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Randagi

Post n°229 pubblicato il 23 Dicembre 2009 da languageisavirus001

 

Tutto quello che mi è rimasto

È una vecchia foto in bianco e nero nel portafoglio

Scattata chissà dove

E lei è quasi irriconoscibile

I lunghi capelli che danzano nel vento

Il cappotto aperto il sorriso acquoso

E dietro la gente che passa noncurante

Dicono che quando hai il diavolo accanto

Fai cose di cui non saresti mai capace

Io so che dopo qualche tempo

Il suo corpo privo di vita

Giaceva nel bagagliaio della mia auto

E il puzzo era ormai tanto forte che

Si era formato un piccolo branco di cani randagi che mi seguiva ovunque

Fu così che decisi di liberarmi di lei

Di seppellire il suo cadavere nel deserto

In un posto che conoscevo solo io

Quella notte era fredda nera maligna

Tanto fredda che la luna sembrava di ghiaccio

E io ero talmente fatto

Che riuscii solo ad aprire il bagagliaio

E gettare i suoi poveri resti

Per poi scappare via con una gomma a terra

E uno di quei cani randagi che non so come mi aveva raggiunto

Correva e correva a fianco della mia macchina

Vedevo il suo sguardo storto nello specchietto

Nemmeno sparargli addosso un intero caricatore

Era bastato a togliermelo di mezzo

 

 
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Vapore

Post n°228 pubblicato il 03 Dicembre 2009 da languageisavirus001

 

Sembra che J.G. Ballard stia riposando nel deserto di Vermilion Sands

Di notte nel quieto baluginio delle stelle

Qualcuno lo ha visto camminare tra le dune di sabbia con passo sfuggente

C'è invece chi dice si tratti di immaginazione

Di un effetto ottico

Solo vapore che sale dalle dune con il freddo della notte

E che James sia sparito

Lasciandoci soli a districarci tra le pieghe della normalità

 
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R.I.P.

Post n°212 pubblicato il 21 Aprile 2009 da languageisavirus001

 
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Orthodoxy

Post n°210 pubblicato il 16 Febbraio 2009 da languageisavirus001


 


Ortodossia e austerità


 


Tolte quelle ormai rimane ben poco


 


Qualche demone privato


 


Il presente che si dilata a dismisura


 


Ipertiroideo


 


Una manciata di tradizioni


 


Tramandate insieme a un sacco di cianfrusaglie


 


E l’assoluta certezza che può solo avere uno sguardo vacuo


 


Nell’osservare la splendida decadenza che ci circonda


 


L’incanto di un’anomalia finita su una stampa ai sali d’argento


 


Rabbia lucida che trascende forma e sostanza


 


 


 


Immagine: Graciela Iturbide, Senza titolo, Serie El Baňo de Frida 2004


 




 




 


 
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Post N° 209

Post n°209 pubblicato il 23 Dicembre 2008 da languageisavirus001

Dicono che sei bella

E quanto succede non scalfisce la tua corazza di gomma

Cambi pelle come i serpenti

Piccoli aggiustamenti

Impercettibili ai piu'

A seconda della necessità

Semi di papavero che rotolano sul pavimento

E quelle specie di ali da pipistrello

Attaccate morbosamente

Al corpo piccolo

Cuoio rosa bruciato

Il rumore sordo del sangue

Gorgogliante nella gola

E il buco della pistola

Osceno e ancestrale

Al posto della bocca

Come il bacio nero della morte

 
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Post N° 207

Post n°207 pubblicato il 10 Novembre 2008 da languageisavirus001

A pranzo con Burroughs abbiamo parlato di tutto
tempo scrittura politica malattia
parole che rimbalzavano sui muri grezzi del diner
e l'alito che sapeva di marijuana e tequila
Andammo avanti per un po' a gesticolare
a vociare deliberatamente nel locale affollato
le mani che mulinavano in aria senza sosta
disegnando figure spigoli e angoli alla Mondrian
il suo pastrano nero tipo rabbino
che ondeggiava sulle spalle magre
poi a un certo punto ha tirato fuori la pistola che si porta sempre dietro
un cannone che tiene nella fondina in cuoio sotto l'ascella sinistra
mi ha guardato fisso per qualche secondo come a voler trovare le parole e ha detto
"serve a tenere lontano il marcio non vogliamo fargli sapere che tutto è perduto, vero ?"
"già" faccio io "capisco"
la gente intorno a noi che si alzava terrorizzata

 
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Post N° 206

Post n°206 pubblicato il 09 Settembre 2008 da languageisavirus001

Non riesco a togliermi da dosso l’odore della morte

L’afrore insopportabile del suo bacio

Del tempo selvaggio che misura le dimensioni dell’assenza

Io non credo nell’esistenza del Male

Nel subirne le conseguenze

Senza quell’improbabile guscio di violenza che mi protegge

Da assuefazione e reiterazione

Da bisogno e ineluttabilità

Sentirei le ossa sbriciolarsi

Sotto il peso di un cielo di cenere

 

Immagine: Egon Schiele, Self – Portrait 1911

 
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Post N° 205

Post n°205 pubblicato il 29 Agosto 2008 da languageisavirus001

AMERICAN  IDLE

 
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Post N° 204

Post n°204 pubblicato il 05 Agosto 2008 da languageisavirus001

Lasciate stare Frank Sinatra.

Era questa la voce che girava in quei giorni da Los Angeles a Palm Springs tra i membri del suo clan. Frank era senza pace, di cattivo umore, anzi nessuno l’aveva più visto in quello stato da quando si era lasciato con Ava anni prima, e tutti sanno come il divorzio da Ava lo avesse ridotto.

Nemmeno la due giorni a Tijuana era riuscito a distrarlo, troppa confusione; Frank non si trovava a suo agio in quei posti, lui era da Las Vegas, mille luci, lusso e comodità, anche se i “numeri speciali” delle gemelline messicane lo avevano quantomeno incuriosito.

Di sera, prima di cena Frank era silenzioso, lasciava il numeroso entourage e usciva da solo, un bicchiere di whisky in mano, nel patio della sua villa a Palm Springs.

Dentro, dietro le ampie vetrate, i suoi uomini lo osservavano con preoccupazione, nessuno era ancora riuscito a capire la causa di tale malessere e nessuno osava chiederglielo, aspettavano un cenno, una parola da parte sua. Frank camminava a piccoli passi sul bordo piscina vestito di tutto punto, si fermava un attimo a guardare il cielo rosso del tramonto, un cielo che sembrava sanguinare, posava il bicchiere su una delle sdraio bianche e dalla tasca interna della giacca prendeva il portasigarette e se ne accendeva una con l'accendino d'oro Ronson che gli aveva regalato Ava, poi espirava lentamente una lunga boccata di fumo che il vento caldo del deserto spazzava via.

 
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Post N° 203

Post n°203 pubblicato il 21 Luglio 2008 da languageisavirus001

e quali sono le conseguenze della verità ?

 
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Post N° 202

Post n°202 pubblicato il 20 Luglio 2008 da languageisavirus001

Beware

Language Is A Virus

 
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Post N° 201

Post n°201 pubblicato il 18 Marzo 2008 da languageisavirus001

I primi giorni della Rivoluzione

Quando il tempo sembrava non passare mai

Quasi che fosse una deformazione una variabile impazzita

O forse qualcosa senza più senso alcuno

Quell’abbandono e l’estasi

Provocati dalla percezione che lo stato delle cose stesse per cambiare

Che una mano invisibile ci stesse guidando

Nella nostra crociata profana

Tokyo conquistata in una notte

La resa incondizionata di Shangai

Lo stupore di fronte all’Hermitage

E il ricordo del loro sguardo di pietra

Alla vista del sorriso storto che piegava le nostre labbra sovversive

Nature morte travolte dagli eventi

Il conformismo indifferente imbottito di psicofarmaci

Il potere ciucciacapre che esalava un ultimo respiro affannoso

E la ricchezza delle nazioni

O meglio ciò che ne restava

Spartita alla bell’e meglio

Memoria e oblio che si intrecciano e si cancellano

Senza lasciare traccia

 

Immagine: Banksy, This Revolution Is For Display Purposes Only

 
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Post N° 200

Post n°200 pubblicato il 15 Febbraio 2008 da languageisavirus001

L’evoluzione della specie

Quella che si può trovare fra tè champagne e tartine

Serviti in trecento metri quadri da riattare completamente

E l’avanzata inesorabile di un linguaggio low cost

Con il quale scrivere su muri scrostati un manuale per la sopravvivenza

Un manifesto per il nuovo ordine mondiale

Che si diffonda attraverso le pieghe del sistema

Provocando reazioni al limite della legalità e piccole nevrosi quotidiane

Come Disneyland che diventa la capitale dell’hardcore

E scattare polaroid che l’analogico checchè se ne dica fa ancora tendenza

Ci vorrebbe una macchina per la rimozione dei ricordi collettivi

E alle porte delle città un cartello con su scritto

Si prega di prestare particolare attenzione ai fuochi fatui

Che illuminano la notte di una pallida luce blu

E agli idoli ai quali indirizzare le proprie preghiere

 

Immagine: Banksy, Christ with Shopping Bags, 2004

 
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Post N° 199

Post n°199 pubblicato il 02 Febbraio 2008 da languageisavirus001

Ci fidiamo della polvere

Uno spesso strato è un buon indicatore del tempo che passa

Così come la corazza di Giovanna d’Arco

Può servire a difendersi dalle insidie

E da quella riluttanza che impedisce di cogliere il particolare

Ieri ho comprato una macchina da scrivere

Mi hanno detto fosse in passato appartenuta a qualche personaggio famoso

Sorridendo sono uscito per guardarla alla luce del sole

Ci tengo a giudicare le cose sotto tutti i punti di vista

Peso forma colore stato di conservazione

Un parere circostanziato necessita attenzione e sistematicità

Qualità richieste anche per tenere vivo un dialogo

Con voce calma e chiara enunciare le opportune argomentazioni

Dal piano per un rovesciamento sovversivo dell’ordine costituito

Alle prodezze sessuali intercorse con una ballerina del night club

Perché le regole dell’oblio sono dolorose e i sogni una proiezione del proprio io

Ultimamente di notte mi sembra di vedere enormi fuochi

Le cui fiamme lambiscono il cielo

Nero come l’inchiostro

Facendolo sanguinare

 

Immagine: Jean Auguste Dominique Ingres, Joan of Arc at the Coronation of Charles VII, 1854

 
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Post N° 198

Post n°198 pubblicato il 15 Gennaio 2008 da languageisavirus001

“La gente ha paura di sognare”

Per dirti questo ti svegliava nel mezzo della notte

A raccontare le sue verità e le sue nevrosi

E tu la immaginavi attaccata alla cornetta

Tutta vestita di nero come un corvo

Il corpo adagiato sul divano coperto da un telo

Un sudario tale e quale alla Sindone

In quella stanza buia tra libri e mozziconi

Mentre ti esortava ad osare

A spostare il limite un po’ piu’ in là

A disinteressarti della vita per sperimentare creare

Spianare le cicatrici che solcavano le anime

Al Calcutta dove vi eravate incontrati

Era nota perché riusciva a procurarsi di tutto

Dal Dilaudid da iniettarsi in vena

Seguendo le sue meticolose istruzioni

A misteriosi animali esotici che si faceva arrivare chissà come

E poi perchè si comportava da artista

Mani sporche di inchiostro

Un’onda d’urto devastante e la lucidità

Nello spiegare quanto ignota fosse a tutti la realtà

Impegnati solo a ripetere il conosciuto

Lei rotta ad ogni esperienza sbilenca e disordinata

Perché il mondo dalla sua prospettiva

Non era che un sogno lungo e intenso

Un palco dove rappresentare la vita e la morte

Rosso Pompei alle pareti che fa molto bordello

Un inno stonato all’incoerenza da urlare a squarciagola

Lei testa d’uovo e denti da coccodrillo

Mandria di cavalli imbizzarrita

Che quando fuori nevicava forte

Nel turbinio bianco che ci circondava

Nel silenzio assoluto di una città senza più nome

Era l’unica capace di fermare il tempo

 

Immagine: Miniskirts in snow storm, Manhattan NY, 1969, US National Oceanic and Atmospheric Administration

 
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Post N° 197

Post n°197 pubblicato il 07 Gennaio 2008 da languageisavirus001

La notte era passata indenne

I primi sintomi li riscontrai solamente il giorno dopo

Febbre alta accompagnata da tachicardia e poi convulsioni

Violente scosse che facevano sembrare il mio corpo una marionetta

Le allucinazioni iniziarono ben presto

Quello che vedevo e sentivo era un altro mondo

Negli occhi penetrava una luce lucida e tagliente

Vedevo galleggiare in aria una polvere spessa

Che bruciava al contatto con la pelle

E ogni movimento era accompagnato nella mia testa

Da un suono oscuro come le profondità dell’oceano

Accarezzai più volte l’idea di farla finita       

Mi provocavo da solo davanti allo specchio lasciandolo in frantumi

Schegge di vetro e alluminio che si infilavano sotto pelle

Creando uno strano luccichio un riverbero ingannevole

Disumano come le mie urla che attirarono l’attenzione

Mi ritrovarono raggomitolato in un angolo

Sentivo gli infermieri che dicevano

Di non aver mai visto nulla di simile in vita loro

Dicevano che sarei andato sotto i cipressi

In ambulanza io invece mi vedevo in croce sul Golgota

Il sangue che scorreva lento come il tempo

Tenui immagini granulose

Che lasciavano in bocca quel sapore di vita

Le cose che facciamo e quello che diciamo

L’urgenza della realtà che diventa improrogabile

 

Immagine: Artist unknown, Uki-e, Puppet play in a residence.

 
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Post N° 196

Post n°196 pubblicato il 02 Gennaio 2008 da languageisavirus001

Succhiavi canna da zucchero stretto nella tua piccola giacca da Mao

E scattavi foto a ragazze sole alle quali dicevi di essere il nuovo Newton

Helmut si intende che di fisica non ne capivi poi molto

Impastato com’eri di coscienza di sé e rivoluzione morbida

E quando non ti davi da fare con i ritratti in un interno

Preferivi imbarcati in conversazioni effimere al limite del vago

Tutte con un minimo comun denominatore

Portarti a letto chi avevi di fronte

Cosa che peraltro ti riusciva di rado

E allora rimanevi lì con le parole che ti si scioglievano in bocca

E un altro biglietto da visita con su scritto artista andato perduto

 

Immagine: Andy Warhol, Mao

 
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Post N° 195

Post n°195 pubblicato il 28 Dicembre 2007 da languageisavirus001

Le luci danzano attorno alla Madonna delle Spade

Trafitta da sette lame nel costato

E disegnano cento fiori cremisi sulla sua veste bianca

Mentre i mangiatori di fuoco sputano fiamme

Oscure come maledizioni blasfeme in bocca a non credenti

E la folla si stringe si allarga e si disperde

Al suono di voci e campane urla e tamburi

Mi inchino per rendere omaggio alla Madonna

Ma invece avvicino le labbra

E furtivamente succhio il sangue rappreso

Là dove le lame squarciano il suo corpo

Sento il liquido rosso caldo e torbido

Scivolarmi sulle mani e giù nella gola

Rimango così inginocchiato ed immobile

Circondato da un improvviso silenzio

Attonito ed assordante

Poi a fatica mi alzo

Con in bocca il sapore della morte

 

Immagine: James Rotherham, Madonna of the Seven Sorrows

 
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Post N° 194

Post n°194 pubblicato il 17 Dicembre 2007 da languageisavirus001

Di giorno per guadagnarmi da vivere scrivevo robaccia per varie riviste porno, dalle lettere alla redazione  piene di fantasiose richieste sessuali di amletici teen agers, a brevi racconti che nessuno leggeva mai perchè facevano solo da cornice alle foto. Di sera invece, per non starmene tutto solo a prendere freddo nella mia stanza, andavo ad un corso per la gestione della collera che si teneva in una vecchia scuola di periferia.

Era lì che ci eravamo conosciuti, in un lungo corridoio poco illuminato davanti ad una macchina del caffè automatica. Lei frequentava un gruppo di lettura della Bibbia nell’aula proprio di fronte alla nostra, strana scelta veramente quella di mettere vicino dei timorati di Dio ad un manipolo di scoppiati.

Con le pupille ancora dilatate a furia delle pasticche di dexedrina ingollate prima di uscire di casa, avevo iniziato a parlarle come un forsennato, accennando alla mia redenzione puramente chimica, alle differenze tra l’orgasmo maschile e femminile, alla cultura moderna come sottoprodotto della mercificazione delle masse e quindi della nostra stessa vita, facendo rientrare il tutto in una non meglio precisata teoria cosmogonica.

Con le parole ci sapevo fare e lei a quanto capivo mi voleva vedere ancora. Iniziammo così a frequentarci dopo le nostre rispettive lezioni, discutendo, ascoltando musica a volume inaudito, bevendo e scopando fino allo sfinimento in camera mia sotto gli effetti di ogni tipo di sostanza psicotropa. Non male per una che sosteneva di aver frequentato solo rigide scuole cattoliche gestite da nazisuore e avuto un unico fidanzamento in vita sua, durato dodici anni e finito perché lui, neocatecumenale convinto, si era dileguato in circostanze mai chiarite, sparito nel nulla, così “zot”.

In dicembre, una mattina presto, mi chiamo’ per dirmi che voleva trasferirsi a casa mia, voleva festeggiare Natale con me e la sua famiglia, che pensava fossi l’uomo giusto per lei e credeva in me. Io avevo appena finito il corso sulla collera con una breve dissertazione sugli ovvi limiti dell’auto-apprendimento, applauditissimo da tutti i partecipanti, e sentii i benefici delle lunghe ore di lezione vanificarsi, sciogliersi come neve fresca al sole d’agosto.

Iniziai allora un truce monologo, dicendole che non credevo in niente e nessuno, tantomeno in Natale e a quello che andavano dicendo una manica di sbroccati vestiti di nero, rosso e bianco a seconda della gerarchia. Mano a mano che continuavo sentivo la mia voce alzarsi di tono sempre di più, assieme alla mia foga. Ad un certo punto mi sono intravisto nello specchio. Sbattevo la cornetta sul mobile al ritmo di una canzone doom metal urlando che non avevo tempo da perdere io, che stavo scrivendo il mio romanzo “Holyfood” (saga sci-fi ambientata nella Los Angeles del prossimo futuro dove un gruppo di sopravissuti ad un disastro ecologico di immani proporzioni combatteva strenuamente per il cibo divenuto ormai introvabile), che dovevo essere lasciato in pace, che non me ne fregava niente di lei e della sua fottutissima famiglia. L’avessi avuta per le mani penso ne avrei fatto scempio, con tre dita della mano sinistra formai una pistola e iniziai a sparare intorno a me, sul telefono, sullo specchio, sul letto, BANG BANG BANG BANG !

Potevo vedere l’energia che fluiva fuori da me, i miei pensieri che correvano impazziti in ogni direzione, sentivo una eco che non accennava a fermarsi, gli occhi schizzare fuori dalle orbite, mollai la pistola.

Poi, silenzio.

Silenzio e buio. Avevo sfasciato la cornetta e la lampada che adesso giacevano ai miei piedi.

Statisticamente parlando le possibilità di ri-incontrarci non erano particolarmente significative in una città come quella, attraverso le tapparelle vedevo l’asfalto della strada sottostante luccicare sotto la pioggia, mi sentivo puro.

 
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Post N° 193

Post n°193 pubblicato il 07 Dicembre 2007 da languageisavirus001

All’inizio non ci davo particolare peso. Pensavo di aver raggiunto un diverso grado di sensibilità e conoscenza forse dovuto all’esperienza, all’età che avanza portando con sé una maturità tutta nuova, o a chissà cosa, ma mi sbagliavo.

Con il passare dei giorni mi sono persuaso che quel notare cose invisibili ai più, capirne il linguaggio segreto, percepire fatti, cause e conseguenze prima incomprensibili non è da tutti.

Una inimmaginabile violenza sopita cova negli oggetti che ci circondano. La pistola, che teniamo nel cassetto vicino al letto per ogni evenienza, è pronta ad esploderci in faccia inavvertitamente; la Bibbia con le sue pagine ingiallite così sottili e delicate da sembrare carta velina, conosce ogni nostro difetto e per questo ci giudica con disprezzo.

Per anni abbiamo creduto che la felicità fosse accumulare cose intorno a noi che potessero alleviare il nostro senso di vuoto, quel continuo porsi domande senza riuscire a dare risposte adeguate.   

Abbiamo pensato che possedere fosse l’unico modo possibile per assicurarci un futuro degno e non fatto solamente di oblio. Abbiamo faticato, lottato e ci siamo inimicati tra di noi, ma non avevamo idea di quello che realmente accadeva.

In ospedale mi tagliavo i capelli da solo, in bagno con le forbici. Le ciocche che cadevano per terra su quel pavimento di piastrelle bianche mi facevano uno strano effetto, come se la vita scivolasse via senza controllo alcuno. I dottori, quando mi trovavano con le forbici in mano, volevano sempre sapere dove le avevo prese. Non rispondevo mai.

Mai ho detto loro ciò che sapevo e vedevo. Non potevo risvegliarli dal loro torpore, da quell’illusione di conoscenza che ritenevano di rappresentare. Fanno parte di un sistema che un giorno inesorabilmente li schiaccerà.

Quando sono uscito, ho guardato per un’ultima volta l’ospedale nello specchietto retrovisore del taxi che è venuto a prendermi. Lingue rosse di fuoco lo avvolgevano nel tetro grigiore del pomeriggio invernale.

 

Immagine: Yves Klein “Empreinte par l’eau et le feu” 1961

 
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