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Post n°632 pubblicato il 22 Febbraio 2023 da zoppeangelo

 
 
 

L’Iran č alle soglie di una trasformazione rivoluzionaria ed epocale

Post n°631 pubblicato il 27 Settembre 2022 da zoppeangelo

Comunicato del Partito Comunista Operaio dell'Iran - Hekmatista
(Hekmatista) d'Iran sulle forti proteste in corso, di cui condividiamo le speranze, pur non avendo gli elementi per sapere il loro ottimismo sia fondato.

 

In Iran si sta scatenando una feroce tempesta politica, un grande
sconvolgimento senza precedenti ed epocale che potrebbe trasformarsi in
un'enorme rivoluzione sociale. In questi giorni in Iran si sta facendo
la storia, una storia completamente diversa da quella del secolo scorso.
Le donne in Iran sono un'avanguardia decisiva in questa trasformazione
rivoluzionaria ed epocale. In questi giorni, le donne stanno togliendo e
bruciando l'hijab, l'incarnazione dell'inferiorità femminile, con
sorprendente unità e determinazione. Stanno facendo la storia mentre
danzano per la libertà intorno ai falò fatti con i loro foulard scartati.

L'obiettivo immediato di questa massiccia rivolta di uomini e donne
coraggiosi e amanti della libertà è quello di rovesciare il regime
terroristico islamico al potere. Ma non si fermerà qui. Questo movimento
di massa è destinato a distruggere l'intera struttura del disprezzo per
l'intelligenza umana, l'intero fondamento dell'ignoranza, della reazione
e della tirannia, i pilastri dell'oppressione, della discriminazione e
della disuguaglianza.

Il rogo collettivo dell'hijab ha come obiettivo, ovviamente, il sistema
islamico dell'apartheid di genere. È un attacco all'apparato statale
teocratico repressivo, all'esistenza di mullah parassiti e al sistema
misogino che controllano. In poche parole, dichiara guerra alle
fondamenta dell'oppressione delle donne. Gli effetti degli attuali
sviluppi in Iran, se portati a compimento, rivaleggeranno con quelli
della rinascita del XIV secolo. Ripercorreranno la storia del secolo
scorso. Modificherà profondamente le equazioni politiche della regione.
Tra l'altro, metterà gli Stati islamici esistenti sulla rampa di lancio
verso l'annientamento, uno dopo l'altro. Questi sviluppi avranno
ovviamente effetti duraturi anche a livello globale. Da un lato, daranno
un enorme impulso al movimento universale di liberazione delle donne e
faranno dello stato e delle conquiste della libertà femminile in Iran un
modello universale.

La vittoria delle donne in una potenziale rivoluzione che ha, in
effetti, un forte tono femminile e sarà conosciuta nella storia come "la
rivoluzione femminile", è un passo cruciale verso il declino del
movimento dell'Islam politico (islamismo) nella regione. L'islamismo
rinato in Iran alla fine del XX secolo è stato un movimento che ha
goduto del forte sostegno strategico e logistico delle potenze
occidentali finalizzato alla soppressione della rivoluzione del febbraio
1979 in Iran. Il risultato fu il massacro di decine di migliaia di
comunisti e rivoluzionari, la sconfitta del secolarismo e, di
conseguenza, il portare a galla tutta la melma di disumanità e misoginia
sepolta un secolo prima in tutto l'Oriente.

Questa vittoria, tuttavia, deve ancora essere realizzata. Oggi stiamo
assistendo solo all'inizio di una battaglia con il più importante
baluardo della reazione dei nostri tempi, che trae il suo potere
dall'ordine di sfruttamento del capitalismo e lo riproduce. Questa
vittoria aprirà quindi la strada alla prosecuzione del movimento
rivoluzionario per smantellare tutte le forme di oppressione e
discriminazione e, infine, liberare l'intero potenziale miracoloso della
libertà e dell'uguaglianza.

Il prerequisito per avanzare verso la vittoria su questa strada è che le
lotte in corso assumano innanzitutto dimensioni massicce, in modo da
ridurre al minimo la possibilità di un crollo. L'espansione della lotta
di massa provocherà la disintegrazione dell'apparato repressivo del
regime, contribuendo così a stabilizzare le roccaforti precedentemente
conquistate. Un movimento veramente di massa, che coinvolga milioni di
membri di vari settori della società, darà alla classe operaia la
possibilità di sferrare il colpo finale e spezzare la spina dorsale del
regime con uno sciopero generale o con scioperi in industrie e servizi
strategicamente sensibili. Oggi i figli degli operai e le masse
impoverite partecipano ampiamente all'attuale rivolta rivoluzionaria, ma
l'emergere politicamente organizzato della classe operaia in sciopero
condurrà l'intero movimento rivoluzionario in una nuova fase della
rivoluzione sociale.

Noi del Partito Comunista Operaio dell'Iran - Hekmatista ci consideriamo
parte integrante di questa battaglia epocale volta a rovesciare il
dominio della tirannia islamica in Iran nella sua interezza. Per questo
motivo, invitiamo tutte le masse combattenti a creare immediatamente
bastioni rivoluzionari come i consigli nelle fabbriche e in altri luoghi
di lavoro, nelle scuole, nelle università e nei quartieri; ad aumentare
e rafforzare regolarmente la preparazione e la consapevolezza politica e
tattica per schiacciare le varie parti dell'apparato statale; praticare
il nostro legittimo diritto all'autodifesa e attaccare le forze
oppressive di uno Stato che non ha alcuna legittimità per quanto
riguarda noi cittadini; riempire ogni vuoto di potere con il potere
rivoluzionario del popolo; creare organizzazioni e organizzarsi in
partiti politici per partecipare alla lotta per il potere politico con
piani e programmi. In sintesi: è appena scoppiata una guerra - una
guerra per il nostro futuro e per quello dei nostri figli, una guerra
per annientare la tirannia, la povertà e la discriminazione una volta
per tutte. È, in poche parole, una guerra rivoluzionaria per raggiungere
la libertà, l'uguaglianza e la prosperità.

Il Partito Comunista Operaio dell'Iran-Hekmatista invita tutti i
principali lavoratori dei centri industriali, gli insegnanti, i
lavoratori del settore educativo, gli operatori dei servizi sanitari non
di emergenza a scioperare e a sostenere le attuali proteste in Iran. La
linea di vita del regime islamico è nelle nostre mani. Distruggiamolo e
facciamo la storia con la nostra volontà rivoluzionaria.

Lunga vita alle attuali ferventi lotte degli uomini e delle donne
rivoluzionari!
Abbasso la Repubblica islamica dell'Iran!
Libertà, uguaglianza, governo dei lavoratori!


da Combat-COC.ORG

 

 
 
 

NOVITA' EDITORIALE

Post n°630 pubblicato il 17 Agosto 2022 da zoppeangelo

Negli anni della contestazione, del Movimento studentesco e dell'assalto al cielo, con il mito di Mao e della Rivoluzione culturale nacque il gruppo dell'Unione dei Comunisti Italiani (marxisti-leninisti), meglio conosciuto come "Servire il popolo". Il movimento si diffuse con molta rapidità in molte parti d'Italia, ma in Calabria fu un'esplosione. In pochi mesi si aprirono decine di sezioni. Paola, sul Tirreno cosentino, diventò un punto di forza della nuova organizzazione, una base rossa per la lunga marcia delle masse meridionali. Molti intellettuali guardarono con interesse e curiosità a questa esperienza e scesero in Calabria ad osservare il metodo e lo stile di lavoro. Di quel periodo rimane un bel documentario di propaganda realizzato da Marco Bellocchio.

Il libro vuole appunto riconsiderare quell'avventura, con particolare riferimento alle vicende di Paola e a quelle accadute in altri centri calabresi in cui l'Unione operò. Oltre a raccontare episodi e fatti, si riconsiderano alcuni principi, temi ed analisi a cui il gruppo si ispirò e si presentò nell'azione pubblica, collocandoli nel contesto socioeconomico e politico di quel periodo.Nel 1972 l'Unione decide di passare al livello successivo trasformandosi in un vero e proprio partito politico, impegnato in campo elettorale; il movimento fu ribattezzato Partito Comunista (marxista-leninista)Italiano

 

Personalmente ho militato nel PC(m-l)I dal 1972 al 1978 anno in cui si scioglie , passando da Aldo Brandirali alla direzione di Leonetti / Fiorani .

 

 
 
 

Verso l’astensionismo attivo e operante Ovvero: giochiamo in contropiede

Post n°629 pubblicato il 10 Agosto 2022 da zoppeangelo

Le elezioni del prossimo 25 settembre mettono il dito nella piaga di fronte al crescente astensionismo. Fenomeno peraltro diffuso in tutte le cosiddette democrazie occidentali o meglio capitaliste, Usa in testa, dove sfiora il 60%. L'astensione indica la caduta di consenso nei confronti della politica governativa. Per inciso, le elezioni del 25 settembre cascano in un periodo che per i proletari italiani si annuncia assai fosco. Come sappiamo.

L'astensionismo riguarda soprattutto, se non esclusivamente, i proletari, i senza risorse: coloro che possono mettere sul mercato (ossia vendere) solo la propria forza lavoro, soprattutto fisica, occasionalmente intellettuale. Costoro non hanno altre risorse. Non possiedono capitali (beni!) da investire e mettere «a frutto», sfruttando i proletari o speculando, sempre a danno dei proletari. Ovviamente.

Colpiti dalle dilaganti - e ormai permanenti - iatture economiche, i proletari non si sentono certo «rappresentati» da un ceto politico che, nonostante occasionali maquillage (vedi il Movimento 5 Stelle), alla fin delle fiere difende sempre l'ordine costituito, ovvero il sistema capitalistico dei padroni, fondato sullo sfruttamento dei proletari. E non può e non potrebbe fare altro. Anzi, a ben guardare, sta facendo il sempre peggio... a danno dei senza risorse.

In questi frangenti, una riforma del sistema elettorale, come propongono alcuni politologi (vedi Francesco Riccardi, «Avvenire», 5 agosto 2022, p. 1) - sarebbe solo un flebile palliativo.

Una soluzione assai più radicale la vagheggia il filosofo Eugenio Mazzarella (Se l'astensione dei poveri riporta al voto censuario. Dramma democratico: vanno cambiate le regole del voto, «Avvenire», 7 agosto 2022, p. 3), osservando che alle ultime elezioni amministrative (scorso giugno) solo il 28% degli elettori a basso reddito è andato al seggio. In poche parole: se i «poveri» non votano, perdono il diritto di voto. Semplice: o mangi questa minestra o salti dalla finestra...

In realtà, quella di Mazzarella è una soluzione peggiore del male. L'astensione è una spina nel fianco per la classe dirigente padronal-politica italiana che ne scorge le motivazioni sociali. E ne teme le conseguenze. Come scrivevo recentemente (20 luglio), col dilagare di Covid 19 (una peste endemica), alla siccità, alla miseria, si sono aggiunte le conseguenze della guerra in Ucraina, la fame, ovvero: ecco i quattro Cavalieri dell'Apocalisse.

Di fronte a questa certa prospettiva di tensioni crescenti e generalizzate, la repressione preventiva contro esponenti del Si-Cobas e dell'Usb della logistica di Piacenza ha mostrato la corda, provocando proteste che hanno costretto la magistratura (o meglio i suoi burattinai politici) a fare macchina indietro, gettando acqua sul fuoco. In realtà è caduta solo l'accusa di «associazione a delinquere». La spada di Damocle pende sempre sulla testa dei proletari. Lo sbirro è dietro l'angolo.

A questo punto, si deve fare di necessità virtù, prendendo l'iniziativa in anticipo. Le lotte della logistica sono la punta di diamante di agitazioni che coinvolgono proletari - occupati e non, comunitari e non -, in vicende che solo apparentemente possono sembrare differenti. Sono infatti molteplici le situazioni che coinvolgono i proletari: nelle fabbriche (dalla Embraco Whirpool di Chieri-Torino alla Gkn di Firenze, con al seguito Fca-Stellantis, Ilva...l'elenco è lungo...), nelle campagne del Sud come del Nord, nel pubblico impiego, nella ristorazione... dovunque padroni e padroncini fanno il bello e il cattivo tempo, nell'indifferenza delle cosiddette istituzioni, con al seguito Cgil, Cisl, Uil.
E ricordiamoci sempre che l'industria del capitale è la causa del disastro ambientale: dei quattro Cavalieri dell'Apocalisse.
Contro la catastrofe verso cui siamo trascinati, un'industria non capitalista è auspicabile e possibile.
In breve, un processo unitario delle lotte è quindi auspicabile e possibile. Giocando in contropiede.

Milano, 8 agosto 2022.

Dino Erba

 

 
 
 

Dietro la solidarietą polacca agli ucraini

Post n°628 pubblicato il 08 Luglio 2022 da zoppeangelo


L'accoglienza diffusa pro profughi ucraini ha modificato la percezione internazionale nei confronti della Polonia. Il suo ruolo di avamposto per la fornitura di armi all'Ucraina le ha dato un'importanza politica sproporzionata rispetto al suo peso reale. Ma cosa c'è dietro tutto questo?

Da reproba a benemerita

Nel gennaio 2022 la Polonia, assieme all'Ungheria, era vista a Bruxelles come un problema, sia per i sistematici veti posti su alcuni dossier, sia per essere stata sottoposta nel 2018 a procedura di infrazione per non aver adeguato la sua riforma della giustizia alla normativa europea, tanto che i fondi del PNRR al paese erano all'inizio dell'anno ancora bloccati. (nota 1)

La Polonia era anche molto criticata nel Report 2021 di Amnesty international a) per la violenza dei respingimenti dei profughi alla frontiera bielorussa, per le torture e lesioni permanenti a danno dei migranti b) perché ostacolava l'attività di Ong e giornalisti col pretesto del Covid, c) perché utilizzava lo spyware Pegasus (piattaforma di spionaggio) della società di sorveglianza Nso Group contro difensori dei diritti umani, ecclesiastici, giornalisti (in particolare quelli che indagavano sui reati di corruzione) e sindacalisti d) perché attentava continuamente all'indipendenza della magistratura e non garantiva agli imputati il diritto a un processo equo e) per la criminalizzazione degli attivisti pro diritti delle donne, pro aborto e Lgbt f) perchè reprime ogni forma di dissenso con il pretesto della lotta al terrorismo.

Dall'inizio della guerra in Ucraina la Polonia ha accolto 3,5 milioni di profughi ucraini. Fra entrate e uscite ne sono realmente presenti almeno 2,4 milioni. Questo accresce dell'8% la popolazione del paese (38 milioni). Nessuno la accusa più di egoismo e indifferenza. E' passata quasi sotto silenzio l'inaugurazione del muro antimigranti elevato al confine fra Bielorussia e Polonia. (nota 2)

Oggi la Polonia si presenta come la nazione "sorella" dell'Ucraina, nonostante qualche problema che viene dal passato ci sia. Nel 1944 l'Esercito ucraino insorto (Upa), l'ala militare dell'Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini, ispirata da Stepan Bandera, dopo aver l'anno prima, col consenso dei nazisti, sterminato gli ebrei della Volinia e della Galizia, iniziò, nelle stesse regioni, un'operazione di pulizia etnica contro i civili polacchi (ne furono sterminati 100 mila). I governi ucraini non si sono mai scusati, anzi! (nota 3)

Ma la cosa è stata superata perchè i due paesi hanno un nemico comune: la Russia di Putin. Per la stessa logica, dal 2014 il governo polacco ha accolto numerosi profughi polacchi del Donbass, e anche molti migranti economici ucraini (1,5 milioni nel 2021).

Si può tranquillamente sostenere che l'occupazione russa della Crimea ha risvegliato i peggiori incubi dei polacchi nei confronti della Russia. (nota 4) Del resto è stata la percezione della Russia come minaccia alla propria indipendenza che ha indotto la Polonia ad aderire prima alla Nato (1997) e poi alla UE (2004). La Polonia inoltre quest'anno ha votato compattamente l'aumento delle spese militari fino al 3% del PIL.

Una nuova visibilità nella Nato come avamposto del sentimento antirusso

L'ostilità antirussa, alimentata dagli avvenimenti ucraini del 2014, è stata una delle ragioni della vittoria del partito Diritto e Giustizia (PiS) di Jarosław Kaczyński. (nota 5) Fra i temi agitati in campagna elettorale c'era anche l'accusa al Cremlino di aver assassinato il suo gemello Lech, allora presidente della Polonia, nell'incidente aereo di Smolensk (aprile 2010). Il PiS ha lanciato negli ultimi anni una campagna sui media per riscrivere a proprio uso e consumo la storia del paese, in funzione antirussa ma anche anti-tedesca. (nota 6) Oggi la Polonia può sperare, grazie alla guerra, in un rapporto privilegiato militare con gli Usa, anche grazie alla posizione geografica, decisamente strategica per il passaggio di armi e munizioni da parte degli alleati occidentali. Può rivendicare di aver raccolto per prima l'allarme statunitense per le esercitazioni militari russe, chiedendo un rafforzamento del fianco orientale della Nato. Oggi è in prima fila a sostenete l'invio di armi moderne ed efficaci a Kiev, a chiedere, con Gran Bretagna e paesi Baltici, una linea dura verso Mosca (escludere la Russia dalla comunità internazionale finché al comando c'è Putin). Peraltro Biden ha stoppato ogni presa di posizione o proposta polacca che possa aumentare l'intensità dello scontro. Ma aumenterà certamente il numero di soldati Usa presenti in Polonia. Il governo di Varsavia, mentre fornisce le vecchie armi di produzione sovietica agli ucraini, sollecita uno svecchiamento del proprio arsenale e la concessione di tecnologia americana e inglese, ma anche che l'addestramento dei soldati ucraini nell'uso delle nuove armi avvenga nelle sue basi Nato.

La Polonia, assieme alle repubbliche baltiche, anche prima dell'aggressione russa si è opposta alla costruzione del Nord Stream 2, voluto dalla Germania, e, per ovvi motivi, osteggiato dall'Ucraina. Ha ridotto la dipendenza energetica da Mosca e adesso caldeggia la Three Seas Initiative (TSI) cioè la fornitura di gas liquido Usa all'Europa passando anche per il Mar Baltico, un progetto che gode dell'attenzione bipartisan dell'amministrazione americana e che consentirebbe alle imprese Usa di partecipare alla costruzione di infrastrutture. In cambio gli Usa fornirebbero tecnologia militare, anche nucleare.

Nel frattempo la fornitura di armi convenzionali a Kiev è una boccata d'ossigeno per l'industria bellica polacca. (nota 7) E'già stato firmato un memorandum per la creazione di "un'impresa comune ucraino-polacca per la produzione di armi ed equipaggiamento militare". Altri accordi sono stati firmati per energia, cooperazione transfrontaliera e doganale, politica ambientale, ricostruzione dell'Ucraina, difesa.

L'accoglienza ai profughi e sviluppo economico

A tempo di record ai profughi di oggi è stato concesso il numero di identificazione personale (pesel) che consente di lavorare e frequentare una scuola. La speranza delle autorità è che una quota di questi ospiti (donne, molti bambini e ragazzi) non torni più a casa, anzi induca i capo famiglia maschi a raggiungerli alla fine della guerra. Questo ringiovanirebbe la Polonia, che soffre di un fenomeno di crescita demografica negativa, e di invecchiamento. Gli ucraini sono inoltre manodopera apprezzata, di buona preparazione tecnica, di facile assimilazione nel mondo del lavoro. Bisogna infatti tener presente che dal 2010 la Polonia ha cessato di essere terra di emigrati, sia pure specializzati (ricordate il famoso "idraulico polacco" al centro delle polemiche della stampa inglese?) per diventare un magnete per l'immigrazione internazionale. Ma deve essere una immigrazione ovviamente istruita e possibilmente bianca. I salari polacchi sono di poco inferiori a quelli italiani, ma il costo della vita è molto minore. (nota 8) E già da alcuni anni Confindustria Polonia denuncia la difficoltà a trovare forza lavoro per il basso tasso di disoccupazione. L'industria polacca è la terza nella UE per crescita, grazie anche agli investimenti in digitalizzazione e a un uso oculato dei fondi europei per modernizzare infrastrutture, università e servizi alle imprese. Al contrario dell'Ucraina, la storia degli ultimi trent'anni in Polonia è la storia di un miracolo economico che è stato in grado di riassorbire velocemente la crisi del 2008 e del Covid. Naturalmente, come ogni miracolo capitalistico, la Polonia deve il suo successo anche alla sfacciata detassazione dei profitti delle multinazionali (altra ragione di scontro con Bruxelles) e alla estrema flessibilità della forza lavoro. Sono aumentate le diseguaglianze che, tuttavia, sono per ora inferiori a quelle dell'Europa occidentale. (nota 9)

Negli ultimi 25 anni i salari polacchi sono praticamente raddoppiati. (nota 10) In una fase di crescita come quella polacca, il governo populista ha i margini economici per acquisire consensi almeno dell'aristocrazia operaia e della classe media. E' stata alzata la quota esentasse dei redditi da lavoro e sono state abolite le tasse per gli under 26, per ogni figlio dopo il primo la famiglia riceve 2600 €, il salario minimo è stato portato a circa 700€, introdotta la tredicesima per i pensionati, detassata la prima casa. In cambio i contratti a tempo indeterminato nel privato sono una minoranza e lo straordinario non retribuito e prolungato la norma.

I crediti acquistati a Bruxelles

Per ora grazie al ruolo svolto con i profughi la Polonia ha acquisito dei "crediti" nei confronti di Bruxelles e quindi potrebbe vedere riconosciuta la propria quota di PNRR, con lo sblocco di oltre 36 miliardi del RecoveryFund destinati a Varsavia (23,9 miliardi di sovvenzioni e 12,5 miliardi di prestiti). La guerra ha dato un alibi sia alla Polonia che alla UE per ammorbidire le reciproche posizioni (il PiS, ha accettato di modificare il regime disciplinare dei giudici, la Commissione Europea cerca di ridurre l'ostruzionismo polacco, staccando il paese dall'Ungheria).

Ma la borghesia polacca ha altri piani anche a livello internazionale

La stampa filorussa insiste sulle "brame polacche" per i territori occidentali ucraini. Propaganda di guerra certo. Però è d'obbligo ricordare lo sconquasso sulle frontiere polacche prodotto dalla Seconda guerra mondiale. La Polonia ha perso a vantaggio dell'Urss circa 100 mila kmq. di territorio (l'equivalente del Nord Italia). Ne ha guadagnati circa altrettanti a ovest, a danno della Germania dell'Est. Quindi fin dall'inizio gli Usa hanno assegnato alla Polonia un ruolo di "contenimento" nei confronti della Germania, un elemento che crea tensione. Ma c'è anche un irredentismo polacco verso est, che per ora non è all'ordine del giorno, ma che ha i suoi precisi contenuti. (nota 11)

La guerra in Ucraina ha sancito la morte o almeno la malattia grave del gruppo di Visegrad, dal momento che l'Ungheria si pone come avamposto filorusso.

La guerra ha fortemente indebolito anche le istanze euroscettiche. Nella situazione attuale la Polonia mira ad essere lo sponsor dell'ammissione dell'Ucraina alla UE e a farne quindi un alleato privilegiato, in vista di un blocco "baltico europeo" o "europeo orientale" dentro la UE, potenzialmente anti tedesco oltre che antirusso.

Per questo la Polonia è oggi la più entusiasta sostenitrice di una pronta ammissione dell'Ucraina in Europa. Nella fase immediatamente precedente al conflitto attuale, Putin si dimostrò possibilista rispetto all'eventuale entrata dell'Ucraina nella UE, mentre ribadì energicamente il no all'entrata nella Nato. Ma qualcuno ricorderà che quando l'Ucraina chiese di entrare nella Nato nel 2008, con Bush ben disposto ad accettare, si trovò di fronte la fermissima opposizione della Merkel; la quale, come prima di lei Schröder, scoraggiò anche l'adesione alla UE proprio prevedendo l'aumento delle tensioni con la Russia.

A guerra iniziata, l'adesione alla UE dell'Ucraina (o quanto ne sarà rimasto al momento dell'eventuale adesione) sembra per Bruxelles un modo di controbilanciare l'allargarsi dell'influenza Nato (oggi formalmente in procinto di includere anche Svezia e Finlandia). Gli Usa hanno esplicitamente escluso l'adesione alla Nato. Questo certamente rallenterà anche i tempi per la UE (che di certo non vuole affrontare da sola un eventuale conflitto militare con la Russia).

Prima del conflitto, l'Ucraina non aveva i requisiti minimi per entrare nella UE. Fra le cause: l'endemica corruzione del paese retto dagli oligarchi, la debolezza delle istituzioni non in grado di esercitare un controllo su paese, la diffusa illegalità (l'Ucraina ha sostituito la Cecoslovacchia come principale hub europeo per il commercio della vendita illegale di armi). Un altro aspetto sottolineato dagli scettici è la forte presenza di imprese di stato, che nel 2020 occupavano circa il 12% dei lavoratori dipendenti (dato probabilmente sottostimato). Solo un terzo delle imprese statali sarebbe in grado di produrre utili. L'evasione fiscale avrebbe un valore equivalente a un quarto del PIL (in Italia l'incidenza è stimata a circa l'8,3%). Infine l'export ucraino si caratterizza come vulnerabile dato che per il 20% è costituito da semilavorati in ferro e acciaio e per il 21% da cereali e olio di semi.

Tutto questo prima della guerra scoraggiava gli investimenti esteri, e spiega comunque il basso livello di sviluppo del paese. Le distruzioni provocate dalla guerra sono stimate in circa 600 miliardi di $, cioè tre volte il PIL). Può essere occasione di affari d'oro, ma con molti se e ma. Quello che invece spaventa di più oggi è il peso demografico dell'Ucraina (sarebbe il quinto paese per abitanti), la sua arretratezza e il contenzioso ormai insanabile con la Russia.

Di qui la proposta di Macron di una "comunità politica europea", una sorta di periferia larga intorno al nucleo duro costituito dalla UE, in cui l'Ucraina, gli altri candidati e persino la Gran Bretagna del dopo Brexit potrebbero trovare spazio. Proposta passata nel Consiglio Europeo del 23-24 giugno. Il 23 giugno Bruxelles ha concesso lo status di candidato all'ingresso nell‘Unione europea sia all'Ucraina che alla Moldavia. Ricordiamo che negli ultimi 15 anni nella UE è entrata solo la Croazia (appena 4 milioni di abitanti). Albania, Serbia, Macedonia del Nord e Montenegro hanno ottenuto lo status di Paesi candidati oltre un decennio fa e sono ancora in attesa.

L'esibito attivismo della borghesia polacca pro adesione, quindi, potrebbe avere vita difficile.

NOTE

1) Nel 2017 è stata istituita in Polonia la Camera di disciplina della Corte Suprema, di fatto un organo di controllo politico sull'operato dei giudici. Dopo un lungo contenzioso nel luglio 2021 una sentenza della Corte di Giustizia europea ha dichiarata questa riforma incompatibile con il diritto comunitario. Il Tribunale Costituzionale polacco ha risposto dichiarando il primato del diritto nazionale su quello europeo. La UE ha risposto col blocco dei fondi PNRR. Se la UE allenterà la procedura di blocco contro Varsavia, essa sarà cavalcata come vittoria dal governo sovranista e illiberale della Polonia.

2) L'inaugurazione si è svolta il 30 giugno 2022 alla presenza del primo ministro Mateusz Morawiecki. Si tratta di una barriera alta 5 metri e mezzo, lunga 186 km., costata 350 milioni di €. Questa "Cortina d'acciaio" è stata riciclata dal ministro come mossa antirussa, determinante per il futuro della Polonia e dell'Europa. Per le discriminazioni verso i migranti della rotta balcanica cfr. anche https://www.combat-coc.org/profughi-e-migranti-in-italia-ed-europa-con-la-guerra-nel-cortile-di-casa/

3) Nel 2010, Viktor Juščenko gli conferì l'onorificenza postuma di Eroe dell'Ucraina, revocata nel 2011 sulla base di una sentenza della Corte amministrativa distrettuale di Donec'k. Ciò non ha impedito alla città di Leopoli di dedicare a Bandera una strada e un anniversario. E nel 2015 i nazionalisti dell'UPA sono stati sdoganati, riconosciuti come eroi dal governo Poroscenko (lo stesso processo applicato al Battaglione Azov).

4) Ricordiamo solo per brevità che nel 1939 la Polonia fece le spese dell'accordo Stalin-Hitler, in seguito al quale Urss e Germania nazista si spartirono la Polonia. La successiva "liberazione" dall'occupazione tedesca da parte dell'Armata Rossa non fu mai considerata tale dai polacchi, tenuto conto anche di sanguinosi episodi come la strage di Katyn (22 mila ufficiali e prigionieri di guerra polacchi fatti uccidere dal Commissariato del popolo per gli Affari Interni russo nel maggio 1940). Senza dimenticare che l'Armata rossa, prima di avanzare, aspettò accampata sulla Vistola che i tedeschi sterminassero 150 mila civili durante la rivolta di Varsavia guidata dall'Esercito nazionale polacco fra il 1º agosto e il 2 ottobre 1944. Dopo la seconda guerra mondiale e gli accordi di Yalta, nel 1956, quando la Polonia rientrò nella sfera di influenza russa, scoppiò a Poznan uno sciopero di massa per migliori condizioni di lavoro, che assunse presto un carattere antisovietico. Lo sciopero operaio fu represso, ma riemerse negli anni '70 con le prime avvisaglie di Solidarnosc.

5) Dal 2007 al 2015 era stata al governo la Piattaforma civica di Donald Tusk, una formazione liberale-progressista, fortemente filoeuropeista, che aveva normalizzato i rapporti con la Russia. Il PiS ha invece cavalcato una ideologia sovranista, parzialmente euroscettica e sicuramente conservatrice, marcatamente anti-russa.

6) Fra i temi più agitati: la Polonia baluardo d'Europa contro il pericolo bolscevico durante la guerra contro Mosca tra il 1919 e il 1921; la Polonia tradita dalle potenze occidentali a Yalta; il diritto della Polonia ad esigere dalla Germania i danni di guerra per l'occupazione nazista. Dopo che una legge del 2018 rende illegale ogni accenno a complicità polacche nell'Olocausto, è stato licenziato Dariusz Stola, il direttore del Polin, il museo dedicato alla storia degli ebrei in Polonia.

7) https://www.difesaonline.it/geopolitica/brevi-estero/mega-accordo-di-compravendita-e-la-produzione-di-armi-fra-polonia-e-ucraina

In questo quadro va ricordato che, sul suo sito, Leonardo si definisce " partner strategico del Ministero della difesa nazionale polacco" per aver fornito 160 elicotteri alle forze armate e aver acquisito la "società polacca PZL - Swidnik S.A., l'unica azienda polacca capace di sviluppare e produrre elicotteri, con oltre 60 anni di esperienza e oltre 7.400 elicotteri prodotti in oltre 40 paesi" e "2600 dipendenti".

8) https://it.insideover.com/economia/la-polonia-un-modello-economico-da-imitare.html

9) Cfr https://www.conibambini.org/osservatorio/redditi-delle-famiglie-litalia-tra-i-paesi-ue-con-maggiori-disuguaglianze/

10) https://www.openpolis.it/quanto-guadagnano-in-media-i-cittadini-europei/

11) Basti ricordare la propaganda del Movimento per la ricostruzione della Polonia (polacco: Ruch Odbudowy Polski, ROP), che ottenne il 5,6% alle elezioni del 1997 e che poi è confluito nel PiS. Fra le rivendicazioni c'era appunto il recupero degli oblast di Brest e Hrodna dalla Bielorussia, l'oblast di Leopoli dall'Ucraina e la Poslachia dalla Lituania. Ovviamente qualsiasi analoga rivendicazione tedesca era duramente respinta.

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