Creato da letteraMaiuscola il 20/09/2010

In Altre Parole

dopo un punto inizia un nuovo discorso

 

 

Manuel e il Vento

Post n°7 pubblicato il 11 Ottobre 2010 da letteraMaiuscola


A volerlo trovare bastava guardare ogni mattina poco prima dell'alzabandiera giù ne lpiazzale, con quella sua scopa di saggina in mano, lui Manuel Rigacci, figlio di madre povera e padre italiano che per unica eredità gli aveva dato quel nome, come il Campione, anzi il Maestro, come chiamavan Fangio, il pilota, il sogno, il mito, che proprio nel '58 quand'era lui nasceva, dopo l'ultima corsa,quel Gran Premio di Francia, dove solo il rispetto del vincitore lo salvò dall'onta dell'esser doppiato, scese dal motore con quattro ruote, disse semplicemente -"E' finita"-.
E Manuel nato sotto l'ala d'un campione arrivato ultimo, da ultimo crebbe, arrivando sempre un po' in ritardo nelle cose.

 

Non fu un fulmine a scuola, quella poca che gli anni e gli stenti permisero alla famiglia di fargli frequentare, così quando arrivo anche per lui l'ordine di presentarsi alla caserma per servir da milite la Patria, un poco alla "su Mamma" spiacque ma un po', quasi, le fece piacere, pensando che ,infondo, come si diceva allora, il militare forma l'uomo, ed un po' di formazione, a quel tempo, ci sarebbe davvero voluta per il "su figliolo".

 

Manuel nonera un cattivo ragazzo, solo non concepiva troppo il dover sottostare agli ordini, così un po' per quella sua natura di tardo, un po' per la sua linguaccia toscana che teneva a freno solo un secondo dopo averla messa in azione, eccolo lì, i giorni pari ed i dispari pure, consegnato a ramazzar la piazza d'armi, dove ad aspettarlo a volte era la sabbia, altre le foglie, ed in inverno persino la neve. Solo allora, d'inverno, lasciava la fida scopa di saggina per imbracciar la pala e ci dava giù per bene a tracciar viali prima, e poi a toglier tutto lo spalabile. Ed ara impresa davvero impossibile, un poco comica ed un po' drammatica, vederlo contrastar la forze degli elementi quando il cielo senza sosta s'incaponiva d'incanutire il suolo fioccheggiando senza sosta, e lui, Manuel che non poteva finire metà di quell'enorme piazzale che già dall'altra parte il manto s'era depositato tanto da dover ricominciare.

 

Ma per quanto il tempo facesse le bizze, Manuel non aveva mai a prendersela con lui, né quando imbiancava il selciato, né quando il sole della canicola seccava ogni cosa ed erano polvere e sudore che impastavano ogni parte, anchela più piccola, del suo corpo, oppure quando il vento d'autunno, in folate tumultuose, s'insinuava fra rami e fronde dove foglie arrossivano per quelle insistite carezze, e come giovinette avvinte dall'amante, si concedevano in danze voluttuose e baci insistiti .
Ma il vento si sa è amante inquieto ed infedele chè dopo un valzer lungo quanto una soglia d'infinito le poggiava, a volte teneramente, altre in modo violento,su quel terreno dove, abbandonate, si lasciavano morire in attesa di rinascer nuovamente e ripeter ancora quel gioco eterno degli abbracci che durava il sogno d'una vita.

 

Ed era lì, inquel freddo mattino d'autunno inoltrato, a contrastar con la sua scopa il gioco dell'amore delle foglie col vento che come un folletto bizzarro, lo punzecchiava, placandosi sino a fargli raccoglier in mucchi ben accatastati le fronde per poi scompigliarle tutte, quando il lavoro sembrava essere per lui terminato.

 

Manuel allora, senza imprecazione alcuna, ricominciava ancora una volta, e poi una volta ancora. E il vento sorrideva, ma non di malignità a quello che anche per lui era diventato un gioco.

 

E Manuel ci parlava allora col vento, mentre strisciava la saggina sul selciato, pensieri semplici, s'intende, come quelli di chi è abituato a parlare ai cani, o alle cose, e non ci fa poi una gran distinzione se i cani, le cose, o le persone non sono proprio la stessa cosa perché, comunque, magari, non gli rispondono, ed inquesto, davvero, sono uguali fra loro. Certe volte gli uomini non rispondono alle domande semplici, o ai semplici in generale, perché credono che il loro mondo sia molto più importante e complesso. Ed allora s'immaginano quasi di sporcarsi a parlar coi semplici, di perdere chissà che di quel loro mondo prezioso, di tutta la loro Cultura o del loro Sapere. Così se un semplice gli parla spesso lo ignorano, come ignorerebbero un bambino, anzi di più chè al bambino è concesso d'essere tale ma a un grande no. Ma son pensieri questi di altre storie. Manuel da semplice, aveva imparato così a parlar allo stesso modo a piante, animali e uomini e non si curava se a rispondere era una voce o un latrato, come in quel caso, il fischio del vento, perché, da semplice, aveva imparato a comprendere il linguaggio dell'Universo, di capire il non detto, eda sentire risposte dentro ai silenzi. Così parlava al vento quel giorno:-"Oh Oh, ma sei davvero un compagno dispettoso, o forse dovrei dire…….compagna che a giudicar le bizze ti farei più femmina che maschio!"- e il vento gli rispondeva con un allegro fischiare, e come femmina quei soffi s'insinuavano fra i capelli, come mani invisibili, o dietro le orecchie, tanto da fargli inarcare la schiena con piccoli brividi.

 

Giocava col vento Manuel ed il vento giocava con lui.

 

Il tempo inesorabile passava, Ormai era quasi l'ora dell'alzabandiera e tutto il piazzale era invaso dalle foglie sparse. Sarebbe stata un'altra giornata dura per Manuel, Il comandante non avrebbe capito quel suo giocare e parlare colvento, lo avrebbe certamente punito. Oooh se lo avrebbe punito!! Ma Manuel ormai c'era abituato a quelle punizioni e non ci faceva più caso.

 

Avessero guardato in quel momento nel piazzale avrebbero visto Manuel che appoggiata la ramazza a terra, dopo un profondo e rispettoso inchino, aveva iniziato a danzare, braccia aperte a stringer l'aria davanti a lui.

 

Danzava colvento Manuel ed il vento seguiva i suoi passi come la più bella dama innamorata.

 

Già i primi soldati arrivavan nel piazzale per lo schieramento e tutti eran li a guardare ed a ridere di quella stranezza:-"balli col fantasma Manuel?"- lo canzonavano -"Ohè tonto!! Ma non lo vedi che la tua donna se n'è gia andata?!!"- e giù a ridere. Manuel neanche li sentiva quegli scherni. Con la faccia beata continuava a danzare avvinghiato al vento che lo cullava con fischi melodiosi.

 

-"Appena arriva il comandante lo vedi come ti farà ballare!!"- così lo deridevano. E fu allora, proprio in quel preciso momento, pochi istanti prima che il Comandante arrivasse nel piazzale trovandolo ancor pieno di foglie e sterpaglie che accadde l'incredibile per i più. Un fatto tanto insolito che per anni ed anni se ne parlò, fors'anche ingigantendolo un poco nel ricordo orale, ma, a riportarvelo oggi, sono sicuro che, come in tutte le leggende, un fondo di verità ci sia sempre.

 

Capitò dunque che Manuel, con un altro inchino eguale al primo, smise di ballare, ed il vento per tutta risposta si placò in un istante. L'aria era ferma, immobile, come assente, mi disse qualcuno. Poi, d'improvviso fu una sola folata. Unica, diretta, precisa. Il vento alzò d'incanto tutte le foglie lasciando perfettamente pulito e sgombro tutto il piazzale. Tutti i rami e la sterpaglia su, come se un invisibile filo li tirasse, come il risucchio di un immaginario aspirapolvere celeste. Tutto d'improvviso fu pulito, sgombro. Tutto in ordine per l'arrivo del Comandante che di nulla s'accorse se non dello sguardo attonito dei soldati. Manuel in un angolo sorrise all'amica, salutando  con la mano lanciò un bacio, che il vento colse portando lo con se.


 

 
 
 

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