LA VOCE DI KAYFA

Da Saviano una lezione di coraggio e libertà

Penso che chiunque abbia seguito ieri sera lo speciale di CHE TEMPO CHE FA, DALL’INFERNO ALLA BELLEZZA, condotto da  Roberto Saviano converrà che si è trattato di un alto momento televisivo, una rarità per quanto concerne le televisioni italiane sia pubbliche che private; un vero terremoto per quanti posseggono una coscienza. Le parole forti di Saviano accompagnate da immagini altrettanto forti con cui lo scrittore ha iniziato la trasmissione raccontando della morte di Neda, la studentessa iraniana uccisa a giugno durante le manifestazioni di protesta a Teheran contro i presunti brogli elettorali che portarono alla rielezioni di Akmaninejad, e di un’altra ragazza iraniana sequestrata dai guardiani della rivoluzione, violentata per giorni, il cui corpo abbandonato, bruciato dalla vita in giù per nascondere i segni delle violenze subite dal regime, fu ritrovato sul ciglio di una strada della capitale iraniana, non sono state altro che l’amaro antipasto di una trasmissione in cui si sono celebrati scrittori, giornalisti e poeti che in nome della libertà sono stati imprigionati per anni o addirittura uccisi dai regimi di cui raccontavano i misfatti, le dure e crude repressioni cui sottoponevano i loro governati.  

Dal  13 ottobre del 2006 Saviano vive sottoscorta perché condannato a morte dal clan dei casalesi per aver svelato nel suo libro GOMORRA la struttura e gli interessi imprenditoriali del SISTEMA del clan, nonché gli agganci politici che consentivano ai camorristi di crescere economicamente in maniera esponenziale. Diversamente dagli autori dei quali, nel corso del programma, ha raccontato le drammatiche esistenze, Saviano si trova in una situazione totalmente diversa in quanto a costringerlo a vivere sottoscorta è la minaccia di morte di un clan camorrista e non la repressione di un regime governativo contro il quale è schierato. Purtroppo la richiesta della magistratura alla Camera di arrestare in maniera cautelativa il Sottosegretario all’Economia  e coordinatore del PDL in Campania Nicola Cosentino in quanto ritenuto colluso con i casalesi, - notizia commentata da Saviano con un lapidario "Verità che arriva in ritardo tutti sapevano, ora si metta da parte" – lascerebbe presumere che dietro la sentenza di morte inflitta dalla camorra a Saviano potrebbe esserci anche la volontà di alcuni rappresentanti dello Stato collusi con la criminalità cui lo scrittore dà fastidio per le sue inchieste inerenti gli intrecci mafia/politica/imprenditoria. Vista in questi termini, la condizione di Saviano non risulterebbe poi tanto diversa da quella degli scrittori di cui ieri sera ha raccontato le drammatiche esistenze conclusesi tragicamente perché con le loro opere davano fastidio al potere di cui denunciavano gli abusi e i soprusi!