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LA VOCE DI KAYFA

IL BLOG DI ENZO GIARRITIELLO

 

Messaggi di Giugno 2017

GRAVIANO, QUELLE FRASI SU BERLUSCONI FANNO MALE ALLO STATO

Post n°1821 pubblicato il 11 Giugno 2017 da kayfakayfa
Foto di kayfakayfa

In un qualsiasi paese normale la diffusione negli atti processuali di un dialogo intercettato in carcere tra un boss della mafia e un camorrista in cui il boss lascerebbe intendere che dietro a une serie di stragi che agli inizi degli anni novanta insanguinarono il paese ci sarebbe un noto imprenditore televisivo che all’epoca si apprestava a scendere in politica dopo aver fondato un proprio partito; il quale, nell’arco degli ultimi venticinque anni, per ben cinque volte ha ricoperto l’incarico di Presidente del Consiglio, e che oggi, pur non essendo più il suo un partito di maggioranza parlamentare ed essendo egli stesso interdetto dai pubblici uffici per via di una condanna in definitiva per reati economici contro quello stesso Stato che ha rappresentato,  grazie al leader del primo partito del paese che lo ha scelto come interlocutore privilegiato per riformare la Costituzione e la legge elettorale, continua a ricoprire un ruolo fondamentale sulla scena politica nazionale, c’è da scommettere che i media darebbero ampio risalto alla notizia, con tutte le precauzioni necessarie.

Stiamo ovviamente parlando dei dialoghi intercettati  dalla DIA nel carcere di Ascoli Apiceno,  tra gennaio e marzo 2016, tra il boss mafioso Giuseppe Graviano e il trafficante campano Umberto Adinolfi in cui il boss lascerebbe intendere che le stragi del 93 non furono stragi di mafia, seppure a realizzarle materialmente furono gli uomini di cosa nostra, bensì si trattò di un “favore” chiesto da un famoso imprenditore televisivo in procinto di scendere in politica per spianarsi la strada.

Accuse forti, rigettate dal legale di Berlusconi, Niccolo Ghedini, per il quale si tratterebbe di “accuse infamanti”, frasi decontestualizzate lasciate alla libera interpretazione di chi le legge o le ascolta, smentendo gli incontri dell’epoca a Roma tra Graviano e Berlusconi, cui il boss, sempre nelle intercettazioni, fa riferimento.

Non è questa la prima volta che il nome di Berlusconi incrocia quello di un mafioso. Eclatante fu il caso del boss Vittorio Mangano assunto a Arcore come stalliere il quale, stando a quanto affermato in videoconferenza dal pentito di mafia Gaetano Grado, “portava fiumi di miliardi da Palermo a Milano. Erano soldi del traffico di droga di cosa nostra che Mangano consegnava a Marcello Dell’Utri, poi Dell’Utri li consegnava a Berlusconi che li investiva nelle sue società, mi pare anche per Milano due”.

Probabile motivo per cui in passato, in più di un’occasione, Umberto Bossi, leader storico della Lega, non si fece scrupoli a associare Berlusconi alla mafia. In un’occasione addirittura lo definì “il mafioso d’Arcore”.

Né ci si dimentichi che Marcello Dell’Utri , cofondatore di Forza Italia, in carcere perché condannato in definitiva a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa; né di Nicola Cosentino, ex sottosegretario all’economia del secondo governo Berlusconi nonché coordinatore del Popolo delle Libertà in Campania, oggi  agli arresti per tutta una serie di reati tra cui concorso esterno in associazione camorristica. Considerato dai magistrati il referente politico al governo dei casalesi.

Tralasciando l’attualea vicenda di  un altro politico di FI, in questi giorni sotto i riflettori dei magistrati – Luigi Cesaro, i cui fratelli Aniello e Raffaele sono stati arrestati con l’accusa di aver stretto un patto con un clan camorristico per orientare l’aggiudicazione di appalti con intimidazioni, mentre lo stesso Cesaro è indagato per minacce a pubblico ufficiale sempre nell’ambito della stessa inchiesta che ha portato all’arresto dei fratelli – è evidente che la gravità delle accuse risultanti dalle intercettazioni di Graviano meriterebbe ampio risalto e approfondimento. E invece sulle prime pagine dei giornali e in televisione non si fa che evidenziare lo scontro tra Pd e M5S sulla legge elettorale, relegando a contorno una notizia del genere che in qualunque altro paese normale avrebbe avuto cassa di risonanza senza pari.

Nessuno, o quasi, che chieda, seppure timidamente, a Renzi se non provi imbarazzo a dialogare con Berlusconi, dopo quanto sta venendo alla luce dagli atti processuali.

Tutti, o quasi, a lanciare anatemi sull’inaffidabilità dei cinque stelle, senza fare il minimo accenno alle intercettazioni di Graviano.

È vero che le parole di Graviano non vanno prese alla lettera, che bisogna considerarle nel contesto generale in cui furono pronunciate, valutarne l’effettiva attendibilità, (magari il boss, immaginando di essere intercettato o allertato da qualcuno di esserlo, le pronunciò volutamente o fu invitato a pronunciarle per inguaiare Berlusconi).

Ma fino a quando tutto ciò non verrà chiarito, a beneficio del leader del centrodestra e del paese intero, sarebbe forse il caso che l’ex cavaliere fosse tenuto fuori dalle trattative per la legge elettorale e per le riforme.

Prima ancora di essere garantista, uno Stato di diritto deve tutelare dal dubbio se stesso e i cittadini!

 
 
 

LEGGE ELETTORALE E IL MISTERO DEI FRANCHI TIRATORI

Post n°1820 pubblicato il 09 Giugno 2017 da kayfakayfa
Foto di kayfakayfa

Essendo la politica per definizione “sporca”, non si può escludere che i 66 e passa franchi tiratori che sia ieri che oggi hanno fatto mancare alla Camera il proprio voto per respingere le pregiudiziali di costituzionalità e altri emendamenti presentati dalle opposizioni sulla legge elettorale in fase di approvazione, contrariamente a quanto ipotizza il Pd, anziché appartenere al M5S, non fossero proprio del Pd, come invece sostengono i grillini.

Ragionando è evidente che a far saltare la trattativa converrebbe più al Pd. Infatti, se l'intesa a quattro - Pd/M5S/FI/Lega - evaporasse per mancanza di voti in aula, il Pd potrebbe, come già sta avvenendo, tacciare i grillini di essere gli unici responsabili dell'ostruzionismo in atto; avere il pretesto per bloccare i lavori e invocare la caduta del governo con conseguenti elezioni anticipate - come ipotizzato da Matteo Richetti questa mattina in televisione -; andando al voto con il rosatellum.

Viceversa, sempre in virtù di tale ragionamento, è evidente che ai grillini mai converrebbe, una volta deciso di sedersi al tavolo con i nemici giurati di sempre, di mandare all'aria la trattativa. Se lo facessero, dimostrerebbero di essere affetti da sindrome masochista in quanto farebbero il gioco di chi ha tutto l'interesse a screditarli, prendendo a pretesto il loro passo indietro sulla discussione in corso, per stigmatizzarne l'inaffidabilità istituzionale.

Non a caso per le prossime votazioni segrete in aula sulla legge elettorale da approvare i grillini non escludono di filmarsi mentre votano nel segreto della cabina per dimostrare la propria correttezza rispetto agli altri partiti.

Accusando i grillini di essere dei “traditori”, Renzi prenderebbe due piccioni con una fava: farebbe saltare l'accordo con l'odiato M5S e avrebbe il pretesto per far cadere il governo Gentiloni, andando “subito” alle elezioni, come sembra fosse intenzionato a fare già quando si dimise a febbraio, tanto che gli alfaniani, punti sul vivo dalla volontà del segretario del Pd di assestare al 5% la soglia di sbarramento nella nuova legge elettorale – se così fosse, il partito di Alfano difficilmente entrerebbe in Parlamento, così come Ala di Verdini e Mdp di Bersani e D'Alema - hanno rivelato che in più occasioni, subito dopo le dimissioni da Premier, Renzi avrebbe cercato di convincerli a far cadere Gentiloni, offrendogli in cambio la possibilità di scegliersi la legge elettorale.

In questo scenario dalle tinte fosche, supporre che i franchi tiratori, anziché al M5S, appartengano ad altri partiti, probabilmente al Pd, non è certo fantapolitica.

Essendo Renzi entrato nella storia per aver pronunciato il famoso “Enrico stai sereno” - la frase il segretario del Pd la rivolse al premier Enrico Letta per rassicurarlo che mai sarebbe subentrato al suo posto senza prima passare per le elezioni e invece, poche ore dopo, ne fece miseramente cadere il governo prendendone il posto a Palazzo Chigi – da uno così ci possiamo aspettare di tutto.

Anche che induca alcuni suoi parlamentari, sfruttando il segreto dell'urna, a votare in maniera contraria all'accordo per poi scagliarsi contro gli avversari accusandoli di slelatà, mandare tutto all'aria, costringendo il governo a dimettersi e andare a elezioni anticipate nella speranza di vincerle e tornare a governare.

Di tutto, di più!

 
 
 

LEGGE ELETTORALE E IL MISTERO DEI FRANCHI TIRATORI

Post n°1819 pubblicato il 08 Giugno 2017 da kayfakayfa
Foto di kayfakayfa

Essendo la politica per definizione “sporca”, non si può escludere che i 66 e passa franchi tiratori che sia ieri che oggi hanno fatto mancare alla Camera il proprio voto per respingere le pregiudiziali di costituzionalità e altri emendamenti presentati dalle opposizioni sulla legge elettorale in fase di approvazione, contrariamente a quanto ipotizza il Pd, anziché appartenere al M5S, non fossero proprio del Pd, come invece sostengono i grillini.

Ragionando è evidente che a far saltare la trattativa converrebbe più al Pd. Infatti, se l'intesa a quattro - Pd/M5S/FI/Lega - evaporasse per mancanza di voti in aula, il Pd potrebbe, come già sta avvenendo, tacciare i grillini di essere gli unici responsabili dell'ostruzionismo in atto; avere il pretesto per bloccare i lavori e invocare la caduta del governo con conseguenti elezioni anticipate - come ipotizzato da Matteo Richetti questa mattina in televisione -; andando al voto con il rosatellum.

Viceversa, sempre in virtù di tale ragionamento, è evidente che ai grillini mai converrebbe, una volta deciso di sedersi al tavolo con i nemici giurati di sempre, di mandare all'aria la trattativa. Se lo facessero, dimostrerebbero di essere affetti da sindrome masochista in quanto farebbero il gioco di chi ha tutto l'interesse a screditarli, prendendo a pretesto il loro passo indietro sulla discussione in corso, per stigmatizzarne l'inaffidabilità istituzionale.

Non a caso per le prossime votazioni segrete in aula sulla legge elettorale da approvare i grillini non escludono di filmarsi mentre votano nel segreto della cabina per dimostrare la propria correttezza rispetto agli altri partiti.

Accusando i grillini di essere dei “traditori”, Renzi prenderebbe due piccioni con una fava: farebbe saltare l'accordo con l'odiato M5S e avrebbe il pretesto per far cadere il governo Gentiloni, andando “subito” alle elezioni, come sembra fosse intenzionato a fare già quando si dimise a febbraio, tanto che gli alfaniani, punti sul vivo dalla volontà del segretario del Pd di assestare al 5% la soglia di sbarramento nella nuova legge elettorale – se così fosse, il partito di Alfano difficilmente entrerebbe in Parlamento, così come Ala di Verdini e Mdp di Bersani e D'Alema - hanno rivelato che in più occasioni, subito dopo le dimissioni da Premier, Renzi avrebbe cercato di convincerli a far cadere Gentiloni, offrendogli in cambio la possibilità di scegliersi la legge elettorale.

In questo scenario dalle tinte fosche, supporre che i franchi tiratori, anziché al M5S, appartengano ad altri partiti, probabilmente al Pd, non è certo fantapolitica.

Essendo Renzi entrato nella storia per aver pronunciato il famoso “Enrico stai sereno” - la frase il segretario del Pd la rivolse al premier Enrico Letta per rassicurarlo che mai sarebbe subentrato al suo posto senza prima passare per le elezioni e invece, poche ore dopo, ne fece miseramente cadere il governo prendendone il posto a Palazzo Chigi – da uno così ci possiamo aspettare di tutto.

Anche che induca alcuni suoi parlamentari, sfruttando il segreto dell'urna, a votare in maniera contraria all'accordo per poi scagliarsi contro gli avversari accusandoli di slelatà, mandare tutto all'aria, costringendo il governo a dimettersi e andare a elezioni anticipate nella speranza di vincerle e tornare a governare.

Di tutto, di più!

 
 
 

TORINO, PIAZZA SAN CARLO: L'APPENDINO FA AUTOGOL

Post n°1818 pubblicato il 06 Giugno 2017 da kayfakayfa

Fino allo scoccare delle 22,25 di sabato 3 giugno 2017 - momento in cui in Piazza San Carlo a Torino, dove migliaia di tifosi juventini erano radunati per assistere sul maxi schermo allestito dal comune alla finale di Coppa Campioni Juventus- Real Madrid, per quella che molti eufemisticamente si ostinano a definire “una Bravata”, qualcuno avrebbe lanciato un falso allarme terroristico scatenando il panico e una ressa infernale con oltre 1500 feriti, di cui tre gravi – Chiara Appendino, sindaco del capoluogo piemontese, era tra i sindaci più amati d'Italia.

Per quanto non è ancora chiaro di chi siano le responsabilità relative alla gestione della sicurezza quella sera- come sempre accade, anche in questo caso è iniziato lo scaricabarile tra le autorità – la presenza di bottiglie in frantumi e pezzi di vetro sul selciato e negli interstizi dei sanpietrini dello slargo, causa di molti feriti, prefigura che qualcosa non ha funzionato a livello preventivo in quanto, malgrado i controlli rigorosi all'accesso del varco sui singoli individui e negli zaini per individuare e sequestrare eventuali oggetti pericolosi, bottiglie incluse, è incomprensibile la presenza nello spiazzo di venditori ambulanti di bevande in bottiglie di vetro che ha vanificato ogni controllo.

E seppure le responsabilità non fossero del comune o solo sue, ascoltare la sindaca Appendino riferire in consiglio comunale che per l'evento erano state adottate le stesse misure di sicurezza che vennero attuate nel 2015 dalla giunta Fassino per la finale Juventus Barcellona, si ha la sensazione che la sindaca non solo non si rende conto che così facendo offre una grossa arma di discussione politica all'opposizione – Fassino le ha subito replicato facendole notare che all'epoca non c'erano state ancora le stragi del Bataclan a Parigi, quelle Bruxelles, quelle di Londra e Manchester di pochi giorni fa – ma, così facendo, dà la sensazione di vivere fuori dal tempo.

Qualità che né un amministratore né un politico possono consentirsi, svolgendo un servizio finalizzato al bene della comunità da cui si è stati eletti.

Sensazione pessima che rischia di alimentare perplessità sull'inadeguatezza della sindaca e della sua giunta.

Fino a “ieri” Chiara Appendino era il fiore all'occhiello delle varie amministrazioni grilline sparse sul territorio.

Da sabato sera rischia di risolversi per Grillo & c. in un problema in più, dopo la Raggi a Roma!

 
 
 

RAGGIOLO, LO SCRIGNO DEI RICORDI

Post n°1817 pubblicato il 02 Giugno 2017 da kayfakayfa
 

Erano circa due anni che mancavo da Raggiolo. La scorsa estate, contrariamente alle nostre abitudini, fummo costretti a disertarvi, causa un’infezione post operatoria al ginocchio del nostro secondogenito che ci fece tribolare non poco. Fortunatamente, alla fine tutto si è risolto per il meglio: di quell’incubo resta solo il brutto ricordo.

A scoprirne l’esistenza fu casualmente mio  suocero più di venticinque anni fa. Non appena il suo animo d’artista si trovò al cospetto di quello che oggi è ritenuto tra i borghi più belli d’Italia - immerso nel verde del casentino toscano in provincia d’Arezzo, a circa 800 metri ai piedi del Pratomagno; prospiciente il panorama mistico de La Verna  dove San Francesco ricevette le stigmate -  si radicò in lui la decisione che qui avrebbe trascorso il resto dei suoi giorni. Fu così che prese corpo il progetto della casa d’arte museum petricciuoliana, oggi realtà consolidata, seppure misconosciuta, nel panorama museale del casentino toscano, in cui sono raccolte molte delle opere dell’artista Osvaldo Petricciuolo.

Al di là del valore artistico in esso racchiuso, per me Raggiolo rappresenta prima di tutto un luogo dell’anima: uno di quei posti in cui percepisci che il tuo io si coniuga integralmente con il paesaggio circostante; che si crea una tale simbiosi, ma forse dovrei dire sinergia, tra l’Io  e la natura che a un certo punto fatichi a scindere tra spirito e materia, sogno e realtà.

 Probabilmente se fossi credente non esiterei ad affermare che nell’atmosfera di Raggiolo si coglie la presenza di Dio.  Non essendolo, non lo dico. Ma la sensazione che in questo scenario naturale, il cui silenzio è rotto dall’eterno mormorio dei fiumi Teggina e Barbozzaia che dalla montagna precipitano a valle da opposti versanti, tra allegre rapide e lievi cascate, cingendo il paese a mo’ di monile, per poi fondersi ai piedi dell'abitato in un unico serpente d’acqua che fluisce verso Bibbiena ad alimentere l’Arno, si celi qualcosa di surreale, di mistico, è davvero forte.

Tuttavia a suscitarmi emozioni non è solo la magica atmosfera del luogo, tanto che anni fa scrissi addirittura un racconto, NOTTE MAGICA, che poi pubblicai nella mia seconda raccolta di racconti La Scelta. Come già ebbi modo di scrivere in altra occasione, a Raggiolo mi legano ricordi per lo più connessi all’infanzia dei miei figli. E questa mattina, mentre con mia moglie passeggiavamo sulla strada che si inerpica verso il punto più alto del paese, giunti all’incrocio con il sentiero che partendo dalla piazza, sale agli oltre 2 mila metri del Pratomagno, non ho potuto fare a meno di riandare con la mente a quando, circa 14/15 anni fa, con il mio secondogenito che all’epoca aveva 7/8 anni, insieme ad altri amici partimmo alle sette del mattino verso il Pratomagno. Una passeggiata tra i boschi di circa tre ore che non dimenticherò mai: vedere quella pulce al mio fianco zampettare allegramente con lo zainetto in spalla sul sentiero che portava in cima senza mai lamentarsi per la fatica; arrivare in vetta e ammirare il maestoso panorama che si perdeva nel mare all’orizzonte; sederci ai piedi dell’imponente croce in ferro che domina il Pratomagno per riposarci mentre un gruppo di vacche pascolava stancamente; accogliere presso il “rifugio” il gruppo festante delle mogli e dei figli che ci raggiunse in auto per mangiare tutti assieme al bivacco, lassù; ridiscendere nuovamente a piedi al paese fu un’emozione indescrivibile che per un attimo s’è riaccesa in me mentre mi inoltravo per qualche metro sul sentiero che scala il monte. Ma soprattutto rimarrà in me indelebile il ricordo di quella pulce che, per niente intimorita dal dover nuovamente camminare per almeno un altro paio di ore, preferì stare con me e con gli altri anziché accompagnarsi in auto alla mamma e al fratello.

Ricordo nitidamente quanto fossi orgoglioso di quel bambino, oggi uomo, che per nulla intimorito dalla fatica, volle completare a piedi tutto il percorso di andata e ritorno. Ma soprattutto ricordo la tenerezza che mi fece quando, giunti in paese, timidamente  mi chiese, “papà, posso avere un gelato?”.

Di quel bambino, oggi uomo, che era salito e sceso a piedi al Pratomagno parlò a lungo tutto il paese. Chiunque lo incrociava si fermava a salutarlo come un eroe. E quando succedeva, rientrando a casa non faceva che chiedere “perché la gente mi guarda come chissà cosa abbia fatto?”.

Difficile spiegargli che non tutti i bambini della sua età avrebbero sopportato in quel modo la fatica!

----------------

È a causa del ginocchio di quel bambino, oggi uomo, infettato da un artrite settica, contratta presumibilmente in sala operatoria, che la scorsa estate non siamo potuti salire a Raggiolo.

Pensando a quel bambino -  che attualmente insieme al fratello sta cercando di costruirsi un futuro dignitoso, mostrando di non temere la fatica così come non la temette quel giorno quando scalammo la montagna - ho faticato non poco a contenere l’emozione.

Raggiolo per me è uno scrigno di ricordi e emozioni piacevoli. Le pietre più preziose, i momenti legati all’infanzia dei miei figli.

 
 
 

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