Creato da burble33 il 20/08/2013

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L'Eurozona torna indietro di 20 anni Così la crisi «allontana» le economie

Post n°6 pubblicato il 20 Agosto 2013 da burble33
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Quando le cose sembrano migliorare, si rischia di abbassare la guardia. Le notizie abbastanza buone che arrivano dall'economia europea non possono nemmeno per un istante distrarre i responsabili delle politiche monetarie e di bilancio dai problemi seri che l'Eurozona ancora corre. La società di analisi britannica Oxford Economics ha elaborato un indice - l'ha reso pubblico ieri - per misurare la convergenza delle economie dei 17 Paesi della moneta unica: ha stabilito che, dopo due decenni durante i quali si sono via via avvicinate, dall'inizio della crisi stanno divergendo in misura sostanziale: difficile per la Banca centrale europea (Bce) e per la Ue fare politiche economiche efficaci.

Le riforme e la crescita: il confronto - GUARDA

Nel secondo trimestre dell'anno, il Prodotto interno lordo (Pil) aggregato dei 17 Paesi della moneta unica ha ripreso a salire: ma non solo le differenze congiunturali, con i Paesi mediterranei ancora in sofferenza, restano elevate; la tendenza alle divergenze anche strutturali è preoccupante e andrebbe contrastata - dicono gli analisti Oxford Economics. L'indice composto che hanno elaborato prende in considerazione un ventaglio ampio di misurazioni, alcune riferite al ciclo economico, altre che considerano il livello di variabili come i Pil, i Pil pro-capite, i tassi di disoccupazione e d'inflazione e altro. Il risultato è un indicatore della convergenza tra i Paesi dell'Eurozona. Questo è ciò che racconta.

Tra il 1985 e il 2006, la convergenza delle 17 economie è stata costante se si escludono l'inizio degli Anni Novanta, in parallelo alla crisi del Sistema monetario europeo, e una piccola divergenza alla fine dello stesso decennio, quando il blocco del valore delle monete nazionali in vista della nascita dell'euro produsse scosse in alcune economie. L'indice di convergenza - fatto cento nel 1999 - è salito da 97,2 nel 1991 a 101 nel 2005. Poi, soprattutto dopo lo scoppio della crisi del 2008, è iniziato a scendere e oggi è a 99,7, lo stesso livello di inizio Anni Duemila e del 1995. «Due decenni di convergenza - nota lo studio - rovinati dalla crisi dell'Eurozona». La previsione è che la divergenza continuerà nel 2014, poi si dovrebbe stabilizzare e «nel 2018 il grado di convergenza tornerà ai livelli prevalenti nei primi Anni Duemila».

Le differenziazioni tra i 17 Paesi sono state particolarmente rapide soprattutto dal punto di vista strutturale. Mentre i livelli d'inflazione sono evoluti in modo simile, il Pil pro-capite è andato in direzioni molto diverse. Tra il 2007 e il 2013, in Grecia è diminuito dall'88% della media europea al 68%, il livello più basso dai primi Anni Ottanta. Nello stesso periodo, in Spagna è sceso dal 92 all'88%. In Irlanda dal 132 al 120%. In Italia dal 93 all'87% (è il 98% se il dato lo si riferisce a tutta la Ue invece che alla sola Eurozona). Tra il 2013 e il 2018, il Pil pro-capite scenderà ancora, rispetto alla media dell'area euro, leggermente in Italia e Spagna ma anche in Olanda, dal 121 al 118%, e in Francia, dal 101 a qualcosa meno del cento per cento. L'Austria, la Germania e la Finlandia continueranno invece a guadagnare posizioni, rispettivamente al 125, al 117 e al 110% nel 2018.

In termini di andamento del ciclo economico, «il cambiamento più impressionante - dice la società britannica - è avvenuto nei tassi di disoccupazione. Mentre alcuni Paesi come Lussemburgo, Austria e Germania hanno mantenuto tassi di disoccupazione bassi, il numero di senza lavoro è andato alle stelle in Grecia, Spagna, Irlanda e Portogallo. La divergenza nei tassi di disoccupazione è la più alta dai primi Anni Ottanta».

Dal punto di vista politico, occorrono due considerazioni. Il fatto che un'Unione monetaria realizzata per spingere le economie a convergere non abbia saputo rispondere alla Grande Crisi e abbia consentito forti divergenze è un fallimento che andrà preso in considerazione. La seconda: Paesi che vanno in direzioni diverse faticano a prendere decisioni comunitarie che vadano bene a chi cresce e a chi è in recessione. Dal punto di vista della Bce, è positivo che l'andamento dell'inflazione sia omogeneo: diversamente una politica monetaria che vada bene per tutti sarebbe un problema. Nel momento in cui alla banca centrale guidata da Mario Draghi si chiedono però interventi finalizzati ad altro - salvare l'euro, aiutare le economie ad avere credito - le divergenze economiche hanno un peso non indifferente. Vietato rilassarsi.

 
 
 
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