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Messaggi di Dicembre 2014

 

Poeta Buttitta

Post n°276 pubblicato il 28 Dicembre 2014 da cavallo140
 

NUN SUGNU PUETA   
Ignazio Buttitta - Settembre 1954 - Tratto da: "Lu pani si chiama pani"

                                                                                                                               Traduzione in Italiano

Non pozzu chiànciri 
ca l'occhi mei su sicchi 
e lu me cori 
comu un balatuni. 

La vita m'arriddussi 
asciuttu e mazziatu 
comu na carrittata di pirciali.

Non sugnu pueta; 
odiu lu rusignolu e li cicali, 
lu v
inticeddu chi accarizza l'erbi
e li fogghi chi cadinu cu l'ali;
amu li furturati,
li venti chi strammíanu li negghi
ed annèttanu l'aria e lu celu. 

Non sugnu pueta;
e mancu un pisci greviu
d'acqua duci;
sugnu un pisci mistinu
abituatu a li mari funnuti:
Non sugnu pueta
si puisia significa
la luna a pinnuluni
c'aggiarnia li facci di li ziti;
a mia, la menzaluna,
mi piaci quannu luci
dintra lu biancu di l'occhi a lu voj.

Non sugnu pueta
ma siddu è puisia 
affunnari li manu
ntra lu cori di l'omini patuti
pi spremiri lu chiantu e lu scunfortu;
ma siddu è puisia
sciògghiri u chiacciu e nfurcati,
gràpiri l'occhi a l'orbi,
dari la ntisa e surdi
rumpiri catini lazzi e gruppa:
(un mumentu ca scattu!)...

Ma siddu è puisia
chiamari ntra li tani e nta li grutti 
cu mancia picca e vilena agghiutti;
chiamari li zappatura
aggubbati supra la terra
chi suca sangu e suduri;
e scippari 
du funnu di surfari
la carni cristiana
chi coci nto nfernu:
(un mumentu ca scattu!)... 

Ma siddu è puisia
vuliri milli
centumila fazzuletti bianchi
p'asciucari occhi abbuttati di chiantu;
vuliri letti moddi
e cuscina di sita
pi l'ossa sturtigghiati
di cu travagghia;
e vuliri la terra
un tappitu di pampini e di ciuri
p'arrifriscari nta lu sò caminu
li pedi nudi di li puvireddi:
(un mumentu ca scattu!)

Ma siddu è puisia
farisi milli cori
e milli vrazza
pi strinciri poviri matri
inariditi di lu tempu e di lu patiri
senza latti nta li minni
e cu lu bamminu nvrazzu:
quattru ossa stritti
a lu pettu assitatu d'amuri:
(un mumentu ca scattu!)...

datimi na vuci putenti
pirchi mi sentu pueta:
datimi nu stindardu di focu
e mi segunu li schiavi di la terra,
na ciumana di vuci e di canzuni:
li sfarda a l'aria
li sfarda a l'aria
nzuppati di chiantu e di sangu.

Non posso piangere,
ho gli occhi secchi,
e il mio cuore
è una pietra pesante.

La vita m'ha ridotto
arido e spezzato
come una carrettata di brecciame.

Non sono poeta;
odio l'usignolo e le cicale,
il venticello che carezza l'erba
e le foglie che cadono con l'ali;
amo le bufere,
i venti che disperdono le nuvole
e puliscono l'aria e il cielo.

Non sono poeta,
ma nemmeno un insipido pesce
d'acqua dolce;
sono un pesce selvatico
abituato ai mari profondi.
Non sono poeta
se poesia significa
la luna che pende
e impallidisce le facce dei fidanzati;
la mezzaluna
mi piace quando splende
dentro il bianco dell'occhio del bue.

Non sono poeta;
ma se è poesia
affondare le mani
nel cuore degli uomini che soffrono
per spremerne il pianto e lo sconforto;
ma se è poesia
sciogliere il cappio agli impiccati,
aprire gli occhi ai ciechi,
dare l'udito ai sordi,
rompere catene e lacci e nodi:
(un momento che scoppio)...

Ma se è poesia
chiamare nelle tane e nelle grotte
chi mangia poco e veleno inghiotte;
chiamare gli zappatori
curvati sulla terra
che succhia sangue e sudore;
e strappare
dal fondo delle zolfare
la carne cristiana
che cuoce nell'inferno:
(un momento che scoppio!) ...

Ma se è poesia
volere mille
centomila fazzoletti bianchi
per asciugare occhi gonfi di pianto;
volere letti morbidi
e cuscini di seta
per le ossa storcigliate
di chi lavora;
e volere la terra
un tappeto di foglie e fiori
che rinfreschi lungo il cammino
i piedi nudi dei poveri:
(un momento che scoppio!..)

Ma se è poesia
farsi mille cuori
e mille braccia
per stringere povere madri
inaridite dal tempo e dalla sofferenza
senza latte alle mammelle
e col bambino in braccio:
quattro ossa strette
al petto assetato d'amore:
(un momento che scoppio!...)

Datemi una voce potente
perché mi sento poeta:
datemi uno stendardo di fuoco
e mi seguano gli schiavi della terra,
una fiumana di voci e di canzoni:
gli stracci all'aria
gli stracci all'aria
inzuppati di pianto e di sangue.

 
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Buon Natale

Post n°275 pubblicato il 24 Dicembre 2014 da cavallo140
 

Ti auguro piccole cose
ma che siano straordinarie per il tuo cuore.
Un amico sincero.
Un abbraccio per ogni dispiacere.
Un sorriso per ogni lacrima.
Il sollievo ad ogni dolore.
Un sogno per ogni delusione
e momenti di consolazione.
Di sapere combattere con dignità.
Di non arrenderti alla prima avversità.
Di trovare nel buio della vita
una luce accesa.
Di saper ascoltare oltre al “sentire”
Di saper guardare oltre al “vedere”
Di trovare nella disperazione
la forza di continuare.
Ti auguro di saper cogliere
la bellezza delle piccole cose
di saperle vivere
di farlo intensamente.
Auguri Speciali!

 

E’ tempo di auguri, ma soprattutto è tempo per rallentare un po’, fermarsi, osservare, ascoltare, riflettere e pensare, raccogliere ad udienza le sensazioni, le emozioni.
Questo Natale fatti un bel regalo davvero: concediti del tempo per fare qualcosa che hai accantonato da tempo, non un dovere, ma una cosa che ti rende felice, che ti fa sentire vivo, che ti fa brillare. Può essere qualsiasi cosa.
Non deve essere una cosa eccezionale per il mondo, deve essere eccezionale per te.
E poi condividila con chi ami, o con chi non conosci, regalala al mondo intero, in qualsiasi modo, non importa come, e poi lascia che le persone che l’hanno accolta ti regalino le loro emozioni, ti arricchiranno.
Ama quello che fai, con passione viscerale, con sfrenata gioia, è qualcosa di contagioso e chi ti osserverà ne rimarrà incantato.
Divertiti, sogna, emozionati.
Non aver paura di essere te stesso, sei un essere unico e speciale che può brillare come una gemma al sole, brilla!
Lascia che la luce brilla nel tuo cuore si accenda forte dentro di te e irradi il mondo.
E’ Natale!
Auguri!

 
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I Dieci Comandamenti di Benigni

Post n°274 pubblicato il 21 Dicembre 2014 da cavallo140
 

Milano, ore 09:00. Da sacerdote paolino, sto iniziando la mia giornata da pastore della comunicazione nella redazione di Famiglia Cristiana. Accendo il mio computer, seleziono i programmi di videoscrittura e accedo alla mia pagina Facebook. Controllo gli umori della Rete e mi accorgo che gli utenti sono in totale visibilio. La maggior parte di loro ha visto lo spettacolo televisivo di Roberto Benigni sui Dieci Comandamenti, andato in onda ieri sera su Rai 1, e ne è rimasta entusiasta: “Ha lasciato un segno! Grandioso. I preti prendano esempio da lui! Così si comunica la gioia della fede!”, commenta Luigi, il cui post riceve oltre 400 “mi piace” e un centinaio di conferme da parte dei suoi contatti. “Benigni, è strabiliante e commovente! Un vero credente. Voglio essere come lui”, scrive Magda, al cui entusiasmo si associano quasi 600 adesioni.

 Il frizzante comico toscano ha fatto il botto. Si, non c’è dubbio. Ma l’esplosione più grande è avvenuta nei cuori di chi lo ha ascoltato. Un linguaggio semplice e scoppiettante quello usato da Benigni, ma mai banale o scontato. Una passione travolgente e genuina quella che ha trasmesso, capace di “risvegliare” le anime portandole alla radice della nostra storia. Una fede incarnata nell’oggi. Un sapiente dosaggio tra il significato profondo della relazione Dio/uomo e la stringente attualità. E che saggio di cultura! Attraverso la storia di Mosè, ha messo in contatto il messaggio eterno del nostro Padre con il cuore rassegnato dei credenti. E non solo. Pare aver riacceso scintille ormai coperte di cenere nei cuori di chi da tempo ha scelto la via della “latitanza” dalla chiesa e da Dio. La scossa, in sostanza, c’è stata. “Ma lo facciamo da sempre anche noi. Adesso non esageriamo!”, ha provato a ricordare un mio amico prete sulla bacheca di Luigi. Un’amica comune, Angela, ha risposto: “La differenza è stata lo stile. Ha detto tutto ciò che sappiamo in modo nuovo, bello, vitale, agganciato alla realtà. Dove le nostre sofferenze e le delusioni che proviamo di fronte al mondo politico e sociale hanno trovato una risposta diversa”. “I preti prendano esempio da lui”. Forse Luigi ha ragione. Roberto Benigni ci ha dimostrato come si può evangelizzare ai nostri giorni. Ha saputo valorizzare un mezzo comunicativo e di intrattenimento come la Tv per portare la “presenza di Dio” nella vita di ogni uomo e di ogni donna. Ha preso a “schiaffi”, ma con grande affetto, tutti i preti come me. Ha voluto suggerirci una via alternativa. È come se ci avesse fatto capire che non dobbiamo mai abbandonare la passione per l’annuncio della “buona novella”, e, tanto meno, sederci su ciò che crediamo aver conquistato. L’esempio di Benigni non può non interrogare il nostro modo di essere cristiani. E, allo stesso tempo, rivitalizzarlo, soprattutto di fronte all’arrivo del Natale. Sarebbe splendido se riuscissimo a dare ancora più vigore a quanto ricordato ieri sera: “Io sono il Signore Dio tuo... quel "tuo" rende il comandamento una professione d'amore di Dio

per ogni persona... Io sono tuo e tu sei mio/mia”. Una storia d’amore che non avrà mai fine.

 
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AUTUNNO

Post n°273 pubblicato il 09 Dicembre 2014 da cavallo140
 

Autunno
Autunno mansueto, io mi posseggo
e piego alle tue acque a bermi il cielo,
fuga soave d’alberi e d’abissi.
Aspra pena del nascere
mi trova a te congiunto;
e in te mi schianto e risano:
povera cosa caduta
che la terra raccoglie.
Salvatore Quasimodo

 

Immagine

Due strade divergevano in un bosco d’autunno
e spiacente di non poterle percorrere entrambe,
essendo uno solo, mi fermai a lungo
e guardai, per quanto possibile, in fondo alla prima,
verso dove svoltava, in mezzo agli arbusti.
Poi presi l’altra, anch’essa discreta,
forse con pretese migliori, perché era erbosa e meno segnata
sebbene in realtà le tracce fossero uguali in entrambe le strade.
Ed entrambe quella mattina erano ricoperte di foglie
che nessun passo aveva annerito.
Tenni la prima per un altro giorno,
anche se, sapendo che una strada porta verso un’altra strada,
dubitai di poter mai tornare indietro.
Racconterò questo con un sospiro
Tra anni e anni:
due strade divergevano in un bosco e io,
io presi la meno battuta.
Questo ha fatto la differenza.
Robert Frost, “La strada non presa

 
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