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Creato da: r.capodimonte2009 il 13/10/2009
attualità, politica, cultura

Messaggi del 15/06/2017

 

Una sentenza storica che deve restituire democrazia al sistema giudiziario

Post n°1597 pubblicato il 15 Giugno 2017 da r.capodimonte2009
 

Una sentenza storica, destinata a cambiare, forse, il rapporto che, definire autoritario, tra giustizia e cittadino, e poco, perché ci fa tornare in mente più il medioevo che la democrazia. In nessun Paese del mondo i magistrati detengono un potere discrezionale e decisionale assoluto quanto quelli italiani, derivante, ovviamente, dal fatto inequivocabile che, durante le discussioni alla Consulta, i padri costituenti del PCI non videro la necessità di colpire le leggi fasciste in tema di giustizia, perché erano, volenti o nolenti, farina del sacco di un regime autoritario, come quello vigente in Unione Sovietica. La stessa Germania, che vide al potere il nazionalsocialismo hitleriano, ha dato prova di profonda revisione del suo sistema giudiziario. Esiste poi il sistema americano, che inquadra la responsabilità dei giudici, e quindi i loro comportamenti, nel controllo popolare, in quanto eletti.

Gli artt. 55-56-74 del CPP, derivato dal R.D. n. 1443/40 (che irreggimentava la magistratura ancora di più, in quanto era in vigore lo stato di guerra), imperversarono fino al 1986, cioè 40 anni dopo la scrittura della Carta Costituzionale, creando una vera e propria casta, politico-giudiziale, che fece la sua terrificante dimostrazione di fallacia, con il famoso “processo Tortora”; e ancora prima diede prova di assoluta faziosità, e quindi incapacità decisionale, durante i lunghi e mai conclusi processi sul terrorismo, da Piazza Fontana, fino alla Stazione di Bologna, passando per Ustica (e non è un caso che in nessuno di questi si sia effettivamente riscontrato un colpevole credibile, né tanto meno un mandante!).

Fu così che i partiti “progressisti” PSI-PLI-Radicali promossero, nel 1987, un referendum abrogativo («Volete voi l'abrogazione degli articoli 55, 56 e 74 del codice di procedura penale approvato con regio decreto 28 ottobre 1940, n. 1443?»), in cui si addebitavano, d’ora in avanti, ai magistrati precise responsabilità, poi da perseguire anche con il licenziamento e la condanna penale, nell’esercizio delle loro funzioni. Il fronte opposto, capitanato dal PCI, nella persona del giudice Luciano Violante e dalla dirigenza dell’ANM, riuscì appena ad intaccare la volontà popolare, che approvò il referendum con l’82% dei SI.

L’anno dopo, con il tipico colpo di mano politico, che oggi conosciamo molto da vicino in quanto è la regola nelle decisioni parlamentari (allora era un’eccezione!), il Parlamento approvava (13 aprile 1988) la legge n. 117 sul «Risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati», nota come «legge Vassalli», (votata da DC, PCI e PSI) il cui disposto, secondo i radicali, si allontanava decisamente dalla decisione presa dagli italiani nel referendum (mancava la ricaduta penale!), facendo ricadere la responsabilità di eventuali errori non sul magistrato ma sullo Stato, che successivamente poteva rivalersi sullo stesso, entro il limite di un terzo di annualità dello stipendio. In realtà, la legge n. 117/1988, nel cercare di ampliare i comportamenti, fonte di responsabilità da parte di magistrati, all’art. 2 affianca all’elemento del dolo (che era già previsto dall’abrogato artt. 55 c.p.c. e di cui si è già discusso) l’elemento della colpa grave (molto aleatorio!). Pur tuttavia, Dal 1988 ad oggi, del resto, sono poco più di venti le cause civili relative ad errori giudiziari: di fatto, i magistrati restano tuttora “irresponsabili”.

Sembrerà un’amenità, ma la Corte d’Appello di Messina ha condannato tre magistrati, “per dolo e colpa grave” in riferimento alla loro incapacità e mala fede, nell’ignorare le “dodici” denunce fatte da una donna, Marianna Manduca, contro il marito, Saverio Nolfo, che minacciava di ucciderla; e che poi la uccise, effettivamente, davanti ai figli.

Voi direte, giustamente: una goccia nel mare! Ed è così, perché ogni giorno, nei tribunali ci sono molti magistrati, a cui dovrebbe essere revocato non solo il titolo, ma anche la laurea, che contribuiscono a distruggere persone e famiglie,  per i loro errori giudiziari.

Le origini di questo vero e proprio attentato alla libertà del popolo (risibile, a questo punto, la frase che certe procure hanno voluto integrare nelle aule di giustizia. “La legge è uguale per tutti”, aggiungendo, “e i magistrati la applicano in nome del popolo”!), sta in tutta una serie di prerogative che, durante i lunghi anni di predominio, hanno guadagnato, e imposto per paura, grazie ad una classe politica, con la coscienza molto sporca, che ha avallato ogni loro richiesta: dal passaggio indolore dalla carriera giudiziaria a quella politica, senza rinunciare alla prima (sic!), alle retribuzioni, le più alte al mondo, alle carriere, che vengono decise con criteri del tutto aleatori, in stanze segrete che, spesso, non sono altro che logge massoniche. Ma soprattutto grazie all’ultimo “ritaglio” di fascismo, che li fa godere di un vantaggio inesplicabile nell’ambito processuale, da pubblici ministeri,  magistrati a tutti gli effetti, contro le difese, che sono semplici avvocati! E anche qui, nulla è la teoria dei disegni di legge per la separazione delle carriere, tant’è che proprio ieri è passata l’ultima legge di regime che non lo prevede!

Né è più sopportabile che in Italia, procuratori e magistrati, continuino a fare politica anche quando emettono le loro sentenze; o che, grazie a certe leggi e comportamenti, che hanno ridotto la polizia giudiziaria a semplice “esecutore d’ordini”, siano i “teoremi investigativi” del magistrato a vincere, perfino sulle prove, visto che i processi, molti processi, si svolgono in base a prove esclusivamente indiziarie, che le procure finiscono per rendere concrete!

E’ più che evidente che questa “piccola, grande sentenza” non intaccherà i poteri scoperti o meno scoperti della magistratura, ma  la speranza sta in qualche forza politica, che magari finora ha fatto elegie di questa casta intoccabile, che abbia il coraggio di riproporre un  referendum abrogativo della Legge Vassalli, e, contemporaneamente, appoggi una legge che riprenda le tracce del referendum del 1987, introducendo la separazione delle carriere, e maggiori poteri ispettivi del CSM, ridotto, oggi, ad una camera di compensazione di ogni più evidente sopruso giudiziario! (M.T. CICERONE)

 
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