Creato da Michellegay78 il 10/09/2010
confessioni di un transgender

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Com'era prima di fare outing...

Post n°18 pubblicato il 01 Dicembre 2017 da Michellegay78
Foto di Michellegay78

Spesso mi chiedono come ho vissuto il periodo in cui non avevo ancora fatto outing?
Premesso che la mia omosessualità era evidente già da prima, seppur non lo avevo ancora dichiarato, ad ogni modo in quella fase della mia esistenza mi sentivo sistematicamente frustrato, logorato nel corpo e nell'animo, triste ed arrabbiato, in certa misura umiliato, a periodi depresso e tendenzialmente un po' isterico, continuamente pieno di dubbi e paure, con sbalzi repentini d'umore, spesso avvolto da crisi di pianto per un nonnulla o senza motivo apparente, con voglia di esplodere e con altrettanta voglia di nascondermi da tutto e da tutti. Sono queste in sintesi le sensazioni principali che mi avvolgevano in quel periodo quando mi ero auto-censurato, bloccandomi e impedendo alla mia natura, ai miei istinti, ai miei desideri, di uscire fuori... Esattamente così ci si sente quando siamo costretti a reprimere cuore e spirito.
Forse non sono la persona più adatta per dare consigli agli altri, ma vista la mia esperienza, invito i più giovani che si scoprono omosessuali, o che sentono dentro la necessità di cambiare sesso per trovare il proprio equilibrio identitario, a non aspettare troppo per fare outing.
Prendetevi un po' di tempo, certo, ma poi dichiaratevi, fatelo quando ancora siete giovani, non rimandate; se aspettate troppo finite solo per logorarvi corpo e anima, vi negate la serenità, vi dannate l'esistenza, e, credetemi, non ne vale proprio la pena.
Ponetevi una data, un periodo di tempo entro il quale fare tale confessione alla famiglia, agli amici, ai conoscenti; iniziate magari confidandolo ad un'amica o comunque ad una persona di cui vi fidate, che sapete non vi giudicherà, che sapete vi appoggerà. Successivamente, magari proprio a questa persona chiedete di aiutarvi a preparare il terreno per confidarlo ai genitori, o lasciate che sia lei a dirglielo al vostro posto, se proprio non riuscite ad esprimerlo direttamente in faccia ai vostri famigliari. Magari scrivete una lettera dove fate la vostra confessione, così vi risparmierete l'iniziale reazione dei genitori e date loro il tempo di elaborare la situazione. L'importante è che non aspettiate anni, perché è l'errore più grande e dannoso che potreste fare a voi stessi. Tanto prima o poi la famiglia e le persone che vi conoscono verranno a saperlo in ogni caso chi siete e cosa provate (com'è successo a me, in modo quasi traumatico (in questo blog ho raccontato l'episodio in cui i miei famigliari lo hanno scoperto...)
Meglio quindi togliersi subito o quanto prima questo "peso", altrimenti più passa il tempo e più diventa complicato uscire allo scoperto... Una volta che lo sanno i propri genitori e famigliari, tutto diventa più facile. Sicuramente non si ha più il terrore che lo scoprano, forse l'unica vera barriera che impedisce a molti di fare outing...Quindi è il fatidico momento in cui si affronta la famiglia e ci si confessa, il solo vero ostacolo da superare, il vero ghiaccio da rompere, il vero confine tra continuare a soffrire, reprimersi e mentire, ed invece il poter vivere finalmente in modo sereno e libero ciò che si è dentro.

Michelle

 
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Ricordi musicali

Post n°17 pubblicato il 28 Febbraio 2017 da Michellegay78

TRADUZIONE TESTO

Voglio liberarmi
Voglio liberarmi
Voglio liberarmi dalle tue bugie
Sei così auto-soddisfatto non ho bisogno di te
Devo liberarmi
Dio sa Dio sa che voglio liberarmi 

Mi sono innamorato
Mi sono innamorato per la prima volta
E questa volta so che è per davvero
Mi sono innamorato sì
Dio sa Dio sa che mi sono innamorato 

È strano ma è vero
Non riesco a emulare il tuo modo di amarmi
Ma devo essere sicuro
Quando esco da quella porta
Oh come voglio essere libero baby
Oh come voglio essere libero
Oh come voglio essere libero 

Ma la vita continua
Non riesco ad abituarmi a vivere senza vivere senza
Vivere senza te vicino
Non voglio vivere solo hey
Dio sa lo devo fare da solo
E allora baby non puoi capire
Devo liberarmi 

Devo liberarmi
Voglio liberarmi sì 

Voglio Voglio Voglio Voglio liberarmi....

 
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Che noia sta pioggia!

Post n°15 pubblicato il 06 Novembre 2014 da Michellegay78

Piove, ancora piove, basta!

Caos per strada, pantano ovunque, e che è, il diluvio universale??!!

Tutto questo sempre quando l'auto dà problemi...., concomitanza di seccature quasi mandate di proposito per farti sclerare! 

Altro che la danza della pioggia, da oggi farò la danza del sole

 

 

 
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Basta shopping....

Post n°12 pubblicato il 07 Aprile 2014 da Michellegay78
Foto di Michellegay78

Guardare il film "I love shopping" e poi finire sul sito di Zalando.it è come scoprire di avere un'intolleranza ai dolci mentre sei all'interno di una pasticceria....

 
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Non etichettare le persone

Post n°11 pubblicato il 11 Novembre 2013 da Michellegay78
Foto di Michellegay78

Tante volte mi hanno chiesto "chi sei" esattamente o "cosa sei" effettivamente?
Rispondo sempre che posso essere chiunque, un uomo, una donna, un/a trans, o un alieno giunto dallo spazio! Ma ciò che conta non è "chi" è Michelle, ma "come" è Michelle.
Imparare a conoscere ed apprezzare la persona, non giudicare i suoi gusti sessuali o le sue scelte di vita per stabilirne a prescindere un'etichetta.
Siamo esseri umani o codici identificativi da porre negli scaffali della società, pronti ad essere scelti o scartati a seconda dei gusti e delle mode del momento?
A me non entusiasmano mai le categorie, qualunque esse siano, poichè al di sopra degli elenchi identificativi e le classificazioni ci sono le persone in quanto esseri umani, per questo dico di non perdere tempo a fare radiografie alla gente, ma piuttosto concentrarsi su ciò che la persona che hai di fronte può esprimere e può darti, come amica, o come amante, o come famigliare, o come conoscente o come semplice individuo di passaggio nel tuo cammino. Non è importante "chi sei" ma è importante il fatto che TU SEI perchè TU ESISTI.
Michelle

 
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Lo sapevate che anche l'uomo ha il "PUNTO G"?!

Post n°10 pubblicato il 15 Ottobre 2013 da Michellegay78
Foto di Michellegay78

Ebbene sì, anche l'uomo ha il Punto G!

Oggi voglio postare questo interessante articolo tratto dal sito: www.salutemedicina.it


Non tutti sanno che il famigerato “punto G” esiste anche nell’uomo e che è situato nella prostata, una ghiandola che, se massaggiata opportunamente, può indurre piacere ed apportare benefici.

Il massaggio prostatico viene generalmente utilizzato nella medicina orientale, ma può essere praticato anche nel sesso, al fine di procurare un piacere intenso e prolungato nel partner.


CHE COSA E’ LA PROSTATA

La prostata è una ghiandola di forma simile ad una castagna. Ha una consistenza elastica e può pesare dai quindici ai venti grammi. Inizia a svilupparsi durante la pubertà e, con l’avanzare dell’età, tende a crescere. Questo organo ghiandolare produce il liquido prostatico, una sorta di nutrimento per gli spermatozoi. La prostata è situata davanti al retto, al di sotto della vescica. Il suo benessere dipende dal testosterone e, solitamente, è l’urologo ad eseguire una esplorazione, al fine di verificare la presenza o meno di patologie.

A COSA SERVE IL MASSAGGIO PROSTATICO E COME ESEGUIRLO

Se si ha voglia di eseguire un massaggio benefico ed eccitante sul proprio partner, è opportuno sapere che esso andrebbe eseguito quando l’uomo ha raggiunto l’erezione del pene. Si può agire sia dall’interno, sia dall’esterno. Il massaggio esterno consiste essenzialmente nella stimolazione del perineo. Questa zona, situata tra l’organo riproduttivo e l’ano, è ricca di terminazioni nervose ed è in comunicazione diretta con la prostata. Questo tipo di massaggio potrebbe essere accompagnato da altri, come il “Tantra Lingam”, che hanno una funzione stimolante. Il perineo è una zona che, se trattata con la giusta tecnica, regala intense sensazioni di piacere. Per raggiungere l’orgasmo ed ottenere un effetto benefico anche sulla prostata, è sufficiente effettuare un movimento lungo tutta la lunghezza del perineo, esercitando una leggera pressione.

Il massaggio interno è più delicato ed intimo e si effettua introducendo un dito nel retto, fino a raggiungere la prostata. Essa si trova a circa sette centimetri, in direzione della pancia. Al tatto ha la consistenza di una noce e va massaggiata strofinando con delicatezza avanti e indietro. Durante il massaggio, si può verificare una perdita di liquido prostatico. Se non si ha voglia di usare le dita, sul mercato esistono anche dei giocattoli studiati per eseguire dei massaggi interni ed esterni.

Il massaggio alla prostata aiuta la circolazione del sangue e ciò apporta benefici all’organo riproduttivo. Inoltre, con la stimolazione, vengono eliminati molti batteri che, nel tempo, potrebbero causare disturbi e fastidi più seri. E’ stato dimostrato che stimolare la prostata è utile al fine di migliorare le prestazioni sessuali dell’uomo e ridurre anche la sterilità ed altre patologie quali prostatite e ipertrofia prostatica.

Durante il massaggio, si può abbinare la stimolazione del punto g maschile alla pratica del “tantra”, al fine di conferire massimo piacere al partner. Il tantra è una disciplina molto antica e ha l’utilità di amplificare il piacere attraverso una maggiore percezione della realtà attraverso i sensi. Tuttavia, esistono anche dei rischi e delle precauzioni da adottare: la prostata potrebbe infiammarsi a causa di un massaggio troppo intenso o di frequenti stimolazioni. Le unghie di chi pratica il massaggio devono essere sempre corte e ben pulite. Infine, va ricordato che i meno esperti dovrebbero limitarsi a praticare solo il massaggio esterno.

Prima di procedere al massaggio prostatico, è opportuno lubrificare bene la zona con oli essenziali. Dal momento che si tratta di un momento speciale, in cui ci si abbandona completamente al piacere, ci si rilassa e si svuota la mente, occorre prendere tutto il tempo necessario. Per poter godere appieno dei benefici, l’atmosfera è importante: luce soffusa e musica rilassante costituiscono sicuramente una premessa fondamentale.

http://salutemedicina.it/sessualita/massaggio-prostatico-il-punto-g-delluomo-329/

 
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Detesto l'estate!

Post n°9 pubblicato il 26 Luglio 2013 da Michellegay78
Foto di Michellegay78

Detesto questo caldo. C'è afa insopportabile, si suda anche stando fermi, le zanzare ti attaccano a tutte le ore, la notte ci si sveglia inzuppati e appiccicaticci, e poi non puoi camminare per strada o recarti in qualunque luogo, senza esser sistematicamente avvolto dalla puzza di sudore che tanti "educati" signori e signore emanano da ogni parte del corpo, forse ignari del fatto che in estate sarebbe buona cosa e soprattutto opportuno farsi più spesso la doccia... Ci mancavano anche questi simpatici personaggi con il loro menefreghismo e con l'assoluta maleducazione, in una stagione che già di per se è complicata per tanti motivi. Non li capisco, davvero, non si vergognano nemmeno un po' di puzzare e di farlo notare a mezzo mondo? Incredibile! Io al loro posto mi sentirei alquanto in imbarazzo...

Risulterò impopolare ma detesto l'estate e amo l'inverno! Sì l'inverno, nonostante il suo freddo gelido, nonostante si spenda il triplo con le bollette di luce e gas, nonostante sia impossibile asciugare rapidamente i panni quando li posi a stendere, nonostante ti si screpoli la pelle se non ti copri adeguatamente, nonostante si formi quel ghiaccio pericoloso sulle strade che ti fa venire ogni volta l'ansia quando devi prendere l'auto o camminare per strada. Ma preferisco il caldo di un caminetto, il calore delle coperte, la sensazione di benessere dopo una minestra calda, piuttosto che questa afa insopportabile! Detesto l'estate! Evviva l'inverno!

Michelle

 
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Quando comprare un paio di scarpe diventa un'odissea...

Post n°8 pubblicato il 08 Dicembre 2011 da Michellegay78
Foto di Michellegay78

Risulta sempre difficile per un uomo, o per un trav, recarsi in un negozio a comprare abiti e scarpe da donna, senza che questo non comporti sistematicamente qualche imbarazzo o qualche equivoco e pure qualche fastidiosa incomprensione con le commesse di turno e con i rispettivi proprietari.
Ovviamente tutto è da mettere ampiamente in preventivo prima di porre piede in un qualsiasi esercizio commerciale, ed infatti quasi sempre ho evitato, preferendo gli acquisti online o a volte recandomi in quei negozi diciamo specifici per trans e non solo. Se tramite internet non si è mai certi di ricevere la merce giusta (infatti non sempre il numero di scarpe o la taglia di un abito pur essendo la tua va veramente bene) ed anche le gite fuori porta per andare in negozi specifici non sono sempre così accessibili, si deve per forza di cose optare per la scelta più ovvia, quella del centro commerciale o della bottega vicino casa. Opzione quest'ultima che appunto ho scelto alcuni giorni fa, pur sapendo bene a quali possibili problematiche ed incomprensioni sarei andato incontro e che puntuali come un orologio svizzero (o come le tasse....) si sono verificate.
Questi i fatti: entro in un negozio e comincio a girare tra i scaffali del reparto femminile in cerca di un paio di scarpe con il tacco alto. Come da prassi subito mi viene incontro una giovane commessa, con l'aria un po' stanca e un po' perplessa nel vedermi in quel reparto, domandandomi se avevo bisogno d'aiuto. Cortesemente faccio sapere che non ne ho bisogno poiché mi sto limitando a dare un'occhiata. La cosa sembra finire lì. Passano alcuni minuti e finalmente trovo il paio di scarpe che fa per me, cerco il numero e per mia fortuna ne hanno una scatola. Nel frattempo vedo la ragazza tornare nelle mie vicinanze, che mi lancia un'occhiata sospettosa: tento di non farci caso e prendendo in mano il paio di scarpe mi siedo su un divanetto, mi guardo attorno se ci sono altre persone, ma avendo la fortuna in quel momento di essere il solo in quel reparto, oltre alla commessa (che si teneva a debita distanza), decido di provarmele. Non faccio in tempo a togliermi le scarpe che subito la giovane viene verso di me e con tono un po' seccato mi chiede: "che sta facendo?". Rispondo che ovviamente sto provando la misura delle scarpe, ma lei a quel punto, sbiancata in volto e visibilmente imbarazzata mi dice che non è possibile. Chiedo spiegazioni e mi sento rispondere che potrei rovinare il paio di scarpe! Basito, cerco di farle capire che quello è il mio numero e che non è possibile io rovini nulla, mica ho preso un paio di scarpe con numero inferiore al mio! La commessa continua ad obbiettare che non posso farlo poiché se dovessi rovinarle poi nessuno le paga e mi invita a rimetterle al suo posto oppure a comprarle e basta senza provarle. Mi dice che se non dovessero andare bene alla persona per cui sono andato a comprarle, posso sempre riportarle indietro, tenendo lo scontrino e loro mi avrebbero dato quelle con il numero giusto. Rimango confuso per diversi istanti, poi comprendo che la ragazza non aveva capito o forse fingeva di non capire che quel paio di scarpe erano per me e non per una donna alla quale dovevo regalarle. Rispondo allora che sono lì per provarle e che non avrebbe alcun senso io vada a casa a misurarle per poi eventualmente tornare lì a dire che il numero non mi calzava bene. A quel punto lei comincia a sentirsi sempre più imbarazzata ma allo stesso tempo si altera ribadendo che non posso provarle perché essendo un uomo rischio di rovinarle dal momento che sono costruite per essere indossate solo da piedi femminili. Mi scappa una risata e faccio notare che non è la prima volta che indosso scarpe di quel genere e che se il numero calza giusto non vi è alcun problema, oltre al fatto che io possiedo un fisico snello, per nulla pesante, quindi non rischio né di lacerare le scarpe né di rompere il tacco. Nel frattempo si avvicina un signore di mezza età, che scopro subito essere il proprietario e con fare un po' nervoso chiede cosa stava succedendo. La commessa spiega la questione (a modo suo ovviamente) e puntuale il capo prende le sue difese, sostanzialmente intimandomi o a comprare le scarpe o a rimetterle al loro posto. Intanto attorno a noi, probabilmente attirati dalla diatriba che aveva assunto toni ben udibili in tutto il negozio, giungono cinque o sei persone, tutte lì ad assistere al triste ed imbarazzante spettacolo. A quel punto mi sono sentito cadere il mondo addosso, trattato come un ladro, messo in ridicolo davanti a tutti proprio come avveniva ai tempi della mia adolescenza, quand'ero additato al pubblico ludibrio come il "frocio" della scuola. Cerco allora un compromesso per venirne fuori senza tirarla troppo per le lunghe, proponendo al proprietario di rimanere lì a vigilare mentre mi provavo le scarpe e qualora avesse riscontrato un ipotetico danneggiamento poteva benissimo mettermele in conto. Per convincerlo decido di tirare fuori i soldi, consegnarglieli in mano e nel caso fosse accaduto quello che temeva lui e la sua commessa, già aveva il denaro in mano. Nel caso contrario, qualora non mi fossero andate bene e ovviamente se non avessero subito alcun danno, potevo benissimo provarmene un altro paio. Nel momento stesso in cui consegnai i contanti nelle sue mani, quasi per magia, o più semplicemente "sollevato" da chissà quale timore, cambiò immediatamente atteggiamento e mi disse di fare come volevo. Allora mi provo brevemente le scarpe, sento che mi calzano benissimo e dico: "ok le compro, mi faccia pure lo scontrino". Intanto lo spettacolo aveva attirato altre persone, le quali cercai di ignorare, proprio come quando si entra sul palcoscenico, si sgombera la mente e si finge di essere da soli. Tuttavia non potevo non udire il vocio di sottofondo, le risatine ed alcuni sguardi misti tra lo schifato e lo sbeffeggiamento. La sensazione era davvero mortificante e l'unica cosa che pensavo in quel momento è che non vedevo l'ora di andarmene, sperando non ci fosse nessuno tra quella gente che mi avesse riconosciuto.
Giunti alla cassa, riacquisto un po' di coraggio e spinto dalla rabbia, tiro fuori le scarpe, e mentre il proprietario batteva lo scontrino, gli chiedo di guardarle, anzi, di esaminarle per bene e di dirmi se riscontrava un qualsiasi segno di danneggiamento. Riluttante mi dice che non gli sembrava, ed allora mi tolgo lo sfizio e dico: "Appunto! Sappia che da questo momento lei ha sicuramente perso un cliente, visto come sono stato trattato, e le interesserà inoltre sapere che di questo negozio ne parlerò male ovunque, invitando chiunque ad evitare di metterci piede!". Costui, nuovamente alterato, mi domanda le motivazioni. A quel punto prendo le scarpe, mi dirigo verso l'uscita e rispondo: "E me lo chiedi pure?! Ovviamente perché qui la clientela viene trattata in modo alquanto scortese per non dire con arroganza e cattiveria. Spero proviate un po' di vergogna per il vostro atteggiamento, che è sempre la minima parte di come avete fatto sentire me. Buona giornata!"
Lo so che la colpa principale è mia, nel senso che so bene a quali problemi si può andare incontro quando ci si espone così pubblicamente, infatti ho sempre cercato di evitare queste situazioni, ma del resto non è pensabile entrare in un negozio e comprare la merce senza provarla. Tanto vale allora ordinarla via internet, almeno lì nessuno ti vede e nessuno chiede spiegazioni. Non voglio farne una colpa agli altri, anche perché provo a mettermi nei loro panni e capisco l'imbarazzo e l'incredulità di certe situazioni. Capisco più che altro la commessa, in fondo una giovane, probabilmente precaria e mal pagata, sicuramente inesperta nel rapportarsi con la clientela e sottoposta a stress e paure da parte dei suoi datori di lavoro, quindi comprendo il suo timore di assumersi responsabilità che non sa gestire. Per questo la perdono. Ma il proprietario invece, da costui mi sarei aspettato maggior intelligenza, cosa questa che evidentemente non è da tutti. Mi conforta sapere che se questo è il loro modo di rapportarsi con i clienti, anche quelli più strani o singolari, allora hanno sbagliato mestiere, ed il tempo darà loro una lezione in ambito lavorativo di cui dovranno tenere conto. Non credo faranno molta strada negli affari se trattano così i clienti...
Quello che però sarebbe sempre opportuno tenere a mente è il rispetto delle persone, anche quando ti è difficile capirle o non si riesce a condividere i loro stili di vita. Ma questa è impresa ardua, specie per chi di fondo è maleducato e ignorante....

Michelle

 
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10 PROPOSITI PER L'ANNO NUOVO

Post n°7 pubblicato il 29 Dicembre 2010 da Michellegay78
Foto di Michellegay78

* 10  PROPOSITI PER L'ANNO NUOVO *

1) trovarmi un nuovo ragazzo e dimenticare definitivamente il mio ex...


2) fare un altro passo in avanti e definitivo nella decisione delle decisioni (il cambio del sesso).


3) cambiare la mia auto che ormai ha dato tutto quello che poteva dare... Povera vecchia amica...


4) comprare una lavastoviglie (non ne posso più di lavare a mano piatti e posate ogni sera!!!)


5) ricevere un aumento di stipendio da quel tirchio del mio capo!!!


6) rinnovare un po' il mio guardaroba (nel reparto femminile)....


7) sperare che la mia vicina di casa finalmente traslochi (non la sopporto più!!!!)


8) partire per una lunga e bella vacanza in qualche metà paradisiaca del globo.


9) riprendere il corso di Yoga interrotto tre anni fa (il livello di stress ultimamente è alle stelle....)


10) vincere al superenalotto (lo so è banale dirlo, ma in gran parte è utile per raggiungere i punti sopra citati.)

 

In attesa e con nutrita speranza, auguro a tutti un felice 2011

 
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Quando le donne menano!

Post n°6 pubblicato il 13 Dicembre 2010 da Michellegay78
Foto di Michellegay78

Alcuni giorni fa ho rivisto una persona che non vedevo da tanto tempo e che mi ha fatto ricordare immediatamente un'assurda situazione nella quale mi ritrovai coinvolto sette anni prima.

Era una fresca serata primaverile del 2003, me la ricordo bene come fosse ieri, e mentre me ne stavo seduto su una panchina della piazza, completamente assorto tra i miei pensieri, d'un tratto notai una ragazza fissarmi in modo assiduo. Tra me e me dissi in modo sarcastico “povera donna, hai puntato la persona sbagliata”.... ma con il passare dei minuti la cosa si faceva sempre più insistente fino a che ad un certo punto me la vidi arrivare incontro. “Ci risiamo!” pensai: ogni tanto infatti mi capitava che qualcuna ci provasse con me, quando diciamo ero in abiti normali e non nella mia versione femminile. Si rivelava sempre una seccatura dover star lì a spiegare alle ragazze che non ero interessato a loro, specie quando poi mi trovavo costretto ad entrare fin troppo nei dettagli (cioè dichiarando la mia omosessualità) poiché il più delle volte certe donne non si capacitano del fatto che possano esser respinte, ancor più se si sentono seducenti, soprattutto quando si vestono con tanto impegno in modo da facilitare questo loro sentirsi sexy. Certamente quella ragazza era di bell'aspetto, dai lunghi capelli castani, fisico da modella (magari un po' troppo magra...) chiaramente parecchio appariscente, tanto truccata, con indosso una camicetta scollata forse scelta apposta per porre in risalto il suo abbondante seno (rifatto??), gonnellina un po' troppo corta e tacchi alti. Nel vederla avvicinarsi con tanta determinazione, immaginai fosse una ragazza piena di se, tanto sicura del suo aspetto e del suo sentirsi irresistibilmente seducente.... Come al solito mi ero già preparato a declinare educatamente ogni eventuale invito da parte sua, quando invece per mia grossa sorpresa mi sentii chiedere se il mio nome era Michele (nome di battesimo). Risposto affermativamente, iniziò ad alterarsi visibilmente. Tra una serie di parolacce e di strilli vari, scoprii che era la fidanzata di un mio amico e sostanzialmente mi minacciò di lasciarlo stare e di non avvicinarmi più a lui...

{Apro una parentesi: questo ragazzo, che conoscevo fin dai tempi del liceo, ufficialmente è sempre stato eterosessuale, ma all'età di vent'anni aveva cominciato ad avvertire dei cambiamenti e scelse di confidarsi con me, per capire cosa gli stava effettivamente accadendo. In realtà non ci fu mai niente fra noi, a parte una sincera amicizia che maturava mese dopo mese, proprio perché io ero l'unico a cui poteva confidare determinate cose e forse l'unico in quel momento che poteva aiutarlo a capire meglio cosa gli stava accadendo. Dopo qualche mese mi confessò di sentirsi attratto da me, pur essendo fidanzato con una ragazza che amava davvero. Una sera volle baciarmi, poi la cosa si concluse lì, poiché aveva paura di andare oltre quello che i suoi sentimenti gli facevano intravedere con grande chiarezza. Io non me la presi, anzi, in realtà non andava neppure a me di intraprendere una relazione, anche perché non mi andava di farlo con un ragazzo che ancora aveva le idee confuse}.

Non so come la sua ragazza venne a saperlo, forse fu lui a confidargli cosa avvenne quella sera fra noi, sta di fatto che la Strega in preda all'ira funesta, forse colpita nel suo orgoglio femminile e nel suo presumibile ego smisurato di chi nella sostanza “se la tira”, non poteva certo accettare che il suo uomo preferisse a lei (vera donna) una sorta di surrogato (cioè io). Nella sostanza quel giorno mi intimò di stare alla larga dal suo fidanzato, perché con la mia presenza e con le mie parole diceva gli confondevo le idee... e perché comunque quel ragazzo era soltanto suo. Da un lato mi dovevo sentire lusingato dal fatto che una donna in quel momento mi ponesse al suo stesso livello considerandomi come una qualsiasi rivale, dall'altro lato però provavo pena per come negava totalmente l'evidenza.... Non ero certo io a confondere le idee al suo ragazzo, ma era lui che iniziava a maturare dentro di se un sentimento ed un'attrazione differente da quella che fin li aveva mai provato. E lei, questa ragazza così piena di se, invece che interrogarsi sulla possibile omosessualità del fidanzato, fece invece scattare quel meccanismo di autodifesa che porta al rifiuto della realtà, alla negazione dell'evidenza, per trovare in altri la causa e quindi il capro espiatorio. Quando cercai di spiegare che io non avevo alcuna responsabilità circa il cambiamento che stava avvenendo nel suo fidanzato, e che comunque eravamo soltanto amici, la situazione si fece sempre più difficile e pericolosa.... Partirono insulti a raffica fino a che all'ennesimo sentirmi apostrofare con il termine “brutto frocio” mi sentii legittimato a rispondergli a tono, dicendogli sostanzialmente che non era colpa mia se il suo ragazzo preferiva un altro tipo di “donna” rispetto a lei. Non lo avessi mai detto! Non ricordo la dinamica precisa e la tempistica, so solo che pochi istanti dopo aver pronunciato quelle parole mi ritrovai dritto a terra, colpito da un suo pugno in pieno volto. Un po' stordito tentai di rialzarmi, ma lei mi si avventò addosso nuovamente riempendomi di calci e pugni, tanto che non riuscivo proprio a fermarla e a difendermi dalla sua ira. Dovettero intervenire dei passanti per levarmela di dosso, mentre lei strillava impazzita frasi del tipo “t'ammazzo”, “t'uccido”, “stai alla larga dal mio ragazzo o sei morto!”. Risultato: sono finito all'ospedale con un occhio nero, il labbro superiore spaccato, un dente saltato via, gli zigomi gonfi come un pallone, più qualche altra piccola escoriazione nel resto del corpo.... Non mi sarei mai immaginato che una normale serata primaverile nella quale me ne stavo tranquillo per i fatti miei, si sarebbe trasformata invece in una gita obbligatoria al pronto soccorso! Giunta alle orecchie di tutti la notizia che il sottoscritto era stato picchiato da una donna, per un po' divenni lo zimbello del quartiere e l'oggetto di tante derisioni. Non precipitavo in quella situazione di scherno da alcuni anni, quando ai tempi del liceo tutti ridevano della mia effeminatezza. Era certamente umiliante, ma fino ad un certo punto, nel senso che essendomi sempre sentito una donna, in fondo non potevo provare lo stesso imbarazzo che invece proverebbe qualunque altro ragazzo o uomo, colpito nel proprio ego maschile. Trovandomi in una via di mezzo, per me restava solo il dolore fisico, l'incredulità di come si possa arrivare a tanta violenza, e soprattutto il rammarico di non aver davvero avuta alcuna relazione. Se dovevo prenderle, almeno ne fosse valsa la pena, invece mi ero semplicemente comportato d'amico, non di certo portando via il fidanzato a chicchessia.

Per la cronaca, quel ragazzo io non l'ho più visto né frequentato, onde evitare di trovarmi a che fare nuovamente con quella pazza irascibile! Ma a distanza di circa sette anni proprio nei giorni scorsi l'ho rivisto, e dopo aver chiacchierato brevemente, ho scoperto che oggi ha una relazione salda con un uomo, il che dimostra come non si possa negare la propria natura e che nessuno può influenzare il percorso sentimentale e sessuale di una persona, ma solo noi stessi possiamo farlo, una volta preso atto ed accettato il nostro essere interiore. Non so come l'avrà presa quella ragazza, ma mi auguro se ne sia fatta una ragione ed abbia capito di aver sbagliato nei miei confronti e probabilmente pure nei riguardi del suo ex.

Questa è un'esperienza di vita poco gradevole ma che ho sentito il desiderio di raccontare comunque, forse per far capire a tutte le donne che dovessero trovarsi nella situazione di scoprire l'omosessualità dei propri fidanzati o mariti, che non è certo rifiutando la realtà o prendendosela con gli altri che risolveranno il problema. Capisco lo stupore, il disorientamento, il terrore di perdere il proprio partner, l'idea di essere ripudiate al punto da venir scavalcate perfino dagli uomini, ma non è certo alzando le mani verso chiunque si avvicini al proprio uomo che potranno riavere indietro o trattenere le persone amate. E questa mia esperienza lo ha dimostrato...

 

Michelle

 
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CAMBIARE SESSO: il percorso medico-chirurgico da uomo a donna

Post n°5 pubblicato il 27 Ottobre 2010 da Michellegay78
Foto di Michellegay78

L’iter chirurgico maschio-femmina (MtF) consiste in vari interventi chirurgici iniziando, in genere, da una mammoplastica additiva. Quest’intervento può essere effettuato per integrare l’azione della terapia ormonale molto spesso insoddisfacente in quanto quest’ultima, pur influenzandone il volume, non permette di ottenere un aumento della dimensione della mammella soddisfacente per la persona.

La mammoplastica additiva è un intervento che prevede l’introduzione di una protesi (in genere un involucro che contiene un gel di silicone) attraverso un’incisione effettuata nella piega sottomammaria o nella zona periareolare o nella zona ascellare, nei punti dove si nota meno la cicatrice che è, di solito, di 3 o 4 centimetri. Attraverso questa incisione, la protesi viene introdotta dietro la ghiandola mammaria o alcune volte, se necessario, dietro il muscolo pettorale.

Segue, in genere, la vaginoplastica che consta di due fasi: demolitiva e ricostruttiva . La fase demolitiva prevede l’asportazione degli organi genitali originari (castrazione): testicoli, epididimo e funicolo, corpi cavernosi, uretra peniena. Nella fase ricostruttiva la pelle del pene viene introflessa a "dito di guanto" per foderare una neo-cavità ricavata tra retto e vescica. Una porzione del glande viene conservata per costruire un clitoride che conservi sensibilità erogena specifica e permetta nel 70-80 % dei casi di avere una buona sensibilità erotica durante i rapporti sessuali. Per questo scopo, la piccola parte del glande viene isolata mantenendo il collegamento con i nervi, le arterie e le vene che assicurano sensibilità e nutrimento. Si effettua anche l’asportazione della parte distale dell’uretra e del corpo spongioso che l’avvolge perché quest’ultimo non crei disturbo durante i rapporti sessuali. Per ultimo si modella la vulva, le grandi e piccole labbra e il monte di venere per ottenere una forma più simile possibile al corrispondente organo femminile. Questo modellamento della parte esterna è possibile, in questa prima fase, solo parzialmente per non compromettere la vitalità dei lembi. Seguono in genere altri brevi interventi di modellamento che spesso vengono effettuati in un secondo tempo in ambulatorio in anestesia locale. L’intervento di vaginoplastica dura solitamente quattro/cinque ore e richiede una degenza media di dieci, quindici giorni. Alla fine dell’intervento viene introdotto un conformatore vaginale elastico (o tutor) a forma di palloncino o di fallo che deve essere tenuto in sede con molta attenzione quasi continuamente per i primi 15 giorni e, poi per circa sei mesi, durante la notte e per mezz’ora, due o tre volte al giorno. L’uso può variare caso per caso, ma è indispensabile osservare scrupolosamente le prescrizioni per evitare la tendenza naturale dei tessuti a ridurre il diametro e la profondità della neo-cavità. I rapporti sessuali possono essere ripresi mediamente dopo due mesi. In genere sono soddisfacenti, se non si sono verificate complicanze rilevanti e nel 70-80% dei casi permettono il raggiungimento dell’orgasmo.

Ulteriori interventi consistono nella riduzione del pomo d’adamo ed eliminazione della barba con elettrolisi (ago) o Laser. Ancora, si può ricorrere anche all’asportazione delle ultime due costole per donare una forma più sinuosa al giro vita.

 
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Le tappe della mia omosessualità: RAPPORTI CON L'ESTERNO DURANTE IL LICEO

Post n°4 pubblicato il 24 Settembre 2010 da Michellegay78
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Fino al termine delle scuole medie non avevo sostanzialmente avuto troppi problemi con i miei coetanei e soprattutto la mia effeminatezza aveva generato negli altri solo dei piccoli sfottò, ma nessuno all'epoca aveva mai pronunciato ancora nei miei confronti la parola “gay”.

I primi problemi giunsero inevitabilmente quando iniziai il liceo. Ovviamente se alle medie i ragazzini erano ancora immaturi per comprendere a fondo la realtà omosessuale e quindi potevo ancora passare pressoché inosservato (o quasi...), alle superiori invece le cose furono profondamente diverse. I ragazzi e le ragazze più grandi capirono subito la mia condizione sessuale, tanto che fin dal primo anno cominciai ad essere deriso ed apostrofato con la parola “frocio”. Più di qualcuno, fra i miei compagni di scuola, mi domandava se ero davvero gay, ed io sistematicamente negavo, vuoi per paura, vuoi per vigliaccheria, ma del resto si presentava davanti a me il rischio dell'emarginazione e soprattutto l'avvio di un contesto ambientale fortemente ostico ed invivibile. Negavo l'evidenza, e tanti me lo facevano notare, nel senso che tutti avevano capito ormai il nesso imprescindibile che c'era tra la mia evidentissima effeminatezza, con la consequenziale omosessualità. Nel giro di pochi mesi ero divenuto quasi un fenomeno da baraccone, nel quale tutti, dai compagni di classe fino ai più perfetti estranei si potevano sentire in diritto di giudicarmi, di sbeffeggiarmi, di aggredirmi verbalmente e qualche volta pure fisicamente. Ricordo che nell'ora di ginnastica i miei compagni maschi si rifiutavano che mi cambiassi con loro nello spogliatoio, poiché “temevano” che li guardassi o che mi facessi venire chissà quali strane idee. Che iniziassi a provare attrazione verso di loro era inevitabile, ma mai e poi mai avrei detto o fatto qualcosa che mi avrebbe fatto scoprire. Nonostante tutto io continuavo a negare in pubblico la mia omosessualità. Tuttavia mi ritrovai per tutti e cinque gli anni del liceo a dovermi cambiare i vestiti chiuso nello stanzino delle scope, a fianco lo spogliatoio, per evitare fastidi ulteriori. Lasciamo perdere quel che avveniva poi nello svolgimento degli esercizi ginnici: nessuno voleva fare coppia con me, quasi avessi la peste! Con il tempo una mia compagna (che in seguito divenne la mia migliore amica) fu la prima e forse una delle poche a sostenermi, tanto che divenne sia la mia “partner” negli allenamenti, sia la mia vicina di banco per tutto il periodo liceale.

Fuori dal contesto scolastico devo dire che non avevo una vita vissuta degna di questo nome. Conducevo nella sostanza un'esistenza da recluso, vuoi perché non avevo amici, vuoi perché la mia condizione sessuale non mi permetteva di essere totalmente libero di stare in mezzo alla gente, senza che questo comportasse continui giudizi da parte di tutti su ogni cosa dicessi o facessi. Mi nacque il complesso per la mia voce, per il mio modo di camminare, perfino per il modo in cui volgevo lo sguardo. In pubblico mi sentivo sempre osservato, giudicato, ridicolizzato e criticato (cosa che in effetti avveniva, ma non in modo così unanime da parte di chiunque, come la mia mente stressata mi induceva a credere).

Solo grazie alla mia amica Laura potei avere un minimo di contatto con il mondo esterno, un minimo di relazione con i miei coetanei. Iniziammo a passare del tempo assieme, poi pian piano si unirono altre amiche, che una volta abbandonati i pregiudizi iniziali non vedevano più in me un ragazzo ridicolo, ma una semplice persona con la quale chiacchierare e divertirsi.

Mentre in casa con i miei famigliari c'era un comprensibile imbarazzo, una volta che scoprirono la mia condizione sessuale, tanto che il rapporto divenne per lungo tempo molto distaccato, all'esterno la situazione era ancora più gravosa.

Ringrazio ancora oggi la mia amica Laura, e Annalisa, e Federica, che non mi hanno fatto sentire solo e ripudiato da tutti, nel momento più delicato della crescita e formazione di un giovane.

Se per tutto il liceo ho continuato a nascondermi e negare l'evidenza in pubblico (ad esclusione delle mie tre amiche), la vera libertà e serenità giunse quando iniziai l'università. Mi si aprì un mondo che non conoscevo e soprattutto ebbi modo di entrare in contatto con tantissime persone che vivevano la mia stessa situazione (ognuno a suo modo, ognuno con la propria storia), ma trovai anche una maggior apertura mentale da parte di tanti ragazzi e ragazze, che nulla gli importava se ero gay, se ero effeminato, se necessitavo di travestirmi con abiti femminili. Gli anni universitari sono stati la mia maturazione in tutti i sensi e ringrazio la mia famiglia di avermi dato la possibilità di studiare, perché altrimenti non so oggi come sarebbe proseguita la mia esistenza, chiuso in un mondo incapace di comprendermi ed accettarmi. Io stesso non riuscivo fino ai 19-20 anni a capirmi ed accettarmi. Ma di quello che avvenne nel periodo universitario, con le conseguenti esperienze, ne parlerò prossimamente....

 
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Cambio di stagione: finalmente possiamo indossare gli stivali!

Post n°3 pubblicato il 17 Settembre 2010 da Michellegay78
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Finalmente sta per cambiare la stagione e si possono così tirar fuori dagli armadi stivali e calze! Un abbinamento splendido, specie con una minigonna.

Adoro indossare gli stivali, li porterei tutto l'anno anche in estate!

Allora sia benvenuto l'autunno!

 

 
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LE TAPPE DELLA MIA OMOSESSUALITA': quando lo scoprì la mia famiglia

Post n°2 pubblicato il 13 Settembre 2010 da Michellegay78
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Avevo 17 anni quando la mia famiglia scoprì improvvisamente la mia omosessualità.... A dire il vero mi stupii che non lo avessero mai compreso fino ad allora, dal momento che la mia effeminatezza era evidentissima, ma probabilmente più che non riuscire a vedere, forse non volevano affatto vederla... Perciò mi meravigliai di tanto stupore quando presero atto del mio orientamento sessuale.

In quel periodo ero ormai divenuto consapevole di essere a tutti gli effetti gay, contemporaneamente al fatto che già da un paio d'anni mi travestivo abitualmente e con sempre più maggiore frequenza e determinazione con abiti femminili. Fu in uno di quei tipici sabato pomeriggio, quando la casa puntualmente si svuotava ( i miei genitori impegnati per negozi a fare spese e le mie sorelle in giro per la città con le amiche) ed io potevo liberare i miei desideri repressi travestendomi e truccandomi, che successe il fatto...

Come al solito sapevo di avere almeno un paio d'ore a mia disposizione per poter svolgere tutte le varie fasi: vestirmi, truccarmi, dare libero sfogo alla mia femminilità, e poi rimettere tutto in ordine (dal piegare bene i vestiti un po' stropicciati presi di nascosto a mia sorella più grande, allo struccarsi, che erano sempre le due fasi più delicate per non lasciare tracce in giro che inducessero a sospetti....).

Quel giorno, non appena terminata la fase di preparazione, ricordo che mi stavo come sempre a specchiare, quasi con una certa vanità, illuminandomi nel vedere la mia immagine riflessa che trasmetteva l'illusione temporanea di esser diventato a tutti gli effetti come una donna. Adoravo notare l'effetto che le calze davano alle mie gambe, così come le scarpe con il tacco a spillo e la minigonna. Il senso di leggerezza, di delicatezza, misto al sentirsi seducenti mi aumentava l'adrenalina, tanto che non capivo più nulla e quasi ero disposto ad uscire in strada perché tutti mi vedessero. Allo stesso modo era straordinario camminare su è giù barcollando su quei tacchi alti che ancora non avevo del tutto imparato a saper coordinare per stare in equilibrio, come adoravo sentire il rumore dei passi sul pavimento, che subito divenne musica per le mie orecchie.

Tornato allo specchio per una nuova dose di autostima e vanità femminile, in quello stesso istante mi sembrò di udire il rumore di una macchina. Guardai l'orologio ma era ancora presto per il rientro dei miei genitori, quindi non ci feci caso e continuai con la mia passione segreta.... D'un tratto sentii suonare il campanello: sulle prime raggelai! Rimasi fermo immobile pensando a cosa fare; poi mi venne in mente che pochi minuti prima avevo visto attraverso la finestra il solito “vu cumprà” che nei fine settimana passava sistematicamente a fare il giro nella nostra zona. Allora feci finta di non essere in casa ed attesi che se ne andasse. Il campanello suonò una seconda volta, poi più nulla. Mi recai lentamente alla finestra della cucina per vedere se la persona in questione se ne era finalmente andata, quando alle mie spalle sentii il rumore del chiavistello girare e della porta d'ingresso aprirsi: il tempo di girarmi di scatto e mi trovai di fronte entrambi i miei genitori, con gli occhi spalancati, quasi avessero visto un fantasma!Non è facile descrivere pienamente come mi sentii a quel punto: raggelarsi il sangue è dir poco... Paura, imbarazzo, la voglia di scappare e nascondersi, la disperata volontà di mettere le lancette dell'orologio indietro per impedire che quell'evento si verificasse davvero.... Tutto questo mentre quattro occhi spalancati come i fanali dell'auto nella notte mi fissavano ammutoliti. Le gambe mi tremavano, il cuore aveva cominciato ad accelerare con una preoccupante velocità, ed io non sapevo più cosa fare. Volevo correre in camera mia e chiudermi dentro, ma il mio corpo pietrificato me lo impediva.

Ad un certo punto il silenzio imbarazzante venne interrotto dalla voce tremolante di mia madre, che balbettando chiese: “Che significa?” riferendosi al modo in cui ero vestito e truccato. Non ebbi la forza di rispondere, allora mio padre, visibilmente disgustato esclamò, in un misto tra domanda ed affermazione: “Sei frocio?!”. Solo allora corsi in camera e mi chiusi dentro, senza dare risposta. Mentre mi vergognavo all'inverosimile, sentii i miei genitori discutere con una certa animosità, pur non riuscendo a distinguere pienamente quanto stavano dicendo. Dopo una ventina di minuti entrarono entrambi in camera mia, certamente più calmi di prima, tanto che mia madre, con tono disteso chiese: “Vuoi spiegarci cosa succede? Sei forse gay?”. Rimasi in silenzio ancora per un po', poi dal momento che mi avevano scoperto e che la cosiddetta frittata era fatta, compresi che era inutile negare l'evidenza. Allora risposi di sì, ed in quel preciso istante sentii dentro di me come se mi fossi liberato di un peso enorme. La mia paura più grande era che lo scoprissero, ma quando questo è avvenuto effettivamente, ho capito che da quel momento potevo vivere finalmente in modo più libero con la mia condizione sessuale. In presenza di altre persone, specie dei miei genitori, non dovevo più fingere interesse per le ragazze, o distogliere lo sguardo dai ragazzi per non destare sospetti; potevo finalmente essere me stesso.

Mia madre disse che non dovevo preoccuparmi di niente, ma che dovevo lasciar loro il tempo per elaborare il tutto, per abituarsi all'idea. Quel giorno rimasi travestito e truccato in quel modo fino ad ora di cena, in tempo per il rientro delle mie sorelle, che a loro volta presero sconcertate atto della mia situazione. Mia sorella maggiore s'infuriò perché indossavo i suoi vestiti, ma alla fine mi perdonò, tanto che addirittura me li regalò (forse gli faceva schifo l'idea che li avessi indossati io...); l'altra mia sorella, dopo essersi fatta una lunga risata (molto irritante direi) alla fine fu più comprensiva, ed anche quella che ammise di aver sospettato a lungo della mia omosessualità.

Penso che quanto accadde, sia stato voluto dal destino: una serie di situazioni che mi hanno portato a rivelare involontariamente quanto non avrei mai avuto il coraggio di dire, se non fosse intervenuto il fato a dare una spinta in tal senso. Oggi benedico quanto è avvenuto, perché la mia libertà di vivere come realmente sono e desidero è passata per quel muro che fino ad allora rappresentava una barriera insormontabile.

Ovvio che da quel momento s'innescarono altri problemi, specie con mio padre, con il quale non ci rivolgemmo la parola per molto tempo, in fondo ero l'unico figlio maschi della famiglia, e nella sua mentalità tradizionale ed un po' maschilista io dovevo rappresentare quello che portava avanti il cognome, che gli dava un erede, e così via... Ma di questo e degli altri sviluppi ne parlerò prossimamente....

 
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Le tappe della mia omosessualità: LA SCOPERTA

Post n°1 pubblicato il 10 Settembre 2010 da Michellegay78
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Ho scoperto la mia omosessualità intorno ai quindici anni, anche se ritengo di esser sempre stato gay fin da piccolo.

Si tende a sottovalutare i giochi d'infanzia, relegandoli spesso ad una fase della crescita, ma è proprio in quel periodo che si può e si deve intuire quale diverrà la formazione della persona. Senza una logica spiegazione (all'epoca ancora non potevo rendermene conto) volevo sempre imitare le mie sorelle, istintivamente vestendomi come loro, tanto che gli prendevo sempre i vestiti e le scarpe per poterli indossare, salvo poi venir costantemente redarguito dai miei genitori che ovviamente volevano insegnarmi a distinguere le differenze tra maschio e femmina. La stessa cosa avveniva con i giocattoli (le bambole mi affascinavano perché in piccola parte mi identificavo in esse, tanto che giocavo a vestirle, quasi questo potesse appagare il mio grande desiderio di essere femmina...) ma anche da tante altre piccole cose, tipo prediligere il colore rosa, le immagini a fiorellini, le treccine che inutilmente tentavo di farmi ai capelli (inutile perché mia madre mi costringeva a tagliarli corti ogni tre/quattro mesi) o il rossetto con cui mi dipingevo un po' tutto il viso...

Passavo molto tempo con le mie due sorelle ed anche con le compagne di scuola; i miei coetanei maschi invece li guardavo con diffidenza e timore... Forse perché cinicamente mi chiamavano femminuccia (già intorno ai nove-dieci anni di età iniziava evidentemente a palesarsi forte la mia effeminatezza), ma anche perché mi maltrattavano (i soliti bulletti di scuola mi avevano scelto come facile preda), e poi non mi piaceva il loro modo “stronzo” di comportarsi. Non che con l'età cambino, anzi, ma questo loro atteggiamento mi intimoriva, anche se poi con il tempo paradossalmente divenne una componente che attraeva i miei sensi.... E le donne capiscono cosa intendo dire....

Se per tutta l'infanzia non ebbi mai chiaro cosa mi piaceva davvero, dal momento che non provavo nessuna attrazione né per le ragazze, né per i ragazzi, ma solo il desiderio di essere una donna, le cose cominciarono a cambiare e prendere forma verso i dodici-tredici anni, quando di pari passo alla sempre più forte esigenza di travestirmi, iniziavo a provare i primi desideri sessuali verso i maschi.

Il desiderio di essere come una ragazza non era e non è una forma di esibizionismo o di carnevalata, come qualcuno può pensare, bensì è una chiamata interiore che ti spinge continuamente e fortemente a cercare il vero te stesso avvicinandoti il più possibile alla persona che vorresti essere. Anzi, per molti anni ho praticato questa esigenza totalmente di nascosto da chiunque; se avessi voluto esibirmi non avrei atteso tanti anni, quasi alla soglia dei trenta, per essere pubblicamente quello che oggi sono.

All'inizio, l'attrazione che provavo per i ragazzi pensavo ingenuamente fosse solo un modo per sentirmi ancor più femminile, nel senso che non mi bastava più indossare abiti e scarpe da donna e truccarmi come loro; ritenevo che per sentirsi totalmente come una ragazza, dove provare le loro stesse emozioni fisiche e sentimentali per i maschi. Ma non fu una forzatura, avvenne invece in modo pienamente naturale, di pari passo appunto con questa mia esigenza di travestirmi.

Solo verso i quindici anni presi effettivamente coscienza di ciò che provavo: mi innamorai per la prima volta.... Ovviamente fu di un ragazzo, per la quale iniziai a perdere la testa: lo pensavo, lo sognavo, provavo eccitazione ogni volta che mi passava accanto. Il suo fascino rappresentava quel qualcosa che potremmo facilmente definire “essere il mio tipo”. In lui per la prima volta vidi la persona che attraeva i miei sensi, scoprendo così le carte sulla mia vera natura.... (ma di questo ne parlerò specificamente la prossima volta).

Capii allora di essere a tutti gli effetti omosessuale, e questa cosa mi piaceva ma allo stesso mi spaventava: sapevo finalmente chi ero e cosa volevo, ma non sapevo come sarebbe stato il mio futuro.....

 
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