IL MONDO DI LAMB

Il pianeta visto dai grandi occhi silenziosi di lamb

 

BREVE STORIA DI QUESTA IMMAGINE

immagine

Scattai questa immagine molti anni fa, ad Albenga, credo fosse il 1987, a quel tempo stavo compiendo un felice percorso di ricerca personale in campo fotografico.
Da allora questa foto ha attirato su di sè i commenti più sdegnati. E' giunto il momento di raccontare la vera storia di questa foto e, magari riflettere sul nostro tempo (l'era delle immagini) e sull'ironia tremenda della sorte che con terribili fatti di cronaca ha reso ancora più immediata l'erronea lettura di un messaggio che non c'è.
Quel pomeriggio una bimba di forse 5 o 6 anni giocava sul balcone di una delle case del centro storico a fare il bagno alla sua bambola, schizzandosi felice nell'estate rovente, quando la testa della bambola si staccò dal busto e cadde dal balcone. Essendo la testa di plastica vuota all'interno, durante il "bagnetto" si era riempita d'acqua , la quale, nell'impatto, fu proiettata all'esterno creando davanti ai miei occhi un'immagine interessante. Scattai immediatamente, tra le proteste dei presenti che, da subito, odiarono per primi questo scatto che io amo, tantissimo,  perchè dimostra che il realismo può  essere la chiave giusta per farci vedere la magia di un momento, al pari della fantasia in un altro. Di solito è attraverso la fantasia che possiamo vedere la bellezza dove non appare  al primo sguardo. Invece qui la nostra immaginazione piena di luoghi comuni ci acceca e non ci fa vedere che la foto ritrae abbastanza evidentemente la scena che ho raccontato,( si vede che è una bambola, o no?) si passa subito ad una lettura simbolica e la si rifiuta. con raccapriccio, biasimando l'autore per l'emozione negativa che....è solo negli occhi di chi guarda.  

 

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COME GOCCE

Sono solo parole, lo sento,
ma mi portano in mare aperto,
poco a poco la notte si fa alta
e il tocco
delle sue mani di sabbia
ci riempie di attimi.

Sono solo pensieri, lo so,
ma perturbano il respiro,
condensandosi così come vedi
come gocce su un fianco di barca.
Come gocce su un fianco di barca,
tu precipiti in lacrime.

A guardarlo da qui,
anche un uccello da preda,
che ti guardasse così,
sembrerebbe un amore.

Ma è un deserto di brividi,
desideri si affrontano
e si scontrano,
e ogni sguardo
è un insetto di sughero
che si estenua
e si infrange
nell'inarcarsi di ognuno.

 

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Citazioni nei Blog Amici: 1
 

DA: TEMPI MODERNI UNA CANZONE DI LAMB

Ci volevano i tempi moderni
per capire che i tempi moderni
non sarebbero stati
un rimedio sicuro
all'angoscia di vivere qui,
nei tempi moderni,
con la paura di vivere adesso,
nei tempi moderni.

 

 

Post N° 2

Post n°2 pubblicato il 24 Settembre 2006 da lamb4ever

Di te resta
un ricordo da respirare
al buio:
il profumo che sei tu,
come petali il fila
da sfiorare.
Questo fiore,
che io porto su di me,
è strano:
si direbbe una rosa.
Una rosa nera
e sacra.

 
 
 

RACCONTO A PUNTATE DI LAMB

Post n°4 pubblicato il 26 Settembre 2006 da lamb4ever
 

ADRIAN

Organismo pluricellulare di tipo umano in costante crescita aurale verso l'interno

1.

"Deve esserci una bestiola morta da qualche parte, qui in cucina", disse Lilith scampanando nell'acquaio,"a tratti mi arriva un odore...sai..?" Adrian consumava con la sua solita lentezza la colazione ed avrebbe voluto dire "Bè, qualcosa che sta andando in malora c'è, in questa stanza: io". Ma si trattenne, sapeva che il suo tragichumor, di primo mattino era particolarmente sgradevole. Poi avrebbe fatto risuonare quella sua risata stridula e disperata, un inno al suo malessere, che a Lilith lo faceva sembrare un autentico demente . Per non parlare di quel suo modo di perdersi nei pensieri, quasi catatonico, quando, se interpellato, replicava a comode rate, 30-60-90 giorni. ".. Stronzo" pensò " Se avesse i coglioni sull'avambraccio si evirerebbe con l'alzacristalli un giorno sì e uno no". Ma non disse niente. Tanto lui lo sapeva già, merito dell'affiatamento che c'era tra loro, di cui lui non mancava mai di vantarsi in pubblico. Certo, nei giorni buoni aveva una risposta per tutto: "E allora? Tutti si evirerebbero, in quel caso! Per questo mettono gli alzacristalli sempre molto lontani dai coglioni.". Già. Ma lui riusciva sempre a trovare qualcosa di efficace, per fottersi, avesse pure dovuto viaggiare nel tempo per tagliarseli con un'autentica ghigliottina.
Come quando, con inconsueto slancio, si dedicò alla realizzazione del primo modello fisico di oscillatore sinaptico, una sua idea, che le riviste del settore non esitarono a definire geniale.
Riunì intorno a sé un pool di collaboratori pieni di entusiasmo (ok..), seguì personalmente tutte le fasi preliminari (bravo ..), interagì con loro per mettere a frutto i risultati ottenuti (avanti così...). E quando, al graduale aumento dei consensi tributati dall'ambiente accademico, corrispose un proporzionale disimpegno del gruppo, lui neanche se ne accorse. Pensò che, in fin dei conti, si trattava di una cosa sua, di Adrian, e loro avevano tutto il diritto di rifugiarsi nella mediocrità, se era ciò che volevano. Perciò quando lo mollarono andò avanti da solo, ma la sua autostima ne ricevette un duro colpo. Anzi, "Adrian ha ricevuto un terribile colpo dove di solito si trova l'autostima. Ma in quel punto, in Adrian, c'è una specie di falla nel continuum spazio-temporale, un vuoto totale, il nulla", come scrisse nei suoi appunti Aurora, la sua psico-terapeut-e-mail, che lo curava dall'altra parte del mondo, di cui Adrian non avrebbe neppure immaginato la faccia. Adrian aveva cercato di spiegarlo anche a lei, che era una sua creatura, per questo ci teneva tanto. E se di fronte a complimenti e congratulazioni si scherniva, era solo perchè, in fondo, lui conosceva bene il vero motivo per cui si era dato a quella curiosa opera di bricolage. Voleva rendere la mente di altri simile a come funzionava la sua, per chiedere aiuto, per sentirsi meno solo.
Adrian e Lilith uscirono di casa, come sempre, alla solita ora, e mentre camminavano sull'asfalto Adrian alzò gli occhi al cielo e vide l'immagine riflessa come da uno specchio di loro due, un altro Adrian e un'altra Lilith che camminavano in una primavera dipinta ad olio, in un aprile mai avvenuto. "Luce, luce bianca, uno sciame di farfalle di luce, che mi nutre, e farfalle d'acqua nella luce, luce bianca, una sciame di farfal..". "Piantala, Adrian!", lo zittì Lilith, "Erba verde, soffice, erba che non dura", le rispose Adrian, ma pensò se, per caso, non fosse tempo di cominciare a morire.

 
 
 

RACCONTO A PUNTATE DI LAMB

Post n°6 pubblicato il 28 Settembre 2006 da lamb4ever
Foto di lamb4ever

ADRIAN

Organismo pluricellulare di tipo umano in costante crescita aurale verso l'interno

2.

SYNAPTICOSCILLATOR

 Nella sua forma tangibile, l'Oscillatore Sinaptico si presentava come una piccola periferica ad autointrusione sottocutanea collegata ad un computer palmare di ultima generazione, di quelli con
chip di memoria R.E.M., in grado di immagazzinare automaticamente i tuoi sogni migliori e sganciarteli nel sonno quando i sensori captavano che stavi facendo un sogno di merda. Questo almeno era quello che dicevano per venderli. Negli spot pubblicitari si vedeva il tizio che parlava dalla tribuna e diceva
-"I HAVE A DREAM!!"
e dal pubblico, un tizio che sembrava il paradigma della sfiga rispondeva
."HEY, MAN, I HAVE MORE THAN 10'000 IN MY PALM!!".
Dopo sarebbe stata la volta del nero dire la sua, probabilmente "Ma vaffanculo..", ma, come accadde nella realtà, gli toglievano la parola. Tutti sorridevano con il loro cazzillo in mano. Stop.
In realtà si trattava di ben altra cosa. Era l'unica tecnologia che permettesse il traffico di dati da e verso il cervello senza tramite, niente parole, niente immagini. Solamente pensieri allo stato puro. Potevi ascoltare l'ultimo disco dei Korn e contemporaneamente accordare un pianoforte a coda oppure, se volevi, tenere una lezione di teologia e guardare Ben Hur rimasterizzato. Stare ad ascoltare tuo padre che ti spiegava perché, figliolo, vent'anni prima era fuggito di casa con quell'austriaco con i baffi e studiare l'interpretazione di Testi Antichi per conto del British Museum. E così via, pensate pure voi ad altri esempi, se volete, non posso mica fare tutto io. In ogni caso...stupendo, vero? Già. Molto meno noto era il fatto che, attraverso la connessione al database centrale, chiunque avrebbe potuto pensare i vostri pensieri e, soprattutto farvi pensare con i loro. Sì, in effetti qualche episodio degno di nota si era verificato... Di tanto in tanto capitava che perfetti sconosciuti si abbracciassero per strada come se fossero gemelli separati nella culla, oppure che un bambino di cinque anni aggredisse una suora gridando " Voglio che mia moglie torni a casa da me!". Avete poco da ridere, avrebbero fregato anche voi, come vi fregarono con i cellulari, posta elettronica e quant'altro. D'altronde.
Naturalmente Adrian non pensava certo di fornire l'umanità di un ennesimo ammennicolo tecno-inutile con il quale gingillarsi nelle sere d'inverno.
Dalla presentazione del prototipo in poi, Adrian aveva dovuto fare i conti con le ottuse e puerili regole della pubblicità. La Divisione Creativi aveva deciso che tutta l'operazione si sarebbe svolta intorno ad Adrian, per sfruttare la capacità di penetrazione dell'immagine dell'inventore/sognatore che crede nel suo progetto e via dicendo e perciò lui, Adrian, si sarebbe dovuto impegnare, diciamo così, in prima persona. Se andava bene per i ravioli doveva andare bene anche per il L.A.S.T. Già, a quanto pareva, "Oscillatore Sinaptico" non "bucava", va da sé che si arrampicarono sugli specchi per trovare una sigla che fosse composta con il cognome di Adrian, volesse dire qualsiasi cosa. E così: Lost Avenue Sinaptic Tuner. Non voleva dire un cazzo ma era così attraente..uuuhh.
Era ovvio che un mezzo tale attraesse l'attenzione del governo, ma la cosa non impensieriva Adrian più di tanto. La Commissione si presentava di tanto in tanto, stendeva una relazione praticamente sotto dettatura e se ne andava da dove era venuta.
Esisteva una scala gerarchica di conoscenza, nella Multinazionale che controllava la diffusione commerciale del L.A.S.T salendo la quale si avevano informazioni sempre più dettagliate sulla natura dell' Oscillatore. Clienti e rivenditori sapevano a malapena che aspetto aveva, i ricercatori sapevano quanto competeva al loro specifico settore, i loro coordinatori qualcosina in più.
Alcuni aspetti del Software erano noti solo ad Adrian.

 
 
 

RACCONTO A PUNTATE DI LAMB

Post n°7 pubblicato il 04 Ottobre 2006 da lamb4ever

 

ADRIAN

Organismo pluricellulare di tipo umano in costante crescita aurale verso l'interno

3.

Lydia.

Alle 9 di sera Adrian e la sua giornata avevano, per così dire, avuto abbastanza l'uno dall'altra.
Così si addormentò nella penombra, improvvisamente, come gli succedeva da un po' di tempo, con il tipico sordo click in fondo al cervello, come un relais che scattasse interrompendo il flusso di luci, ombre e brusio di cui era fatta la sua vita. E la vostra? Popolata di persone stupide e cattive, immagino. Continuate pure a sorridere.
Venne risvegliato da un buffetto sulla coscia destra, leggerissimo ma secco, una piccola mano dai riflessi abbastanza veloci da muoversi più rapidamente del pensiero umano. Molto più rapidamente. Aprì gli occhi e non vide nessuno, la stanza era deserta, ma non se ne stupì affatto, perché sapeva che quello era il modo di annunciarsi di Lydia. Sorrise e chiuse gli occhi. Respirò l'odore antico di canfora e frutti che illuminava l'aria, il suo odore, in volute di autentica beatitudine. Fu la prima cosa che conobbe di lei, anni prima. Gli succedeva di sentirlo improvvisamente, quando era solo, senza capire da dove venisse e lo faceva cadere in uno stato di estasi al quale non si sarebbe mai abituato.
La sentì sorridere a sua volta.
- Ti sono mancata?-
La sua voce dolce e roca rimbalzò tra le pareti del cranio di Adrian.
- Certo, ti aspettavo..-.
-Bugiardo, dormivi senza sogni, come una cosa abbandonata. Lo sai che non voglio. Non sei contento di me?-
- Molto, ma non vorrai assumerti la responsabilità di ogni mio stato d'animo, spero. Hai già di che occuparti, immagino, quando non sei qui.- E sorrise, l'incauto. La sentì tremare di rabbia, sibilare e muoversi per la stanza, ma non parlò per un po'. Adrian sentì di aver detto la cosa sbagliata, si chiese se, per caso, quelle sue piccole mani non avessero... per esempio... artigli retrattili. E si sentì in pericolo.
La voce di Lydia era calma:
-Lo sai che cosa rischio per venire qui? Potrei essere distrutta. Da dove io provengo non sono ammesse forme di debolezza, meno che mai nella sfera dei sentimenti. Ciò che provo per te mi rende diversa dai miei simili e mi rende riconoscibile come dalle tue parti lo sono le mosche bianche. Sto sempre da sola per non espormi agli sguardi dei miei compagni. Sto ferma, in silenzio, nella speranza di farmi dimenticare da tutti. Faccio una vita miserabile. Solo per cullami nel desiderio di te.-
Adrian si sentì a disagio, era stato maldestro e ricordava bene quanto Lydia diventasse imprevedibile in questi casi. Una volta conficcò il coltello da surgelati che Adrian stava maneggiando nel muro della cucina, con uno schiocco nell'aria umida che non riusciva a credere che qualcosa l'avesse spostata così in fretta. Forse un milionesimo di secondo. Anche questa volta, prima che egli potesse scusarsi (sapendo bene che la cosa non aveva alcun senso per lei), lei lo baciò, un bacio tenero e disperato, una farfalla viola al centro dell'oceano.
- Solo per cullarmi nel desiderio di te- disse ancora.
Quando aprì gli occhi vide i vetri delle finestre liquefarsi lasciando entrare nella stanza la sera.
Lydia se ne era andata.
Poco lontano sentì il suono della voce di Lamb cantare il suo amore per la vita, che, con lui, faceva la ritrosa:
"Nutri il mio gesto così, per tutti gli anni, per tutti gli anni ed ancora...".
Dolce, sfortunato Lamb dai grandi occhi.

 
 
 

RACCONTO A PUNTATE DI LAMB

Post n°8 pubblicato il 12 Ottobre 2006 da lamb4ever

 

ADRIAN

Organismo pluricellulare di tipo umano in costante crescita aurale verso l'interno

4.

Lamb.


Dava l'impressione di non sapere mai con esattezza dove si trovasse e perché. E neanche "quando", in certi giorni. Ma non era cattivo, né lo sarebbe mai diventato abbastanza in tempo utile e lo sapeva.
La cosa peggiore di Lamb era la sua abitudine di "camminare", come diceva lui. La definizione comprendeva domande indiscrete, ipotesi fantasiose di cui parlava a tutti, gags incomprensibili e soprattutto entrare ovunque trovasse una porta aperta, per aggirarsi senza fare alcun rumore per le stanze. Te lo trovavi di fianco con la faccia di uno che è sempre stato lì, se stavi parlando tra te e te entrava nel discorso, imitando la tua voce. Adrian c'era abituato, Lilith non lo poteva soffrire, era convinta che lo facesse apposta.
Lamb entrò in cucina, guardò Adrian con la sua aria svagata, prese in mano la bottiglia di birra ormai vuota sul tavolo, guardandola come se fosse una colomba morta. -Ti va una birretta, Lamb? Ce ne sono, in frigo.- Invece Lamb fissò Adrian negli occhi, sereno, come se volesse assicurarsi che aveva tutta la sua attenzione... come dire: – Guarda un po' qui -. Poi, protendendo le labbra, emise un fischio basso, gutturale, opaco. FFHHHUUUU. Prima che Adrian dimenticasse quel suono, Lamb aveva soffiato nel collo della bottiglia emettendo lo stesso identico suono, che lui aveva indovinato limitandosi a guardare solo per un istante la bottiglia. Un gioco di prestigio di quelli che Lamb faceva per vedere sulla faccia di Adrian quel sorriso perplesso che era un invito a restare a cena.
Adrian nutriva per Lamb quello che si potrebbe definire una curiosa predilezione, in quanto rappresentava la confutazione vivente di quasi tutti le sue congetture.
Adrian era convinto che ognuno dei conflitti, interiori e non, che generavano l'infelicità umana, derivava dall'impossibilità di soddisfare dei desideri. Aveva inoltre osservato che ogni cosa poteva essere immaginata. L'immaginazione era la sorgente interna di ogni percezione. Ad esempio: un suono poteva essere percepito dal cervello anche nel silenzio più totale, in forma di ricordo, oppure creato dal soggetto, allo stesso modo un'immagine poteva essere "vista" nella memoria anche al buio o guardando altre immagini. Una linea viene immaginata dal pittore prima di essere tracciata sulla tela. Ma non tutti hanno il dono di un'immaginazione feconda. Da qui l'infelicità. E da qui l'idea di Adrian di creare l'Oscillatore.
Il problema era che Lamb non desiderava nulla. Non era sempre stato così, c'era stato un tempo in cui speranze e timori, gioia e tristezza, pace e rabbia avevano abitato il cuore di Lamb come quello di ogni altro uomo. Poi un giorno si svegliò diverso, la sua mente era solo un libro dalle pagine bianche con su scritto il suo nome. Che poteva fare Adrian per lui?
Lo so, alcuni di voi penseranno che ci sia un che di autobiografico in questo racconto. Ma non è così. Di certo avrete due amici che si chiamano Giovanni, tre almeno il cui nome è Marco e, dati i tempi, due Jessica, due Samantha e un Kevin. Bè, io conosco due tizi che si chiamano Lamb.

 
 
 

RACCONTO A PUNTATE DI LAMB

Post n°9 pubblicato il 25 Ottobre 2006 da lamb4ever


ADRIAN

Organismo pluricellulare di tipo umano in costante crescita aurale verso l'interno

5.

Dick.

 

In cima alla collina, il mattino era senza colore. Dick spense il motore e scese dall'auto, confermando il sospetto che si sarebbe trovato di fronte ad una sorta di mise-en-espace del suo stato d'animo. Incolore silenzio tendente al nulla.
Si accese un'altra sigaretta ( perché non smetti, Dick?) e fumò nella nebbia, aspettando che qualcosa lo spingesse a suonare il campanello, cosa che l'avrebbe trascinato nel carosello senza senso che si ostinava a definire senza troppa convinzione "lavoro".
Dick era un accordatore di pianoforti. Un lavoro da vecchi, o da ciechi. E Dick si sentiva anche peggio di così.
E pensare che fino a pochi anni fa, mettere le mani su un Pleyel del 1875, ridare smalto alla voce nobile ed antica del pianoforte preferito da Chopin, l'avrebbe colmato di emozioni, si sarebbe sentito importante. Avrebbe viaggiato nel tempo accarezzando il legno delicato ed odoroso di quel testimone di un'epoca, avrebbe visto con gli occhi della mente lo strumento mentre veniva costruito, poi l'avrebbe sentito suonare nell'aria profumata dalle ampie vesti delle donne, mosse dal vento di una danza, e poi da altre danze lungo le stagioni della giovinezza di quelle persone e del mondo. Avrebbe udito le sue note che da romantiche diventavano oniriche e visionarie con Debussy, Ravel, Satie, fino a suonare di nuovo Chopin che ritornava da oltre l'oceano, innervato e sferzato dai colpi di reni di sciamani in trance, di terzine e controtempi, fino ad astrarre il suo timbro di mandorla sotto una resina di accordi a quarte, uno specchio sul quale Miles Davis, ad esempio, condensava una rugiada acida dal soffio della sua tromba.
Di certo, una inspiegabile ma pungente fitta di nostalgia l'avrebbe turbato, al pensiero di quei momenti, avvenuti lontano nel tempo, quando lui neanche esisteva.
Lontano?
Quanto sono lontani da te un amore, un suono, l'odore di una pelle amata, il sapore di una albicocca calda di sole, in un presente in cui non esisti?
Questa domanda è importante, rifletteteci, se non volete perdere il vostro tempo, perché è esattamente così che si sentiva Dick: non si sentiva più esistere.
Capita anche a voi, lo so. E che fate quando vi perdete? Cercate le prove che siete reali. Ad esempio, guardate vecchie foto. Non è forse vero? Così aveva fatto Dick, la sera prima, aveva viaggiato nel tempo, nel suo tempo, aveva cavalcato la lancetta delle ore della sua vita.
Un giovane Dick seduto tra i compagni della banda del quartiere, con il suo sax nuovo e luccicante, almeno quanto i suoi occhi stupefatti.
Dick cresciuto, sempre col suo sax. Meno lucido il sax, più intenso e un po' triste lo sguardo di Dick.
Dick che suona, con l'aria di chi sta cambiando il mondo, il sax è il centro esatto della musica e lui ci sta soffiando dentro.
Dick dopo un concerto, è con alcuni musicisti, qualche ammiratore, qualcuno gli tocca una spalla, lui è l'unico che non ride.
Dick non rideva perché si stava chiedendo che cosa si sarebbe inventato la sera dopo. Era necessario, per evitare di finire proprio lì, dove si trovava ora.
Che cos'è che era andato perduto? Cosa aveva dimenticato? Un tempo c'era stata una luce, dentro, che si irradiava dalle pareti,(se così si può dire), di Dick verso il centro di Dick. Era da lì che veniva la musica.
Istintivamente si guardò l'avambraccio, dove pochi giorni prima gli avevano piazzato sotto la pelle quella specie di neo trasparente che, gli avevano detto, serviva per collegare lui, Dick, a quella scatoletta dal nome complicato, come tutte queste cose moderne. Lui non ci aveva capito nulla, ma il tipo gli aveva assicurato che sarebbe stato un toccasana. Non avrebbe più fatto sogni in cui aiutava un suo amico batterista a nascondere un cadavere, col tempo la luce sarebbe tornata e con quella la musica.
Mentre pensava a Martine che gli diceva: -Perché non riprendi a suonare?- premette il pulsante di ottone che azionava il videocitofono del castello. Poco dopo il cancello si aprì, l'enorme cane nero non lo sbranò. Dick non uccise né lui, né i discendenti in linea diretta dei feudatari del luogo con la sfortunata servitù. Non che per questo la giornata promettesse molto, ma più tardi avrebbe provato ad accendere quel coso.

 
 
 

RACCONTO A PUNTATE DI LAMB

Post n°10 pubblicato il 10 Novembre 2006 da lamb4ever

ADRIAN

Organismo pluricellulare di tipo umano in costante crescita aurale verso l'interno


6.

La vita del mezzadro è una forma d'arte basata sulla rabbia.


Adrian aveva cominciato a pensare all'idea dell'Oscillatore Sinaptico in un giorno di festa, visitando le bancarelle di un mercatino delle pulci, affollate di gente che comprava tracce solide di memoria di altra gente con cui riempirsi la casa, l'esistenza, la coscienza del sé, chiamatela come volete. Tanto, quale che sia il nome che le darete, non toglierà dalle loro facce quell'espressione di meraviglia , falsa come le sostanze iniettate nei cibi da poco prezzo, quei magici additivi che trasformano i liquami di scarto in prelibatezze. Che poi era esattamente quello che stava succedendo, se mi passate la metafora. Adrian stava guardando alcune fotografie, riunite in un blocco, appartenute al patrimonio di ricordi di chissà quale famiglia, quando Lilith gli chiese:
-Che fai?-
-Sto viaggiando nel tempo- le rispose, lo sguardo nel vuoto. Era la prima volta che usava quell'espressione riferendosi all'immaginazione e, anche se lo fece così, scherzando alla sua maniera, qualcosa si era mosso dentro di lui.
Pensava a quel giorno, ora, mentre stavano seduti in Piazza dei Miracoli, a Pisa, ed osservavano i turisti venuti da ogni parte del mondo per vedere la Torre Pendente.
-Penso che non mi ci abituerei mai- disse Adrian, interrompendo un lungo silenzio, di quelli che solo Lilith poteva tollerare.
-A cosa?... - rise Lilith e aggiunse -Ora dirai qualcosa come "Guardati intorno, quasi tutto il patrimonio genetico umano compreso nel nostro campo visivo" -
-Già, ci hai preso, almeno in parte, ma pensavo alle loro storie, i loro desideri, le loro paure, che cosa pensano del tempo in cui vivono... se ci pensano...-
-Infatti io non credo che tutte queste persone riflettano abitualmente sul loro presente più di quanto non riflettano sul passato. Perfino qui, in questo posto che ne è così carico. Non stanno forse facendo tutti più o meno i pagliacci? Non si stanno tutti facendo fotografare mentre fanno finta di sostenere la torre?-
-Sì, forse hai ragione. Fatti non fummo a viver come bruti, forse, ma questo non ci risparmia un sacco di dolenti contraddizioni.-
-...Dolenti?-
-Sì. La gente parla in continuazione, ma la loro anima è muta. La tengono nascosta, protetta da un muro di pietra, e in pietra si trasforma anch'essa, con il tempo. Per il freddo e la fame. Perché?-
-Per la rabbia .. è a causa della rabbia.- disse Lilith. E continuò:
-Queste genti che tu vedi avvolte nelle loro vesti sgargianti e pulite, poche generazioni fa erano mezzadri. Il loro patrimonio stava tutto nella forza delle loro braccia, il loro destino si reggeva sulla loro schiena, e quella vita era chiamata "vita" finché rimaneva loro ancora un po' di salute da vendere a prezzo di moneta.-
-Che vuoi dire?-
-Voglio dire che la memoria storica di cui tanto si parla è presente nella mente della gente, ma è quella. Ci sono sempre state due sole possibilità: schiavo o padrone, vinto o vincitore, mezzadro o possidente, sopra o sotto.-
-Tu pensi che, malgrado ogni cosa sia cambiata, da allora, con tutta questa tecnologia, in fondo la gente ragioni ancora allo stesso modo?-
-Il passato vissuto dai popoli è come questi monumenti, fatti di pietre riciclate da edifici di epoca romana crollati o distrutti: sono ordinate secondo schemi diversi, ma sono le stesse pietre, e le scritte che recano si leggono ancora.- disse Lilith indicando il muro di marmo bianco.
-E allo stesso modo- continuò -posso dire che si tratta di una forma d'arte-
-?- tacque Adrian
-Proprio così. La vita del mezzadro è una forma d'arte basata sulla rabbia-
-Come Michelangelo!- disse Adrian – Ciò che faceva Michelangelo era mettere a nudo una forma che solo lui vedeva, già presente, dentro il blocco di marmo, in grado di esprimere un sentimento altissimo come la Pietà; e questa forma, rivelata, mette a sua volta a nudo l'animo umano ancora oggi e ci rende capaci di concepire la Pietà, senza retorica, su un piano puramente emotivo. E perciò più autentico, intimo, profondo.-
-Sì, Adrian, allo stesso modo la vita del mezzadro attraversa il tempo e le generazioni, la sua pelle scorticata e bruciata dal sole si trova appena uno strato sotto la nostra pelle liscia e condiziona le nostre azioni e le nostre emozioni. Come una statua scolpita nell'istinto.- Lilith lasciò ad Adrian e a se stessa il tempo di assorbire quei pensieri, scaturiti all'improvviso, come se venissero dal sottosuolo, poi concluse:
-...Questa idea mi fa capire il perché di tanta insensatezza. Per secoli poco o nulla è cambiato, il contatto con la natura era assolutamente diretto, a causa della fatica di manipolarla così, ogni giorno, senza intermediari. Mi spiego?- s'infervorava Lilith- Parlo del contatto della materia di cui è fatto il corpo umano con la materia di cui è fatto il pianeta. In questo risiede l'universo del mezzadro. E di quell'essere puoi vedere in ognuno di questi turisti qualche traccia: per alcuni è il senso della famiglia, per altri il senso pratico, per molti un' indefinita forma di timore. Guardali, Adrian, così svagati, innocui, così goffi e ridicoli da ispirare la bonomia che si riserva ai bambini. Ma l'istinto dell'uomo moderno è identico a quello del mezzadro, le energie che erano il suo capitale in passato sono le stesse di oggi. E la più importante è la rabbia. E' la rabbia la sostanza che trasforma la carne dolce dei bambini nel fascio di corde robuste e tese di cui è fatto il corpo del mezzadro. La rabbia tiene insieme i fasciami del loro cuore quando il dolore si abbatte su di loro. La tristezza è un lusso che il mezzadro non si può permettere, la rabbia, invece sì. E poco importa se ancora oggi serra loro la gola, quando seduti intorno alla tavola, la sera, non riescono a dire "ti voglio bene" oppure "ho paura" . Poi è troppo tardi....troppo tardi.-.
Adrian tacque e cinse Lilith con un braccio, poi prese a pizzicarla sussurrando stupidaggini, anche se era tutto inutile perché sapeva che Lilith aveva ormai aperto il libro di tristezza che teneva chiuso nel suo cuore e quella giornata ne sarebbe stata stroncata, non sarebbe più stata in grado di reggersi in piedi sulle sue ore. Più tardi Adrian la guardò nel profondo dei suoi occhi, ma essi non lo videro.
Così va il mondo.

 
 
 

RACCONTO A PUNTATE DI LAMB

Post n°11 pubblicato il 12 Febbraio 2007 da lamb4ever



7.

L'uomo con la pistola.


Adrian aprì la posta, già sapendo che conteneva l'ultimo dispaccio di Aurora con i risultati dell'analisi interpretativa dei sogni che Adrian le aveva raccontato nelle mail di qualche giorno addietro. Una curiosità decisamente infantile, per la sua età, lo spingeva a proseguire questo gioco un po' bizzarro. Farsi psicanalizzare via e-mail da qualcuno che neanche sei sicuro che esista....
Bè, c'era anche il fatto che non riusciva, al momento a ricordare se li aveva fatti davvero, quei sogni o se l'era inventati di sana pianta. Ed anche: trattavasi di dettaglio importante? Niente da fare, non ricordava, la testa stava andando definitivamente a puttane. E' così.
Ma, amore mio, adoro (!!!) essere così stanco!
..In ogni caso...
Il tanto atteso responso era molto semplice e conciso: per mettersi sulle tracce del suo nodo gordiano, doveva concentrare le sue ricerche sull'immagine di un uomo con la pistola.
...Ma che cazzo...?
...Ok.
Adrian si concentrò, come sempre faceva, seguendo le indicazioni di Aurora, e cioè pressappoco :
" Si rilassi compiendo, in un luogo che la metta a suo agio, azioni che le sorgono naturali, senza sforzo".
Sicchè mangiò carne cruda, guardando un film di Woody Allen, cercando di individuare nei rumori del traffico frammenti ritmici o melodici che egli potesse ricondurre allo stile del famoso pianista-scultore-pilota di pace Balthasar Brennenstuhl.
Il primo uomo con la pistola che emerse dal fondo dei suoi ricordi fu una donna.
Adrian ricordava il tondo nero della canna del revolver puntato su di lui comparire all'improvviso da dietro la porta della cucina e, subito dopo, gli occhi a mandorla ed il bel viso di sua madre, un mistero orientale senza soluzione, che gli diceva:
- Hai paura?
Ma Adrian non riusciva, proprio non riusciva a ricordare, il tono con cui lo disse. Accidenti.
Era: "Hai paura? (No, piccolo mio, non spaventarti, la tua mamma non ti farebbe mai del male!)
Oppure "Hai paura? (Interpretando un personaggio western, diciamo ad esempio lo sceriffo. E' bellissimo, mamma, che tu trovi il tempo per giocare con me. Però, cazzo, non vedi che mi sto cacando sotto??? Diobono, sembra vero, 'sto cannone!)
Poi, stranamente pensò a suo padre.
Lo vide sconvolto (ehi, anche i grandi piangono? Ma che storia è questa?). Sedeva sul letto quando il piccolo Adrian entrò nella stanza. Ma....Ah, ora capisco. Non era forse una pistola quella che nascose rapidamente sotto il cuscino?
Per tutto il resto dell'infanzia di Adrian non c'è traccia di pistoleros. Adrian detestava le armi da bambino non meno che da adulto. Supereroi a bizzeffe, selvaggi, detectives armati solo del loro acume, spiriti con la scure, scherzi di natura volanti, inguardabili, ma nobili d'animo: questi erano i suoi idoli. Ma nessunissimo fottuto uomo con la pistola.
Che questa volta l'ottima Aurora abbia preso la madre di tutte le cantonate? Bè, colpa mia, si rammaricò, mi sa che me li sono proprio inventati, quei sogni.
Mentre ci pensava su un po', Adrian ingannò il tempo rispondendo con molto ritardo ad una lettera di Estrela, una bambina prodigio che faceva incredibili numeri da fachiro, sposata ad un musicista country grande atleta e distillatore di liquori.
"
Ciao, come va?
Non mi sono dimenticato di voi, è che faccio una vita di merda e ne sono entusiasta. Così vado di merda in merda e non riesco a trovare il tempo per passare a trovare né voi nè quelle altre poche persone a cui voglio bene. Nel frattempo frequento assiduamente nutrite folle di gente che detesto nei più intimi fondamenti, clienti che scioglierei volentieri nell'acido, parenti che mi ignorano da sempre, donne psicopatiche alcune delle quali tentano di uccidermi o, almeno di menomarmi, una settimana sì e una no.
Insomma sto bene, a parte il fatto di essere vivente (questo rapido passaggio prima della luce) in una delle epoche più stronze di tutto il decorso della patologia chiamata "uomo", contratta centomila anni fa dal pianeta. Uno streptococco in costante aumento di peso, rughe, acredine e cinismo, ecco ciò che mi sento e sono. Ma, certo, non è una buona ragione per non aiutarvi a trasportare di sotto il vostro pianoforte, perciò vogliate accettare le mie più sentite scuse."
Sì, pensò Adrian, devo proprio raccontare ad Aurora qualcosa di realmente accaduto nella mia infanzia. Qualcosa di decisamente nodale.
Ci sono.
Ci fu un giorno, nel mio quinto anno di vita, in cui, con ogni probabilità, vennero gettate le basi fondamentali del mio carattere. Tutto in poche ore.
Quell'estate mia madre (l'asiatica di prima) ebbe la ghiotta occasione di portarmi al mare, perchè la sua amica del cuore in quei giorni lontani, Grazia (poteva mai avere nome più adatto?), possedeva una casa a Rapallo. Così, nei miei ricordi, quella giornata iniziò con un lungo viaggio (catartico? Iniziatico?) che culminò con la visione inedita e improvvisa del mare, un orizzonte liquido ed infinito che confutava vertiginosamente la mia certezza di una terra solida, vicina, scoscesa spesse volte. Odorosa e avida di luce.
Più tardi, a casa, forse per tenermi occupato mentre facevano la doccia, Grazia mi mostrò il suo vecchio pianoforte. Ricordo la sua massa imponente, scura, misteriosa ed attraente. Lo guardavo irretito. Poi nel mio campo visivo entrò il bagliore di una piccola chiave, il silenzio fu rotto dallo scatto della serratura e poi... il mondo venne creato di nuovo! E non da Dio, in sei giorni, ma da me, bastava premere quelle cose bianche e nere. A sinistra c'erano i suoni sinistri e bui delle viscere della terra, poi, spostandosi verso destra, campane, voci di uomini, donne, bambini, e poi sempre più in alto verso il cielo di quel mondo in cui volavano uccelli di cristallo, piccolissimi.
Non so quanto tempo restai immerso in quell'estasi inimmaginabile. Ad un tratto mi mossi, per l'impulso infantile di cercare i grandi, specie in un luogo sconosciuto come quello.
Grazia era una giovane donna molto avvenente e, quando entrai nella stanza attigua al bagno, si stava pettinando, davanti allo specchio, senza niente addosso. E fu così che scoprii come sono fatte le donne sotto i vestiti. Quando si accorse di me , di fronte alla mia innocente meraviglia, la sua reazione fu di sorridermi dolcemente e, di questo le sarò eternamente grato. Onore a te, essere divino, ovunque tu sia.
Ecco, potrei raccontare questo, ad Aurora.
Ma, Dio, come è tardi...

 
 
 
 
 

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