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« Come due stelleLa vita è troppo bella »

Per non Dimenticare

Post n°283 pubblicato il 11 Giugno 2015 da cavallo140
 

"Vietato ai cani e agli italiani!"

 

Gli italiani in Svizzera oggi sono spesso presentati come un modello d'integrazione riuscita. La memoria degli uomini però è corta: fino a pochi anni fa erano in testa alla hit-parade della xenofobia.
Un'immigrazione che, come testimonia questa lunga lista di spregiativi, è stata tutt'altro che semplice.

"Alcuni decenni fa, lo straniero, il corvaccio, l'uomo col coltello era l'italiano il capro espiatorio responsabile di tutto ciò che non funzionava bene in Svizzera, che doveva solo lavorare e chiudere la bocca.
Le storie degli immigrati italiani sono spesso caratterizzate da un passato simile, fatto di povertà e a volte di soprusi, proseguite lungo un percorso sinuoso, doloroso. Storie che, comunque, si sono concluse frequentemente con la conquista di un posto al sole, guadagnato grazie "a una tenace volontà, a un lavoro accanito e al prezzo di grandi sacrifici.Infanzie rubate

Dai racconti emergono però soprattutto le pagine più buie della storia dell'emigrazione italiana in Svizzera. Come quella delle centinaia di bambini figli di stagionali (forse 5'000 all'inizio degli anni '70), che dovevano vivere nascosti, poiché in virtù del permesso di lavoro dei loro genitori non potevano risiedere, per legge, in Svizzera.

Una realtà raccontata in un toccante film del regista operaio Alvaro Bizzarri ("Lo stagionale", girato nel 1971) e vissuta anche dall'attuale senatore della Repubblica Claudio Micheloni, che alla fine degli anni '50, quando aveva tre anni e mezzo, dovette rimanere rintanato per due anni in un appartamento di Boudry, nel canton Neuchâtel.

Dal canto suo, Maria Paris, originaria di un villaggio nei pressi di Bergamo, non potrà mai dimenticare il 20 agosto 1946, data del suo viaggio in treno da Milano a Losanna. Arrivati alla stazione di Briga, tutti gli immigranti italiani furono fatti completamente spogliare in due tristi capannoni, dovettero farsi una doccia prima di essere cosparsi di DDT e passare la visita medica. Una donna incinta che rifiutava di svestirsi fu rispedita alla frontiera seduta stante.

Qualche anno dopo, la procedura del "controllo del bestiame" – come la definisce Maria Paris – dovette essere modificata: una 23enne italiana che rientrava a Neuchâtel dopo le feste di Natale prese freddo durante la visita medica a Briga e morì due settimane più tardi di broncopolmonite.

Se la vita per gli emigranti italiani non è mai stata facile, particolarmente penoso fu il periodo a cavallo tra gli anni '60 e '70, caratterizzato dalle iniziative Schwarzenbach contro "l'inforestierimento".

Anni grigi durante i quali "certe persone non hanno perso un'occasione per far sentire a noi, gli italiani, che valevamo molto meno degli altri", scrive Massimo Lorenzi, volto noto della Televisione della Svizzera romanda, nella sua prefazione intitolata in modo emblematico "Senza rancore, ma senza oblio".

Manuela Salvi, oggi giornalista alla Radio della Svizzera romanda, ricorda quando nel 1974, all'età di 14 anni, dei compagni si prendevano gioco di lei perché se l'iniziativa "Per la protezione della Svizzera" fosse stata accettata sarebbe forse stata rispedita in Italia.

A ormai quasi quarant'anni di distanza, Oscar Tosato, membro dell'esecutivo della città di Losanna, sente ancora salire la rabbia quando pensa al giorno in cui vide affisso all'entrata di una discoteca di Bienne un cartello con la scritta "Vietato ai cani e agli italiani".

Queste vicende hanno perlomeno avuto un pregio: molti emigranti e i loro figli sono stati immunizzati dal virus della xenofobia, un virus che oggi assume le forme del musulmano, del balcanico o dell'africano… Molti, ma non tutti però, come sottolinea Manuela Salvi, parlando dell'enorme buco di memoria di quegli italiani, emigrati e non, che oggi hanno paura e addirittura a volte odiano lo straniero.

Le testimonianze raccolte da Durous hanno anche il merito di far venire a galla un sentimento di impossibile appartenenza. "Un piede sull'asfalto ginevrino, un altro in Veneto, non mi sento mai veramente al posto giusto", scrive sempre Massimo Lorenzi nella prefazione.

"Un sentimento d'estraneità, che a volte mi crea un certo malessere, ma che offre sicuramente un vantaggio: sono vaccinato contro ogni forma di patriottismo ad oltranza. Né patria da amare a dismisura, né bandiera davanti alla quale prostrarmi".

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Non piangere bella se devo partire
se devo restare lontano da te;
non piangere  bella, non piangere mai
che presto, vedrai, ritorno da te.
Addio alla mia casa, addio alla mia terra
addio a tutto quello che lascio quaggiù;
o tornerò presto, o  tornerò mai
soltanto il ricordo io porto con me.
Partono gli emigranti
partono per l’Europa
sotto lo sguardo della polizia.
Partono gli emigranti
partono per l’Europa
i deportati della borghesia.
i deportati della borghesia.
Lontano chissà quanto tempo
dovremo restare finchè tornerò
le notti son lunghe, non passano mai
e non posso mai averti per me.
Ovunque fatica violenza e razzismo
ma questa violenza coscienza ci dà
consumo le mani
e mi cresce la voglia
la voglia di avere il mondo per me.
Partono gli emigranti
partono per l’Europa
sotto lo sguardo della polizia.
Partono gli emigranti
partono per l’Europa
i deportati della borghesia
i deportati della borghesia.


 
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