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L'inferno del Nord

Storie di un ciclista agonista italiano nel cuore delle Fiandre

 

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Steven Rooks Classic 01/05/08

Post n°34 pubblicato il 04 Maggio 2008 da Paracarroemigrato

Ecco la prima Granfondo della stagione: la Steven Rooks Classic. Per gli assidui lettori di questo blog il nome dice già qualcosa. Infatti sono già alla terza partecipazione negli ultimi tre anni. L’anno scorso la soddisfazione più grande della stagione arrivò proprio da questa corsa. Terminai 3° sulla linea d’arrivo del “lungo” ma venni classificato primo e vincitore della corsa in quanto vigeva la regola del “Real Time”.

Quest’anno per vicende ormai trite e ritrite non mi sento brillantissimo come l’anno scorso però nelle ultime settimane sento che qualcosa è cambiato e allora eccomi di nuovo alla partenza. Quali ambizioni? Il sogno mostruosamente proibito è ripetersi però so perfettamente che mi sarà impossibile. Per festeggiare il quinto anno di organizzazione Steven Rooks ha scelto un percorso completamente diverso da gli anni passati. I chilometri sono aumentati arrivando fino a 164 ma soprattutto le salite sono diventate MOLTO più ostiche, forse troppo. Temo che la corsa sarà troppo dura per le mie caratteristiche (vedi link con descrizione dettagliatissima del percorso: http://www.kuitenbijters.com/index.php?option=com_content&view=article&id=1:steven-rooks-classic-2008&catid=1:toertochten&Itemid=5). Con tutte queste premesse devo onestamente ammettere che se riuscirò ad arrivare vicino ai primi sarò pienamente soddisfatto.

Partenza alle 8:45 da Maastricht. Il cielo è soleggiato ma spira un forte vento e sarà facile beccare un temporale lungo il percorso, speriamo di no perché ogni volta che il sole si oscura fa un po’ troppo fresco.  Sono un po’ indietro nella griglia di partenza ma spero di non aver problemi a rientrare sui primi.  Infatti così accade. Dopo meno di 5 km sono in seconda/terza fila del gruppone.

Già iniziano le difficoltà. Gli anni passati i primi 20 km erano praticamente tutti piatti adesso si sale o si scende. Strade veloci e non ripide per carità, ma si capisce immediatamente che la musica è cambiata.

Mi tengo nelle primissime posizioni perché la prima salita in programma dovrebbe essere stretta e con pendenze fino al 17%. Se rimango imbottigliato faccio molta più fatica. A fare il passo in ogni caso ci pensa Aart Vierhouten (professionista olandese). Ha una bella andatura non troppo forte e regolare. Stiamo tutti a ruota senza problemi. L’altro pro in gara è Max Van Heeswijk fino all’anno scorso in forza alla Rabobank, ma lui si tiene nella pancia del gruppo.

Svolta a destra e la prima salita ha inizio. Il classico muro fiammingo: duro ma corto che passa via senza grossi problemi anche se Vierhouten ha forzato un po’ di più l’andatura.

Il gruppo ha subito la prima setacciata e davanti rimaniamo in una ottantina e il copione non cambia per un’altra ventina di km. A dire il vero alla base di una rampetta mi è caduta la catena sul movimento e l’unico modo per rimetterla al suo posto è stata fermarsi e farlo con le mani.  Insomma un simpatico regalino che mi è costato un paio di minuti fuori soglia per rientrare con i primi.

Come si sapeva la pianura può rientrare benissimo nel capitolo “chi l’ha vista?” O su o giù e delle 9 salite in programma ne abbiamo fatta solo una. La seconda arriva al 40°km e anche questa è passata senza particolari patemi. Intanto il gruppo si assottiglia sempre di più.

La terza arriva velocemente ed è piuttosto spettacolare visto che dopo una arrampicata in mezzo a un bosco sbuchiamo su una bella diga artificiale. Tra la terza e la quarta ci sono ben trenta chilometri in mezzo. Adesso si fa sul serio la corsa è iniziata. Dopo qualche scatto vanno in fuga in tre che rapidamente guadagnano una trentina di secondi.

Schiacciano forte sui pedali perché Vierhouten sta facendo il diavolo a quattro per andarli a riprendere ma senza successo. Il distacco rimane invariato.

Le strade sono larghe un paio di metri al massimo e si fanno 200 metri di salita e 200 di discesa. I chilometri scorrono lenti e le gambe si stanno appesantendo in modo prematuro.

Mamma mia quanto schiaccia. Sono a ruota del pro ma in un paio di momenti devo spingere a tutta per non farmi staccare. Ma nonostante tutto non c’è verso di riprendere la fuga.

La quarta salita è meno ripida ma più lunga 4 km. Per la prima volta faccio fatica, ma a quanto pare non sono il solo. Siamo rimasti in 30, forse meno.  

La prossima salita sarà dura… molto dura. Il suo nome è La Redoute, temo proprio che se la faranno forte il prossimo a lasciarci le penne sono io.

Al chilometro 90 inizia lo spauracchio vallone. Come ogni anno i tappeti elettronici registreranno il tempo di scalata. L’anno scorso ci ho messo 6:00 che equivale ad un wattaggio medio di 400 W e una VAM di 1600 m/h. Quest’anno non mi avvicinerò sicuramente a quel tempo perché sono già piuttosto stanco. Infatti a metà salita i primi 10 mi staccano. Salgo su malissimo e sono piantato. Il tratto al 20% è un calvario. Ma lentamente arrivo in cima (le classifiche diranno poi che ho impiegato 6:15). I primi hanno letteralmente volato. Ma non bisogna mollare, sono in compagnia e forse possiamo ancora rientrare. Il problema è che siamo in 4 e due sono i professionisti che si sono fermati un secondo a prendere l’acqua in cima alla salita… noi siamo a tutta e loro riescono a fermarsi al ristoro per acchiappare una bottiglietta. Con loro si rientrerà sicuramente, ma a che prezzo?

Sullo Sprimont mi stanno facendo morire e proprio in vetta complice un attimo di disattenzione io e un altro ci troviamo staccati. E davanti se ne stanno andando.

A testa bassa inseguiamo e dopo 5 km con la bava alla bocca siamo premiati. Siamo davanti e siamo una ventina in tutto.

Purtroppo appena rientrato inizia un’altra salita micidiale. Fino a che le pendenze stanno dentro il 10% vado bene e mi sento ancora in forze, ma oltre è sempre stato il mio, anzi uno dei…, tallone d’achille.  E mi ristacco… ma appena la strada spiana butto il rapportone e un paio di km dopo rientro, nuovamente.

In teoria mancano ancora 3 salite. Riuscirò a fare sempre così? Non credo proprio… ma un po’ ci spero.

La settima salita è mostruosa. La Redoute in confronto era un cavalcavia. Ho sempre il manubrio spiattellato sul naso da quanto è ripida. Ho il 39x27 ingranato ma non lo riesco a far girare. Una vera tortura. Fortuna vuole che non sono l’unico a subire questa tortura: davanti sono rimasti una dozzina e dietro siamo in 4 ad inseguire. Ma questa volta è chiaro che non rientreremo più.

Sempre su e giù! Accidenti non finisce mai. Dopo qualche chilometro di sbandamento troviamo un bell’accordo e procediamo di buona lena. A ogni rampa (lunga anche un paio i chilometri) raggiungiamo qualcuno che non ha tenuto il ritmo del gruppo di testa.

Quando scolliniamo l’ottavo muro la situazione è piuttosto chiara: 7 al comando e dietro noi in 8. Nonostante il mostruoso mal di gambe riesco ancora spingere buoni rapporti, ma durante l’ultima salita succede quello che non mi aspetto. Una improvvisa quanto violenta crisi di fame. Purtroppo negli ultimi km non ho mangiato perché l’andatura elevatissima e i numerosi pericoli (vedi corridori impegnati nel percorso “corto”) non me l’hanno permesso. Sapevo che dopo l’ultima salita potevo farlo con minor rischio e così ho stupidamente aspettato.

Purtroppo l’ultima salita è molto impegnativa e nello stesso momento veniamo sorpresi da una grandinata violentissima. Perdo le ruote del gruppetto e… a quanto pare mi toccherà farmi gli ultimi 20 km da solo fino a Maastricht.

Questi ultima fatica è per lo meno in pianura e il vento mi aiuta non poco. Infatti non vengo raggiunto da nessuno.

All’arrivo chiudo 16°. In fin dei conti mi considero soddisfatto. Purtroppo ho perso 5 minuti negli ultimi km avendo perso il treno giusto. Ho chiuso in 5 ore e 1 minuto con una media di poco inferiore ai 33 km/h a testimonianza della durezza del percorso (l’anno scorso erano quasi 36 km/h di media!). Alla prossima!!!   

 
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