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Né LUPI Né INCALZA, È IL SISTEMA CHE È MARCIO

Post n°1598 pubblicato il 19 Marzo 2015 da kayfakayfa

Arrivato a Palazzo Chigi senza ottenere il consenso popolare mediante le elezioni, come invece aveva ripetutamente stragiurato di voler fare per avere la consacrazione diretta degli italiani, bensì pugnalando alle spalle il suo predecessore Enrico Letta, Matteo Renzi tutto sta facendo fuorché rimettere in sesto il paese. E, seppure ciò stesse avvenendo, non appare così agli occhi di quei milioni di italiani che vivono di stipendio, di pensione, di sussidio e quant'altro.

Da chi invocava che i ladri devono stare in galera anziché in politica, che i deputati devono ridursi lo stipendio per dare il buono esempio e mostrare rispetto verso quei tanti concittadini che con il salario faticavano a arrivare alla fine del mese, che la politica deve rinnovarsi per servire i cittadini e non se tessa e pochi intimi amici, gli italiani si aspettavano tutto tranne che, dopo tante belle parole, una volta nominato premier, Renzi scendesse a patti con Berlusconi, condannato in definitiva a quattro anni per frode fiscale e con un discreto numero di procedimenti penali in corso in cui è imputato, per riformare la Costituzione e modificare la legge elettorale al fine di cambiare il paese; da chi invocava tutto ciò, auspicando trasparenza in politica per dimostrare ai cittadini quanto fosse un luogo comune identificare la politica quale sinonimo di corruzione e malaffare, ci si aspettava che affrontasse con piglio forte e deciso la vicenda che vede coinvolto il Ministro delle Infrastrutture Lupi “reo” agli occhi dell'opinione pubblica di aver non solo confermato come plenipotenziario al proprio ministero Ettore Incalza, arrestato su mandato della Procura di Firenze per tangenti nella gestione illecita degli appalti delle Grandi Opere, già in passato incorso in guai giudiziari sempre per questioni di tangenti, ma per essersi rivolto direttamente a lui affinché sistemasse suo figlio Luca appena laureato come risulterebbe da un'intercettazione telefonica.

Seppure il Ministro non risulta indagato, il suo presunto comportamento teso a favorire il proprio figlio, in totale dissonanza dalla linea rottamatrice e riformista che Renzi vorrebbe imporre alla politica per riabilitarla agli occhi del paese, imporrebbe un passo indietro del ministro. E se ciò non avvenisse, uno in avanti del premier per far sì che Lupi lasciasse il proprio dicastero per non alimentare ulteriormente l'antipolitica.

Se consideriamo che da circa due anni è in discussione in Parlamento una legge per combattere la corruzione nella pubblica amministrazione senza che si arrivi a una conclusione, mentre in meno di due settimane si riformò il sistema pensionistico creando la triste figura degli esodati (governo Monti/legge Fornero) e che è in pochi mesi Renzi e i suoi hanno praticamente mandato a puttane anni di lotte operaie partorendo il Job act che contempla l'abolizione dell'articolo 18 e di altre tutele sul mondo del lavoro per i neoassunti, tanto che qualcuno ipotizza che la riforma a Renzi gliela abbia scritta confindustria; una riforma della scuola che dà poteri illimitati ai direttori d'istituto - tanto che c'è chi ha visto in questo il riflesso dell'idea di potere di Renzi per il quale è il capo che comanda, gli altri sono da contorno -, delegando alla loro volontà la scelta dei professori e la valutazione degli stessi per un ipotetico salto di livello con relativo aumento di stipendio; cancellazione delle graduatorie di istituto con conseguente annullamento di diritti acquisiti in chiave di punteggio per eventuali assunzioni, imponendo assunzioni nella scuola solo attraverso concorsi pubblici.

Possibile che quando si tratta di intaccare i diritti acquisiti dei cittadini i governanti, di destra o di sinistra non fa differenza, non perdono tempo a lederli per il bene del paese. Ma quando poi si tratta di mettere in un angolo uno di “loro” perché dalle indagini della magistratura risulterebbe che, pur non commettendo reati, abbia tenuto un comportamento non in sintonia con il ruolo che ricopre, offendendo le istituzioni e i cittadini, lo si lascia al proprio posto invocando il garantismo?

Perché in tanti altre democrazie chiunque ricopra funzioni istituzionali, basta che venga solo sfiorato dal sospetto di poter aver agito illegalmente, si dimette all'istante, senza aspettare la fine delle indagini e, nell'eventualità venisse rinviato a giudizio, la sentenza finale, per rispetto delle istituzioni, mentre da noi in alcuni casi non basta nemmeno la condanna in definitiva perché un politico si dimetta?

Perché cambiare una legge che fa decadere dalle funzioni politiche locali chiunque sia stato condannato in primo grado solo perché il candidato del PD alle prossime regionali, Vincenzo De Luca ex sindaco di Salerno, decaduto da sindaco proprio per la legge Severino in quanto condannato in primo grado per abuso di ufficio, se fosse eletto governatore decadrebbe all'istante? Che senso ha candidare un incandidabile solo perché porta voti già pensando di cambiare la “severino” a proprio uso e consumo?

In virtù di questa logica contorta è ovvio che un ministro solo sfiorato dal sospetto di aver potuto contrattare l'assunzione di suo figlio in cambio di appalti pubblici non si dimetterà mai!

Candidando un incandidabile, figurarsi se un presunto innocente si dimettesse mai, anche se eticamente fosse la cosa più giusta da farsi, per allontanare dai cittadini il sospetto che a essere marcio è il Sistema ossia gli uomini che lo reggono emedendandone le leggi!

 
 
 
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