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E SE PER RENZI LA SCONFITTA FOSSE IL PRELUDIO AL SUCCESSO?

Post n°1758 pubblicato il 06 Dicembre 2016 da kayfakayfa

All'indomani del voto referendario che ha sancito una vera mazzata politica per Renzi, tanto che il premier aveva deciso di dimettersi ma Mattarella ne ha congelato le dimissioni fino all'approvazione della finanziaria, la domanda che tutti si pongono è se, quanto prima, si andrà a elezioni anticipate. E, se sì, con quale legge elettorale visto che sulla costituzionalità dell'Italicum la Consulta dovrebbe pronunciarsi agli inizi del prossimo anno.

Nell'attesa di sapere cosa accadrà, al cittadino medio sorge il dubbio che questo ennesimo psicodramma della politica italiana si sarebbe potuto evitare se, sulle ali dell'entusiasmo per il 40% di preferenze raccolte alle europee del 2014, nella stesura della nuova legge elettorale Renzi e il Pd avessero mostrato un atteggiamento più umile e avessero posto all'interno della stessa legge anche l'elezione del senato invece che solo quella per la Camera; dando per scontato che la riforma costituzionale presentata in un disegno di legge a inizio aprile del 2014, una volta compiuti tutti i passaggi parlamentari previsti dalla costituzione, sarebbe stata approvata dagli italiani mediante il referendum.

Cosa avesse spinto Renzi a credere che gli italiani votassero Sì, riesce difficile comprenderlo. Forse il Premier/Segretario s'era lasciato illudere da quel 40% di voti alle europee che aveva consentito al Pd di doppiare il M5S.

Eppure ieri in un twitt in cui invita a ripartire dal 40% dei voti per il Sì, poco più di 13 milioni, il sottosegretario Luca Lotti avrebbe a mio avviso implicitamente chiarito il motivo per cui Renzi, inizialmente, ha personalizzato il referendum beccandosi i rimproveri di Napolitano.

Da ieri Renzi sa che circa 13 milioni di italiani sono con lui per cui, se la cifra fosse confermata o solo di poco ridotta, andando a votare in tempi brevi, restando Segretario del Pd, quasi certamente vincerebbe le elezioni e si leverebbe non pochi sassolini dalle scarpe a partire dal proprio partito liberandosi di quanti gli sono contro.

Una mossa che probabilmente non è sfuggita a Mattarella che, intuite le reali intenzioni del Capo del Governo, ne ha congelato le dimissioni, imponendogli di portare a compimento prima gli impegni istituzionali.

Se il Sì avesse vinto, Renzi avrebbe preso due piccioni con una fava, in quanto avrebbe rafforzato il proprio potere sia di Premier che da Segratario del PD.

Avendo vinto il No, comunque il Capo del governo ha raggiunto l'obiettivo di sapere che potenzialmente, alle prossime elezioni, 13 milioni di italiani voteranno per lui.

Presentandosi domani alla direzione nazionale del Pd con questo bagaglio virtuale di voti in tasca, Renzi avrà un'arma capace di smussare gli entusiasmi di quanti non vedono l'ora di farlo fuori, mettendoli con le spalle al muro con il classico degli aut aut, o con me o fuori dal partito.

Nell'attesa che queste mie considerazioni personali trovino o meno conferma, c'è un altro aspetto che salta agli occhi all'indomani del voto.

Leggendoli e ascoltandoli si ha l'impressione che i “soloni” del mondo culturale di centrosinistra, dopo averlo sostenuto per tutta la campagna elettorale, paventando scenari da tregenda se avesse vinto il No, ora bacchettano Renzi perché in campagna elettorale si sarebbe arroccato in un mondo tutto suo, isolandosi dalla società civile, dando l'impressione che il paese si riducesse alla singola “Leopolda”.

A riguardo viene spontaneo chiedersi perché questi signori, che a parole dimostrano di possedere le ricette di tutti i mali d'Italia, non lo abbiano ammonito severamente prima del voto anziché mostrare un atteggiamento di assoluta sudditanza nei suoi confronti per tutta l campagna elettorale?

È vero che per una questione caratteriale, seppure qualcuno lo avesse ammonito o criticato con toni forti, Renzi non solo non lo avrebbe ascoltato ma, probabilmente, lo avrebbe messo all'indice, estromettendolo dal video e dal mondo dell'editoria, come sarebbe accaduto in Rai con Massimo Giannini e Bianca Berlinguer rei agli occhi dei renziani di essere poco allineati con le linee politiche del governo.

Oggi che il Premier sembra, e sottolineo sembra, essere sotto scacco per la clamorosa sconfitta elettorale, molti di coloro che fino a domenica mattina lo incensavano, da ieri hanno iniziato a criticarlo, elencando gli svariati punti su cui Renzi avrebbe sbagliato a impostare la campagna elettorale, determinando in questo modo la vittoria del No.

In primis l'aver personalizzato il referendum. Senza nemmeno essere sfiorati dal pensiero che quello era l'unico mezzo che Renzi aveva per sondare realmente quanti italiani fossero schierati con sé.

Personalmente non nutro simpatie politiche verso Renzi ma, se la mia lettura dei fatti non fosse un azzardo di fantasia, gli faccio tanto di cappello perché in questo modo avrebbe fregato tutti, o quasi.

Oggi il Premier sembra essere alla mercé di tutti, soprattutto di coloro che fino a ieri lo incensavano. E invece ho la netta sensazione che siamo noi a essere alla mercé della sua strategia politica.

Mi sa che domenica con la vittoria del No si è concluso solo il primo tempo di una lunga partita che riporterà Renzi a Palazzo Chigi più forte di prima essendo inimmaginabile che la cosiddetta accozzaglia di partiti che sosteneva il No, come giustamente Renzi faceva notare nei suoi svariati interventi, si compatti in un unico partito o coalizione politica ottenendo gli stessi 19 milioni di voti che hanno fatto vincere il No.

Inoltre, studiando i risultati elettorali delle varie regioni, Renzi sa anche in quali sarebbe più amato e in quali no.

Tra queste ultime spicca la Campania governata dal Pd nella persona di De Luca sorpreso a esortare 300 amministratori pubblici a offrire fritture di pesce e zuppe di cozze alla gente purché votasse Sì.

Dopo la debacle del Sì è ipotizzabile che in Campania la frittura resti sullo stomaco a parecchie persone, prima tra tutti chi ne suggeriva l'utilizzo come merce di scambio.

Piaccia o meno, prendiamo atto che da domenica sono state ufficialmente poste le fondamenta del PRI, Partito Renziano Italiano, il cui bacino elettorale si aggirerebbe ntorno ai 13 milioni di voti.

Molto probabilmente a Renzi di riformare la Costituzione interessava poco o niente. In realtà gli importava semplicemente conoscere quanti milioni di italiani lo sostenevano.

Ora che lo sa, è pronto a giocarsela fino in fondo alle prossime elezioni con più che buone opportunità di vittoria. 

Con buona pace degli avversari.

 
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