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GRAZIE AL GIRO NAPOLI SI SCOPRE UNA CITTā NORMALE, DOPO?

Post n°1410 pubblicato il 04 Maggio 2013 da kayfakayfa

 

Lo confesso, mi sono quasi commosso mentre guardavo in televisione la prima tappa del 96° Giro d'Italia snodarsi sul circuito cittadino di Napoli.

Le immagini da cartolina che la sapiente mano del regista diffondeva nel mondo di una città e di un popolo abituati a sentirsi denigrati e offesi tanto da non farci più caso, frantumavano i tanti luoghi comuni che dipingono la città come l'anticamera dell'inferno e i suoi abitanti come demoni.

Mi sembrava di ammirare il Paradiso mentre la telecamera inquadrava lo scenario da sogno del golfo partenopeo con Capri e Ischia stagliarsi all'orizzonte; la timorosa maestosità del Vesuvio; la radiosità del lungomare; l'imponenza di Castel dell'Ovo e degli antichi palazzi della Riviera e di Santa Lucia; la gioia dei napoletani accorsi in massa lungo il percorso per salutare il giro e approfittarne per fare il primo bagno niente affatto intimoriti dai divieti di balneazione e dalle carte disseminate sull'acqua; i carretti degli ambulanti che vendevano spighe e granite al di là delle transenne nei pressi della colonna spezzata a Piazza della Vittoria; la bellezza di Posillipo e di via Petrarca che, viste dall'alto, erano quanto mai suggestive con la loro capigliatura di pini e di attici su cui facevano bella mostra sedie a sdraio e piante in fiore a sancire lo status di privilegio di chi vi risiede.

E che dire delle strade in cui si dipanava il plotone di ciclisti del tutto sgombre dai rifiuti? Un'immagine caramellosa che riabilitava in un solo colpo agli occhi del pianeta quella che poco più di centocinquanta anni fa era tra le prime capitali d'Europa, meta ambita da uomini di cultura di paesi lontani pronti ad affrontare viaggi lunghi e pericolosi pur di visitarla per lasciarsi rapire dal suo misterioso fascino e studiarne la cultura.

Questo scenario surreale di due ore di televisione, dissolveva nella memoria quello cruento e realistico delle montagne di spazzatura che in un recente passato per mesi hanno invaso Napoli - tuttora la invadono in alcune zone della periferia dove mai transiteranno le biciclette del Giro o regateranno i catamarani della Coppa America, bensì vi risiedono in pianta stabile in assoluto abusivismo campi rom e baraccopoli di immigrati clandestini sotto gli occhi indifferenti delle istituzioni - mortificandola oltre ogni misura.

È vero, mi sono commosso mentre guardavo le immagini del giro trasmesse da Napoli. Ma la mia commozione era conseguente alla rassegnazione di essere consapevole che, terminata la colorata kermesse ciclistica, tutto tornerà come prima. E non certo per colpa dei napoletani.

Il successo organizzativo della Coppa America, del Giro d'Italia e di altri periodici eventi, in assoluta dissonanza con la quotidianità cittadina scandita da fisiologici disservizi, testimonia l'esistenza di una volontà politica che impone a Napoli dalla fine dell'epoca borbonica il suo stato di sudditanza nei confronti del resto del paese, consentendo alla malavita di spadroneggiare dando l'impressione che lo Stato le abbia delegato la gestione della città.

Diversamente non si spiega come sia possibile che, da quando l'Italia è stata unita, solo a Napoli la normalità è anormalità e viceversa.

Possibile che a distanza di centocinquantatre anni dai fasti risorgimentali, Napoli debba scoprirsi città normale solo in particolari momenti?

 
 
 
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