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RENZI CONTRO TUTTI PUO' FAR VINCERE IL SI'

Post n°1741 pubblicato il 12 Ottobre 2016 da kayfakayfa

Man mano che ci avviciniamo al fatidico 4 dicembre, giorno in cui si voterà il referendum per l'approvazione della riforma costituzionale Boschi, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi appare sempre più spesso in televisione confrontandosi, senza esclusione di colpi, con i sostenitori del No.

Tali “scontri” ebbero inizio circa tre settimane fa su LA Sette a Otto E Mezzo nel faccia a faccia con il giornalista Marco Travaglio; per poi proseguire, sempre su La Sette, la settimana successiva nel confronto con l'ex Presidente della Corte Costituzionale Gustavo Zagrebelsky.

Ieri sera su RAI 3 il Premier ha inscenato una vera e propria prova di forza partecipando a Politics in un faccia a faccia con ben tre giornalisti non certo filo renziani quali Bianca Berlinguer ex direttore del TG3, Stefano Feltri de Il Fatto Quotidiano e Claudio Cerasa direttore de Il Foglio.

A un certo punto tra Renzi e la Berlinguer, secondo voci di corridoio sostituita dalla direzione del TG3 perché faceva un telegiornale troppo poco filo-governativo, c'è stato un vero e proprio battibecco a conferma di quanto fossero tesi gli animi in studio.

Non essendo noi italiani avvezzi a scontri del genere, ma abituati a programmi edulcorati a monte da una scaletta pre-concordata con lo staff del Premier o del politico di turno, finanche nella scelta dei giornalisti da invitare in studio, garantita da un mediatore molto morbido pronto a gettare acqua sul fuoco casomai i toni dello scontro si facessero improvvisamente accesi mettendo in difficoltà l'illustre ospite, ecco che questo andare allo sbaraglio di Renzi per propagandare il NO, piaccia o meno, lo sta riabilitando agli occhi di molti, facendogli guadagnare credibilità soprattutto nei confronti di quell'elettorato ancora indeciso se votare Sì o No.

Si ha la sensazione che questa strategia mediatica dell'uno contro tutti sarebbe finalizzata a solleticare le corde emotive dell'opinione pubblica a favore di Renzi e quindi del Sì.

In pratica attraverso questi incontri-scontri si tenderebbe a sfruttare quella “legge della psicologica” per cui chiunque si mostrasse pubblicamente coraggioso, seppure fosse un criminale della peggiore specie, difendendo con i denti fino alla morte le proprie convinzioni, soprattutto contro uno o più avversari agguerriti, alla fine sortirebbe ammirazione e rispetto nella gente tanto da accreditarsene le simpatie perché “se avesse torto o stesse mentendo, non c'avrebbe messo la faccia!”

Questo spiegherebbe anche perché inizialmente Renzi abbia personalizzato il voto sostenendo che se avessero vinto i No si sarebbe dimesso.

Sorge il dubbio che tale personalizzazione non sia stata affatto un errore di presunzione cui ora il Premier starebbe cercando di rimediare affrontando il nemico in prima linea per riparare al danno fatto.

Sorge invece il dubbio che personalizzare il voto sia stata una mossa studiata a tavolino con quella volpe di Jim Messina, lo spin doctor che sta curando la campagna del Sì, per stanare il nemico e portarlo davanti alle telecamere al fine di mostrare all'intera nazione il coraggio di Renzi, sortendo il rispetto che in ogni guerra suscita nel nemico chi combatte lealmente e spavaldamente con spregio della propria vita!

 

 

Commenti al Post:
Vince198
Vince198 il 12/10/16 alle 20:14 via WEB
Renzi non fa altro che, imitando B., applicare lo storytelling oltre la solita mitragliata di citazioni/aforismi - oramai divenuta stantia - che lo contraddistinguono da sempre. Insomma una palla! Peccato (per lui, non certo per chi sta attento alle sue metodologie e lo "sgama" al volo) che dallo storytelling passa, quasi senza accorgersene, allo storyballing (intuibile il significato, no?).. Ho letto da qualche giorno un libro-denuncia di Belpietro intitolato "I segreti di Renzi" e mi convinco sempre più che il NO è l'unica risposta da dare a questo provolone.
Ti riporto una serie di suoi messaggi o cinguettii poco prima di essere nominato dal noto vecchietto, presidente del consiglio:
Il 17 aprile 2013, nella vetrina democratica delle Invasioni barbartene, Daria Bignardi domanda: "Lei non vorrebbe governare questo paese, non vorrebbe fare il presidente del Consiglio?". Risposta, con fronte corrucciata: "Passando dalle elezioni, non passando dagli inciuci di palazzo".
"Letta è un amico, agli amici si deve lealtà, questo è il valore più grande", rassicurava, da Minoli, nel maggio 2013.
"Faccio il tifo per Letta", all'Unità il 7 luglio 2013. "Non farò cadere Letta", giurava il 3 dicembre. L'8 dicembre vice le primarie e diventa segretario del Pd. "Il punto non è far cadere il governo, ma farlo lavorare perché ottenga risultati", Corriere della Sera il 10 dicembre.
Il 5 gennaio Pier Luigi Bersani viene ricoverato in ospedale per un aneurisma celebrale e operato d'urgenza. "Se Letta si logora è perché governa male, non perché c'è un nuovo segretario del Pd", dice Renzi il 14 gennaio. Il 15 gennaio ci mette il becco anche Marco Amieto Belelli, altrimenti detto divino Otelma, sicuro che Letta durerà almeno fino al 2015. "Per quanto Renzi sia bramoso di potere, non è tanto stupido da capire che, se cade Letta, cade anche lui".
Il 16 gennaio 2014 alla direzione del Pd Renzi garantiva: "Io a Palazzo Chigi? Non faccio intrighi per andare al posto di Enrico".
Il 17 gennaio 2014, sempre alle Invasioni Barbartene rassicura la Bignardi e gli italiani: "Facciamo un hashtag #enricostaisereno, nessuno ti vuole fregare il posto". Come se alle Idi di marzo (l'assassinio di Giulio Cesare avvenuto il 15 marzo del 44 a. C. per mano di sessanta senatori che si consideravano custodi della tradizione) Marco Giunio Bruto avesse mandato un messaggio a Cesare: #giuliostaisereno.
"Le riforme non devono essere a rischio, il governo è il governo Letta, io faccio un altro mestiere", il 23 gennaio al Tg3.
Il 30 gennaio alla Telefonata di Belpietro: "Io a Palazzo Chigi? Non mi interessano le poltrone".
Il 3 febbraio su Repubblica stesso refrain: "Io a Palazzo Chigi? No, mi occupo di altro". "Staffetta? Per me non esiste. Deve andare avanti Letta. Deve essere lui a cambiare passo. Io resisto e rimango dove sto", sempre Repubblica del 5 febbraio.
Il 7 febbraio via Twitter. "A me conviene votare, ma all'Italia no". La battuta più divertente resta: "Non lo faccio per una mia ambizione personale, ma per il bene dell'Italia".
Re Giorgio II e Matteo il Superbo, decidono tutto nell'arco di 48 ore. Lunedì 10 febbraio esce sul Corriere della Sera lo scoop di Alan Friedman, in versione libro, dal titolo “Ammazziamo il gattopardo”, che attacca apertamente Napolitano con interviste a Monti, e a De Benedetti. Napolitano avrebbe contattato Monti, per sondare la sua disponibilità a fare il premier, sei mesi prima delle dimissioni di Berlusconi, nel novembre 2011. "Ma chi ce lo fa fare? Nessuno di noi ha chiesto di andare a prendere il governo", insiste Renzi ad Agorà, quello stesso lunedì mattina, in un'intervista registrata la domenica sera.
Il bivio.
Lunedì sera Renzi viene chiamato al Colle, a cena dal presidente della Repubblica. Due ore di colloquio. Martedì 11 annuncia che la direzione convocata per il 20 febbraio, è anticipata d'urgenza al 13.
I numeri sono dalla sua parte. Tutto il partito (tranne civatiani e lettiani) vuole fargli prendere Palazzo Chigi, per tentare di arrivare a fine legislatura e mettere fuori gioco per sempre Berlusconi.
II 14 febbraio Letta si dimette, dopo appena 292 giorni di governo. Il 21 febbraio nasce il governo Renzi. Giorni dopo, a Ballarò, Renzi cerca di pulirsi la coscienza: "Ce l'ha chiesto il Pd e gli alleati, io avrei preferito altro. Io so com'è andata e non solo io. Ma il tempo è galantuomo".
Su questo ha ragione: lui non è stato l'unico "Giuda" che ha tradito Letta. Il primo della lista è Dario Franceschini. Seguono i giovani turchi Matteo Orfini e Andrea Orlando, il capogruppo bersaniano alla Camera, Roberto Speranza. Persino Gianni Cuperlo e i cuperliani. Un fratricidio. Un letticidio. Solo in sedici votano contro la staffetta. Ben 136 sono favorevoli.
Ecco perché Letta usa il plurale per sfogarsi: "Sono dei farisei" .
La prova del nove viene fuori, la prima volta, con la composizione del governo, dove a tutti è toccato qualcosa. Compresi i bersaniani. La seconda volta quando alla fiducia alla Camera, Letta non è andato a sedersi nei banchi del falso plaudente Pd, ma in quelli riservati alle commissioni, davanti a Renzi.
La strage di San Valentino è compiuta. Al Capone Renzi fa fuori in un blitz gli uomini di Bugs Letta. La guerra lampo al governo, mossa dal rottamatore, ricorda la strage di San Valentino del 1929 a Chicago, quella che ordinò Al Capone contro la banda rivale di Bugs Moran.
(tratto da "Renzi la grande illusione")
Ti fideresti di uno così? (io NO) Con un parlamento in parte delegittimato, con una C.C. che non interferisce con il rottamatore non del vecchio che resiste ma di quel poco di buono che è rimasto in piedi in Italia.
 
 
kayfakayfa
kayfakayfa il 13/10/16 alle 09:42 via WEB
Caro Vince 198, che dire del tuo denso e articolato commento? Grazie!
 
 
kayfakayfa
kayfakayfa il 13/10/16 alle 11:48 via WEB
Ok, ciao Vincenzo!
 
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