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8 Settembre: polemiche inutili!

Post n°37 pubblicato il 12 Settembre 2008 da ladestracalolzio
 

Sono un po’ in ritardo perché non volevo scendere in polemica per qualcosa che non ho mai capito e non riesco ancora a capire, e poi così lontano nel tempo, premettendo che non ho mai festeggiato il 25 Aprile, non considerandolo il giorno della liberazione, figuriamoci parlare dell’ 8 settembre che considero il giorno della vergogna e del tradimento, tanto che ancora l’anno passato, nei miei viaggi all’estero, mi sentivo dire dagli stranieri, anche se in tono ironico: “Italiani? Poeti, santi e traditori!” (bei progressi! Fino a una decina di anni fa ci davano dei mafiosi a tutto spiano).
  Credo altresì, per rispetto a tutti i caduti o sopravvissuti a quella immane tragedia, coevi all’obbrobrio “badogliano”, e del casino che scatenò; che lasciò l’esercito allo sbando (comunicando l’armistizio via radio) e fuggendo con il re dagli “alleati” a Brindisi; lasciando Roma “città aperta”; gli eserciti stranieri a combattere sul nostro territorio, con una delle peggiori guerre civili della storia (poi accollata a Mussolini e a quelli fedeli a lui e alla patria, soltanto per il fatto di esistere e non farsi ammazzare per strada  ) che sarebbe quindi meglio stendere un velo pietoso sul periodo.
  Badoglio, massone opportunista, flagello dell’Italia, già della Grande Guerra (era lui al alla testa delle nostre forza a Caporetto) responsabile in quella disfatta della morte di 40 mila giovani, in una sola giornata per la negligenza del suo comando, non sfuggirà all’implacabile giudizio divino*. Infatti, sopravvivrà a lungo, per vedere morire tutti i suoi cari più stretti: fratelli, figli, moglie, nipoti e così via (cosa c’è di peggio?) portando l’epiteto di “badogliano” a sinonimo di traditore: il peggiore dei traditori.
  Tutti gli anni, inoltre, continuano a mandare un grande film (foto sopra) che ben rispecchia quel periodo, dal titolo “Tutti a casa” del 1960 del regista Comencini. Tutti dovrebbero vederlo, in quel favoloso bianco e nero, con lo strepitoso Alberto Sordi, Martin Balsam, Claudio Gora, il giovanissimo lecchese Nino Castelnuovo con Carla Gravina, Serge Reggiani e altri grandi attori del passato, che ben rendono l’idea della drammaticità del momento, in quanto realmente vissuta in prima persona. Quello fu l’8 settembre 1943.
  Ma quello che non continuo a capire dal lontano 1977, è l’abolizione della festa nazionale del 4 novembre, istituita all’indomani della vittoria di Vittorio Veneto, per celebrare e ricordare quell’importante momento storico della nostra Patria, in ossequio alla teoria secondo la quale in Italia c’erano troppe feste. D’accordo, ma è uno strano paese il nostro: da una parte si elimina una ricorrenza che è fonte di esempio, di dedizione al dovere, onore di Patria, valori assoluti che vengono relegati nel dimenticatoio, per uniformare ed uniformarci in tutto; mentre dall’altra parte siamo pronti ad adottare feste e ricorrenze che con la nostra cultura non hanno niente in comune, che non fanno pensare, non impegnano, offrono, anzi, un motivo per mascherarsi e divertirsi, come Halloween, l’ultima introdotta. Certamente, è un contrasto che turba, soprattutto per il fatto che dopo quasi 70 anni si ricordano i giorni della sconfitta, di una pagina bruttissima della nostra storia (per colpa di Mussolini certo), ma sempre brutta.
  Ero un ragazzo, nel 1977, forse perché non ancora acculturato come oggi, vista la giovane età e non riuscivo a capire; anche adesso, però, giunto ormai alla soglia dei 50 anni, non riesco ancora a spiegarmi come si possa far passare una guerra drammaticamente perduta, come vinta, con i durissimi anni della ricostruzioni che ne sono seguiti (almeno una quindicina, prima del boom economico degli anni 60). Forse subiamo la sindrome dei francesi, che non hanno ancora capito che, mentre loro hanno collaborato con i nazisti per quasi un lustro, a vincere la guerra è stato De Gaulle.

*Molto obbiettivo ed esauriente “BADOGLIO” di S. Bertoldi-Rizzoli.

 
 
 
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Un politico pensa alle prossime elezioni; un uomo di Stato alle prossime generazioni.
- John Clarke

Che grande uomo politico sarebbe stato Giuda!
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La politica è una faccenda troppo seria per essere lasciata ai politici.
- Charles De Gaulle

 

Desidero condividere con te una geniale intuizione che ho avuto, durante la mia missione qui. Mi è capitato mentre cercavo di classificare la vostra specie. Improvvisamente ho capito che voi non siete dei veri mammiferi: tutti i mammiferi di questo pianeta d'istinto sviluppano un naturale equilibrio con l'ambiente circostante, cosa che voi umani non fate. Vi insediate in una zona e vi moltiplicate, vi moltiplicate finché ogni risorsa naturale non si esaurisce. E l'unico modo in cui sapete sopravvivere è quello di spostarvi in un'altra zona ricca. C'è un altro organismo su questo pianeta che adotta lo stesso comportamento, e sai qual è? Il virus. Gli esseri umani sono un'infezione estesa, un cancro per questo pianeta: siete una piaga. E noi siamo la cura (dal film MATRIX).

E' tempo di sapere quale futuro vogliamo per il nostro pianeta, per noi, stessi e per le generazioni che ci seguiranno.

E' giunto il tempo per i cittadini di smettere di fidarsi ciecamente al modo con cui i politici gestiscono il mondo, servendo esclusivamente interessi personali.

Per ridare un senso alla democrazia, i cittadini devono smettere di essere passivi e spettatori, come il docile gregge che si vorrebbe che siano. Devono riflettere a ciò che vogliono veramente ed assumere in modo coerente il ruolo di stipendiato, consumatore, contribuente, elettore, dimostrando di non essere più pecora delle pecore.

Le direzioni prese dall'economia, la società, la tecnologia e l'ambiente non sono inevitabili

 
 
 

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