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Breviario del povero uomo ricco.

Post n°7 pubblicato il 25 Febbraio 2010 da Faccio_le_capriole
Foto di Faccio_le_capriole

Ovvero la ricchezza e (senza accento) la felicità.

 

È una discreta mattina di fine inverno.

L’aria è fresca, ma il sole rende piacevole l’aver portato ad arieggiare i miei neuroni.

Ho le natiche appoggiate al cofano della mia macchina che ho appena spinto, piuttosto imprudentemente, lungo una strada fangosa, addirittura incrociando pericolosamente, un bilico carico di una grossa ruspa, proprio in prossimità del ciglio di un canale.

Guardo l’ampio cantiere che si sviluppa di fronte a me, circondato da reti rosse, gru ed operai.

Un furgoncino sfugge in distanza alzando la polvere. Lo guida l’uomo che ho appena incontrato: quarant’anni, già canuto, movenze da chi possiede un marcato senso pratico. Il capocantiere, mi ha lasciato un caschetto giallo. Indosso i miei scarponcini, che sono l’ideale per camminare agilmente in mezzo ai ponteggi.

 

Dall’altra parte della rete, qualche settimana addietro è crollata una delle strutture in costruzione.

Fortunatamente è accaduto durante la notte, nessuno era presente sul luogo. Nessuna vittima se non qualche tonnellata di cemento ed acciaio accartocciati.

Sono qui per l’oneroso compito di peritare l’accaduto per conto dell’assicurazione del costruttore, in contenzioso con il perito inviato dal proprietario del capannone in costruzione. Si parla di grosse cifre, ritardi, rimborsi per i ritardi, penali, tribunali.

La questione è spinosa ed il mio approccio alla questione dovrebbe essere ascetico.

Nonostante questo dopo circa una mezz’ora sono già nervoso.

Quell’area, ancora sotto sequestro, mi costringe ad attendere un inviato dell’ASL prima di accedervi. Ed anche un vigile urbano. Non un pompiere, ma proprio un vigile urbano…(?)

Sono entrambi in serio ritardo e “la vita del puntuale è un inferno di solitudini immeritate” (Benni).

 

Non amo aspettare. E non amo nemmeno più lavorare, che mi sveglia dalla mia indolenza radicata.

Quindo inganno il tempo usando una di quelle “sofisticate” internet key, proprio una di quelle della pubblicità di Totti e mentre caricano le varie pagine mi guardo il panorama piatto della bassa piemontese.

I soliti giri… la mail personale (vuota) la mail “ufficiale” (colma), il mio blog (desolato), il mio conto in banca on line, il mio conto titoli (bho?), il mio trader on line… Di nuovo mi congratulo tra me e me per i risultati delle ultime “soffiate” di borsa.

Faccio due conti veloci e constato che anche il mio ultimo capriccio motociclistico (una Griso 1200 8V) è stata regalata dallo sciocco oscillare, nell’arco di soli pochi giorni, dei prezzi di mercato dei Blue Chips.

 

Ho anche la moto. Una gran bella moto.

Bene… ed ora?

Sai che ho anche una bella macchina che non ha ancora nemmeno compiuto un mese di vita. Una gran bella macchina.

Quindi ?

Guarda, vedi che i documenti che mi porto dietro sono riposti in un pratico contenitore in morbida pelle di vitellino, cucita dalle abili mani di un artigiano e costata quanto lo stipendio mensile di un qualunque precario medio italiano.

… mph… capisco… e perciò?

La suddetta borsa ospita anche, insieme alle tante inutili cartacce, anche un bel notebook equipollente in costo ad una discreta autovettura utilitaria coreana ai tempi degli incentivi auto.

… certo certo certo…

Ho in tasca un iPhone, il terzo della mia vita visto che i due precedenti li ho scassati… li ho rotti volontariamente: scagliandoli a terra… e nell’altra tasca ho un wallet di gran marca.

… alchè?

Vedi ho anche una bella casa, proprio in centro, anzi è così talmente in centro che è il posto in cui punti il compasso per disegnarlo, il centro… ed è un loft…

… mph…

Guarda che il loft è fico. Proprio fico… e poi guarda che ne ho anche altre di case in giro… sono tutte affittate…

Che stai cercando di dirmi?

Dai… insomma ho anche una bella bicicletta… non la uso, ma è bella… ed un frigo side-by-side… Sai di quelli grandi, all’americana, tutto colorato. E’ praticamente vuoto ma c’è.

Senti, ma esattamente, che cosa mi stai dicendo?

La tele, ecco ho una gran bella televisione di quelle a led 50… 52 pollici forse… non mi ricordo…  tanto non la guardo mai… vedere i film da solo mi mette tristezza. Anche vedere il telegiornale mi mette tristezza, ma quello anche se sono in compagnia…

…Dai prova a sforzarti… non sei così deficiente… almeno credo…

Essu, aiutami anche tu. Insomma… mi è anche capitato di fare sesso un paio di volte. Entrambe belle donne… proprio due belle gnocche…

[La mia Coscienza, si rassegna ed allarga le braccia con fare paziente e di compatimento]…

Ma non le ho mica pagate!?!?! Che hai capito?!?! Non scherziamo!!!!

Quindi? Hai una donna adesso? Intendo dire un amore?

No… io, proprio no, non mi interessa

Ossia nessuna delle due si è più fatta viva?

Bhe una l’ho vista al bar l’altra sera…

E…!?!

Bhè è stata un po’ freddina…

Solo freddina?

No. Insomma, non mi ha cagato, nemmeno di striscio. Insomma non ho una donna, nessuna donna.

Secondo te perché?

Non so. Dovresti chiedere a loro.

Non hai nemmeno un sospetto su quale possa esserne la ragione ?

No, non ho nessun sospetto. Perché dovrei averne? Alla seconda ho anche preparato la colazione e quando è uscita mi ha dato un bacio.

Quindi sono loro ad essere delle gran megere che inspiegabilmente ti usano e poi ti rifiutano?

E va bene, è perché sono una gran schiappa a letto.

È una idea, può darsi…

Ecco , è perché ce l’ho piccolissimo.

Può darsi…

Microscopico!!!

Ok, può darsi… ma io non ne sono affatto sicura.

Perché dici così? Credi che invece me la sia cavata bene?

Questo non lo so. Anzi diciamo che è estremamente probabile che tu sia un pessimo amatore, uno di quelli davvero incapaci al confine tra impotenza ed inettitudine.

Bhè… allora grazie lo stesso. Non servono i tuoi consigli.

[La mia Coscienza incrocia le braccia e mi guarda. Serena e silente]

[Io guardo la mia Coscienza]

[La mia Coscienza continua a starsene con le braccia incrociate a guardarmi. Sempre zitta]

Va bene… allora continua, dai.

Allora posso andare avanti?

Sì.

Sicuro?

SI’… SI’… mmmmmm… Allora per favore continui?

A me hai fatto solo la lista di oggetti che possiedi ed hai inserito nell’elenco anche le donne con cui hai fatto “sesso”.

Partendo da questo presupposto che ti aspettavi ? Che rimanessero affascinate dalla tua conturbante simpatia, dalla maliziosa emotività che ti contraddistingue?

E’? Sì, direi proprio di sì… se non fosse perché le ho affascinate in qualche modo perché sarebbero venute a letto con me. Quindi ?

Prima di tutto considerando come sono sparite, le ragioni per cui sono venute a letto con te sono e restano ragioni loro. Magari sono venute a letto con te solo per attaccarti la scabbia norvegese.

Poi, per dirla tutta, tu, di conturbante simpatia o maliziosa emotività, proprio non e hai. E’ più gradevole conversare con tombino del marciapiedi su cui pisciano tutti i cani della via.

Bene. Vedo che facciamo passi avanti. Adoro la mia misantropia e sono misogino convinto. Sono un cinico.

Tu non sei un cinico: sei solo un povero minchione.

Fottiti

Tu ti stai già fottendo da solo e… Pensavi forse che non me ne sarei accorta ? Togliti subito quell’anello dal dito: sono anni che è morta tua moglie.

[Getto uno sguardo sul mio anulare mancino. Con l’aiuto del pollice muovo la strisciolina d’oro] Già… proprio oggi sono milleduecento giorni giusti giusti.

Ma sei cretino? Tieni anche il conto dei giorni?

 

D’improvviso parcheggia accanto a me una Punto bianca con una striscia verde sulla fiancata. Ne scende un placido un ometto in divisa, che senza alcuna apparente premura cerca il cappello sui sedili posteriori. Poi, con aria bonaria, mi sorride dicendomi: “Le spiace se andiamo subito che ho un po’ di fretta?”

 
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Breve corso di vita

Post n°6 pubblicato il 17 Febbraio 2010 da Faccio_le_capriole
Foto di Faccio_le_capriole

Ovvero un Bignami open source sul vivere bene anche con l’areofagia.

In tempi recenti ho scoperto molti aspetti della esistenza umana che in precedenza ignoravo del tutto.
Ad esempio ora so che la vita, od almeno la mia, è molto, ma davvero molto, semplice. Più semplice di come abbia mai potuto concepire in tutto il passato, anche in tempi molto recenti.
Certo, questa “semplicità” non è per tutti, in quanto occorrono alcuni elementi fondamentali che diventano costitutivi e pratici delle proprie giornate.
Sono elementi che possono “razionalizzare” tutto il vissuto passato, trasformandone le percezioni, anche quelle che sembravano terribilmente ed immutabilmente penose. Gli stessi elementi concedono visioni per un futuro lieto e consentono di arrogarsi il diritto di un presente veramente FIGO.
Mi rendo conto che leggendo la mia precedente analisi, sembra di leggere quella di idiota, con poche idee in testa, che fa della semplificazione di tutto, o meglio della banalizzazione di ogni cosa uno stile di vita.
Il fatto è che io SONO UN IDIOTA. Idiota per davvero.
La chiave della mia nuova felice semplicità e stato proprio scoprirlo, constatarlo ed interiorizzarlo profondamente.
Insomma dopo anni di sclero totale, tra alacri lustri di studio e spinosi anni di lavoro, tra vedovanze, sacrifici, impotenza, stress, pasticche e psicoterapie. Nuotando in ettolitri di alcool e tabacco nel vano tentativo di lenire le mie ferite pruriginose. Ecco dopo 35 anni, finalmente ho la giusta coscienza di me.
Ed è appagante.

Dunque chi, come me, domina questi elementi è un semidio metà uomo e metà genio della lampada di Aladino. Chi domina questi elementi non ha necessità di esprimere desideri in quanto può esaudirli quasi istantaneamente di per se stesso.
Prima dell’elenco dettagliato vanno però precisati prima tre aspetti:
- Sono elementi della vita la cui felicità non è intrinseca, ma la cui corretta gestione comporta l’arrivo alla felicità.
- La loro combinazione produce felicità per me non è detto che comporti felicità anche a te, ma questi sono cazzi tuoi
- Io ho parecchio culo

1° - Prima di tutto: vivi e lascia vivere. Dalla insulsaggine di questo motto di saggezza popolare si tragga il primo elementi: sbattitene del pensiero altrui. Il pensiero degli altri è di norma sbagliato, fuorviante e sciocco. In fin dei conti, se io sono un idiota, vuoi forse dire che non lo saranno ben di più marcatamente tutti gli altri che mi stanno intorno? Psichiatri, parenti benevoli, sedicenti amici e fantasmi inclusi ?
Siamo tutti idioti: tutti idioti abituati a prenderci troppo sul serio.
Perciò ecco un esempio chiarificatore, proveniente dalla mia vita vissuta, quindi assolutamente verace (ce ne sarà uno per ogni punto):
Tutti ti telefonano (amici), vengono a casa tua a trovarti (parenti), oppure tu vai nel loro studio (psichiatri) o  ti svegliano nel cuore della notte tirandoti i piedi (fantasmi). Tutti, in qualche modo, sono preoccupati per te, di te, o con te. Tu li ascolti e mostri perenne benessere. Alla domanda “Come va”, tu rispondi sempre, con un gran bel sorriso: “Davvero Molto Bene”. Prova a farlo, li lascerai inebetiti, proprio come meritano di essere.
 
2° - Sii ricco. Sì, ricco. E proprio di soldi intendo. Abbi un bel conto in banca, sufficientemente cicciotto da consentirti di scegliere di non lavorare più, mai più per tutta la vita. E magari anche quella di un paio di generazioni di tuoi posteri (che non hai più e non avrai più). Se puoi eredita il capitale o vincilo al superenalotto. Se proprio devi faticare allora guadagnalo spacciando droga o vendendo armi. Magari aggiungici pure che sei pure bravino a giocare in borsa, oppure hai le soffiate giuste da qualche banchiere di grosso calibro, così ti moltiplichi il jackpot con dieci click del mouse, anche in tempo di crisi. Insomma, se lavori come un cammello non sarai mai ricco, al massimo puoi essere un modesto benestante, ma troppo stanco per goderti la vita. Io ho provato entrambe le situazione (il cammello ed il ricco sfondato) e posso confermarvi con la praticità dei fatti che fare il ricco fancazzista è molto, ma molto, meglio.

3° - Anche la ricchezza interiore è necessaria, seppur spesso sopravvalutata. Nel caso in cui tu non ne abbia o tu non sia in grado, nonostante gli sforzi, di procurartene hai perché sei intellettualmente una verza con il cuore di pietra (come nel mio caso), allora fingila. Si può fingere senza nessun problema, chi dice il contrario è un pessimo attore, o semplicemente non ha ancora appreso nulla dei segreti del buon vivere. E’ molto bello sentirsi più intelligenti della media degli altri. Presumibilmente è anche vero, visto che anche gli altri, come te, stanno fingendo la ricchezza interiore che mostrano.

4° - Mi raccomando, però non mostrare la tua ricchezza con spavalderia. Ne quella materiale, tantomeno quella interiore. Piuttosto, quando le situazioni della vita ti costringono a manifestare una delle od entrambe due fallo con una certa eleganza, ma in modo che non ci siano dubbi sulla sua natura molto corposa. Ecco un esempio di vita realmente vissuto come primo attore:
Per la manifestazione elegante della tua ricchezza materiale procedi così: Un tuo “amico” una sera si presenta al bar tutto contento con un Porsche boxter di seconda mano dopo averne parlato per mesi ed averla desiderata per anni. Allora tu, il giorno dopo, arriva parcheggiando sul selciato della ZTL, proprio davanti alla porta del locale alla moda dove sprechi le tue ore, con un bel JAGUAR XK coupé, lustro e nuovo di pacca.
Poi, per la manifestazione elegante della tua ricchezza interiore procedi così: Visto che in molti restano sbalorditi, e ti chiedono di guardarla, comportati con leggerezza e distacco, come se il loro interesse fosse immotivato e si trattasse di una Fiat Punto incidentata. Comunque non farla vedere se non da attraverso il finestrino.

5° - Non fare niente tutto il giorno, ma fallo bene. Insomma se puoi cazzeggiare da mattina a sera, fai in modo di non annoiarti. Sembra banale ma non lo è. Insomma compra tutte le cazzate hi-tech che ti piacciono, gioca con la Playstation e l’Xbox, guarda qualche bel porno, tieni a portata di mano un bel torbato ed una stecca di sigarette, perdi tempo a leggere (se ti piace farlo se no puoi ignorare la cosa) e fai shopping. So che quest’ultima attività, per un maschio potrebbe essere un attività dall’apparenza tediosa.
In realtà non è così, soprattutto se non vai da solo a spasso per acquisti, ma ti porti dietro una bella gnocca e paghi tutto tu con noncalanche. Posso garantirvi in prima persona, che procedendo così semplifichi l’applicazione ed il controllo del futuro punto 7. Inoltre, se sei ben vestito, il prossimo punto 6 è già a metà dell’opera.

6° - Cura il tuo corpo ed il tuo aspetto. Se sei bello sei qualcuno. Se sei di carnagione verdognola ed hai la muffa sulla schiena, allora sei solo un poveretto uno con la carnagione verdognola ed hai la muffa sulla schiena. Punto.
Quindi vai in palestra, fai massaggi, lampade e vai dall’estetista. Se hai i capelli vai a curarti il ciuffo.
Credetemi che, anche se sei stato un nerd per il 97% della tua vita, ed hai il fisico di un grissino torinese diventi un bel pezzo d’uomo in un attimo. Per me è stato così.
Non esagerare, perché devi comunque sembrare vero e non di porcellana. Ed inoltre dall’estetista o nei saloni di bellezza è molto facile incontrare un sacco di ragazze giovani, di aspetto molto gradevole, particolarmente sensibili ad un uomo che ha il controllo dei 5 elementi precedenti.

7° - Tromba tutte le ragazze che si infilano nel tuo letto o che ti infilano nel loro. Questo anche se sei un po’ impotente, come me. Una bella cura ricostituente ed un litrozzo di Brunello di Montalcino in corpo, sbloccano tutte le tue fisime mentali che tendevano a smantellare le tue erezioni negli ultimi anni. Il sesso è appagante, anche quello senza amore. Ad esempio, l’altra sera, quella successiva a quella in cui sono arrivato con il mio nuovo bolide fiammante, tutto bello curato, abbronzato, profumato, tonico e rilassato, pieno di battute ciniche ed arroganti, dopo aver fatto shopping in compagnia. Ecco propria quella sera, proprio quella ragazza un po’ attardata da zitella, incartapecorita e truccata, che a 35 anni cerca ancora alacremente qualche amico di mutanda, mi si è appiccicata addosso e, già tappatasi preventivamente da corsa si è fatta riaccompagnare a casa per concedemi prima una sostanziosa e salubre limonata dura, con palpeggio anatomico in macchina. Poi ovviamente un test elastico delle molle del suo letto e della morbidezza delle sue lenzuola.

8° - L’amore è una cosa importante nella vita. Decisamente una delle cose più importanti. Per questo decidi tu se e come innamorarti. Nel limite del possibile non farlo mai. In questo caso non posso portare esempi pregnanti, io non mi sono innamorato, ma resta il fatto supremo che non ha senso avere il controllo di tutto nella propria, propizia e prospera vita, dimenticandosi di controllare pienamente i propri sentimenti.

9° - Se hai parecchi miasmi ma tu sei bello, ricco, intelligente e trombi come una pornostar. Puoi anche scoreggiare in un ascensore affollato: nessuno penserà mai che sia stato tu.

 
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11-02-2010

Post n°5 pubblicato il 12 Febbraio 2010 da Faccio_le_capriole
Foto di Faccio_le_capriole

Sto appoggiato al bancone del bar, del solito bar del centro, dove mi conoscono e mi salutano anche lampadari. Sto leggendo con poco interesse la colonna dei fatti locali, dell’ennesimo amministratore arrestato per concussione e del bordello delle cinesi i cui migliori clienti erano poliziotti e vigili urbani. Alzo lo sguardo la scorgo e la fisso per un po’.

Vedo una donna. Una donna qualunque, forse ancora una ragazza.
Una di quelle che si curano tutte le settimane dal parrucchiere, che appiccicano il naso alla vetrina del negozio di scarpe quando gli passano avanti, che sono abbonate a Vanity Fair, che sono cronicamente stitiche, che si truccano poco e che si depilano con dolore.
Una di quelle che escono con le amiche, che chattano su internet, ma non lo ammetterebbero nemmeno sotto tortura, che si vedono sempre grasse e che vorrebbero un lavoro migliore.
Una donna che biasima i tifosi di calcio, che accende gli incensi puzzolenti in casa, che adora l’Ikea e da tempo cerca, ma non trova, l’uomo “giusto”. Anche perché un uomo realisticamente “giusto”, semplicemente non c’è, non è mai esistito da Adamo compreso, in poi.
Ha qualche anello alle dita, beve un caffè anche se è già  è un po‘ nervosa. Sarà perché è sola, chi aspetta non è ancora arrivato, ma fuori fa troppo freddo.
Il mio bicchiere di acqua tonica è quasi alla fine. Lo stomaco è un po‘ gonfio e rutterei in modalità bitonale se non fossi in mezzo al pubblico. Aspetto una persona. Una di quelle che ha il ritardo profondamente integrato nel proprio stile di vita, così solidamente incastonato nei propri ritmi da non far più nemmeno perdere la pazienza. Ed infin dei conti io ho molto tempo da perdere. Tutto quanto direi.

Dal suo posto, guardando attraverso la vetrina, può osservare il passaggio alternato ed un po’ confuso dei pedoni.
Per quanto eluda malamente una certa impazienza non credo sita aspettando un uomo. Se fosse in attesa di uno di noi bonobi testosteronici, magari uno che le piace anche, si sarebbe preparata diversamente, avrebbe lasciato i capelli sciolti, avrebbe concesso un po’ di più alla scollatura ed avrebbe aspettato a prendere una consumazione. Reputo che stia attendendo una o più amiche. O magari un uomo che non le piace un granché.
Vista così da seduta, un po’ stretta su se stessa, non è una di quelle bellezze eccessive, che ti giri a guardare quando passa.
Eppure ha qualcosa di intrinsecamente attraente, oserei dire sensuale.
Forse mi sbaglio o forse perché l’esposizione delle sue carni non è il toppo ovvio strumento di seduzione usato.
E’ qualcosa che trovo nel modo con cui muove le mani, nel maxillofacciale tra mento naso ed occhi, e poi sulla fronte, nelle rughe naturali di un viso pulito.
Certo se fossi un uomo diverso, o forse se fossi davvero solamente un uomo, muoverei verso l’approccio.
Ma da mezzo marinaio che sono, o meglio che nemmeno sono, non amo ammiccare alle persone e del tutto poco fiero di me medesimo, del mio aspetto dimesso, della poca luce del mio spirito non reputo di avere i talenti per attirare anche solo uno sguardo.
La guardo forse troppo insistentemente. Ho il sospetto che se ne sia accorta quando butta tre o quatto sguardi veloci da questa parte del salone. Sono veloci ed improvvisi. Sembrano quelli di un leprotto in difesa… o quelli di un rapace in caccia.
Nel distogliere lo sguardo in fuga dall’imbarazzo di incrociare il suo, mi accorgo di non essere il solo ad osservarla. Ci sono almeno altri due o tre uomini che la squadrano, la scannerizzano. Mi sembrano un po’ più morbosi di me, ma il mio giudizio è troppo sommario ed immotivato. In fin dei conti l’ormone è un ormone ed io ho la tendenza a reputare idioti o schifosi un po’ tutti quelli che non sono io.

Il pirla ritardatario arriva. Chiacchieriamo un po’, prendiamo qualcosa da bere insieme. La guardo ancora, non appena posso, ma il mia attenzione è allontanata dalla conversazione con il mio ospite. Vedo che uno le si avvicina e le scambia qualche saluto, non era tra quelli che avevo notato la stessero puntando. Non riesco a cogliere i dettagli. Magari sono davvero amici.
Passo un DVD con una serie di specifiche tecniche e dei disegni al mio interlocutore, lui mi mostra una serie di foto dallo schermo di un cellulare. Poi prendiamo un paio di decisioni affettate. Io le ritratto dopo un po’, poi ne prendo altre.
Lei intanto, d’un tratto, si alza e si prepara in fretta, con uno strano cappotto grigio ed una sciarpa molto colorata. Paga il suo caffè e sull’uscio del bar si incontra con una ragazza alta e bionda: ecco chi stava aspettando. Spariscono in un istante dietro all’angolo.
Intanto lui finisce il suo aperitivo ed io ho bisogno di fumare ed in un certo senso di inseguire almeno per un attimo, l’inconsistente scia di quella ragazza “qualunque”.
Gli stringo la mano facendo il gesto che indica che il conto sarà affar mio. Ci lasciamo.
Sono certo di non trovare nessuno una volta girato quell’angolo di strada, quindi lo volto con la sbadataggine di un qualunque passante.
Invece lei è lì. Di fronte a quella vetrina di scarpe, con l’amica alta.
Questa volta è lei che mi fissa, con uno sguardo limpido ed io sento un imbarazzo pungente. La mia psiche alterata mi è di impiccio.
Proseguo la strada stretto dentro al mio cappotto. Venti passi, trenta… rallento… trentacinque.
Mi fermo e mi giro. Una parte della mia testa, quella più sana, o forse quella più malata, vorrebbe intensamente che lei fosse ancora lì a guardare quella vetrina. L'altra, invece, processa con velocità spedita tutto l’elenco di locuzioni a me note, anche un paio di teoremi di Fermat. Non so cosa diavolo dire o fare in una situazione del genere. Non ne ho idea.

E lei è ancora lì…
… ma so che non è vero. E’ solo una delle mie tante piccole allucinazioni.

 
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18-01-2010

Post n°4 pubblicato il 18 Gennaio 2010 da Faccio_le_capriole
Foto di Faccio_le_capriole

I polpastrelli mi trasmettono un formicolio continuo, un pizzicorio costante e duraturo.

Per quanto sia una sensazione a tratti sgradevole, in questo modo posso misurare i limiti della mia estensione fisica: là in fondo, per quanto cerchi di allungare le braccia e di i distendere le mani, io finisco.

Guardo le mie dita che adesso si affacciano sulla tastiera.

Ho ancora, di nuovo, la mia fede al dito. Le unghie non sono molto curate, la pelle è ruvida e raggrinzita, slavata. Sul polpastrello del pollice sinistro ho un taglio che rende molto scomodo sfruttare i vantaggi dell’opponibilità.

Il pizzicorio non esiste in realtà. È un prodotto ingenuo della mia mente bacata.

Sono i sintomi paralleli.

Erika è una signora abbastanza in là con l’età, che misura con pazienza il tempo che la separa dalla pensione. Con la stessa pazienza mi parla e mi spiega cosa sono questi sintomi paralleli.

Io so già di che si tratta, avendo già letto ogni testo di psichiatria disponibile al mondo purché redatto o tradotto nelle poche lingue che so leggere correntemente.

Mi dice che io non sono come gli altri pazzi che cura. Mi minaccia dicendomi: “Tu sei diverso”. Credo che lo dica a tutti, in una sorta di procedura standard volta ad incitare un po’ di autostima nei pazienti. Il guaio è che io sono pazzo davvero.

Ho abbandonato l’idea di trovarmi un nuovo lavoro, almeno per un po’. Lei non è molto contenta, ma è evidentemente troppo complicato accoppiare le mie pretese con il mercato occupazionale. O pagano troppo poco o vogliono che vada troppo lontano, o il lavoro è una noia, o c’è troppo da sbattersi.

Mi giustifico spiegando quanto sono impegnato a tinteggiare, arredare e piastrellare.

Ovviamente io non alzo nemmeno una cazzuola, ma mi limito a segure i lavori come un acerrimo capocantiere. Quando il gruppetto di muratori extracomunitari con permesso di soggiorno mi vede arrivare, se la dà a gambe. Non è raro che mi ritrovi a parlare da solo in quello stanzone spiegando come vorrei fossero fatte le cose.

Sotto pressione (lieve a dire il vero, anzi lievissima, pressione) di un ostetrica, una vecchia amica ho offerto ad un affitto ridicolo un vecchio immobile in centro città ad un associazione di madri… non so esattamente cosa facciano, ma credo cose del tipo promuovere il parto naturale, l’allattamento al seno, l’uso di pannolini riciclabili, un negozio di prodotti biologici per l’infanzia, un corso di massaggi infantili, un sistema di auto-mutuo-aiuto per le famiglie più sfigate, si scambiano consigli, scarpe, vestiti, ed un pacco incredibile di parole.

Quello stanzone era vuoto ed abbandonato da quando il mio prozio aveva cessato la sua attività, in anno prima che io nascessi, e l’immobile era devastato da anni di incuria. Ora che è quasi finito constato che sarebbe un loft perfetto, peccato che abbia fatto mettere quei cessi in miniatura per i bimbi piccoli.

 

Ho smesso di scrivere. Non inteso in senso stretto, ma voglio dire che ho interrotto la stesura del mio secondo romanzo: era più brutto del primo. Ed il primo era davvero bruttissimo. Così bruttissimo che mi addormentavo io stesso, sopraffatto dalla noia, mentre lo rileggevo per le correzioni. Mi chiedo come si possa trascorrere così tanto tempo a scrivere e riscrivere pagine su pagine alla ricerca di se stessi, tentando di parafrasare una vita modesta come la mia, cercando di infondere fascino ad un a storia mogia e insignificante.

 

Le mie giornate scorrono comunque abbastanza serene.

Un risveglio di buon mattino, una prima colazione a base di Nespresso e una paglia, tre giornali freschi di edicolante, un'altra paglia mentre faccio la strada per andare dal panettiere, tre michette, una paglia mentre vado in cantiere, un caffè al bar con i magrebbini che fanno i piastrellisti, una paglia per digerire il caffè, una passeggiata in piazza dove faccio a gara con i pensionati per accaparrarmi le panchine al sole, una paglia per sancire la vittoria, poi fino a casa ed una paglia per rilassarsi sul divano.

Si va avanti così più o meno fino a sera. Sembra incredibile, ma ultimamente fumo molto meno del solito. Un pacchetto mi basta per arrivare quasi fino a sera.

 

Vorrei solo avere qualcosa di utile da fare, ma per quanto mi scervelli non mi viene in mente niente di ragionevole.

 
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Freddo dicembre

Post n°3 pubblicato il 21 Dicembre 2009 da Faccio_le_capriole
Foto di Faccio_le_capriole

E’ questo freddo intenso quello che attraversa il mio corpo.

La fragilità del mio fisico ne risente, come se un grande reumatismo abbracciasse per intero il mio scheletro. Cammino con le mie sigarette tra le labbra e prendo a calci le stalattiti di ghiaccio appese un po’ dovunque.

Sono un ricco disoccupato. Ricco certo, ma pur sempre disoccupato e come tale molle, indolente ed annoiato.

Molti mesi di cure, nel tepore californiano, attorniato da infermiere acide e siliconate, medici aggressivi, farmaci sconosciuti, terapie di gruppo, hanno per lo più minato il mio cinismo e la mia autocritica costruttiva. Senza queste due colonne portanti del mio carattere mi sento ancora più solo. E’ come se mi avesse lasciato anche l’omino impudente che abitava il mio cervello.

Il mio curriculum sulle scrivanie, o nei cassonetti della differenziata di mezzo mondo, ma anche quel pezzo di carta risente del mio recente passato. Quasi un intero anno di vuoto è seriamente difficile da spiegare e la fantasia non mi suggerisce nulla di creativo da scriverci… anno sabbatico? Inaspettata vedovanza? Schizofrenia? Cazzeggio?

In più, il morale crolla ancor sotto ai calcagni quando, dopo sei o sette colloqui che ti sembravano positivi, ti senti rispondere che sei troppo qualificato per questo o per quello. La crisi non aiuta certo, ma non ho mica capito perché.

Sono stato sulla tomba di mia moglie. Mente grattavo via lo strato di ghiaccio che la ricopriva, lei mi ha sorriso dalla sua foto ormai vecchiotta.

I preparativi per i Natale mi appaiono comici. All’ikea ho comprato un alberello. Uno di quelli che se li riporti tra un po’ ti fanno lo sconto. L’ho ricoperto con un fottio di lucine “Made in China”, babbi natale, palline e strisce sbriluccicose con la porporina che si stacca e si deposita ovunque.

Il risultato è un oggettino kitsch, che mi ricorda le insegne che si incontrano durante i “puttan tour” a San Pietroburgo.

Il presepio no. Quello proprio no. Non ce la faccio a farlo. Il bambinello resterà in paradiso, quest’anno.

Ho intrecciato gli inviti ricevuti per i vari pranzi e cene di Natale. La sera del 24 dovrei essere a cena contemporaneamente da mia zia e da una che mi dice che non troppo tempo fa eravamo davvero ottimi amici. Io me la ricordo a malapena.

Così grazie a questa doppia scusa che si interseca strategicamente il 24 me sto a casa mia. Sotto al piumone con un libro o davanti al PC. Gli alcoli sono banditi da casa, ma magari uno scotch torbato, non tropo impegnativo, servito assolutamente senza ghiaccio in un bicchiere bello grande, può venire fuori dalla dispensa segreta. Che poi tanto segreta non è visto che è il mobile della cucina.

 

Sono un omino minuto, malaticcio, sofferto e confuso. Ho una carnagione verdastra, la barba a chiazze (l’altro giorno mi sono rasato solo a destra dimenticandomi mezza basetta a sinistra), sono calvo (quando mi rado con la lametta, sotto alla doccia, devo stare attento a trovare i capelli da tagliare), impotente e miope. Sbaglio l’accostamento dei vestiti, ho l’erpes a tempo pieno (si limita a spostarsi da un labbro all’altro), la schiena di un ottantacinquenne, la memoria del dottor Alzhaimer in persona ed il mio intestino produce miasmi invidiati dagli arsenali chimici di mezzo mondo.

 

Ho comprato un materasso nuovo. Uno di quelli ortopedici, che sostengono tutto il corpo in modo equilibrato. Mi sembra di dormire su una tavola di tek. Almeno non scricchiola.

Ho scelto un po’ di regali. Sono stato in giro con due amiche lesbiche che mi hanno consigliato un mare di cazzate inutili da portare questo od a quella. Magari glieli spedisco con un corriere: probabilmente non arriveranno mai per tempo, ma almeno mi risparmio ore di coda in città. Per me medesimo ho scelto uno di quei sistemi surround che suonano come un prodigio.

Mentre lo pago mi accorgo che voi donne siete tutte strane. Anche in condizioni di gelo supremo vi agghindate fuori logica. La tipa che mi precede nella coda alle casse, indossa degli stivali con il tacco e pantaloni aderenti che mettono in mostra un paio di natiche sorprendenti.

Per quanto piacevole alla vista mi chiedo perché non indossi non un bel paio di scarponi e dei jeans pesanti?

Per non scadere nel morboso, quando si volta evito di controllare la scollatura, così le sorrido e lei mi ricambia, suscitando l’invidia delle due pazze farlocche che mi accompagnano. Si sgomitano un po’, come oche, manco non fossero reciprocamente fidanzate.

Mi chiede come sto, cosa faccio, e cicì, e cocò… come se mi conoscesse… e dopo un po’ mi ricordo che la conosco. Da qualche parte, qualche anno fa, ma non troppi… insomma amica di amici… credo.

La città è piccola ed il senso di pietà che suscita la ma condizione non smette di inseguirmi.

Sbaglio e le guardo le mani. Curatissime e senza anelli. Lei se ne accorge, perché le donne se ne accorgono sempre.

Parliamo fino a quando non è il suo turno di pagare. Ha una specie di frullatore che fa anche un sacco di altre cose, tipo la colla da parati e se gli metti dentro un cartoncino produce un origami a forma di windsurf credo… Le carte di credito sono lentissime a passare. E quindi si prolunga ancora un po’ la nostra vicinanza.

Visto che le sue carte di credito continuano a non passare mi offro di provare con una mia. Sono proprio un ocone ingenuo, vero?

Eppure, proprio in quell’istante, mentre la cassiera è ormai frustrata di strisciare pezzetti di plastica, ecco che riesce con il pagamento.

Elena (così si chiama) mi aspetta con il suo pacchetto in mano, mentre pago (in contanti) il mio pacco.

Le due pazze si litigano il pagamento delle loro scemenze e di nuovo le loro carte di credito imballano la situazione e la coda si allunga.

Ci parliamo ancora un poco e, non lo so spiegare soprattutto perché non ho mai avuto buon intuito, credo di piacerle. Mi sento di fare un po’ piacione. Dal verdognolo ammuffito della mia carnagione e con la mia erre molle, sparo almeno un paio di perifrasi  che mi sembrano essere brillanti.

Poi arrivano anche le due oche ed il mio mood torna alla normalità opaca, che poi è il mio vero io sincero.

Così Elena viste le due ciarlatane con cui mi accompagno se ne va, io, mentre si allontana le riguardo le chiappe e le due citrulle mi chiedono se mi sono fatto dare il suo numero di telefono.

Ad alla mia risposta negativa, mi dicono che era per loro e non certo per me.

 

Ora mentre rientro a casa, nevica. La neve mi piace sempre. Mi fa sentire bambino.

 
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