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Guai a chi lavora aspettando le lodi del mondo: il mondo è un cattivo pagatore e paga sempre con l'ingratitudine.

Post n°229 pubblicato il 21 Gennaio 2012 da cavallo140
 

La città invisibile  

"La ragione è uBenvenuti nella città invisibile,  con le persone invisibili

La città invisibile è una contraddizione in termini. Se una città esiste, con le sue case, le strade, i lampioni, gli abitanti, come può essere invisibile?! La città invisibile però c’è: è dentro ognuno di noi. Le fondamenta delle sue case sono quello che abbiamo costruito fino ad oggi, le nostre esperienze passate, gli avvenimenti della nostra vita. I mattoni delle case sono i nostri sogni, le aspettative, le speranze, tutto ciò che vorremmo fosse, domani, presto o tardi che sia. Le vie della città invisibile sono i nostri pensieri, che si ramificano innervandosi e collegano case, ponti, quartieri, costituendo una fitta rete di scambi e connessioni. La città invisibile è lo spazio vivo in cui ognuno si sente quello che è, ed è libero di esprimersi, di sognare, di dire “no”, persino di creare mondi diversi, realtà parallele: con la speranza che quel tesoro invisibile custodito dentro ognuno di noi possa rappresentare la fiaccola del cambiamento e si riesca a passarne, tutti insieme, il testimone. La via per riuscirci, a mio parere, è quella indicata da Italo Calvino: “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".

 

 

Esistono ma sono invisibili.

 

Partiamo da quello che, al parcheggio, vi sollecita con insistenza a dargli un contributo (se no ti ritrovi la macchina rigata), o al semaforo cerca di pulirvi il parabrezza o di rifilarvi improbabili souvenir.

 

La reazione spontanea è quella di dire: ma vai a lavorare. Giusto. Ma dove, da chi? Qual è l’azienda che può essere interessata ad assumere queste persone con un curriculum solitamente non incoraggiante?

 

Arriviamo al punto: tutti vorremmo che lavorassero. Tuttavia nessuno di noi sarebbe disponibile a dargli concretamente un lavoro (E chi si fida?).

 

Il problema è chiuso. Noi continuiamo nei nostri mugugni. Loro continuano ad "aggiustarsi". Del resto noi abbiamo cose ben più importanti di cui occuparci.

 

Proviamo ora a cercare di ricordare quante persone ciascuno di noi conosce che, per i più svariati motivi, nonostante siano in età da lavoro e nonostante siano privi di reddito sufficiente, passano la giornata prive di qualunque occupazione.

 

Non ci riferiamo a quelle persone, già sfortunate, che hanno perso il lavoro perché l’azienda ha chiuso (e di questi tempi è sempre più frequente...), ma di quelle che un lavoro non ce l’hanno proprio mai avuto. Per vicissitudini personali, per problemi psichiatrici, o semplicemente per stili di vita poco raccomandabili, per frequentazioni di sostanze o persone ritenute pericolose.

 

Ebbene, per queste persone concetti come ferie, vacanze, risparmio, orari, impegni, programmi per il futuro, sono concetti impropri, sconosciuti. I "consigli per gli acquisti" dai quali ogni minuto sono bombardate costituiscono autentiche istigazioni a delinquere. Le notizie che quotidianamente sentono relative alla vita politica ed economica sono indisponenti. Intanto perché sentono che gruppi numerosi di persone stanno vivendo spudoratamente sulle spalle della collettività, carichi di privilegi che non si preoccupano neanche più di tenere nascosti. E poi perché vedono la maggior parte delle persone che comunque, nel loro piccolo, hanno almeno una situazione sostenibile, una rete di rapporti familiari e sociali più o meno soddisfacente, un lavoro su cui contare pur con i problemi che comporta, qualche organizzazione sindacale o di categoria con la quale far sentire la propria voce. Persone che "esistono" non fosse altro perchè rientrano in categorie sociali riconoscibili sulle quali si fanno statistiche e sondaggi.

 

No, le persone di cui vi parliamo sono escluse da tutto ciò. Esistono ma sono invisibili. Colpevolmente (per noi) invisibili. Perché ci da fastidio vederle. Dunque rimuoviamo il problema. E ci illudiamo di averlo risolto.

 

E la prossima volta che al semaforo qualcuno ci infastidirà imprecheremo nuovamente: ma vai a lavorare.

 E continueremo a sentirci maturi e intelligenti.

 
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