poesie & scrittura

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l'arte dell'autobiografia 

Il libro che mi ha cambiato la vita.

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Nuove idee, nuove storie , nuovi racconti. La storia riprende forma.

Post n°41 pubblicato il 17 Marzo 2010 da scrittore79
 

Sono stato in pausa riflessiva per molto tempo. Credo di aver scritto alcune cose interessanti e spero le possa condividere con chi legge il blog.

Seguitemi qui:

 

 
 
 

racconto inedito.

Post n°40 pubblicato il 02 Settembre 2009 da scrittore79
 

www.cinematografo.it

Madri alle porte dell’ignoto. (racconto)

 

 

Ci sono madri che guardano i propri figli come fossero giovani tulipani da proteggere dall’immensa forza entropica che la vita , per sua stessa natura, esercita.

 Le vedi aggrapparsi a qualche lurido letto d’ospedale, mai stanche, mai sopraffate dal senso d’impotenza.

Loro hanno negli occhi una luce intensa che abbaglia il male spesso facendolo soccombere. Sono quelle madri che pregano Dio. Madri che temono il “nero” poiché offre troppo contrasto ai colori che elle sprigionano. Sempre.

 

Un giorno ne vidi una prendere un caffè, tra una flebo e una carezza, soffiandone via il troppo calore. Stava in piedi, accanto a suo figlio che era in coma da tre anni.

Lui non batteva ciglio. Aveva gli occhi persi nel vuoto, nelle tenebre di una ragione scomparsa dietro un velo di profondo ignoto.

Fermai i passi , intontito dal troppo amore sprigionato da quella madre.

Provai un senso di torpore, un groppo in gola che sembrava volesse bloccarmi la respirazione da un momento all’altro.

Ella diede un bacio al giovane. In quello stesso istante sentii un intenso senso di deja-vu. Fu come assaporare quel caffè insieme a Lei e allo stesso istante rivivere gioie e dolori di momenti passati con la mia di madre.

Una violenta cascata di emozioni, intubate dal cervello fino al cuore.

Ripresi il cammino, con una lacrima vigliacca che tagliò lentamente la mia faccia. Dovetti sedermi alla prima sedia libera che trovai.

Fuori c’era un sole intenso e caldo e qualche nuvola sparsa all’orizzonte a disegnar pensieri e desideri altrui.

Appresi tanto quel giorno.

La più bella lezione ontologica a cui assistetti nella mia vita.

 

Ci sono madri come queste che danno un senso alla natura di essere dell’uomo.

 

 

 

 

Isicreative 2009

 

“storie moderne”

 

 
 
 

Il segreto della felicità - Racconto

Post n°39 pubblicato il 07 Agosto 2009 da scrittore79
 

felicità

Era da tempo che cercavo una formula che potesse spiegare l’evoluzione del percorso della mia vita. Quale fosse il gioco che equilibrava le immense forze contrapposte quali gioia e dolore, amore e odio, salute e malattia non era dato sapersi. Cercavo risposte a volte in formule matematiche, altre volte nelle condizioni intrinseche e genetiche umane , altre volte ancora nella predisposizione genetica di un individuo. Avevo assiduamente notato (e annotato) che esiste un certo equilibrio determinato da forze sconosciute che ci assiste nella nostra vita.

Avevo studiato diversi casi esemplari per la mia teoria: molteplici personaggi e storie di grandi uomini e donne del passato riconducibili ad una strana coincidenza di destini incrociati, dove quelle grandi forze opposte prima descritte hanno avuto sempre lo stesso esito: ovvero un profondo equilibrio.

 

Ricordo che ero seduto accanto a mia figlia nel balcone di casa mia. Era Agosto e il cielo era pieno di stelle brillanti adagiate ad arte sullo sfondo di una via lattea immensa e per certi versi inimmaginabilmente bella.

Il tiepido vento della sera accarezzava docilmente i nostri capelli diradando completamente i resti di una giornata passata calda e afosa.

 

Una cometa passò velocemente squarciando il buio. L’effetto emotivo fu sorprendente per mia figlia visto che non ne aveva mai veduta una prima.

“Papà” disse

“sono felice perché ho visto una stella cadere dal cielo!”

Risi e accarezzai la sua testa.

“Dov’è andata la stella papà?” chiese ingenuamente.

Stavo riflettendo come meglio dare a mia figlia la verità sulle stelle. Ovvero che le stelle non cadono mai e che ciò che aveva visto era solo un frammento lontano di una cometa oppure un meteorite ridotto in polvere infuocata dalla nostra atmosfera.

La ragione prima di tutto.

D’altra parte mia figlia aveva sei anni. Avrebbe dovuto cominciare a comprendere qualcosa.

Riflettei. Non risposi.

“Papà, perché non rispondi?” disse  senza distogliere lo sguardo dal cielo.

La logica prima di tutto. La nemica della felicità, la Dea della consapevolezza.

“Mi spiace” mi rivolsi con un filo di voce verso di Lei.

“Le stelle non cadono. Ciò che hai visto si chiama stella cadente ma non lo è…”

“A volte qualche cometa perde qualcosa dalla coda che la terra attira a se per poi distruggerla…” Continuai.

“Papà! Ma la luce è stata fortissima, come fai a dire che non è una stella come quella del cielo?” mi rispose contrariata e delusa.

Rimase in silenzio osservando il cielo, mentre io accesi una sigaretta riflettendo sulla mia formula della felicità.

 

 

Boccata dopo l’altra cominciavo a capire qualcosa di importante.

Mia figlia era in silenzio, con lo sguardo verso il cielo in attesa di un altro lampo che le desse quella stessa emozione.

Ma non sarebbe stato uguale a prima. L’illusione e il disincanto ne avrebbe  segnato la scia in maniera irreversibile. La felicità non poteva essere la stessa ed io ne ero stato la causa momentanea.

Avevo smesso di sognare e tutti quei dannati libri ne avevano decretato l’assoluta certezza.

Fui assalito da una sensazione di perdizione fortissima.

Per un attimo mi sentii inutile , inetto ed iniquo.

Dura da ammettere ma la ricerca della felicità è l’esatto contrario di come ottenerla.

La morte delle emozioni.

Il sapore di un buon bicchier di vino, il coraggio di rispondere a un figlio oppure ammettere o far finta di non sapere.

Lasciare andare. Lasciare andare. Lasciare andare.

Tutto ciò che non facevo in nome e per conto della mia pseudo felicità.

 

Presi in braccio mia figlia e continuai ad osservare il cielo insieme a Lei tutta la notte, aspettando un’altra Stella cadente da commentare insieme e magari spiegare diversamente.

Ma quella stella quella notte non arrivò mai.

 

 
 
 

La Torre Nera - Racconto Inedito.

Post n°38 pubblicato il 14 Maggio 2009 da scrittore79
 

CIT: IMMAGINE PRESA DALLA RETE

LA TORRE NERA

 

“La paura del buio , dell’oscurità totale, del non sentir mai più l’aria circolare nei polmoni.

La sensazione di esser senza più sensi. Ecco di cosa ho paura.”

La torre era nera. Nera come il mistero che avvolge la vita, come gli scranni ove siedono le speranze dissolte. C’era silenzio e un sottofondo di archi antichi che mai avevo ascoltato prima.

Osservavo il cielo e del Blu non c’era traccia. Quella sinfonia mozartiana scuoteva i miei timpani, e nonostante fosse blanda, aveva lo stesso effetto di un violento uragano di follia.

Vedevo solo Corvi zigzagare nel cielo plumbeo e disorientante senza appigli per la fantasia.

La Pietra, di cui la torre era composta, era fredda al tatto. Non vi era via di scampo. Nessuna Scala, nessuna porta. Un tetro edificio tondeggiante dal diametro di pochi metri immerso nella solitudine più cupa e tagliente.

Era viva in me la speranza di trovare il coraggio di gettarmi dalla torre. Non sentivo fame, sete ed altre fisiologie umane.

-“Maledetta mente! Lei si che funziona!”-

Un angelo cadde dal cielo, anch’Egli sulla Torre.

Guardavo i suoi occhi azzurri che stonavano diabolicamente con il contesto. Le ali bianche sopraffine, candide come un bimbo in fasciatoio, erano attaccate ad un corpo leggiadro e lindo. Emanava speranza.

Speravo che fosse qui per prendermi con se.

Mi avvicinai senza timore.

“Prendimi con te, portami via da qui” dissi guardandolo negli occhi.

“Non posso” rispose

“Dove Siamo?” chiesi

“Questo è il regno dove i miei poteri non servono a nulla e le mie ali non spiccheranno mai più il volo..” rispose con aria sconsolata.

“tu sei un angelo di Dio”  dissi , ribadendo la mia richiesta di aiuto.

“Ogni tanto succede che anche noi perdiamo..” si rivolse a me guardandomi con dispiacere

“succede cosa? Cosa Perdete!”

“Cosa hai fatto nella tua misera vita?” mi chiese con evidente imbarazzo

“Nulla di che…beh..in fondo sono un uomo..ma se c’è un Dio..”

“Questo non ti basta?” disse indicandomi il truce paesaggio.

Apparve come uno schermo gigante, un estrema olografia proiettata da chissà quale attrezzo o macchina infernale.

Scorrevano immagini crude che mi facevano male. C’erano dentro i miei silenzi davanti ad una richiesta di aiuto. C’era il sangue di un  cane che avevo abbandonato. C’erano gli occhi di mio padre a cui ho mancato l’ultimo saluto..

Chiusi gli occhi , ma le palpebre sembravano non fare il loro dovere.

Più cercavo di non guardare e più le immagini olografiche erano più intense.

“vedi” disse l’angelo.

“Io ero accanto a te. La mia occasione di redimermi per l’eternità”
“Ho fallito.”

Le ali scomparvero. Insieme parlammo a lungo.

Capì certamente allora , che di tempo ce ne sarebbe stato in eterno….

 

 

2009  SCRITTORE79 COPYRIGHT

 
 
 

I capolavori della scrittura

Post n°37 pubblicato il 05 Maggio 2009 da scrittore79
 

Questa volta voglio proporre una della pagine, secondo me,
più belle e più inquietanti dell'intera
letteratura. Si tratta del primo capitolo de "l'ultimo giorno di un condannato a morte"
di Victor Hugo
. Che dire? Quando lo lessi per la prima volta
non riuscivo a credere che un uomo, uno scrittore - seppur illustre maestro immortale - avesse potuto impersonarsi
così tanto nel suo personaggio. Il livello di angoscia sale
riga dopo riga , pagina dopo pagina. Uno stile impeccabile. Masterpiece
!**************************************************

Condannato a morte!

Sono cinque settimane che io vivo con questo pensiero:
sempre solo con esso, sempre agghiacciato dalla sua
presenza, sempre curvo sotto il suo peso!Un tempo,
poiché mi sembra siano passati anni e non settimane,
io ero un uomo come tutti gli altri: ogni giorno, ogni ora,
ogni minuto aveva le sue fantasie: e il mio spirito,
giovane e ricco, si divertiva a snodarmele davanti l'una
dopo l'altra senza alcun ordine o regola ricamando di
arabeschi infiniti il tessuto di questa misera vita.
Erano ragazze, splendide cappe d'arcivescovo, vinte
battaglie e teatri illuminati e sonori; e ragazze ancora
e solitarie passeggiate, di notte, sotto le larghe braccia
dei castagni...
Era sempre festa nella mia immaginazione: potevo sempre pensare a quel che volevo, ero libero!Ora, invece, sono carcerato.Il mio corpo è in catene in una cella e l'anima è prigioniera d'una idea: un'orribile, atroce, implacabile idea:
non ho più che un pensiero, che una convinzione, che una certezza: condannato a morte!Qualsiasi cosa io faccia questo pensiero infernale è sempre lì, solo e geloso ai miei fianchi
come uno spettro di piombo che mi toglie ogni distrazione,
con gli occhi sempre fissi nei miei, sempre pronto a scuotermi con le sue mani di ghiaccio non appena voglia girare la testa
od abbassare le palpebre. Si insinua in tutte le maniere là
dove cerca di fuggirlo il mio spirito, si mischia come un
orribile ritornello a tutte le  parole che mi rivolgono,
mi assedia  quando sono sveglio,  spia il mio sonno agitato
e infine come un orribile coltello  mi appare nei sogni.
Allora mi sveglio di colpo, e balzando a sedere spaventato
da tale visione esclamo:
«Ah, non era che un sogno!».
Ebbene, prima ancora che i miei occhi pesanti abbian
potuto aprirsi abbastanza per contemplare questo
spaventoso pensiero scritto nell'orribile realtà che mi
circonda, sul viscido e trasudante pavimento della cella,
nel pallido lume della lucerna, nella tela grossolana dei
vestiti, sulla tetra figura del soldato di guardia la cui giberna luccica al di là dello spioncino, mi sembra che una voce mi abbia mormorato all'orecchio:

«Condannato a morte!».

tratto da:

"L'ultimo giorno di un condannato a morte" - Victor Hugo -

tit. originale "Le Dernier Jour d'un condamné" 1829

 
 
 
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