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il partito del fare

Post n°84 pubblicato il 05 Marzo 2010 da italiarepubblicana
 

Diciamoci la verità, l'inevitabile ironia che è scaturita in questi giorni dalle vicende elettorali in casa Pdl non poteva che finire con il coinvolgere anche una parte, meno rancorosa e più critica, dello stesso Pdl. E così su Il Secolo ( non sull'Unità ) se ne sono usciti ad osservare che quello che si è manifestato è stato l'effetto Sturmtruppen; i tanti bravi soldatini pronti sempre ad obbedire, si sono rivelati gran confusionari al momento del fare. E ciò anche perchè è difficile obbedire con precisione ad uno zio Silvio che continua a voler modificare le liste elettorali ad ogni cambio di dentista, senza parlare dei tanti altri che hanno cercato di infilare i loro beniamini,più o meno di soppiatto, all'ultimo minuto.
Ma nonostante questo, suvvia siamo sinceri, l'ironizzare sul partito del fare che alla fine riesce solo a far confusione , non è troppo generoso. E' pur vero che l'idea del partito del fare sottintende una mentalità non troppo critica ed un certo fastidio per la democrazia di partito ( e non solo per quella ad essere onesti fino alla fine); ma se torniamo un attimo ragazzini e ci ricordiamo di quanto pochi erano a voler dìscegliere la penitanza del "fare", un po' di comprensione dovremmo pur averla. Ricordate , quando era il momento di sottostare alla penitenza, ci veniva chiesto cosa scegli: dire, fare, baciare, lettera o testamento? Beh il Pdl quanto al dire si è dimostrato bravissimo e Rai e Tv private sono i migliori megafoni del loro dire, del loro promettere; e quanto al baciare sembra, da certe annotazioni di cronaca, che neanche in questo se la cavino poi male. Quanto alle lettere bastano i messaggini che zio Silvio invia a quanti debbono obbedire; ed il testamento, meglio non parlarne perchè si toccano tasti piuttosto dolorosi in casa berlusconi ( con tanto di separazione e problema di successioni ereditarie dietro l'angolo).
Ecco allora che hanno scelto il fare, solo che per loro non si tratta solo di fare il giro del caseggiato su una gamba sola , o di fare per tre volte le scale del palazzo tutte di corsa, come capitava a noi; no, hanno scelto di fare quello per cui non sono portati: una politica rispettosa delle regole.
Ebbene complimentiamoci per il loro coraggio di voler fare l'impossibile.
La prossima volta zio Silvio scelga una cosa più facile, scelga il Testamento, quello politico naturalmente.

edera rossa

 
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9 Febbraio 1849

Post n°83 pubblicato il 09 Febbraio 2010 da italiarepubblicana
 

L'amico Paolo Penacchio ha pubblicato nel sito http://www.novefebbraio.it/  un suo pregevole scritto in occasione dell'anniversario della Costituzione della Repubblica Romana e mi ha autorizzato ha pubblicarlo anche in questo blog.

LA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ROMANA E IL SENSO DEL NOSTRO IMPEGNO
 
A riflettere oggi sulla Costituzione della Repubblica Romana del 1849 viene normale chiedersi quanto ancor oggi sia da rileggere con l'occhio dello storico e quanto, invece, con lo sguardo di chi sente che quegli articoli, e le discussioni che di quegli articoli sono state le premesse, possano essere ancora occasione di discussione sul come organizzare ed ,ancor più, sull'attorno a quali valori organizzare il nostro presente. Certamente chi guarda al passato lo fa sempre , almeno un po', con lo sguardo di chi cerca di capire anche il suo presente, ma in taluni casi il confronto diventa inevitabile.
Che dire ad esempio dell'articolo primo del Titolo primo ( quello dei diritti e doveri dei cittadini) dove la Costituzione di allora afferma che sono cittadini della Repubblica ." gli stranieri con il domicilio da dieci anni" ?  Ed alcuni in Italia stanno oggi ancora a discutere su esami di lingua italiana, magari anche di conoscenza dei dialetti, e su altre amenità non per dare la cittadinanza , ma semplicemente per riconoscere il diritto alla residenza. Era una Costituzione fatta da persone parecchie fra le quali avevano conosciuto la via dell'esilio ed imparato a guardare al mondo come alla casa di tutti gli uomini. E la cittadinanza si perdeva anche per "naturalizzazione , o per dimora in paese straniero con animo di non tornare" Il vecchio Garibaldi sosteneva che chi sottostà alle leggi deve farle, ed in questo modo chiudeva anche ogni discussione su quanti pensavano che il diritto di voto fosse una conseguenza di una capacità tutta da dimostrare. . Questo i democratici di allora ponevano alla base della democrazia e della cittadinanza. E questo viene in mente pensando non solo al problema di quanti vengono a vivere in Italia, ma anche al fatto che si riconosca il diritto di voto anche a quanti lontani dall'Italia da lunghi anni, magari nati e vissuto all'estero, non obbligati a sottostare ad alcuna legge italiana, sono considerati cittadini della Repubblica in virtù di una concezione dinastica della democrazia( per la quale conta di chi si è figlio e non chi si è e cosa si fa)  come se i due termini,. dinastia e democrazia,  potessero convivere.
Potremmo rileggere gli articoli sulla inamovibilità dei magistrati che non possono , senza loro consenso essere né traslocati, né promossi, salvo regolare procedura e sentenza.
Così come mentre lo Statuto albertino, nella sua flessibilità , apriva la strada ad ogni possibile avventura , compresa quella fascista, la Costituzione della Repubblica Romana stabiliva che qualsiasi riforma della Costituzione dovesse essere votata per ben due volte a distanza di due mesi e che occorresse una maggioranza di due terzi dell'Assemblea , dopo di che ci sarebbe provveduto all'elezione di una Costituente. Diversamente da quella Repubblica, oggi abbiamo una frenetica smania di modifiche costituzionali che spesso sottintendono ad una smania di diminuire i vincoli di governo propri dei sistemi democratici . " Chi la Repubblica vuol far nuova, col fascista si ritrova" ammoniva, nel 1967, una vignetta di Mino Maccari . E nel frattempo, con la Costituzione considerata da più di una forza politica come una sorta di abito pret-a-porter, è sparita dal linguaggio popolare quella espressione "ma non è costituzionale" riferito, magari anche fuori luogo, a quelle norme che sembravano agli italiani mancare di un convincente supporto di giustizia giusta.
La Costituzione ha perso, a causa dei modi del dibattito politico su di essa, quella sacralità repubblicana che sono alla base del senso dello stato e della formazione civile dei cittadini.
Ed ancora, a rileggere quella Costituzione, ci si sofferma sulla concezione delle autonomie comunali, sulla abolizione della pena di morte, sulla libertà di associazione senz'armi e senza scopo di delitto ( e non vi era nemmeno quel richiamo alla non segretezza che dovrebbero avere le associazioni, forse per un maggior senso del ridicolo o forse perché parecchi di quei costituenti erano passati per la via della clandestinità e sapevano come anche le azioni migliori possano necessitare di riservatezza). Veniva stabilito un indennizzo irrinunciabile per i rappresentanti del popolo e questo perché la rappresentanza non finisse comunque con l'essere questione di censo e perché nessuno, nel rinunciare perché ricco, potesse solo per questo acquisire dei meriti in più preso l'opinione pubblica. Del resto nel Piemonte sabaudo diventare deputato poteva costituire per alcuni un peso economico difficilmente sostenibile; si pensi a Daniele Manin che tra le considerazioni che  gli consigliarono di rifiutare l'elezione a deputato ( oltre alla sua fede repubblicana di fondo che rimaneva pur nella collaborazione con i cavourriani) annotava anche la difficoltà economica che quella accettazione avrebbe comportato. 
Ma dietro quegli articoli vi era stata una profonda discussione come se, ed in questo fu la grandezza del Costituente, quella Carta dovesse durare per lungo tempo, ed in un certo senso , se non altro come occasione di ammaestramento, quella carta visse oltre i tempi brevi della vita della Repubblica Romana( ( 9 Febbraio -14 Luglio 1849, e la Costituzione fu proclamata il 13 luglio come affermazione che la repubblica continuava perché , per parafrasare Garibaldi, ovunque ci fosse stato un repubblicano, lì sarebbe rimasta viva quella Repubblica).
Un dibattito intenso si ebbe attorno al problema dei rapporti tra Stato e chiesa ; vi fu chi voleva inserire la formula della religione cattolica come religione ufficiale dello stato, e non tanto per un ossequio al cattolicesimo , quanto per un permanere di concezione settecentesca di affermazione dei diritti dello stato sulla stessa vita della chiesa . Del resto che le due cose tendano a viaggiare assieme è stato dimostrato, in qualche modo, anche dall'infausta riforma del Concordato del 1929 ( riforma che risultò più confessionale di quella contenuta nella bozza di modifica proposta dall'onorevole Andreotti). Al venir meno della formula di religione ufficiale dello stato si è accompagnata l'eliminazione di quelle formule di natura giurisdionalistiche che permanevano nel testo mussoliniano.
Per contro, la formula che fu adottata da quella costituente, romana ed italiana, nell'articolo 7 dei principi fondamentali di quella costituzione :" Dalla credenza religiosa non dipende l'esercizio dei diritti civili e politici" è di una tale semplicità e limpidezza che , come si conviene a dei principi fondamentali, supera certamente il ristretto ambito di quella esperienza. Un dibattito interessante si ebbe anche in materia di istruzione, dove alcuni avvisarono sull'equivoco che le parole"libertà dell'insegnamento"potevano creare se non accompagnate da altre espressioni. Era l'esperienza francese, con le posizioni clericali contrarie alla scuola pubblica in nome della libertà di insegnamento, a suggerire quella prudenza ed a far sì che si fosse da parte si qualcuno dichiarato di preferire semplicemente il richiamo ad una scuola pubblica e gratuita.  La formula trovata :" l'insegnamento è libero. Le condizioni di moralità e capacità , per chi intende professarlo, sono determinate dalla legge" risultò   sufficientemente aperto alle diverse successive elaborazioni in sede legislativa.  Esso andava letto anche alla luce dell'articolo terzo dei Principii  Fondamentali "
La Repubblica colle leggi e colle istituzioni promuove il miglioramento delle condizioni morali e materiali di tutti i cittadini". Alcuni avrebbero voluto un richiamo di tipo mazziniano all'educazione , ma prevalse l'eredità di Mario Pagano e della sua idea della legge civile. Come notò Luigi Rodelli " la tradizione del pensiero politico meridionale del Settecento aveva assorbito nel suo alto moralismo civico quelle esigenze sociali che venivano poste innanzi come istanze di democrazia sostanziale". Anche per questa impostazione , vi fu chi trovo in quella Costituzione un limite a quelle attenzioni verso gli strati più deboli della popolazione che pur nel governo concreto di quei mesi si erano manifestate. Del resto il richiamo dell'articolo terzo ,non solo alle leggi,ma anche alle istituzioni nella promozione delle condizioni morali e materiali di tutti i cittadini, indicava una finalità comune della Repubblica che  permetteva , grazie a questo articolo per il quale viene in mente la definizione di Costituzione progressiva coniata dal Calamandrei per quella repubblicana dei tempi nostri, di affidare al futuro ciò di cui il futuro sarebbe stato capace.  Ed in quei gravi momenti vi fu chi cercava come il Cernuschi di non perdere l'occasione che sembrava unica , anche mettendo talvolta la sordina al suo federalismo, e chi come il Mazzini non riteneva , come sempre nella sua vita, che il presente potesse ipotecare il futuro. E fu da questa fiducia nel futuro, da questo voler indicare la strada, che nacque l'articolo quarto dei Principi fondamentali, scritto mentre si stava combattendo contro l'esercito francese, austriaco, spagnolo e borbonico :" La Repubblica riguarda tutti i popoli come fratelli : rispetta ogni nazionalità , propugna l'italiana"
E questa repubblica si ergeva in faccia alla reazione di mezza Europa ed alla figura di un pontefice che non si limitò, per dirla con il Manzoni,prima  a benedire l'Italia per poi mandarla a farsi benedire; ma un pontefice che aveva volutamente respinto le richieste di accordo e le possibilità di rientro, per sbarazzarsi della Rivoluzione una volta per tutte; ma aveva fatto male i suoi conti, il popolo romano non accettò quell'atto di alterigia e si schierò ancor più a fianco della Repubblica.
Ed , a proposito di dibattito di quell'Assemblea, è forse il caso di concludere con alcune parole del bolognese Quirico Filopanti che di suo avrebbe voluto che,nell'articolo secondo sui diritti fondamentali accanto alla eguaglianza, alla libertà ed alla fraternità, vi fosse anche la giustizia:
"Volgete lo sguardo all'immensa , alla spaventosa catena di miseria, di mali fisici e morali che opprimono il mondo. Io ben so che è più agevol cosa il deplorarli che il purgarne la faccia della terra; che è più facile il propor de' rimedi e degli allievamenti , di quello di rinvenirli. Ma so altresì che una certa via di non trovare è quella di non cercare. Io so parimenti che, senza aver ricorso ad espedienti radicali, da' quali molti rifuggirebbero perché ci porterebbero nelle regioni dello sconosciuto, il promuover l'agricoltura nutrice della società, il favorire il commercio e l'industria,   non l'industria produttrice degli oggetti di lusso   , i quali incatenano milioni di uomini a produr cose che servono soltanto alla delicatezza o alla vanità di pochi , ma l'industria creatrice delle cose più utili alla vita di tutti gli uomini il creare istituzioni di beneficenza , di fratellanza , di temperanza, il porre in onore la virtù, dar un asilo all'infelice abbandonato da tutti, proteggere l'interessi de' lavoratori, generalizzare i pubblici divertimenti morali ed istruttivi , distribuire con più equa bilancia i pesi pubblici a seconda delle fortune , tutti son mezzi che non possono fallire allo scopo di migliorare allo stato della società , senza porne a repentaglio le fondamenta".
Che dopo oltre un secolo e mezzo da allora vi sia ancora chi pensi che vadano favoriti con detrazioni i redditi dei più ricchi ; perché così si favorirebbe il reddito dei più poveri, serve solo a dimostrare come , in faccia a quelle memorie,sia difficile parlare del momento presente senza provare, per quest'ultimo e per altri confronti con quella Repubblica, un attimo di sconforto ed un senso di vergogna.
Paolo Penacchio - Venezia

 
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Lega Nord e nucleare Veneto

Post n°82 pubblicato il 26 Gennaio 2010 da italiarepubblicana
 

La Lega Nord nazionalmente dice sì al nucleare, mentre

regionalmente (Veneto) dice no (non è opportuno elettoralmente !).

Faccia bifronte ? o

Lingua biforcuta ?

 
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il più grande

Post n°81 pubblicato il 20 Gennaio 2010 da italiarepubblicana
 

."Cari amici, vi informo che mercoledì 20 gennaio alle 21.05 sul secondo canale televisivo della rai , Mazzini sarà tra i personaggi in gara nella trasmissione IL PIU' GRANDE, condotta da Francesco Facchinetti.

E' previsto un intervento in diretta del  nostro Presidente prof. Mario Di Napoli quale Presidente dell'Associazione Mazziniana Italiana.
Inutile dire che. per stare al gioco, dobbiamo partecipare al televoto (si vota anche su internet).
 
Si tratta di un gioco, ma una volta tanto che ci chiamano in prima serata sulla TV di Stato, non possiamo sottrarci a questa pubblicità.
Si può consultare il sito www.ilpiugrande.rai.it
 
Siete invitati a darne la massima diffusione fra i vostri iscritti ed amici.
 
Votate, Votate, Votate.
 
A.M.I. -Segr.Org.vo
Nicola Poggiolini "
naturalmente volentieri diffondo su questo blog l'invito del segretario organizzativo della Associazione Mazziniana Italiana, ben lieto se qualche lettore potrà diffonderlo a sua volta.
Edera Rossa
 
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Ministro del Lavoro Sacconi

Post n°80 pubblicato il 17 Gennaio 2010 da italiarepubblicana
 

Dov’era e dov’è il ministro del Lavoro Sacconi mentre,  nel nostro paese, migliaia di schiavi clandestini sono ormai essenziali per il funzionamento del nostro sistema economico ?

Mi dicono sia impegnato a produrre una legge per mantenere in vita i morti-viventi e per questo non si è accorto dei viventi-inesistenti.

antenoride

 
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