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18-01-2010

Post n°4 pubblicato il 18 Gennaio 2010 da Faccio_le_capriole
Foto di Faccio_le_capriole

I polpastrelli mi trasmettono un formicolio continuo, un pizzicorio costante e duraturo.

Per quanto sia una sensazione a tratti sgradevole, in questo modo posso misurare i limiti della mia estensione fisica: là in fondo, per quanto cerchi di allungare le braccia e di i distendere le mani, io finisco.

Guardo le mie dita che adesso si affacciano sulla tastiera.

Ho ancora, di nuovo, la mia fede al dito. Le unghie non sono molto curate, la pelle è ruvida e raggrinzita, slavata. Sul polpastrello del pollice sinistro ho un taglio che rende molto scomodo sfruttare i vantaggi dell’opponibilità.

Il pizzicorio non esiste in realtà. È un prodotto ingenuo della mia mente bacata.

Sono i sintomi paralleli.

Erika è una signora abbastanza in là con l’età, che misura con pazienza il tempo che la separa dalla pensione. Con la stessa pazienza mi parla e mi spiega cosa sono questi sintomi paralleli.

Io so già di che si tratta, avendo già letto ogni testo di psichiatria disponibile al mondo purché redatto o tradotto nelle poche lingue che so leggere correntemente.

Mi dice che io non sono come gli altri pazzi che cura. Mi minaccia dicendomi: “Tu sei diverso”. Credo che lo dica a tutti, in una sorta di procedura standard volta ad incitare un po’ di autostima nei pazienti. Il guaio è che io sono pazzo davvero.

Ho abbandonato l’idea di trovarmi un nuovo lavoro, almeno per un po’. Lei non è molto contenta, ma è evidentemente troppo complicato accoppiare le mie pretese con il mercato occupazionale. O pagano troppo poco o vogliono che vada troppo lontano, o il lavoro è una noia, o c’è troppo da sbattersi.

Mi giustifico spiegando quanto sono impegnato a tinteggiare, arredare e piastrellare.

Ovviamente io non alzo nemmeno una cazzuola, ma mi limito a segure i lavori come un acerrimo capocantiere. Quando il gruppetto di muratori extracomunitari con permesso di soggiorno mi vede arrivare, se la dà a gambe. Non è raro che mi ritrovi a parlare da solo in quello stanzone spiegando come vorrei fossero fatte le cose.

Sotto pressione (lieve a dire il vero, anzi lievissima, pressione) di un ostetrica, una vecchia amica ho offerto ad un affitto ridicolo un vecchio immobile in centro città ad un associazione di madri… non so esattamente cosa facciano, ma credo cose del tipo promuovere il parto naturale, l’allattamento al seno, l’uso di pannolini riciclabili, un negozio di prodotti biologici per l’infanzia, un corso di massaggi infantili, un sistema di auto-mutuo-aiuto per le famiglie più sfigate, si scambiano consigli, scarpe, vestiti, ed un pacco incredibile di parole.

Quello stanzone era vuoto ed abbandonato da quando il mio prozio aveva cessato la sua attività, in anno prima che io nascessi, e l’immobile era devastato da anni di incuria. Ora che è quasi finito constato che sarebbe un loft perfetto, peccato che abbia fatto mettere quei cessi in miniatura per i bimbi piccoli.

 

Ho smesso di scrivere. Non inteso in senso stretto, ma voglio dire che ho interrotto la stesura del mio secondo romanzo: era più brutto del primo. Ed il primo era davvero bruttissimo. Così bruttissimo che mi addormentavo io stesso, sopraffatto dalla noia, mentre lo rileggevo per le correzioni. Mi chiedo come si possa trascorrere così tanto tempo a scrivere e riscrivere pagine su pagine alla ricerca di se stessi, tentando di parafrasare una vita modesta come la mia, cercando di infondere fascino ad un a storia mogia e insignificante.

 

Le mie giornate scorrono comunque abbastanza serene.

Un risveglio di buon mattino, una prima colazione a base di Nespresso e una paglia, tre giornali freschi di edicolante, un'altra paglia mentre faccio la strada per andare dal panettiere, tre michette, una paglia mentre vado in cantiere, un caffè al bar con i magrebbini che fanno i piastrellisti, una paglia per digerire il caffè, una passeggiata in piazza dove faccio a gara con i pensionati per accaparrarmi le panchine al sole, una paglia per sancire la vittoria, poi fino a casa ed una paglia per rilassarsi sul divano.

Si va avanti così più o meno fino a sera. Sembra incredibile, ma ultimamente fumo molto meno del solito. Un pacchetto mi basta per arrivare quasi fino a sera.

 

Vorrei solo avere qualcosa di utile da fare, ma per quanto mi scervelli non mi viene in mente niente di ragionevole.

 
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