Creato da indignati_2011 il 25/06/2011
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I bat sprechi della Puglia

Post n°47 pubblicato il 06 Agosto 2011 da indignati_2011


Bat-sprechi - Bat è l’acronimo di Barletta-Andria-Trani, ultima diavoleria del policentrismo funzionale, scrive  Moltiplica funzioni e costi: a bilancio 41 milioni per la sola spesa corrente per 287 dipendenti.

La Bat-caverna, che nel caso di Andria è il mega-ufficio color confetto della segretaria generale Maria De Filippo. “Lei in bianco, monili Chanel. L’ufficio in bianco, mobili e lampade di design, poltrone in pelle bianca e super-tavolo per i meeting di staff”. “Nel giardino con tanto di palme e stucchi quattrocenteschi ci sono sei auto e un fuoristrada con il nuovo stemma bello in vista, anche se ufficialmente il Quirinale non l’ha ancora vidimato”. Il grosso dei fondi trasferiti dalle Province madri sono serviti a pagare sedi, gettoni, stipendi e benzina. Mentre non ci sono quattrini per mettere in sicurezza la Andria-Trani, la strada principale. Un  casino, ma molto chic.

 
 
 

Quanti soldi ha gia' succhiato la nea provincia di Monza ?

Post n°48 pubblicato il 06 Agosto 2011 da indignati_2011

La provincia di Monza- Brianza,  è istituita nel 2004 grazie all’appoggio indiscriminato della Lega, Ds, Udc conta 800 mila abitanti.

Su Youtube gira un video, “Ferma lo spreco” che ne elenca i soldi già succhiati: 200 milioni per la costituzione e 15 milioni annui per il mantenimento, con cotè di possibile -giustamente- sospensione delle linee metropolitane 4 e 5 da Milano. Dicono che per garantire la giusta autonomia del “centralismo milanese”  sarebbe stato molto più razionale ridisegnare Como e Lecco che inglobasse Monza. Alla faccia dell’efficenza brianzola.

Chissa poi i milioni annui per " il mantenimento " in quali tasche finiscono

 
 
 

Il manifesto degli Indignati spagnoli

Post n°49 pubblicato il 06 Agosto 2011 da indignati_2011

vi invitiamo a leggere il manifesto degli INDIGNADOS Spagnoli...

Noi siamo gente comune. Siamo come te: gente che si alza ogni mattina per studiare, per lavorare o per trovare lavoro, gente che ha famiglia e amici. Gente che lavora duramente ogni giorno per vivere e dare un futuro migliore a chi ci circonda.

Alcuni di noi si considerano più progressisti, altri più conservatori. Alcuni credenti, altri no. Alcuni di noi hanno un'ideologia ben definita, alcuni si definiscono apolitici... Ma tutti siamo preoccupati e indignati per il panorama politico, economico e sociale che vediamo intorno a noi. Per la corruzione di politici, imprenditori, banchieri ... Per il senso di impotenza del cittadino comune.
Questa situazione ci fa soffrire ogni giorno. Ma se tutti ci uniamo, possiamo cambiarla.

"Che le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così!
Solo che quando si tratta di rimboccarsi le maniche ed incominciare a cambiare,
vi è un prezzo da pagare, ed è allora che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare".
Giovanni Falcone


È tempo di muoversi, è ora costruire insieme una società migliore. Perciò sosteniamo fermamente quanto segue:

* Le priorità di qualsiasi società avanzata devono essere l’uguaglianza, il progresso, la solidarietà, la libertà di accesso alla cultura, la sostenibilità ecologica e lo sviluppo, il benessere e la felicità delle persone.
* Ci sono diritti fondamentali che dovrebbero essere al sicuro in queste società: il diritto alla casa, al lavoro, alla cultura, alla salute, all’istruzione, alla partecipazione politica, al libero sviluppo personale, e il diritto di consumare i beni necessari a una vita sana e felice.


* L'attuale funzionamento del nostro sistema economico e di governo non riesce ad affrontare queste priorità e costituisce un ostacolo al progresso dell’umanità.
* La democrazia parte dal popolo (demos = popolo, cràtos = potere) in modo che il potere debba essere del popolo. Tuttavia in questo paese la maggior parte della classe politica nemmeno ci ascolta. Le sue funzioni dovrebbero consistere nel portare la nostra voce alle istituzioni, facilitando la partecipazione politica dei cittadini attraverso canali diretti e procurando i maggiori benefici alla società in generale, non per arricchirsi e prosperare a nostre spese, mentre si dà cura solo dei dettami dei grandi poteri economici e si aggrappa al potere attraverso una dittatura partitocratica capeggiata dalle inamovibili sigle del partito unico bipartitico del PPSOE.
* L’ansia e l'accumulazione di potere in poche mani crea disuguaglianza, tensione e ingiustizia, il che porta alla violenza, che noi respingiamo. L’obsoleto e innaturale modello economico vigente blocca la macchina sociale in una spirale che si consuma in se stessa arricchendo i pochi e precipitando nella povertà e nella scarsità il resto. Fino al crollo.
* La volontà e lo scopo del sistema è l'accumulazione del denaro, che ha la precedenza sull’efficienza e il benessere della società. Sprecando intanto le risorse, distruggendo il pianeta, creando disoccupazione e consumatori infelici.
* I cittadini fanno parte dell’ingranaggio di una macchina destinata ad arricchire una minoranza che non sa nulla dei nostri bisogni. Siamo anonimi, ma senza di noi tutto questo non esisterebbe, perché noi muoviamo il mondo.
* Se come società impariamo a non affidare il nostro futuro a un’astratta redditività economica che non si converte mai in un vantaggio della maggioranza, saremo in grado di eliminare gli abusi e le carenze di cui tutti soffriamo.
* È necessaria una Rivoluzione Etica. Abbiamo messo il denaro al di sopra dell’Essere umano mentre dovremo metterlo al nostro servizio. Siamo persone, non prodotti sul mercato. Io non sono solo quel che compro, perché lo compro e a chi lo compro.

Per tutto quanto sopra, io sono indignato.

Credo di poterlo cambiare.

 
 
 

La democrazia ( plurarita' di opinioni ) ha un costo .Ma quanto ?Guardate cosa si inventano ...

Post n°50 pubblicato il 08 Agosto 2011 da indignati_2011

Certo la democrazia ha un costo , un costo che a noi cittadini contribuenti non e' dato di conoscere ( contrariamente a quanto avviene nelle vere democrazie ) perche' da noi i centri di costo sono infiniti . La legge elettorale prevede lo sbarramento del 4% per essere rappresentati in parlamento ? Ma allora come fanno a mantenersi i gruppuscoli che nascono dalle infinite faide che avvengono all'interno dei partiti nel corso della legislatura ? Semplice : per loro c'e' un contributo ( sostanzioso ) che pesa sulle tasche dei contribuenti in misura tutt'altro che live . La proliferazione dei gruppi parlamentari costa soltanto alla Camera  tre milioni di euro ciascuno ogni anno. Una corsa senza freni imposta dai cambi di maggioranza, da formazioni nate, morte e risorte a distanza di neanche due anni dall'inizio della legislatura.

Il tutto in stridente contraddizione con gli obiettivi dichiarati del meccanismo elettorale, che con le soglie di sbarramento (4 per cento nazionale alla Camera, 8 per cento su base regionale al Senato) ha provato a mettere un freno alla frammentazione di stampo "polacco" della politica italiana. Questa era una delle idee di fondo del Porcellum, e infatti nel 2008 dalle elezioni nazionali era uscito un Parlamento con solo 5 gruppi a Montecitorio: Pdl, Lega, Udc, Pd e Idv. Neanche due anni dopo, sono diventati tredici.

Prima l'esodo di singoli nel Gruppo Misto, poi la diaspora dei finiani in Futuro e libertà e la nascita dei Responsabili, rispettivamente causa ed effetto del voto pro Berlusconi del 14 dicembre. A questi però vanno aggiunti i sottogruppi del misto (all'interno ci sono, per esempio, i Repubblicani azionisti e Liberaldemocratici) che comprendono anche l'Api di Francesco Rutelli, fuoriusciti dal Pd. Ogni gruppo ha un suo personale, sue spese di segreteria che incidono complessivamente per il 69,5% sui costi per il funzionamento. In pratica la Camera spende ogni anno 35,7 milioni di euro per il funzionamento dei gruppi: si tratta di 57mila euro a deputato, aggiuntivi rispetto alle indennità e ai rimborsi vari.

Una cifra importante, pari al costo di due neo-ricercatori per le università (dove i concorsi sono bloccati in attesa dell'attuazione dei nuovi meccanismi di selezione) o di altrettanti operai specializzati (proprio ora che la revisione delle agevolazioni contenuta in manovra promette di rivedere anche le somme stanziate per il cuneo fiscale che contribuisce a rendere meno pesante il costo del lavoro). Senza contare le mini-faide che la nascita di ogni nuovo gruppo parlamentare comporta. Le frizioni tra Idv e Fli, con la prima costretta a "emigrare" dai vecchi uffici di Palazzo San Macuto, sono storia recente. Storia di costi ulteriori, perché per ospitare un nuovo gruppo bisogna trovare nuovi uffici o adibire i vecchi a nuovi "ospiti": sposta di qua, trova nuovi spazi di là, non è stupefacente il fatto che solo per l'affitto di uffici al centro di Roma Montecitorio spenda 35,3 milioni di euro all'anno.

Il meccanismo della moltiplicazione dei costi grazie alla nascita di gruppi politici, però, non funziona solo a Roma, ma mostra ottime performance anche nelle assemblee delle Regioni. Lì, anzi, l'impatto è ancora più diretto, perché ogni gruppo ha bisogno di un capogruppo, che ovviamente non può accontentarsi dell'indennità riservata a un consigliere "semplice" qualsiasi.

La frammentazione, allora, si fa bizantina, come in Basilicata: vista la popolazione (600mila abitanti, pari a 3-4 Zone di Milano) , in consiglio regionale sono solo in 30, sparpagliati però in 11 Gruppi. I «Popolari Uniti», per esempio, sono uniti davvero, anche perché il loro gruppo è composto da un solo consigliere, ovviamente capogruppo, e lo stesso accade a «Io amo la Lucania», a «Per la Basilicata» (già dal nome è evidente la distanza fra i due programmi politici), oltre a Sel, Idv, Psi, Api ed Mpa. Buon per gli 11 capigruppo, che ai 6.529,49 euro al mese che compongono l'indennità e i rimborsi del consigliere senza stellette possono aggiungere 667 euro al mese per il grado di capogruppo. Più generoso l'extra dei capigruppo nel Lazio (813 euro), e in Piemonte e Veneto (mille euro).

La moltiplicazione dei gruppi, però, non si spiega solo banalmente con le indennità, ma anche con più raffinati meccanismi di potere: la prova del nove? Il Molise, dove non sono previsti extra per i capi-gruppo. Con 320mila abitanti, conta anche lui 30 consiglieri, e la geografia dei gruppi disegna un commuovente amarcord della politica: ricordate Forza Italia, Alleanza Nazionale, i Ds, la Margherita, lo Sdi e l'Udeur? Nel consiglio regionale molisano ci sono ancora tutti, e convivono serenamente con le ultime novità in fatto di partiti (c'è il Fli, oltre all'Mpa) e con le sigle locali (Per il Molise, Progetto Molise e Molise Civile).

 

 
 
 

Se il vostro stomaco regge guardatevi questo video fino in fondo

Post n°51 pubblicato il 08 Agosto 2011 da indignati_2011

Pochi sanno cosa sono i romborsi elettorali , quale e' la loro entita'  , come attraverso un meccanismo assolutamente truffaldino tali rimborsi si possono moltiplicare . Attraverso questo meccanismo i partiti, perfino quelli che non si sono presentati alle elezioni , incassano  cifre colossali . Attenzione !!! sono soldi a cui poi vanno sommati quelli necessari al funzionamento ( si fa per dire ) del parlamento . E' una intollerabile indecenza !!!

 

 

 

http://www.youtube.com/watch?v=B3Vorpa7iys&feature=related

 
 
 

Tempi duri per i nostri risparmi . Per fortuna che da noi esiste la " politica solidale "

Post n°52 pubblicato il 09 Agosto 2011 da indignati_2011

Per chi ha investito i pochi o tanti risparmi in borsa sono tempi durissimi . Il rischio di trovarsi con un pugnetto di euro sufficente appena per andare una volta in pizzeria e' veramente alto . Tanto lavoro e tanti sacrifici possono andare in fumo ... Ma per fortuna da noi esiste la " politica solidale " che puo' dare una mano a tutti , basta avere le giuste conoscenze . Non sapete cosa e' la " politica solidale " ? Vi faccio un esempio :

Un imprenditore del nord , Marcellino Gavio ha investito dei quattrini in azioni di una autostrada . Ogni azione gli era costata 2,9 Euro . Poi forse dovendo ristrutturare il suo appartamentino si e' trovato nella necessita di vendere . In suo soccorso e' immediatamente arrivata la politica solidale , materializzatasi nella persona dell'Ex presidente della provincia di Milano , tale Penati , che gli le riacquista a 8,973 Euro cadauna . Il Sig. Marcellino Gavio realizza cosi' un guadagno di 179 milioni ( centosettantanove milioni ) di euro e puo' ristrutturale il suo appartamentino .

Penati giura che per la provincia di Milano e' stato un grande affare  e il sig. Marcellino Gavio non si lamenta . Questo e' un bellissimo esempio di " politica solidale " Quanti casi di questi ci sono in Italia ? Non e' facile saperlo , di solito chi fa operazioni di solidarieta' non ama pubblicizzarle . E' un fatto di buon gusto .Ma sicuramente di atti di solidarieta' come questo ce ne debbono essere centinia , migliaia . E ' quasta una cosa che ci rende giustamente orgogliosi anche perche' , e' giusto dirlo , questa solidarieta' e'assolutamente trasversale alla politica . Le ideologie , gli schieramenti , le lotte politiche e quant'altro spariscono , si dissolvolvono , davanti ai bisogni del cittadino . Se abbiamo difficolta' siamo tutti dei Gavio e per ognuno di noi c'e' un Penati pronto a risolvere i nostri problemi . Ammettiamo , questo e' molto bello .

Certo qualcuno dice che all'estero ( in qualsiasi parte del globo ) Penati sarebbe andato in galera gia' dal giorno dopo . Ma cerchiamo di non comportarci da provinciali . Cosa ne possono capire all'estero di " politica solidale " ?

Qualcuno da noi potrebbe anche eccepire che le provincie la strade le fanno e non le acquistano gia' fatte da privati . Che le provincie si occupano di costruire le scuole , e di mantenerle in efficenza , che spendere 179 milioni per aiutare il povero Gavio e' veramente troppo visto che poi si enfatizza che nelle scuole ( di competenza della provincia ) manca la carta igienica , la carta per fotociopiatrici , e tante altre cose .

Ma sono tutti argomenti che dimostrano scarsa apertura mentale e sospratutto mancanza del senso di solidarieta' verso chi ha bisogno

 

 

 

 

 

 
 
 

Consigliere regionale chiede 211.842,42 Euro di rimborso per utilizzo vettura personale

Post n°53 pubblicato il 10 Agosto 2011 da indignati_2011

Raccontata oggi alla LA 7 dal giornalista del CORRIERE autore de " LA CASTA ":

 

Un consigliere regionale ( Calabria ) ha chiesto un rimborso spese di 211.842,42 per avere utilizzato la sua vettura durante un periodi di 3 anni . L'utilizzo ovviamente e' avvenuto per andare dalla sua abitazione alla sede del consiglio regionale . Che mediamente pare si incontra una / due volte la settimana . Fanno circa 70 mila euro all.anno che diviso 24 volte fanno 3 mila euro alla volta . Non male ... Io in ufficio ci vado a mie spese , in treno o in macchina . Ma forse ho sbagliato mestiere

 

 
 
 

Le pensioni dei lavoratori e quelle dei papponi di stato : a noi la svalutazione a loro la " clausola d'oro "

Post n°54 pubblicato il 11 Agosto 2011 da indignati_2011

RIVALUTAZIONE D'ORO
Sino agli anni Novanta, tutti i lavoratori avevano diritto a calcolare la pensione sui migliori livelli retributivi, cioè quelli degli ultimi anni (sistema retributivo). Successivamente, si è passati al sistema contributivo per cui la pensione è legata invece all'importo dei contributi effettivamente versati. Il salasso è stato pesante.

Per tutti, ma non per i parlamentari. Che sono rimasti ancorati a un vantaggiosissimo marchingegno. Invece che sulla base dei contributi versati, deputati e senatori calcolano il vitalizio sulla scorta dell'indennità lorda (11 mila 703 euro alla Camera) e della percentuale legata agli anni di presenza in Parlamento. Con 5 anni di mandato si riscuote così una pensione pari al 25 per cento dell'indennità, cioè 2 mila 926 euro lordi. Raggiungendo invece i 30 anni di presenza si tocca il massimo, l'80 per cento dell'indennità che in soldoni vuol dire 9 mila 362 euro lordi.

Vero che con una riforma del 2007 Camera e Senato hanno ridimensionato i criteri di calcolo dei vitalizi riducendo le percentuali: si va da un minimo del 20 dopo cinque anni al 60 per 15 anni e oltre di presenza in Parlamento. Ma a parte questa riduzione, gli altri privilegi restano intatti. Con una ulteriore blindatura, che mette al sicuro dall'inflazione e dalle altre forme di svalutazione: la cosiddetta "clausola d'oro", per cui i vitalizi si rivalutano automaticamente grazie all'ancoraggio al valore dell'indennità lorda del parlamentare ancora in servizio.

 
 
 

A noi la mannaia , a loro una carezza . La bufala dei tagli ai privilegi dei papponio di stato

Post n°55 pubblicato il 14 Agosto 2011 da indignati_2011

Sarà pur vero che questa è la prima manovra che tocca la Casta. Ma la tocca per farle una carezza. E invece ci sarebbe voluto un formidabile sganassone. Dopo aver sentito il ministro Calderoli elencare i tagli ai costi della politica, resta in bocca un sapore assai amaro: qualcosa è stato fatto, sicuro. Ma è molto di meno di quel che si poteva fare. E soprattutto di quel che si doveva fare. In effetti: chi chiede enormi sacrifici ai cittadini deve, prima di tutto, cominciare a farli lui. Ma deve farli davvero, non solo per ipotesi. E subito, non a cominciare dall’anno Duemilaesivedrà.

A ben vedere, infatti, di 14 o 15 interventi annunciati sul fronte dei tagli alla politica, quello che resta è: una miniriduzione delle province (da 29 a 35 in meno: ma non dovevano essere tutte abolite?); una riduzione dei consiglieri regionali (che passeranno da 775 a 610, mantenendo però tutto il loro corredo di benefit); l’accorpamento dei Comuni; la riduzione di qualche ente (come il Cnel che passa da 121 a 70 membri); lo stop al doppio incarico dei parlamentari (chi sarà deputato non potrà essere contemporaneamente sindaco e assessore. E ci mancherebbe); e il pagamento di un contributo di solidarietà maggiorato da parte di onorevoli e senatori: verseranno il 10 e il 20 per cento anziché il 5 e il 10. In compenso manterranno praticamente tutti i loro privilegi, compreso quello di abboffarsi con sontuosi pranzi quasi gratis alla buvette.
Dice Calderoli che in questo modo si taglieranno 50mila o forse 80mila poltrone. Ma sì, facciamo 100mila e non se ne parli più: a dare i numeri non ci vuole nulla.

Se fossero veri, però, questi dati dimostrerebbero quanto si poteva risparmiare davvero con un po’ più di impegno. Avete presente quello che la Casta dice sempre per difendersi («Non è così che si risolvono i problemi di bilancio» …)? Ebbene è evidentemente falso. Se questo brodino caldo, questa minestrina insipida di tagli, permette da sola di far saltare 50 o 80mila poltrone, quante lacrime e sangue agli italiani si sarebbero potute risparmiare osando un po’ di più? Perché, per esempio, tenere al Cnel 70 persone? 10 non sono più che sufficienti? Anzi: perché tenere il Cnel? A che serve? Davvero 165 consiglieri regionali in meno sono un buon risultato? Non se ne potevano tagliare il doppio senza aver nessun danno al funzionamento dei «parlamentini» (anzi, magari qualche vantaggio)? Davvero la riduzione di 30 province è un intervento radicale, dopo che in campagna elettorale si era promessa la loro totale abolizione?
La manovra tocca la Casta, sì: ma la tocca per farle il solletico. E così la Casta continua a ridere, mentre a noi non resta che piangere. Le misure contenute, infatti, sono di per sé insufficienti per tagliare davvero i costi della politica. E in più c’è un altro problema: quando entreranno davvero in vigore? Fateci caso: per le Province bisogna aspettare sicuramente la fine del mandato elettorale (se va bene); per i consigli regionali immagino pure, l’accorpamento dei Comuni si potrebbe fare da subito, ma per la verità si poteva fare anche ieri, l’altro ieri, due mesi fa e non è mai stato fatto nulla (non era il decreto che mancava, ma la volontà). Adesso è cambiato qualcosa? Si vedrà. Arriveranno altre complicazioni? Chi lo sa. Intanto anche le norme per la riduzione dei parlamentari e delle loro indennità vengono rimandate a una legge costituzionale. Aspetta e spera. Si capisce, no? I tagli ai costi della politica possono attendere. È il salasso agli italiani quello che bisogna far subito.
Così, a conti fatti, nel capitolo tagli alla politica, quello che manca brilla molto più di quello che c’è. Niente viene fatto sul fronte dei vitalizi (scandalosi) di onorevoli, senatori e consiglieri regionali, niente viene fatto sul fronte delle clausole d’oro che consentono pensioni speciali ai dipendenti di Consulta, Parlamento e Quirinale, niente tagli ai portaborse e ai portavoce, ai faraonici uffici, alle spese di Camera e Senato. E poco o nulla sul fronte degli intollerabili benefit ai parlamentari, che restano intoccati come le virtù di Santa Maria Goretti. L’unico intervento in questo campo, in effetti, sa un po’ di presa in giro: lorsignori avranno l’obbligo di volare in economy. Bella forza: tutti sanno che la quasi totalità dei voli utilizzati dai parlamentari sono nazionali e dunque hanno solo l’economy... «I tagli alla politica sono addirittura eccessivi», ha detto il premier Berlusconi l’altra sera. «Lo abbiamo fatto per la domanda dell’opinione pubblica». Scherza, vero presidente? Magari sbaglieremo, ma noi siamo convinti che l’opinione pubblica chieda molto di più della pagliacciata dei voli in economy, delle 50 poltrone al Cnel, di qualche comune accorpato o altre vaghe promesse.
È per questo che, alla fine, ci resta un sapore amaro in bocca. Perché abbiamo l’idea che tutto questo frullare di numeri alla Calderoli, questi mini-riduzioni e mini-accorpamenti che Dio sa quando ci saranno, siano solo una bella cortina fumogena per cercare maldestramente di nascondere una manovra feroce, che non ha nulla di liberale, che mette le mani nelle tasche dei cittadini senza dare loro in cambio un progetto, un’idea, un po’ di liberalizzazioni, un rilancio allo sviluppo. Anzi: viene dato il via libera all’assunzione di altre 60mila persone nella scuola. (Ma come? Non avevamo detto per anni che gli insegnanti erano troppi, che bisognava pagarli meglio e farli lavorare di più?). Questo era il governo che doveva segnare la svolta, il cambiamento, una nuova politica economica. La casta sta pericolosamente giocando con la nostra rabbia

 
 
 

Evasori che fanno politica e che non si vergognano di evadere

Post n°56 pubblicato il 30 Agosto 2011 da indignati_2011

http://www.youtube.com/watch?v=ZNO5s019XUg&feature=share

 
 
 

Ma i sindacati quanto ci costano ? Quanti privilegi hanno ? Sono un'altra delle tante caste che ci spolpano ?

Post n°57 pubblicato il 30 Agosto 2011 da indignati_2011

Con leggi e leggine si sono rita­gliati privilegi su privilegi. Una norma qui, un articolo là e tutto s’incastra al punto giusto. I sinda­cati dovrebbero tutelare i lavora­tori, ma in realtà sono, come ha in­­titolato un suo libro il giornalista dell’ Espresso Stefano Livadiotti, l’altra casta.

Una nomenklatura che spesso si sovrappone e si con­fonde con quell­a ospitata sui ban­chi di Palazzo Madama e Monteci­torio. Nella scorsa legislatura 53 deputati e 27 senatori, per un tota­le di 80 parlamentari, provenivano dalla Triplice. Secondo Livadiotti costituiscono il terzo gruppo par­lamentare, insomma formano una lobby agguerrita quanto se non più di quella degli avvocati.

E nel tempo hanno strutturato un si­stema di potere studiato fin nei dettagli.Non che non abbiano me­riti storici impo­rtantissimi nell’af­francamento di milioni di italiani, ma col tempo i sindacati hanno cambiato pelle. E anima. Basti dire che i rappresentanti dei lavoratori hanno un patrimo­nio immobiliare immenso, ma non pagano un euro di Ici. Si fa un gran parlare di questi tempi delle sanzioni di cui gode la Chiesa cat­tolica ma i sindacati non versano un centesimo. Altro che santa eva­sione. Il lucchetto è stato fabbrica­to col decreto legislativo numero 504 del 30 dicembre 1992, in pie­no governo Amato. Con quella tro­vata, i beni sono stati messi in sicu­rezza: lo Stato non può chiedere un centesimo. Peccato, perché non si tratterebbe di spiccioli. Per capirci la Cgil dice di avere 3mila sedi in giro per l’Italia. È una sorta di autocertificazione perché, al­tra prerogativa ad personam , i sin­dacati non sono tenuti a presenta­re i loro bilanci consolidati. Sfug­gono ad un’accurata radiografia e non offrono trasparenza, una mer­ce che invece richiedono punti­gliosamente agli imprenditori. Dunque, la Cgil dispone di un al­bero con 3mila foglie ma la Cisl fa anche meglio: 5mila sedi.

Uno sproposito. E la Uil, per quel che se ne sa, ha concentrato le sue pro­prietà nella pancia di una spa, la Labour Uil, che possiede immobi­li per 35 milioni di euro. Lo Stato che passa al pettine le ricchezze dei contribuenti non osa avvici­narsi a questi beni. Il motivo? La legge equipara i sindacati, e in ve­rità pure i partiti, alle Onlus, le or­ganizzazioni non lucrative di utili­tà sociale. Dunque la Triplice sta sullo stesso piano degli enti che raccolgono fondi contro questa o quella malattia e s’impegnano per qualche nobile causa sociale. Insomma, niente tasse e map­pe s­fuocate perché in questa mate­ria gli obblighi non esistono. E pe­rò lo Stato ha alzato un altro ponte levatoio collegando il passato al presente con un balzo vertigino­so. Risultato: le principali sigle hanno ereditato le sedi dei sinda­cati di epoca fascista. Gli immobi­li del Ventennio sono stati asse­gnati a Cgil, Cisl Uil, Cisnal (l’at­tuale Ugl) e Cida (Confederazio­ne dei dirigenti d’azienda). Senza tasse, va da sé, come indica un’al­tra norma: la 902 del 1977. Leggi e leggine. Così un testo ad hoc , questa volta del 1991, permet­te alle associazioni riconosciute dal Cnel di poter creare i centri di assistenza fiscale. I mitici Caf. Qui i lavoratori ricevono assistenza prima di compilare la dichiarazio­ne dei redditi. Attenzione: la con­sulenza è gratuita perché, ancora una volta, è lo Stato a metterci la faccia e ad allungare la mano. Per ogni pratica compilata lo Stato versa un compenso. È un busi­ness che vale (secondo dati del 2007) 330 milioni di euro. Soldi e un trattamento di lusso. Altro capitolo, altro scivolo, altro privilegio: quello dei patronati. Ogni sindacato ha il suo. Il moti­vo? Tutelare i cittadini nel rappor­to con gli enti previdenziali. Co­me i Caf, ma sul versante pensio­nati. Questa volta la legge è la 152 del 2001. Lo Stato assegna ai patro­nati lo 0,226 dei contributi obbli­gatori incassati dall’Inps, dal­l’Inpdap e dall’Inail. Altri trecen­to e passa milioni che servono per far cassa. E per tenere in piedi la baracca. Le stime, in assenza di bi­lanci, sono approssimative ma i sindacati mantengono un appara­to di prima grandezza e hanno cir­ca 20mila dipendenti. Sono i nu­meri di una multinazionale che però si comporta come un’azien­dina con meno di 15 dipendenti. Altrove, vedi lo Statuto dei lavo­­ratori, le tute blu sono tutelate tan­t’è che Berlusconi a suo tempo aveva provato, invano, ad aprire una breccia proponendo la can­cellazione dell’articolo 18. Ma dal­le parti della Triplice valgono al­tre regole, diciamo così, più libe­ral o, se si vuole, meno restrittive. Un’altra leggina, questa volta del 1990, offre a Cgil, Cisl, Uil la possi­bilità di mandare a casa i dipen­denti senza tante questioni. In­somma, è la libertà di licenzia­mento. Una bestemmia per gene­razioni di «difensori» degli ope­rai, dei contadini e degli impiega­ti. Ma non nel sancta sanctorum dei diritti. Due pesi e due misure. Come sempre. O almeno spesso. Per non smarrire le ragioni degli ultimi si sono trasformati nei pri­mi. Creando appunto un’altra ca­sta. Ora, la Cgil di Susanna Camus­so proclama lo sciopero generale per il 6 settembre e chiama a rac­colta milioni di uomini e donne. Un appello, legittimo, ci manche­rebbe. Ma per una volta i sindaca­ti farebbero bene a guardarsi allo specchio.

 
 
 

Oltre ai papponi di Roma dobbiamo nutrire anche quelli delle regioni . Lo scandalo sicilia

Post n°58 pubblicato il 30 Agosto 2011 da indignati_2011

 

Potenza dello Statuto autonomistico, sono equiparati al Senato. Non a caso, men­tre nel resto d’Italia sarebbero semplici consiglieri regionali, loro, in Sicilia, si fre­giano del titolo di deputati. Ma quanto a pri­v­ilegi gli onorevoli della Regione più costo­sa d’Italia guidata dall’Mpa Raffaele Lom­bardo sono imbattibili, altro che Palazzo Madama. In tutto, anche a tavola, anzi so­prattutto a tavola. Sì, perché mentre al Se­nato un pasto completo costa ben- si fa per dire-13 euro,a Palazzo dei Normanni,la se­de­del Parlamento siciliano con relativa bu­vette a prezzi stracciati, un pranzo tipo, be­vande incluse, costa solo 9 euro.

Anche me­no se l’onorevole è a dieta o se proprio non ce la fa a strafogarsi di tutto, dall’antipasto al caffè compresi contorno e macedonia di frutta. Qualche esempio, lo stesso fatto dal movi­mento di protesta palermitano Forchette rotte che provocatoriamente invita tutti i cittadini a presentarsi alla buvette il prossi­mo 21 settembre, quando l’Assemblea re­gionale siciliana riprenderà i lavori. Un an­tipasto costa 1 euro e 21 centesimi, un piat­to di spaghetti alle vongole 1 euro e 85 cente­simi. Sale un po’ il secondo di pesce fresco, 2 euro e 78 centesimi per una fritturina di tri­glie.

Ed ancora, 93 centesimi un contorno, un euro e 13 centesimi la macedonia, e per digerire il tutto un caffè, 36 centesimi. Paradosso nel paradosso, sino al 2010 man­giare alla buvette del Parlamento siciliano costava un po’ di più.È da gennaio,in coin­cidenza con i primi tagli agli stipendi dei parlamentari regionali, che il listino prezzi della buvette è stato rivisto al ribasso causa cambio di gestore del servizio. E così il caf­fè, che a 40 centesimi- contro i 50 centesimi della buvette del Senato e gli almeno 80 di un qualunque bar- già era regalato, è sceso addirittura a 36 centesimi.

Cifre ridicole, in­trovabili nel mondo reale ma reali, realissi­me, nel paradiso privilegiato degli onorevo­li siciliani. Prezzi stracciati al banco, ma non a monte. Nel 2010 la spesa per il servi­zio bar e ristorazione- riservato agli onore­voli ma anche a commessi e dipendenti che nel Palazzo della cuccagna lavorano ­si è aggirata intorno ai 700mila euro. Per l’anno in corso la previsione di spesa si aggi­ra sui 580mila euro, 120mila euro in meno. E poi si dice che i deputati siciliani sono spreconi...

 
 
 

LE SANGUISUGHE DI DESTRA , SINISTRA , CENTRO

Post n°59 pubblicato il 02 Settembre 2011 da indignati_2011

http://www.youtube.com/watch?v=iGonp3Zf3xg

 
 
 

Il diritto alla legittioma difesa quando le Caste ti stanno uccidendo il presente e il futuro

Post n°60 pubblicato il 03 Settembre 2011 da indignati_2011

Non sono un ammiratore di Grillo , non mi piace nemmeno come comico . Ma su alcune cose che dice e' difficile non concordare . Se fossimo in una democrazia vera parlare di legittima difesa nei confronti di chi ti rappresenta , o ti dovrebbe rappresentare , sarebbe una bestemmia . Ma quando un parlamento rappresenta solo un insieme di caste che operano esclusivamente per mantenere e accrescere i loro piccoli o grandi poteri , quando gli interessi generali vengono oscurati da quelli particolari , allora e' chiaro che la democrazia e' una burletta . Una burletta pericolosa e dannosa dalla quale si ha ha il diritto di esercitare il " diritto di difesa " Bisogna trovare i modi per potere esercitare questo diritto in maniera democratica . Bisogna superare l'indifferenza e l'apatia . Bisogna chiedere conto del loro operato a chi ci ha portato al disastro . Ne abbiamo il diritto e il dovere

Quote

 

Io credo che ogni popolo abbia, a un certo punto della sua Storia, il diritto alla legittima difesa. E questo punto in Italia è stato ampiamente superato. I cialtroni che siedono in Parlamento, nessuno si senta escluso, in particolare dai banchi dell'opposizione, sono abusivi, illegittimi, senza alcuna autorità. La legge elettorale, voluta da TUTTI i partiti (la dimostrazione è che il governo Prodi in due anni si guardò bene dall'abolirla) è incostituzionale. Non permette la nomina diretta del candidato. Lo capisce chiunque e allora perché la Corte Costituzionale non è intervenuta, non interviene? Chi controlla la Corte Costituzionale? Il Parlamento rappresenta unicamente gli interessi dei partiti e delle lobby che controllano il Paese e che lo hanno ridotto in macerie. Stiamo entrando in un cono d'ombra come quello del Seicento, quando per due secoli diventammo una nullità a livello internazionale, di "Franza o Spagna purché se magna". Per questo disastro annunciato da tempo non c'è nessuno che abbia la minima dignità di chiedere scusa al Paese, non le mummie del Governo, una passerella di individui che avrebbe reso felice Lombroso, né gli incapaci, inetti, collusi membri dell'opposizione, ridotti a cani da pagliaio. Felici sostenitori delo Scudo Fiscale e della Tav, portatori d'acqua della maggioranza con travasi periodici di deputati.
La Costituzione vieta il fascismo, i secessionisti, le massonerie coperte che operano come antistato. E noi abbiamo al governo fascisti, secessionisti e piduisti. E il presidente della Repubblica non dice nulla. Firma, firma, firma. Morfeo, a 86 anni suonati, l'età del becchime ai piccioni e della panchina al parco, dovrebbe essere il nostro salvagente. E' preferibile allora buttarsi in acque infestate da squali in mare aperto durante una tempesta. Ci sono maggiori probabilità di salvezza. Napolitano è entrato in Parlamento nel 1953. 1953! Sono quasi sessant'anni di contributo continuo e fattivo all'attuale situazione. Un impegno quasi sovrumano.
Siamo in un vicolo cieco. Chi ha assistito alla farsa parlamentare con il governo rassicurante e l'opposizione inconsistente ha capito che sta per arrivare un altro otto settembre, che sarà forse anticipato ad agosto, non dipende più da noi quando. L'occupazione del Paese arriverà per via economica, non militare. Le basi americane sono già qui. La finanziaria d'ora in poi sarà decisa a Bruxelles, le politiche economiche, industriali, sociali saranno approvate dalla UE. Un nuovo popolo di schiavi. Prima di essere messi in catene o crocifissi come Spartaco e i suoi gladiatori, questi schiavi reagiranno. Nuove elezioni con questa legge e con questo presidente della Repubblica non servirebbero a nulla. La classe politica ha eliminato, in maniera scientifica, pianificata a tavolino, tutte le vie di cambiamento per via democratica, ma così facendo ha condannato sé stessa. La Bibbia dice: "Si temi l'ira dei mansueti perchè essi riverseranno in voi tutto ciò che hanno subito". Ripeto l'invito ai politici: andatevene finché siete in tempo.

 
 
 

ladri senza pudore

Post n°61 pubblicato il 08 Settembre 2011 da indignati_2011

 

ROMA - Sorpresa: l'emendamento del governo che rafforza l'entità della manovra, con l'aumento dell'Iva, e la sua equità, con il contributo sui super-ricchi e l'anticipo della pensione a 65 anni delle donne, fa anche un bello sconto a ministri, deputati e senatori.
In attesa del promesso disegno di legge costituzionale per il dimezzamento del numero dei parlamentari, che forse non arriverà neanche oggi sul tavolo di Palazzo Chigi, l'articolo 13 della manovra sui costi della politica è stato abbondantemente rivisitato. Con una bella riduzione del taglio delle indennità dei membri di Camera e Senato, almeno sei volte di meno rispetto a quanto previsto nel testo originario, e l'ammorbidimento dell'incompatibilità del loro mandato con gli altri incarichi pubblici.

Tanto per cominciare, il taglio delle retribuzioni o delle indennità di carica dei componenti degli organi costituzionali (il 10% per la parte eccedente i 90 mila euro, il 20% su quella che supera i 150 mila), non si applicherà più da domani e per sempre, ma solo per quest'anno, il prossimo, e il 2013. E dalla sforbiciata, grazie alla modifica approvata ieri con il voto di Palazzo Madama, vengono fatti salvi «la presidenza della Repubblica e la Corte costituzionale».

Cosa che ha fatto infuriare il viceministro delle Infrastrutture, Roberto Castelli, contro i «boiardi» della Consulta e del Quirinale, che ha risposto per le rime. Spiegando che il Colle è estraneo alla formulazione della norma, che è il governo che semmai deve dare chiarimenti, e che, in ogni caso, ai dipendenti della presidenza della Repubblica «già si applica il contributo di solidarietà a suo tempo introdotto per la pubblica amministrazione». Che, per onor di cronaca, è pari alla metà: il 5% oltre i 90 mila euro, il 10% oltre i 150 mila.

Nessuna parola, né da Castelli, né dagli altri quasi mille rappresentanti della Camera e del Senato, sull'alleggerimento dei tagli all'indennità parlamentare, che pure l'emendamento prevede. Se un deputato o un senatore fa anche un altro mestiere e incassa più di 9.847 euro netti, l'indennità di carica di 5.486 euro mensili netti (cui poi si sommano tra diaria e rimborsi spese altri 7.193 euro, che non vengono toccati), non sarà più tagliata del 50% come prevedeva il testo originario. La sforbiciata si farà sul totale annuo percepito a titolo di indennità, e sarà pari al 20%, ma solo per la quota eccedente i 90 mila euro, e al 40% per quella che supera i 150 mila euro.

Non bastasse, anche il regime dell'incompatibilità dei parlamentari, prima ferreo con l'impossibilità di ricoprire «qualsiasi altra carica elettiva pubblica», viene notevolmente annacquato. Nella nuova versione del testo, infatti, l'incompatibilità è circoscritta alle altre cariche elettive «di natura monocratica» e relative a «organi di governo di enti pubblici territoriali aventi popolazione superiore ai 5 mila abitanti». Traduzione: i parlamentari potranno continuare a fare i sindaci nei Comuni piccoli e medi. Ma potranno anche avere l'incarico di assessore in tutti i municipi, compresi quelli delle grandi città.  Ebbene NESSUN PARLAMENTARE HA CRITICATO QUESTA SCANDALOSA NORMA A FAVORE DELLA CASTA

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Come farsi beffa dei cittadini . Arrogantemente , senza vergogna si mantengono tutti i privilegi

Post n°62 pubblicato il 09 Settembre 2011 da indignati_2011

In questo articolo ci spiegano come ancora una volta , crisi o non crisi , ci hanno preso per i fondelli . Come sempre in maniera arrogante , senza preoccuparsi di mantenere fede a quanto avevano con grande clamore annunciato . Quello che fa piu' rabbia e' che nella miriade di dichiarazioni contro questa finanziaria nessuno ha fatto cenno a questa ennesima rapina nei confronti del contribuente
Indennità e vitalizi d'oro, la beffa dei tagli alla politica e le promesse non mantenuteNon c'è traccia di «scelte epocali» e risparmi milionari. Via anche la norma sull'ineleggibilità dei corrotti

 

«E tu osi credere ai tuoi occhi invece che a me?». Il fastidio con cui nella maggioranza vivono lo scetticismo dei cittadini nei confronti dei tagli alla politica ricorda la battuta di una leggendaria diva del cinema al marito che l'aveva sorpresa a letto con un amante: ma come, non ti fidi?

Il guaio è che di impegni, promesse, giuramenti, in questi anni ne abbiamo sentiti davvero troppi. Prendiamo due titoli di poche settimane fa dell'Ansa. Il primo: «Ok a bilancio Camera, tagli per 150 milioni». Il secondo: «Via libera Senato a tagli per 120 milioni». Non c'è estate, praticamente, che le agenzie non annuncino tagli radicali. Tutti futuri: il prossimo anno, nei prossimi due anni, nei prossimi tre anni... Poi vai a vedere e scopri che le spese correnti, quelle che contano, non scendono mai. E se Montecitorio nel 2001 costava 749,9 milioni di euro oggi ne costa un miliardo e 59 milioni. Sforbiciata reale nel 2011: meno 0,71%. E se Palazzo Madama dieci anni fa costava 349,1 milioni oggi ne costa 574. Con un aumento del 65%. In un decennio in cui il Pil pro capite italiano è calato del 4,94%. Sforbiciata reale nel 2011: 0,34%. Meno di un centesimo della amputazione radicale ai fondi per la cultura, falcidiati in un decennio del 50,2%.


E se al Quirinale va riconosciuto d'avere tentato di frenare la macchina impazzita e ormai quasi incontrollabile con un aumento del 5,07% negli ultimi anni seguiti al divampare delle polemiche sui costi della politica, non si può dire lo stesso per il Senato (+9,37%), la Camera (+12,64), la Corte Costituzionale (+11,48) e soprattutto il Cnel, schizzato all'insù, dopo un periodo di magra, del 20% tondo: il quadruplo dell'aumento del Colle.


Non diversamente è andata con altri impegni solenni. «Costi della politica, tagli epocali» era il titolone de «la Padania» di tre settimane fa. All'interno, lo stesso entusiasmo strillato a tutta pagina: «La Casta colpita al cuore». E il ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli sventolava una serie di successi trionfali: taglio delle Province, taglio dei seggi e degli stipendi dei Consigli regionali, taglio dei Comuni sotto i 1.000 abitanti, taglio complessivo di 54 mila «poltrone». Pochi giorni e il trionfo si ridimensionava. Ed ecco emergere che le Province in via di soppressione da 37 scendevano a 22, il taglio dei seggi e degli stipendi dei consigli regionali non poteva violare l'autonomia degli enti e dunque era affidato a un «ricatto virtuoso» (o tu tagli dove dico io o io taglio a te un po' di finanziamenti), i Comuni più piccoli non ne volevano sapere e le 54.000 «poltrone» si rivelavano così poco «lussuose» che dopo la pubblicazione sulla «Gazzetta Ufficiale» anche un giornale non ostile come «Libero» denunciava in un titolo: «Nella manovra non è previsto neppure un euro di ricavi dalle sbandierate soppressioni di Comuni e Province: segno che non ci credono neppure loro». Qualche giorno ancora e saltavano sia l'accorpamento dei piccoli Municipi che l'abolizione delle poche Province, rimandata a un lunare disegno di legge costituzionale. Come volevasi dimostrare.

Più o meno lo stesso tormentone che da anni ruota intorno alla soppressione degli enti inutili, bollati addirittura nella prima versione del codice delle autonomie, provvedimento governativo arenato in Senato da quattordici mesi, come «enti dannosi». Estate 2008: «Entro quest'anno sugli enti inutili calerà la ghigliottina». Estate 2009: «Via 34.000 enti inutili». E via così. Il risultato si può leggere nella relazione tecnica della manovra del 2011: «L'abrogazione degli enti con dotazione organica inferiore alle 50 unità non ha prodotto alcun risparmio». Enti tagliati? Manco uno. Ed ecco il 13 agosto scorso una nuova Ansa: «Via gli enti pubblici non economici con una dotazione organica inferiore alle settanta unità». Lo prevede il testo della manovra ma «con esclusione degli ordini professionali e loro federazioni, delle federazioni sportive, degli enti la cui funzione consiste nella conservazione e nella trasmissione della memoria della Resistenza e delle deportazioni». Restano fuori anche le organizzazioni per la Giornata della memoria, del Giorno del ricordo, le Autorità portuali e gli enti parco. Tempi? «Gli enti sotto le 70 unità sono soppressi al novantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della manovra». Da allora, di giorni, ne sono passati venti. E invece che essere soppressi gli enti inutili, nella nuova versione della manovra, è stata soppressa la loro soppressione. Andiamo avanti?

Nella prima bozza Tremonti del 23 giugno era previsto che «i compensi pubblici erogati a qualsiasi titolo, politico o di pubblico servizio, ed a qualsiasi livello, tanto centrale quanto regionale, provinciale o comunale, non possono superare quelli erogati per i corrispondenti titoli europei». Traduzione: basta con le indennità e gli stipendi troppo alti rispetto alla media Ue. Decisione sacrosanta. Ma una misteriosa manina ha nottetempo infilato nel testo di un emendamento di poche paroline e la media europea di riferimento è diventata «ponderata rispetto al Pil» e limitata ai «sei maggiori Paesi», così da tagliar fuori i Paesi che avrebbero fatto abbassare le buste paga. Un giochetto che, secondo una nota interna della Cisl, avrebbe messo in salvo circa mille euro al mese.
Ancora più divertente, si fa per dire, è l'epilogo della promessa di adeguare le regole italiane a quelle straniere, che in molti casi vietano espressamente a chi è pagato per fare il parlamentare di fare altri lavori. Facoltà che in certi casi (ad esempio quello del medico Antonio Gaglione, che ha detto di non avere nessunissima intenzione di dimettersi e rinunciare alle prebende) ha portato anche al 93% di assenze.

La riforma sbandierata all'inizio prevedeva il taglio del 50% dell'indennità lorda. Poi il trauma è stato ridimensionato col raddoppio del prelievo di solidarietà, il 20% oltre i 90 mila e il 40% oltre i 150 mila. Ma siccome pochissimi hanno una indennità superiore a questa cifra (quelli che guadagnano molto lo devono proprio all'attività privata) la percentuale di riferimento reale è quella del 20%. Facciamo due conti? Dato che l'indennità lorda di un deputato semplice è di 140.443 euro e 68 centesimi lordi l'anno (poi bisogna aggiungere le diarie e rimborsi vari, al netto) un doppiolavorista avrebbe avuto con la prima versione delle nuove regole, un taglio di 70.221 euro e 84 centesimi. Con le regole nuove, 10.088 euro e 73 centesimi. Un settimo. Non bastasse, mentre il prelievo di solidarietà «doppio» non aveva scadenza, l'ultima versione dice esplicitamente che dura tre anni: 2011, 2012 e 2013. Non solo: non tocca più la Corte Costituzionale e il Quirinale. Che com'è noto, alla denuncia di Roberto Castelli, ha risposto bruscamente: tutta farina vostra, noi non c'entriamo, è il governo che decide.

Non bastasse ancora, la legge che vietava l'accumulo di cariche e già era di fatto ignorata (si pensi che siedono in Parlamento vari presidenti provinciali, da quella di Asti a quelli di Foggia, Bergamo, Salerno, Brescia...) è stata addirittura annacquata: l'incompatibilità assoluta fra incarico parlamentare e altre cariche elettive, introdotta nella prima versione della manovra agostana, si è ridotta a vietare l'accumulo del seggio alle Camere con le cariche elettive «monocratiche», presidenti provinciali e sindaci di Comuni oltre i 5 mila abitanti. Non con altre poltrone, come quelle di assessori o consiglieri provinciali e comunali. E non basta ancora. Nella prima bozza della manovra di luglio si diceva che dopo la scadenza dell'incarico nessun «titolare di incarichi pubblici, anche elettivi, può continuare a fruire di benefici come pensioni, vitalizi, auto di servizio, locali per ufficio, telefoni, etc...» Nel testo approvato, sorpresa sorpresa, è sparito ogni riferimento a «pensioni e vitalizi». Anche lì, la solita manina? Ma non è finita. Da giugno scorso giace alla Camera un altro disegno di legge che era stato sbandierato in pompa magna dal governo il 1° marzo 2010, sull'onda degli scandali sui grandi eventi e la Protezione civile: quello contro la corruzione. Ricordate?

Suonarono le trombe: «Nessuno mai è stato così duro contro i corrotti!».
Dopo più di un anno il disegno è stato approvato in Senato, ma diverso da come era nato. Nel testo iniziale si stabiliva per la prima volta che una persona condannata con sentenza definitiva a una pena superiore a due anni per reati come la corruzione non potesse venire eletta in Parlamento. In quello approdato a giugno dalla Camera la norma tassativa e immediatamente applicabile dopo l'approvazione della legge è diventata una «delega al governo per l'adozione di un testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e divieto di ricoprire cariche di governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi». Ricapitoliamo? Prima bisognerà approvare la legge. E già immaginiamo che verrà opportunamente modificata alla Camera per poi tornare in terza lettura al Senato... Un annetto per ogni passaggio e già siamo fuori tempo massimo. Ma se per miracolo dovesse superare l'esame del Parlamento prima della fine della legislatura, da quel momento il governo avrà ancora un anno di tempo per scrivere la delega. Campa cavallo... Per capire cosa è successo «davvero» è sufficiente citare un caso: quello di Salvatore Sciascia, l'ex manager Fininvest condannato in via definitiva a due anni e mezzo per corruzione della Guardia di finanza e portato nel 2008 in Senato. Come ha votato? Indovinato: a favore.

Per chiudere, a parte la sottolineatura che la telenovela intorno all'abolizione della metà dei parlamentari ormai giunta alla 1327a puntata è ancora aperta a ogni colpo di scena, vale la pena di ricordare che nonostante tutte le promesse è ancora in vigore la leggina più infame che, sotto l'infuriare delle polemiche, si erano impegnati a cambiare. Quella sulle donazioni. La quale riconosce a chi regala 100.000 euro alla ricerca sul cancro o ai lebbrosi uno sconto fiscale di 392 euro e chi regala gli stessi soldi a un partito politico uno sconto 50 volte più alto. Giuravano tutti che sarebbe stata spazzata via: e ancora lì.
E i cittadini dovrebbero fidarsi delle promesse di oggi?

Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella

 
 
 

Abolizione delle province ? No , ennesima presa per i fondelli ....

Post n°63 pubblicato il 09 Settembre 2011 da indignati_2011

 

Non  ci riescono proprio. È più forte di loro. Prima decidono di abolirne una trentina. Poi cambiano idea e le mantengono in vita. Poi tornano sui propri passi e di nuovo le aboliscono. Contemporaneamente, però, riescono ancora una volta a non eliminarle. Un pasticcio o, più verosimilmente, una scientifica operazione di maquillage istituzionale dalla quale emerge una sola ed unica certezza: le Province italiane sono immortali. C’erano ieri, ci sono oggi e ci saranno pure domani. Eterne. E chi se ne frega se gli italiani, da tempo immemorabile, ne hanno le scatole piene degli enti inutili.
È andata così: il Consiglio dei ministri, come previsto, ieri ha approvato il disegno di legge costituzionale sull’abolizione delle Province. E non si è limitato a scrivere nero su bianco che le Province scompaiono e che i loro compiti passeranno alle Regioni. Troppo semplice e definitivo. Dopo un approfondito dibattito, e anche un’accesa discussione fra Giancarlo Galan e Roberto Calderoli, il Consiglio ha scritto che le Province non esistono più e che al loro posto nascono le cosiddette “aree vaste” o “città metropolitane” o “supercomuni” o “miniregioni”. In pratica, ha scritto che le Province cambieranno nome. Geniale. Una volta concluso il tortuoso iter di approvazione del disegno di legge, gli italiani finalmente non dovranno più dire: «Basta, aboliamo le Province, sono enti inutili». Dovranno dire: «Basta, aboliamo le aree vaste». Se vogliono, potranno anche aggiungere che si tratta di enti inutili.

Ve la spieghiamo meglio, altrimenti penserete che i pazzi siamo noi. Il disegno di legge ha un titolo: «Soppressione di enti intermedi». Di buon auspicio. Dopo il titolo, però, ci sono gli articoli. Per la precisione, tre articoli. Il primo stabilisce che la parola Provincia dovrà essere soppressa, ovunque ricorra, dalla Costituzione. Giusto: trattandosi ormai di una parola indecente, è bene che scompaia. Il guaio è che il secondo articolo afferma: «spetta alla legge regionale istituire sull’intero territorio regionale forme associative fra i Comuni per l’esercizio delle funzioni di governo di area vasta, nonché definirne gli organi, le funzioni e la legislazione elettorale». Se le parole hanno un senso, e ce l’hanno, anche se compaiono in astrusi disegni di legge, vuol dire che i nuovi soggetti intermedi, quelli che saranno al centro fra i Municipi e le Regioni, avranno specifiche funzioni (grosso modo quelle che erano delle Province), specifici organi (grosso modo quelli che erano delle Province) e pure un’apposita legge elettorale. Terra terra: se ieri eravamo chiamati alle urne per eleggere presidenti e consiglieri provinciali, domani saremo chiamati alle urne per eleggere presidente e consiglieri (o come diavolo vorranno chiamarli) delle aree vaste o città metropolitane. È come se avessero preso le infinite poltrone provinciali e, anzichè gettarle in una discarica, le avessero portate da un tappezziere. Compito: rifoderarle e metterle esattamente laddove stavano prima, con sopra una scritta differente. Tutto qui. Per fare questo, però, ci vorrà tempo. Comprendeteli: stiamo parlando di un cambio di insegna, mica si può fare dalla sera alla mattina.

Tempi previsti per la presa in giro: le Regioni provvederanno entro un anno dall’entrata in vigore della legge costituzionale alla creazione dei nuovi enti, che a loro volta diventeranno operativi quando finirà il mandato delle singole Province. Prima la legge costituzionale, poi un altro anno ancora, poi la fine del mandato. Vogliamo metterci per il 2017 o 2018? Con qualche intoppo anche il 2020. E mica finisce qui. Il disegno di legge (quando si dice le cose fatte per bene) stabilisce che dalla soppressione delle Province dovrà “derivare in ogni Regione una riduzione dei costi di organi politici e amministrativi”. Nient’altro. Non c’è neppure scritto: riduzione significativa. Possiamo presumere che, se le Regioni risparmieranno cinquanta centesimi, l’obiettivo sarà raggiunto. In ogni caso, le province autonome di Trento e Bolzano sopravviveranno. E lo Stato, come prevede il ddl, dovrà “razionalizzare con una legge la presenza dei propri organi periferici”. Significa che le Province rimarranno al loro posto, ma le Prefetture probabilmente scompariranno. È già una cosa.

Dimenticavamo di aggiungere: ieri pomeriggio Roberto Calderoli si è mostrato molto soddisfatto per le decisioni del Consiglio dei ministri e parlando dei nuovi enti ha usato il termine di “Province regionali”. Almeno lui ha avuto il coraggio di parlare chiaramente. P.S. I presidenti delle Province, anche ieri, hanno protestato per l’abolizione delle loro amate creature. Fanno finta di non aver capito. Lo abbiamo detto: operazione maquillage. Che a volte comporta l’uso di una maschera. Di bronzo
 
 
 

Il Residence " San Vittore " si prepara a rivivere i fasti del 92/93

Post n°64 pubblicato il 11 Settembre 2011 da indignati_2011

San Vittore e’ l’affettuoso nome con in quale i milanesi chiamano un ameno e confortevole edificio , un residence a 5 stelle , utilizzato per ospiti eccellenti .Situato a Milano in Piazza Filangieri 2 La sua costruzione inizia nel maggio del 1872, e  viene inaugurato il 7 luglio del 1879 durante il regno di Umberto I. Questo residence e'  stato costruito con materiali molto avanzati che rendono gradevole il soggiorno per chi lo occupa per periodi lunghi o brevi . Infatti e’ estremamente fresco d’estate e molto caldo di inverno .


Per la sua costruzione  il governo di allora  acquistò dei lotti in zona periferica e poco edificata (l'attuale area tra corso Magenta e porta Ticinese) ed incaricò l'ingegner Francesco Lucca, che si rifece al modello settecentesco del panopticon e disegnò un edificio a sei braccia di tre piani l'una.

Tra i raggi vennero costruite le cosiddette "rose" di passeggio divise in venti settori destinati ciascuno ad un singolo ospite , per impedire che ogni ospite fosse disturbato da altri ospiti non attenti alla privacy . Su piazza Filangieri venne costruito un edificio in stile medievale in cui vennero collocati gli uffici e l'abitazione del direttore; originariamente era in stile medievale anche il muro di cinta, ma oggi è stato quasi completamente ricostruito per motivi di sicurezza. Il corpo di guardia alle spalle degli uffici costituisce un'ulteriore barriera tra l'interno e l'esterno . Una barriera che assicura agli ospiti del Residence che non verranno in alcun modo distratti dai loro esercizi di meditazione e dalle lettura di testi estremamente educativi : Codice civile , codice penale , capi di accusa etc .
La struttura è protagonista  di alcune canzoni popolari tra cui quelle di Walter Valdi e dei Gufi, e viene citata in una loro commovente canzone degli Amici del Vento. Bellissima dimostrazione di come per i milanesi San Vittore rappresenta , assieme al Duomo , un pezzo di storia della citta’
E’ dotato di infermeria , servizi di ristorazione , lavanderia , cucine molto ben attrezzate il tutto contribuisce a rendere molto confortevole il soggiorno ai suoi ospiti .E naturalmente un Cappella dove chi ha commesso peccato puo' inginocchiarsi su un pugno di ceci e chiedere perdono . 

Molti Italiani illustri vi hanno soggiornato . Uomini che hanno fatto la storia del nostro paese . Renato Vallanzasca e’stato a lungo un ospite di riguardo . Ma chi ha fatto la storia di questo edificio sono senza dubbio i politici . Intorno ai primi anni 90 c'e stata la corsa per accaparrarsi la camera migliore , di solito quelle con vista sugli ameni cortili interni 

Politici di calibro nazionale ma anche locali , manager , imprenditori , amministratori enti locali hanno fatto una vera e propria gara per potere  scrivere nel proprio curriculum personale  “ ho soggiornato a San Vittore  “ Quanti lo hanno fatto si sono assicurati ammirazione e rispetto e , ovviamente , un discreto vantaggio nella carriera
Secondo voci raccolte nelle piazze e nei mercati ( Vox populi ) San Vittore si prepara a rivivere i fasti del 92/93 Riviverli in maniera anche piu eclatante rispetto a quel periodo storico . Pare che esista gia’ un piano di emergenza per rendere la struttura capace di ricevere almeno un migliaio di fortunati personaggi , prevalentemente politici , che potranno godere di camera con servizi e trattamento da Hotel 5 stelle / Il piano prevede che un braccio sia destinato ai personaggi politici di Destra , uno a quelli di sinistra , e un a quelli di centro . Al primo piano di ogni braccio verranno ospitati i manager delle municipalizzate e i sindaci , al piano intermedio i deputati , in quello superiore i senatori e , visto che questi ultimi sono la meta’ dei deputati lo spazio rimanente verra’ attrezzato per i capi di governo , presidenti di camera e senato . L’Hotel San Vittore si prepara a rivivere momenti di gloria . Presto , molto presto . E ognuno di noi potra’ raccontare questa bella pagina di storia dicendo / “ Io c’ero .

 
 
 

Miracolo a Milano ; la provincia non ha quattrini per le scuole ma si fa prestare soldi per comprare autostrade

Post n°66 pubblicato il 20 Settembre 2011 da indignati_2011

Un vero miracolo : La provincia di Milano , che come tutte le province reclama perche' non ha fondi sufficenti per fare quello che e' di sua competenza ( vedi la manutenzuone delle strade e delle scuole superiori .. ) riesce a trovare centinaia di miliardi ( a debito da banche ) per fare una operazione di " finanza creativa " A favore di cosa ? non certo dei cittadini che sono di competenza della provincia . Allora bisogna chiedersi a favore di chi ..........

MILANO - Chissà se c'è ancora il conto corrente di Marcellino Gavio alla Banca del Gottardo di Lugano. Quello di cui parlava Gianfranco Boni, il braccio destro di Fiorani, a proposito di «operazioni riservate». Ci arriviamo.
Intanto mettiamoci nella giusta prospettiva: noi (nel senso dei residenti nella Provincia di Milano) nel luglio 2005 pagammo alle società del cavalier Gavio, l'imprenditore piemontese scomparso nel 2009, 240 milioni di euro per il 15% della Milano-Serravalle di cui lui aveva il 27%. Vuol dire 8,831 euro per ogni azione della società che la Provincia (37%) e il Comune di Milano (18%) già controllavano congiuntamente. La Serravalle gestisce 180 chilometri di autostrade (verso Genova) e le tangenziali di Milano.
È un'azienda che tradizionalmente garantisce, con grande puntualità e generosità, consulenze e poltrone agli amici del presidente provinciale di turno. Con l'acquisto di quel pacchetto la Provincia arrivò al 52% inchiodandosi per gli anni a venire al debito con Intesa. Ma d'altra parte assicurò un futuro sereno a tre o quattro generazioni di Gavio.mIl ricco re dell'asfalto fece 175 milioni di plusvalenza.

Metà prezzo. Il regista fu l'allora presidente della Provincia Filippo Penati, uno dei leader del centrosinistra da noi spedito pro-tempore a gestire l'ente pubblico. Oggi, sei anni dopo, l'imprenditore Piero Di Caterina, grande accusatore di Penati nell'inchiesta sul «sistema Sesto», racconta di presunte mazzette intascate dal politico per quell'operazione. Presumibilmente una piccola parte della leggendaria plusvalenza da 175 milioni (su 240 pagati...). Sospetti. Parole a sei anni dai fatti. Nessuna prova. La Procura di Monza sta indagando.
Nel frattempo togliamoci lo sfizio di andare a vedere quanto gli altri pagavano le azioni Serravalle mentre noi il 29 luglio 2005 versavamo sull'unghia 8,831 euro.
Marzo 2005, quattro mesi prima: due società autostradali del gruppo Gavio si scambiano un pacchetto Serravalle a 4,85 ad azione. 9 maggio: Penati (cioè noi, la Provincia) si accorda con il Porto di Genova per acquisire l'1,2% sempre 4,85 euro.

Sono mesi caldissimi, è l'estate dei «furbetti», delle scalate di Popolare, di Lodi ad Antonveneta e Unipol a Bnl. Poi le inchieste. Boni, ex direttore finanziario della Pop. Lodi, racconta da S. Vittore di quella volta che la banca vendette al cavaliere di Tortona una partecipazione autostradale utilizzando una finanziaria di Madeira. «L'operazione di vendita si è conclusa - raccontava Boni - presso la Banca del Gottardo di Lugano dove Gavio aveva aperto un conto». Boni, Fiorani e altri due o tre del loro «giro» si spartirono amichevolmente la plusvalenza. Poi Fiorani chiese aiuto a Gavio per la scalata Antonveneta. «Gavio chiese - secondo Boni - un preciso impegno da parte nostra ad aiutarlo nella vicenda Serravalle». Finanziamenti. Intanto dava una mano anche a Consorte per la scalata Bnl.
Ma ecco a fine luglio l'offerta a cui non puoi dire no, Babbo Natale fuori stagione. È Penati con 8,831 euro ad azione, quasi il doppio delle due precedenti transazioni. C'è il premio di maggioranza, raccontano. Cioè il sovrapprezzo che si paga quando il pacchetto in vendita (come in questo caso) consente di superare la soglia del 51%. Ma più che un premio sembra un Nobel.

«Superare l'inerzia». Il sindaco di Milano, Gabriele Albertini, si arrabbia di brutto. Ha un 18% che adesso vale molto poco. Il 2 agosto 2005, quattro giorni dopo il Bingo, Gavio gira quote della Serravalle tra società del gruppo a 6,79 euro e il 15 settembre va in scena l'asta del Comune di Como: base 6 euro, Gavio ne offre 6,05 ma la lussemburghese Abm del finanziere-filosofo Alberto Rigotti lo beffa con un centesimo in più. A fine settembre 2005 Gavio è da solo all'asta della Provincia di Pavia: base 4,85 euro, lui porta via la «merce» a 7,05 euro.
Un anno dopo, il 4 ottobre 2006 la Provincia trasferisce nella controllata Asam il 37,9% di Serravalle che detiene direttamente. Il prezzo? «Al valore di perizia arrotondato a euro 6,58 per azione», si legge nei bilanci Asam. Non c'è il nome del perito né è specificato chi sia «l'importante studio di valutazioni aziendali» che formulò una stima nel luglio 2005 e nemmeno «il primario istituto di credito nazionale» che fece altrettanto nel giugno 2006. Talvolta i periti sono come i sarti con i loro vestiti: tailor made , su misura del cliente e delle sue esigenze.
La carrellata di prezzi dell'epoca si chiude con i 7,45 euro sborsati nel settembre 2007 da Gavio a favore di Abm, la lussemburghese del centesimo in più.

Il milanese. Nella grande girandola intorno a Serravalle c'è una vittima: il milanese. In quanto «figlio» del Comune si trova incastrato con un 18% che langue senza prospettive. In quanto «figlio» della famiglia provinciale si trova Intesa Sanpaolo che gli ha pignorato la Serravalle e ogni anno gli interessi sul debito drenano gran parte delle risorse pubbliche. In quanto persona normale, e forse un po' ingenua, si chiede perché la Provincia non abbia comprato dal Comune il 15% di Serravalle allo stesso prezzo pagato invece a Gavio.

a favore di Abm, la lussemburghese del centesimo in più. Il milanese. Nella grande girandola intorno a Serravalle c’è una vittima: il milanese. In quanto «figlio» del Comune si trova incastrato con un 18% che langue senza prospettive. In quanto «figlio» della famiglia provinciale si trova Intesa Sanpaolo che gli ha pignorato la Serravalle e ogni anno gli interessi sul debito drenano gran parte delle risorse pubbliche. In quanto persona normale, e forse un po’ ingenua, si chiede perché la Provincia non abbia comprato dal Comune il 15% di Serravalle allo stesso prezzo pagato invece a Gavio." src="http://dizionari.corriere.it/images/info.gif" border="0" alt="" />

 
 
 

le leggi " ad personam " della casta dei papponi nelle amministrazioni locali

Post n°67 pubblicato il 08 Ottobre 2011 da indignati_2011

 

 

C’è chi lo ha maturato dopo quindici mesi. Gli importi netti mensili vanno da 1640 a 4700 euro, a seconda del numero di mandati. Solo dieci prendono il massimo
TRIESTE Sudò quindici mesi, in due casacche diverse, nell’aula di piazza Oberdan. Non un giorno di più. Ma, con una leggina su misura, agguantò il vitalizio: 1640 euro netti al mese. A vita. Roberto ”Charlie” Visintin è ormai una leggenda a Palazzo. Meteora della politica regionale. Ma eroe insuperato – e, c’è chi spera, insuperabile – dei baby pensionati.
Nell’agosto non solo politicamente instabile in cui il comitato referendario nato in nome dell’abolizione di «un privilegio della Casta» non depone le armi, ma all’opposto studia le carte e prepara il ricorso al Tar, il vitalizio dei consiglieri regionali rimane un argomento ”caldo”. Assorbe quasi 8 milioni di euro all’anno: 7.819.730 euro, per l’esattezza, nel 2009. E riguarda, a meno di errori nonché al netto di eredi, 146 ”
ex”: Andrian Gastone è il primo, in ordine alfabetico, Zorzini Bruna è l’ultima.
L’elenco è lungo e variegato. Eppure ”Charlie”, come lo chiamano in onore dei suoi trascorsi musicali in un’orchestra, occupa un posto speciale. La sua leggenda inizia nel 2002 quando Gianpiero Fasola si dimette: l’allora leghista Visintin, poi passato al Patto regionale per l’autonomia, ne prende il posto. Ma la legislatura volge quasi al termine e il subentrante non può guadagnarsi il vitalizio. Come uscirne? Giorgio Pozzo risolve il dilemma: presenta una leggina semplice semplice in cui si dice che un consigliere regionale matura il diritto alla pensione dopo 15 mesi di attività, anziché dopo 30, come avveniva sino a quel momento. Detto, fatto: l’� aula, nell’aprile 2003, vota a maggioranza. E ”Charlie” conquista il vitalizio. Certo, ricordano i colleghi, deve sborsare una bella sommetta sotto forma di contributi integrativi perché, legge alla mano, ci vogliono almeno cinque anni di contributi regolarmente versati nelle casse pubbliche. Ne vale la pena, evidentemente: Visintin, classe ’41, inizia a percepire l’assegno una manciata di mesi dopo.
// È un caso unico, in verità. Il Palazzo, dove nel frattempo si insedia Riccardo Illy, ha un sussulto, ci ripensa, e cancella la legge su misura, riportando in vita gli storici requisiti sul vitalizio. Non eccessivamente punitivi, anzi. E tutt’ora in vigore. Funziona così: il consigliere regionale in carica versa, ogni mese, il 17% della sua indennità di presenza. Poi, se lo ritiene, ci aggiunge il 2% al fine di garantire il 60% del vitalizio, in caso di sua scomparsa, agli eredi: moglie o marito e, in seconda battuta, figli minori. Non la convivente o il convivente: la latitanza del Parlamento, dove la questione coppie di fatto resta tabù, fa sì che restino esclusi.

Una volta raggiunti i 60 anni e lasciato l’incarico, comunque, l’ex consigliere regionale inizia a riscuotere. Quanto? L’assegno mensile aumenta con l’aumentare dei mandati spesi sui banchi di piazza Oberdan e, quindi, dei contributi versati: 1460 euro dopo cinque anni a Palazzo, 3019 dopo dieci, 4300 dopo quindici e 4700 dopo vent’anni o più, anche se solo una decina di ex prendono il massimo. L’avente diritto, in verità, può chiedere il vitalizio già a 55 anni, a patto di rinunciare al 25% del dovuto. Un vantaggio aggiuntivo, e apprezzato: più d’uno l’ha colto trasformandosi in baby pensionato.

Non mancano nemmeno i divieti di cumulo: il parlamentare e l’e uroparlamentare, finché restano in carica, non percepiscono nulla. Nemmeno un cent. Saranno ricompensati quando appenderanno le scarpe al chiodo e riceveranno il vitalizio nazionale, quello regionale e, al caso, la pensione ”normale”. Presidenti di Provincia, sindaci e amministratori locali, invece, possono cumulare l’indennità con il vitalizio non appena raggiunti i 60 anni.

Non tutti ne approfittano: Ettore Romoli, sindaco di Gorizia nonché ex parlamentare ed ex consigliere regionale in carica per meno un mandato, avrebbe dovuto versarsi i contributi integrativi. Ma ha rinunciato, e adieu vitalizio. Una rarità.
Non manca una curiosità: l’assegno mensile, sino al 1995, si incassava regolarmente a 55 anni. Ovvero, decurtato, già a 50 anni. Nel tempo, dunque, il Palazzo si è autolimitato, inasprendo le regole. Con l’eccezione di ”Charlie”, s’intende.

 
 
 
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