione in rete che l'avvento del web 2.0 ha radicalmente modificato trasformando gli utenti da fruitori passivi a creatori di contenuti ("giornalismo partecipato"). In questo dibattito il rischio è quello di polarizzarsi su posizioni estreme, da un lato la libertà di scrivere quello che si vuole e dall'altro il diritto esclusivo di ciascun individuo di stabilire come e quando le notizie riguardanti la sua persona possano essere pubblicate e riproposte, ottenendone anche la rimozione nel momento in cui siano ritenute lesive della propria reputazione.
Il dibattito è molto acceso in Spagna dove l'Agenzia per la protezione dei dati personali (AEPD) ha ingiunto a Google di bloccare l'accesso a notizie pubblicate su giornali nazionali online che sono potenzialmente in grado di ledere la privacy delle persone in essi indicate. In questo caso c'è da rilevare una discriminante fondamentale e cioè la notizia è pubblicata su giornali, mentre Google la indicizza soltanto, cioè ne presenta dei link o al massimo una cache. Quindi, se la notizia in sé viene ritenuta illecita - ma tale valutazione dovrebbe essere data da un giudice - l'ordine di rimozione dovrebbe essere diretto al giornale, non al motore di ricerca. Google, in quanto intermediario della comunicazione, è soggetto alla direttiva E-commerce europea la quale prevede l'assenza di responsabilità da parte di questi soggetti. La stessa normativa prevede, di contro, l'obbligo di rimuovere i contenuti non appena il provider venga effettivamente a conoscenza del fatto che le informazioni sono state rimosse dal luogo dove si trovavano originariamente.
Dobbiamo a questo punto ricordare che nel nostro ordinamento giuridico il diritto all'oblio è riconosciuto dalla giurisprudenza ed è ritenuto tra i diritti inviolabili dell'individuo. Per completezza non possiamo non citare l'ultima sentenza della Corte di Cassazione (n. 5525/2012) sull'obbligo di revisione per gli archivi internet. Chiamata in causa riguardo alla notizia dell'arresto di una persona risalente al 1993 e tuttora riportata nell'archivio storico del Corriere della Sera, anche in versione informatica, la Cassazione ha sentenziato che nel suddetto caso la notizia, vera ma temporalmente datata, ha bisogno di essere aggiornata. «Così come la rettifica - sottolinea la sentenza - è finalizzata a restaurare l'ordine del sistema informativo alterato dalla notizia non vera (che non produce nessuna nuova informazione), del pari l'integrazione e l'aggiornamento sono invero volti a ripristinare l'ordine del sistema alterato dalla notizia (storicamente o altrimenti) parziale». L'aggiornamento si deve concentrare allora sull'inserimento di notizie successive o nuove rispetto a quelle esistenti al momento iniziale del trattamento ed è indirizzato a ripristinare la completezza della notizia. All'aggiornamento deve provvedere il titolare dell'archivio e non il motore di ricerca perché quest'ultimo è, nella lettura della Corte, un semplice intermediario telematico «che offre un sistema automatico di reperimento di dati e informazioni attraverso parole chiave».

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