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Messaggi di Maggio 2014

 

DA MARIA IMPARIAMO L'UMILTA' ED IL SUO SAPER ESSERE NELLA VERA GRANDEZZA

Post n°807 pubblicato il 30 Maggio 2014 da sebregon

31 MAGGIO
VISITAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA  


 

 

 

 

 


 

 Lc 1, 39-56
 
In quei giorni, Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse: 
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.

 

Maria riceve, Maria dà ed in questo è collima perfettamente  con il divino che l’ha visitata. Il suo andare da Elisabetta è la continuazione della prima visitazione fattale dallo Spirito Santo. Entrare  in contatto con Dio significa dimenticarsi per fare ciò che la vita chiede secondo il modo più umano ed alto di concepirla.

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Questo modo di vivere non può espandere che gioia, una gioia vera che sgorga dall’intimo del cuore ed in particolare per Maria dall’intimo di quel meraviglioso bambino che si portava in grembo. E la gioia di Maria è una con Chi percepisce come suo salvatore, il suo Signore. La madre di Gesù ha il senso vero della tradizione e ad essa fa riferimento perché si sente portatrice dell’attesa d’Israele e dunque ci troviamo di fronte ad una fanciulla che conosce il portato del suo essere al mondo che non è quello del semplice vivere e morire ma d’essere un anello significativo nel contesto più ampio dell’essere umano che vive con intensità il suo rapporto con Dio.

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Imparare da Maria significa non vivere con la testa sotto la sabbia o come  esseri qualunque consegnati al tempo che tutto appiattisce ma come protagonisti, umili sì, ma grandi perché si collocano lungo la traiettoria della divina volontà.

 

La nostra vita e la Parola

 

Spirito Santo che hai visitato Maria  e le hai permesso d’essere la Madre di Gesù aiutaci ad accoglierti nello stesso modo che ha fatto Maria per realizzare le grandi cose che tu hai in mente per noi.

 

Michele Sebregondio

 
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DOPO L'ASCENSIONE SOLO LO SPIRITO SANTO PUO' ILLUMINARCI SULLA SUA VITA. A NOI SPETTA SOLO AMARLO E DESIDERARE DI CONOSCERLO

Post n°806 pubblicato il 29 Maggio 2014 da sebregon

VI SETTIMANA DI PASQUA - GIOVEDÌ




 

 



 Gv 16, 16-20


 
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete».Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». Dicevano perciò: «Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire».Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia».

 

Oggi celebriamo la festa dell’Ascensione di nostro Signore Gesù in cielo e cioè il suo ritorno al Padre. Che cosa ha da dirci questo evento? Pensandovi mi è venuta l’idea che tutti i momenti della vita di Gesù sono stati da Lui pensati come se dovessero, messi uno accanto all’altro,  corrispondere al modo profondo di come è strutturato il nostro spirito. Prendiamo appunto l’Ascensione e cioè la scomparsa definitiva dall’orizzonte di questo mondo non solo a motivo della sua morte effettiva ma anche del suo apparire da Risorto e vediamo come era proprio necessario questo passo e come esso ha una tremenda affinità a ciò che è propriamente nostro e cioè di noi esseri consegnati all’apparire in questo mondo in un certo momento e che continuiamo a vivere in altri momenti in modo che la nostra vita  viva non solo di presente ma anche di tutto ciò che abbiamo vissuto nel passato.

 

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Ora a noi succede che non di tutto quello che viviamo nel presente abbiamo piena consapevolezza e che molte cose le capiamo solo dopo, anche dopo molti anni. Questo ci dice che  la luce che tocca la nostra vita nel presente è molto più forte di ciò che capiamo ed abbiamo bisogno del tempo e cioè di rivederci in un momento posteriore per riuscire a cogliere la ricchezza di ciò che nel passato abbiamo vissuto.

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E’ come se noi non riuscissimo nel presente ad essere completamente consapevoli di tutto il nostro essere. Ebbene questo succede a noi ma applicato a Gesù, che invece ha portato avanti la sua esistenza nella perfetta compresenza e potenza delle sue facoltà, significa che durante la sua vita terrena i suoi atti erano così densi di significato che non potevano essere capiti immediatamente, a parte il suo operare il bene che non poteva non essere visto e giudicato come tale,  e dunque il suo sparire dalla scena di questo mondo somiglia proprio a ciò che succede a noi per la nostra vita e cioè che abbiamo bisogno di rivederla per capirla meglio e più profondamente di quanto magari ne avevamo coscienza al momento in cui la vivevamo. Uscendo allora dalla scena di questo mondo il Signore ci obbliga a ritornare alle sue parole ed alle sue azioni per farceli capire di più.

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Tuttavia non ci affida questo compito come se lo potessimo risolvere ma ci lascia l’aiuto del suo Spirito perché corrisponda al nostro movimento verso di Lui. Lo Spirito Santo farà ricordare ai discepoli ogni parola ed ogni ed ogni azione del Signore e glieli presenterà secondo il modo con il quale Lui li  ha vissuti. E per noi, che siamo suoi discepoli del secondo millennio, è la stessa cosa  anche se non lo abbiamo visto di persona. Non possiamo entrare nel cuore delle sue parole e delle sue azioni se non veniamo aiutati dal dono dello Spirito Santo che Egli ci ha potuto lasciare grazie al fatto che ora se ne sta nel seno del Padre.  Il suo essersene andato ci dice ancora che oltre alla ricchezza che ci ha lasciato c’è ancora un di più infinito e cioè la sua realtà divina in seno al Padre. Infinito e grande è il mistero di Dio e noi piccoli uomini siamo stati amati da tale infinità.

 

La nostra vita e la Parola

 

Spirito Santo illumina la nostra mente perché possiamo essere aiutati ad entrare nelle ricchezze che il Signore Gesù ci ha donato momento dopo momento durante la sua vita e mantienici umili perchè consapevoli di aver ricevuto tutto.

 

Michele Sebregondio

 
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ACCETTANDO LA LUCE PROVENIENTE DALLA VITA DI GESU' RIEMPIREMO DI LUCE LA NOSTRA VITA

Post n°805 pubblicato il 26 Maggio 2014 da sebregon

VI SETTIMANA DI PASQUA – MARTEDÌ


 


 

 

 

 

 

 

Gv 16, 5-11

 
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Ora vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: “Dove vai?”. Anzi, perché vi ho detto questo, la tristezza ha riempito il vostro cuore. Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi. E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. Riguardo al peccato, perché non credono in me; riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato».

 

Se guardiamo alla nostra vita dobbiamo constatare che abbiamo una inclinazione profonda e pervicace a negare d’essere in peccato quando vi cadiamo. Abbiamo una naturale tendenza a coprirci e giustificarci che è proprio quella condizione di peccato di cui parla Gesù. Ciò vuol dire che siamo così immersi nel buio fondo del nostro crederci chissà chi che non ne potremmo uscire se non fossimo aiutati da qualcuno che ci prendesse per mano e ci convincesse che la strada percorsa invece di farci raggiungere il mare ci ha portato in una palude stagna.

 

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Il Paraclito promesso non ci farà vedere la nostra condizione di peccato quasi che ce lo dicesse a parole ed a noi non resterebbe che assentire, ma metterà di fronte a noi la vita del giusto e santo Gesù per farci vedere come di fatto un’altra vita era possibile e se noi non l’abbiamo resa nostra è perché gli abbiamo voltato le spalle.

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Il Paraclito poi non solo ci farà vedere  la vita di Gesù ma anche quella di coloro che si sono ispirati a Lui o, non conoscendolo direttamente, hanno comunque condotto una vita santa. Il mondo per non morire nei suoi peccati ha proprio bisogno della luce del Figlio di Dio proveniente da  tutte le sue parole e dalla contemplazione della sua vita.

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Inoltre il Paraclito farà toccare con mano ai persecutori di Gesù come essi siano stati ingiusti nell’ucciderlo e nell’averlo tolto dal mondo della vita umana così come la viveva. Da queste sue parole comprendiamo che le cose avrebbero potuto andare diversamente se fosse stato accettato per come si era presentato e cioè  beneficando, sanando e portando a tutti il regno di Dio.

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Il suo non ‘mi vedrete più’ è per noi il triste ricordo di un’occasione mancata e cioè di un momento in cui le cose avrebbero potuto andare veramente in modo diverso.  Ora per finire nessuno può sottrarsi a prendere posizione di fronte alla luce portata nel mondo da Gesù ed ecco perché il giudizio. Chi la rifiuta si prende la responsabilità di non viverla e dunque di consegnarsi al mondo delle tenebre. Gesù aggiunge però una parola di speranza in quanto il principe di questo mondo è già in partenza condannato e cioè che chi crede in Lui è già vittorioso.

 

La nostra vita e la Parola

 

Sapirito Santo, che presto sarai da noi onorato ed amato nella festa di Pentecoste, ricordaci tutte le parole di luce del nostro salvatore Gesù perché possiamo portale nei punti più bui della terra e del nostro cuore.

 

Michele Sebregondio

 
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SE NOI FOSSIMO DISPOSTI AD ACCETTARE L'INVITO DI DIO, OH COME CAMBIEREBBE LA VITA D'OGNI UOMO!

Post n°804 pubblicato il 23 Maggio 2014 da sebregon

V SETTIMANA DI PASQUA - SABATO

 

 

 

 

 

Gv 15, 18-21
 
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:«Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia.    Ricordatevi della parola che io vi ho detto: “Un servo non è più grande del suo padrone”. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma faranno a voi tutto questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato». 

 

Nel sentire e dunque nel dire di Gesù c’è tutta la dialettica tra la libertà di Dio e la libertà dell’uomo. Ma da subito dobbiamo dare una risposta alla domanda che salta subito in mente leggendo le sue parole. Quando dice che  ha scelto i discepoli dal mondo verrebbe subito da dire:  “e come mai ha scelto alcuni e non tutti?”. Con questa domanda abbiamo messo in moto la nostra mente razionale e diffidente attribuendo a Gesù, e dunque a Dio, delle preferenze che eleggendo alcuni fa torto agli altri.

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Ebbene occorre subito dire che il miglior principio interpretativo di tutta la bibbia da mettere come pietra angolare è questo: Dio è buono, vero e giusto e se c’è qualcosa che appare alla nostra mente come contraria a questo fondamento è da ritenere frutto della nostra diffidenza e dei nostri peccati.

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Ora per rispondere alla domanda dobbiamo dire che è stata l’unamità a sottrarsi a questo contatto diretto e faccia a faccia con Dio.  Dio all’inizio non ha avuto un contatto preferenziale con l’uno o l’altro uomo, con Adamo piuttosto che con Eva, perché il suo rapporto era diretto con tutti. Solo dopo che la prima umanità si è sottratta a questo modo di relazione ecco che il Signore Dio ha dovuto inventare un’altra modalità e cioè quella di chiedere al singolo uomo di ristabilire quel primitivo rapporto e solo attraverso questa via, a partire da Abramo il primo discepolo del Signore, potrà arrivare a noi il regno di Dio.

 

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All’inizio noi uomini abbiamo ricevuto un dono ma l’abbiamo rifiutato facendoci ingannare dal tentatore che proponeva anche lui un dono, ma futuro. Dico così ‘noi uomini’ perché anche adesso avviene come nei primi tempi, e cioè ci facciamo ingannare da chi ci promette doni futuri dicendo di no a ciò che Dio ci vuole dare e ci ha già dato. Se dunque questo è il quadro e cioè quello in cui Dio come partner di tutta l’umanità è stato messo da parte, allora Egli per dare ancora corso al suo amore ha dovuto trovare un modo diverso per accostarsi all’uomo e questa modalità è quella della chiamata della singola persona perché con il suo sì Gli permetta di portare avanti il suo disegno d’amore e di salvezza.

 

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E Gesù sceglie quelli che vuole ed essi rispondendo alla chiamata iniziano con lui un cammino che li porterà sempre più ad essere introdotti nel mistero di Dio ed alla trasmissione di questo bene così grande che hanno trovato. Il mondo di cui parla Gesù in negativo è quello che nei secoli ha portato avanti la primitiva negazione di Dio ed il pervertimento del cuore dell’uomo.  In questo nuovo quadro entrano in scena le due libertà quella di Dio e quella dell’uomo e con esse l’accoglienza del regno di Dio o l’esservi radicalmente contrari. Alla fine Gesù dice il motivo di questa nera contrapposizione e cioè il rifiuto d’aver fiducia in Dio e cioè il non dargli credito, il rifiutarsi di conoscerlo.   

 

La nostra vita e la Parola

 

Spirito Santo che sei espressione somma di fiducia e di consegna al Padre ed al Figlio del tuo essere divino fa che anche noi possiamo essere sempre fermi nel nostro sì fiducioso  al Padre, al Figlio ed alla tua Persona.

 

Michele Sebregondio

 
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GESU' CI FA PENSARE : com'e' possibile essere nella gioia quando le difficoltà vorrebbero travolgerci?

Post n°803 pubblicato il 21 Maggio 2014 da sebregon

V SETTIMANA DI PASQUA - GIOVEDÌ

 


 

 

 



 Gv 15, 9-11


In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:«Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena».

 

Oggi una persona mi ha detto:”Come si fa ad essere nellA gioia quando. ad es, ci si trova in una situazione di guerra come in Siria?”. Se dovessi prendere dalla farina del mio sacco dovrei dire che ciò è impossibile infatti o in questa come in tante altre situazioni difficili è come se fossimo travolti da un tornado dove dobbiamo solo pensare a salvare noi stessi e possibilmente anche  gli altri e basta.

 

 

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Ma Gesù pensa diversamente e ci dice che anche nelle situazioni le più drammatiche occorre dimorare nella gioia. Anzitutto cerchiamo di capire di che  gioia si tratta e dobbiamo dire subito che non può essere superficiale e ridanciana perché offenderebbe chi ci sta vicino e sarebbe anche per noi una gioia deresponsabilizzante  e fuori luogo.

 

 

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Ed allora di che gioia si tratta? Gesù ce lo dice e cioè quella di sapere con certezza d’essere amati da Lui. La risposta dunque al nostro problema è questa: se al momento della tragediadimoriamo nel Signore possiamo essere toccati sì esternamente ma essa non può abbattere il nostro spirito perché esso è saldamente collegato ed inserito nel circuito dell’amore divino.

 

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Questa gioia  non è qualcosa di artefatto ma scaturente proprio dalla  vita divina abitante nel nostro cuore. Se non fosse così non si potrebbe capire come Gesù proprio nel momento più tragico della sua vita dica   ai discepoli : “ Ma ora io vengo a te e dico queste cose mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. “. (Gv 17, 13 ). Gesù ha una gioia piena e la vuole comunicare proprio quando sta andando ad affrontare a sua passione.

 

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Cosa possiamo allora ricavare da tutto ciò? Che dobbiamo portare avanti, per quel che possiamo ma anche di più, la nostra unione col Signore Gesù che è il vero parafulmine contro ogni disperazione  e ci permette di conservare quella calma e gioia di cuore come  testimonianza per il mondo che lassù Qualcuno ci ama veramente.

 

La nostra vita e la Parola

 

Spirito del Signore che procedi dal Padre e dal Figlio  e sei testimone eterno del loro amore, tu stesso amante, aiutaci ad entrare in questa intimità delle vostre Persone divine in modo che la nostra gioia sia piena a testimonianza per il mondo che solo l’amore ci salva e non l’odio o i beni di questa terra che non potranno  mai darci la vita vera.

 

Michele Sebregondio

 
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GESU' DA' LA PACE ANCHE PERCHE' CI TOGLIE LA PAURA DELLA MORTE: RITORNA VIVO DOPO LA MORTE

Post n°802 pubblicato il 20 Maggio 2014 da sebregon

 V SETTIMANA DI PASQUA - MARTEDÌ

 

 


 

Gv 14,27-31


In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:«Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi.Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il prìncipe del mondo; contro di me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco». 

 

Vi lascio la mia pace: quando sento queste parole, mi sembra davvero che entri in me una forma particolare di tranquillità e di calma. Come se il solo pronunciarle avesse il potere di trasformare qualcosa, di creare un clima diverso.

 

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E so che è possibile entrare in uno stato di pace, volendo. Ricordandosi di fermarsi, di fare silenzio e di lasciare che le cose accadano, che la mente si acquieti. A volte per far emergere quella mindfulness ora tanto di moda (in realtà è lo stato meditativo di cui parliamo da sempre, ma il termine inglese è più cool) basta poco, se nel frattempo ci siamo permessi di contattare quella pace di cui parla Gesù e tutti i grandi maestri…

 

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Una pace, appunto, non come la dà il mondo ma come la dà la Presenza, il divino che è in noi.

 

Alessandra Callegari

 
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CON GESU’ E’ FINITO IL TEMPO DI CERCARE DIO DOVE NON C’E’ PERCHE’ IN LUI SI VEDE IL PADRE

Post n°801 pubblicato il 16 Maggio 2014 da sebregon

IV SETTIMANA DI PASQUA - SABATO

 





 


 

Gv 14, 7-14


 
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta».Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.

 

La ricerca di Dio grazie a Gesù ha avuto per noi un esito insperato. Infatti tutti prima della sua venuta lo cercavano tra le stelle o in astruse teorie filosofiche oppure, per venire alla nostra quotidianità, in una credenza  tutta personale.

 

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Con la venuta di Gesù invece non dobbiamo cercare più a tentoni il nostro Dio perché egli ce lo mostra. Gesù è venuto a dirci che Dio è Padre, anzi meglio, che è suo Padre e che tutto ciò che lui ha viene dal Padre e che guardandolo si ha la possibilità di vedere il Padre.

 

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Il nostro problema è che non vogliamo credere che tra Gesù ed il Padre vi sia una stessa natura divina e che egli è inviato dal Padre per aiutarci ad uscire dalla triste realtà in cui ci troviamo quando volgiamo le spalle a Dio. La carne di Gesù come il suo Spirito sono la condensazione a livello umano dell’amore del Padre. Gesù è inviato al nostro basso livello di consapevolezza per elevarci alle vibrazioni eccelse del suo amore divino.

 

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Gesù è amore in azione e dunque ascoltandolo e vedendo come nella sua vita questo amore è bruciato fino alla completa consunzione noi possiamo convincerci a seguirlo nello stesso modo per essere in lui figli come lui è Figlio del Padre. Questo amore tra Padre è Figlio è così intimo e profondo che il Padre è nel Figlio e viceversa. Guardando il Figlio allora noi possiamo gettare uno sguardo sul Padre e da questa loro unione noi possiamo apprendere come dobbiamo portare avanti la nostra vita  e cioè non da soli ma sempre in unione con la santa Trinità con il Figlio che ci fa vedere il Padre e con lo Spiro Santo che ce li fa vivere istante per istante.

 

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Il superamento della nostra solitudine esistenziale sta proprio nella relazione con la Trinità e cioè con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. La nostra preghiera allora deve essere improntata alla loro presenza perché in questo modo essa non è soltanto un soliloquio con un Dio indifferenziato ma con delle Persone che hanno una storia con la nostra umanità e con ciascuno di noi. Sarebbe bello convincersi che questa storia la si sta vivendo giorno per giorno  e che possiamo relazionarla come facciamo ad es. con i nostri blog.  Potremmo farlo se volessimo  e che cosa ce lo vieta o ce lo rende difficile ? A ciascuno di noi la sua risposta nella speranza di arrivare alla fine di ogni giornata a darvi uno sguardo per gioire per i momenti in cui questo contatto forte c’è stato oppure dispiacerci se essa non ha avto alcun momento in cui profumava di Dio.

 

La nostra vita e la Parola

 

Spirito Santo, aiutaci ad avere una percezione trinitaria del nostro rapporto con Dio in modo che noi possiamo sempre ringraziare il Padre che ha immaginato per un piano di salvezza, il Figlio che ce l’ha portata e Tu, Spirito Santo, che rendi attuale per noi ogni momento di questa grande realtà divina.  

 

Michele Sebregondio

 
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PADRE NOSTRO CHE TANTO CI AMI SCOPRIREMO UN GIORNO CHE QUEL TANTO NON HA FONDO

Post n°800 pubblicato il 14 Maggio 2014 da sebregon

IV SETTIMANA DI PASQUA - GIOVEDÌ
 



 

 



 Gv 13, 16-20

 
[Dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù] disse loro:«In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica.Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma deve compiersi la Scrittura: “Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno”. Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io sono. In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato».

 

Gesù in questo momento supremo della sua vita guarda oltre a quando non sarà più su questa terra. Egli avverte i suoi di sapere che sarà tradito ed utilizza, per avvalorare la verità di ciò che dice, l ‘Io sono’ e cioè il nome di Adonai, quello che era stato rivelato a Mosè. 

 

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Vede chi lo ama e chi gli ha voltato le spalle e nello stesso tempo vuole che la sua vita continui nella storia attraverso coloro che egli invierà. Deve creare una linea di trasmissione che porti il suo messaggio al mondo e per questo ripropone la stessa modalità di unione che ha con il Padre anche per coloro a cui darà il mandato. E così come Gesù  ha fatto conoscere il Padre tanto che chi guardava Lui era come se guardasse il Padre nello stesso modo chi guarderà uno di coloro che egli invierà sarà come se stesse incontrando la sua stessa persona. 

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In questo modo Gesù dà autorità ai discepoli perché sa che essi lo seguiranno fino in fondo e saranno i veri testimoni della sua  vita. Per noi è importante sapere tutto ciò perché ci viene assicurata una linea storica in cui Gesù è sempre presente attraverso coloro che egli invia.

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Allora come oggi esistono queste persone, siano essi appartenenti al clero che ai comuni battezzati, che ci aiutano a bere alla fonte di vita eterna della persona di Gesù. Inoltre Gesù ci tiene sempre a dire che Lui stesso è stato inviato dal Padre e che dunque questa meravigliosa catena a risalire si completa nella accoglienza del Padre.

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Grande e meraviglioso Padre che ha bisogno che noi lo accogliamo e che non vuole fare di noi delle povere creature necessitate a dargli riverenza. Egli è il nascosto ma anche il bisognoso che noi lo accogliamo, lo abbracciamo, lo ringraziamo e dividiamo la nostra con la sua stessa vita:

 

Padre nostro, che sei nei cieli,

sia santificato il tuo nome,

venga il tuo regno,

sia fatta la tua volontà

come in cielo anche in terra.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano,

e rimetti a noi i nostri debiti,

come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori

e non esporci alla tentazione,

ma liberaci dal Male.

Tuo è il Regno, la potenza e la gloria nei secoli dei secoli.

Amen.

  

 
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PADRE NOSTRO CHE TANTO CI AMI SCOPRIREMO UN GIORNO CHE QUEL TANTO NON HA FONDO

Post n°799 pubblicato il 14 Maggio 2014 da sebregon

 

 


 
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PER ACCOSTARSI A A GESU' CI VUOLE ANZITUTTO IL CORAGGIO DI DIRE CHE QUESTO MONDO NON E' TUTTO

Post n°798 pubblicato il 13 Maggio 2014 da sebregon

IV SETTIMANA DI PASQUA - MARTEDÌ

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gv 10, 22-30


 
Ricorreva, in quei giorni, a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente».Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola». 

 

Gesù è solo un uomo, pur grande, pur dotato di grandi poteri o addirittura Dio? Ecco la domanda impegnativa che ci si pone davanti e che nessun ragionamento può essere d’aiuto per una risposta. L’unica cosa che possiamo considerare è che il Signore Gesù pur consegnando la sua vita  al mondo non ha disprezzato le facoltà razionali dell’uomo ed è venuto per convincerle non con un apriori autoritario ma con le sue parole e la coerenza della sua vita.

 

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E dunque quando noi ascoltiamo la sua affermazione che il Padre è una sola cosa con Lui, e che vuol dire che egli è Dio al pari del Padre, dobbiamo insrire queste sue parole in tutto il suo operato ed in tutta la sua vita pubblica. Gesù che dice d’essere una sola cosa con il Padre è colui che guarisce le persone, ma di più è colui che le fa risorgere. Lazzaro era morto ed il suo corpo era già in disfacimento e nello stesso modo era morto il figlio della vedova di Naim e la figlia di Giaro fatta risorgere con quella splendida frase : “Talita Kumi” che significa “fanciulla alzati”.

 

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Ecco solo accettando d’entrare in contatto con Gesù e la sua vita si possono aprire uno dopo l’altro orizzonti impensabili alla sola ragione umana. Senza questo primo passo è impossibile farsi toccare dalla Sua grazia. Ed anteriore a questo primo passo c'è  bisogno di un distacco da questo mondo e dal suo impero consegnato solo alla visibilità od a quell’adagio che dice ‘essere reale solo ciò che è razionale’, che poi è a ben vedere solo la razionalità raggiunta in un dato periodo storico. Alcune cose di oggi infatti se fossero state dette ad uomini di qualche secolo fare sarebbero state ritenute solo fandonie irrazionali.

 

 

 

 

 

Noi uomini allora di fronte all’immensità dell’universo ed all’esistenza o meno di Dio abbiamo un problema interno da risolvere e cioè quello di dirci se siamo aperti o no verso qualcosa che supera  la nostra limitata  razionalità umana. Forse tanti oggi sarebbero disposti a credere che grazie alla scienza noi raggiungeremo nel futuro risultati oggi impensabili ma  chi crede in Gesù sa fin d’ora che il cuore dell’uomo non potrà mai essere saturato dal limite delle cose umane e che Gesù proprio con l’assolutezza del suo porsi e con la ricchezza e forza della sua proposta ci delinea non cose grandi, ma pur sempre limitate, ma un orizzonte in cui noi stessi siamo e saremo divini, eterni ed amati grazie a Gesù che ci ha fatto conoscere il Padre e ci ha donato il suo santo Spirito. Ed un’ultima cosa, che tanto ci rassicura e ci consola , è che siamo nelle mani di Chi ci custodirà e non ci lascerà straziare dalle mani di chi ci vuole male perché lo avremo sempre vicino come ci ha promesso.

 

La nostra vita e la Parola

Spirito Santo che ci guidi in questa nostra avventura umana verso il pieno incontro con il nostro Signore Gesù fa che possa essere conosciuto, creduto ed amato il più possibile dalle generazioni che oggi vivono su questa terra.

 

Michele Sebregondio

 

 
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MANGIARE IL PANE DI GESU' E' ACCETTARE CHE LA SUA VITA DIVENTI LA NOSTRA COME FRATELLI E FIGLI DI UN UNICO PADRE

Post n°797 pubblicato il 10 Maggio 2014 da sebregon

III SETTIMANA DI PASQUA - SABATO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gv 6, 60-69


In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?».Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono».Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».

 

Nel versetto 56 così Gesù aveva detto:   Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me ed io in lui.”. Sono parole sconvolgenti impossibili da capire perché dice Gesù che la loro comprensione non può derivare dall’averle ascoltate dalla sua bocca, ma dal fatto che è dono del Padre permettere agli uomini di avvicinare il suo Figlio Gesù e comprenderne il linguaggio.

 

 

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Gesù insomma invita coloro che lo circondano a non fermarsi solo alla considerazione della sua persona perché nel gioco della relazione è sempre coinvolto il  Padre celeste. A noi cristiani poco abituati a pensare in modo trinitario fa difficoltà entrare in questo circuito di compresenze, eppure nel nostro modo abituale di pregare iniziamo sempre con il segno della croce dove sono presenti il Padre, il Figlio e il Santo Spirito.

 

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Sarebbe molto più facile avere un Dio unico come quello dei musulmani ma per fortuna per noi le cose non sono così. Abbiamo infatti, grazie alla Trinità, una ricchezza infinita che inizia nel Padre, creatore di tutte le cose  e ideatore del piano della nostra salvezza, che prosegue nel Figlio come attuatore del disegno del Padre  e con lo Spirito che rende attuale l’incontro con la vita e le parole del Signore Gesù.

 

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Ora non  è qui il momento di avvicinarsi al mistero trinitario a noi basta tener presente che anche nella vita di tutti i giorni siamo chiamati a metterci in relazione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. L’avvicinarsi a questo modo di entrare in rapporto è certo un dono di Dio ma deve esserci da parte nostra una disposizione a farsi fecondare dalla ricchezza della vita divina.

 

La nostra vita e la Parola

 

Spirito Santo, apri le nostre menti perché possiamo essere fecondati dalla parole di Gesù perchè esse sono spirito e vita e ci spingono sempre oltre le nostre piccole idee.

 

Michele Sebregondio

 

 
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ANCHE LE NON VIE SONO LE VIE IN CUI SI PUO' INCONTRARE LA VITA VERA

Post n°796 pubblicato il 07 Maggio 2014 da sebregon

 

III SETTIMANA TEMPO DI PASQUA – GIOVEDÌ

 

 

 

 


 


At 8, 26-40

 

Un angelo del Signore parlò a Filippo e disse: «Alzati e va’ verso il mezzogiorno, sulla strada che scende da Gerusalemme a Gaza; essa è deserta». Egli si alzò e si mise in cammino, quand’ecco un Etìope, eunuco, funzionario di Candace, regina di Etiopia, amministratore di tutti i suoi tesori, che era venuto per il culto a Gerusalemme,stava ritornando, seduto sul suo carro, e leggeva il profeta Isaia. Disse allora lo Spirito a Filippo: «Va’ avanti e accòstati a quel carro». Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Egli rispose: «E come potrei capire, se nessuno mi guida?». E invitò Filippo a salire e a sedere accanto a lui. Il passo della Scrittura che stava leggendo era questo: Come una pecora egli fu condotto al macello e come un agnello senza voce innanzi a chi lo tosa, così egli non apre la sua bocca. Nella sua umiliazione il giudizio gli è stato negato, la sua discendenza chi potrà descriverla? Poiché è stata recisa dalla terra la sua vita. Rivolgendosi a Filippo, l’eunuco disse: «Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? Di se stesso o di qualcun altro?». Filippo, prendendo la parola e partendo da quel passo della Scrittura, annunciò a lui Gesù. Proseguendo lungo la strada, giunsero dove c’era dell’acqua e l’eunuco disse: «Ecco, qui c’è dell’acqua; che cosa impedisce che io sia battezzato?». Fece fermare il carro e scesero tutti e due nell’acqua, Filippo e l’eunuco, ed egli lo battezzò. Quando risalirono dall’acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l’eunuco non lo vide più; e, pieno di gioia, proseguiva la sua strada. Filippo invece si trovò ad Azoto ed evangelizzava tutte le città che attraversava, finché giunse a Cesarèa.

 

A vedere questo brano salta subito agli occhi un fatto che con la nostra mentalità utilitaristica potremmo giudicare inutile. Perché andare in una strada deserta dove non passa quasi nessuno? Non sarebbe meglio predicare a folle oceaniche radunate in luoghi di divertimento o simili? Non si attirerebbero più discepoli sulle piazze?

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Ma lo Spirito, come per Gesù nell’episodio delle tentazioni spinge la Chiesa nel deserto. E in questo deserto avviene un incontro diverso da quello di Gesù. Gesù aveva incontrato il male in persona, mentre Filippo incontra un uomo che cammina nel deserto, che è diventato in fecondo (sebbene gli Eunuchi all’epoca avessero comunemente posti di riguardo nelle corti, questo fatto è un simbolo) un uomo diventato infecondo e si poneva interrogativi sulla scrittura che, pure, scrutava e venerava. Filippo rappresentante della Chiesa si fa accanto a questo uomo e lo porta a una fecondità nuova dandogli la chiave non soltanto delle scritture ma della sua stessa esistenza.

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Una chiave che è racchiusa in un nome, quello di Gesù. Credo che oggi anche noi veniamo sollecitati a metterci a fianco degli uomini che camminano nel deserto per fornire anche noi la chiave dell’esistenza, perché gli uomini del nostro tempo arrivino a una fecondità che possa far generare uomini nuovi per tempi nuovi. Lo scenario attorno a noi cambia in continuazione, ma mai come in questi tempi l’uomo si sente vuoto e sterile.

 

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Faccio sempre riferimento alle mie passeggiate in metropolitana a Milano: si scoprono giorno per giorno migliaia di solitudini ed ho in mente la solitudine di Janis Joplin: “tutte le sere faccio l’amore con 25000 persone, eppure tutte le sere torno a casa da sola.” Janis Joplin, come sappiamo morì di overdose il 4 ottobre 1970 ma aveva anticipato con la sua voce, con le sue canzoni, il “blues” fondamentale che accompagna le nostre esistenze, in una società resa infeconda dall’egocentrismo che ognuno di noi vive in profondità.

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Affiancarsi oggi ad ogni uomo solo è proprio la missione che Dio affida alla sua chiesa. Il deserto, come dice Isaia può anche fiorire, e nel deserto Dio può aprire una via che sarà chiamata via santa. E questa via non possiamo pensare di percorrerla da soli, chiusi nel nostro egoismo, ma affiancandoci ad ogni uomo che passa su una strada di solitudine, così come Dio si è affiancato a noi lungo le nostre strade e ci ha fornito, come all’eunuco la chiave per capire il mistero della vita che non muore

 

La nostra vita e la Parola

 

Passa oggi Signore lungo le nostre vie, tu che non sei rimasto chiuso nelle tue solitudini, ma ti sei affiancato ad ogni uomo solo per colmare la solitudine che non ci fa comprendere una parola che non è detta per se’ ma per gli altri. Fa che anche noi sappiamo affiancarci ad ogni uomop che vive il deserto e far fiorire quel deserto con i frutti del tuo Amore. Amen

 

P. Elia Spezzano, Ocist.

 

 
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VIVERE SENZA GESU' E' COME VIVERE SENZA LA LUCE DEL SOLE, SI VIVE SI', MA SE NON E' TUTTO GRIGIO CON GLI ANNI LO DIVENTA

Post n°795 pubblicato il 06 Maggio 2014 da sebregon

III SETTIMANA DI PASQUA – MARTEDÌ

 


 


 

 



Gv 6, 30-35


 
In quel tempo, la folla disse a Gesù: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”».Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane».Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».

 

Mangiare il pane di  Gesù è risvegliarsi al reale. Un reale che fa tacere il nostro ego . Nessuna parola può  contenerlo, perché Presenza di fronte a cui ogni io deve tacere.La nostra via: integrare questa Presenza nella nostra vita, fino a renderla stabile nella nostra coscienza ordinaria.Appena abbiamo mangiato questo pane, Gesù misteriosamente  sparisce.Il fine della missione di Gesù è quello di inviare lo Spirito, il soffio che dal di dentro attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio., dice  S. Paolo.

 

Vanruis  Groendal

 

Come è difficile far capire al mondo che chi sta dalla parte di Gesù non avrà mai fame e non avrà mai sete. Occorre però capire che la fame e la sete di cui Gesù parla possono essere soddisfatte non dal pane o dall’acqua di questo mondo ma solo dalla persona di Gesù. Infatti egli dice che “il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo”.

 

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Gesù è venuto a darci la vita e se rimaniamo non collimati con la sua persona, vivremo pure, ma non nella pienezza di una comunicazione liberante perché unica nel darci veramente un senso di pienezza e di pace.

 

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Noi cristiani siamo responsabili verso i nostri contemporanei della partecipazione o meno di questo tesoro. Possiamo infatti raccontarci tra di noi della bellezza di questo grande dono fatto dal Padre a noi uomini, e  cioè di Gesù, ma se non riusciamo ad essere credibili nella nostra testimonianza come può essere conosciuto dal mondo il nostro amato Gesù?

 

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Ognuno di noi dovrebbe chiedersi: “Cosa sto facendo per farlo conoscere? Come si interfaccia la mia vita con quella di Gesù nello stesso momento che cerca come comunicarlo? O viviamo solo per bearci e consolarci delle sue parole e dell’averci lasciato un mondo di comprensione così vasto e pacificante che questo ci basta?”. Noi battezzati, tutti quanti, dobbiamo dare una risposta a questi interrogativi perché ne va dell’irraggiamento della luce del Signore sulla nostra terra. Egli vuole che il suo messaggio corra con i nostri piedi e non soltanto per il suo intervento divino. Così ha vluto il Signore e così sia.

 

La nostra vita e la Parola

 

Spirito Santo, guida la nostra mente ed il nostro cuore nel prendere fino in fondo la responsabilità del nostro essere cristiani di fronte al mondo e rinunciando a qualsiasi forma d’imposizione aiutaci a dare una testimonianza sincera e vera ai nostri fratelli.

 

Michele Sebregondio

 
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SE SI GUARDA A GESU' SI GUARDA ANCHE IL PADRE E SE SI GUARDANIO I PIU' POVERI SI GUARDANO ED IL PADRE ED IL FIGLIO

Post n°794 pubblicato il 02 Maggio 2014 da sebregon

SANTI FILIPPO E GIACOMO IL MINORE, APOSTOLI 

 

 



Gv 14, 6-14


In quel tempo, disse Gesù a Tommaso: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». 
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò». 

 

Il Signore Gesù prospetta altro da ciò che isuoi discepoli sono portati a vedere. E che cosa vedono? Un uomo dotato di potere che per un caso alquanto singolare della loro vita li ha scelti e non si sa perchè proprio loro. Anche a noi verrebbe da dire, magari non "mostraci il Padre", ma rivolgendoci a Gesù: "Fatti vedere, non rimanere nascosto dietro queste tue parole perchè alla fine non sappiamo se sono solo il parto di una bella intelligenza o davvero tu esisti veramente".

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Tuttavia la nostra e la loro rimane una realtà completamente differente. Essi avevano Gesù davanti mentre noi, è vero che non abbiamo Gesù, ma siamo aiutati da una attestazione di miliardi di persone che hanno creduto in Lui creandoci quell'alone di accessibilità che i discepoli non avevano. Certo la fede non è riconducibile a quella degli altri ma certo è un aiuto sapere che non ci stiamo muovendo nel buio ma che dietro al nostro credere in Gesù c'è stato quello di una un'infinità di altre persone.

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Rimane però che sia nell'una che nell'altra situazione si vuole vedere qualcosa che rimane nascosto allo sguardo.E Gesù allora ci insegna che il Padre non ha voluto altra visibilità che quella del Figlio sia che a guardarlo di persona siano i discepoli che per noi le sue parole.non possiamo dunque guardare al Padre direttamente ma attraverso il Figlio e questi ha voluto che a rappresentarlo su questa terra siano i più poveri, quelli che hanno meno dalla vita.

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Tutto ciò ci induce a pensare al grande mistero in cui siamo coinvolti noi umani per cui il fatto stesso d'essere venuti in questo mondo ci mette nel diritto, almeno secondo l'ottica di Dio, e nonostante le diversità quelle d'ogni genere che ci differenziano, di accedere ad un livello d'amore in cui tutti siamo amati nello stesso modo.Gesù amando soprattutto gli ultimi è colui che vuole indicarci la strada verso la realizzazione del piano divino che creando l'umanità l'ha amata per intero. Se vogliamo essere secondo il Suo cuore non possiamo fermarci alle nostre preferenze che sono sempre dettate da un qualche interesse e dunque tendenti a chiudere il cerchio dell'umano secondo categorie non proprie divine. Ora dicendoci che chi guarda Lui guarda il Padre Gesù non vuole chiudere il nostro orizzonte umano sul Padre, ma vuole che lo allarghiamo a Lui ed a coloro che egli ama e cioè tutti.

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Che poi noi siamo limitati e non riusciamo a fare ciò che Gesù vorrebbe è un altro conto ma che siamo chiamati ad essere come Lui ci vuole e secondo la larghezza del suo amore questo dobbiamo crederlo e volerlo.

La nostra vita e la Parola

Spirito Santo, dacci la fede che servendo il prossimo noi vediamo Gesù ed il Padre celeste.


Michele Sebregondio

 
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DOBIAMO CAPIRE CHE CIO' CHE PORTIAMO AVANTI PUO' DARE FASTIDIO AI NOSTRI PARENTI O AMICI, BASTA ALLORA VOLGERSI ALTROVE

Post n°793 pubblicato il 01 Maggio 2014 da sebregon

1 MAGGIO

SAN GIUSEPPE LAVORATORE

 

 

 


Mt 13, 54-58

 

 
In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dov
e gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.

 

Veniamo al mondo all’interno di una famiglia e di una società che hanno le loro regole, i loro riferimenti culturali in una complessità in movimento ma che ha sempre punti ben fermi sia nella legislazione che nel comune sentire. Cose che adesso vanno per la maggiore ieri creavano scandalo e marginalizzazione sociale.  Per riuscire a cambiare una certa sensibilità costrittiva in un’altra più aperta occorrono molti passaggi, magari tente morti e sofferenze.

 

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Gesù sa bene tutto questo e domina la situazione con queste sue semplici parole che non gridano allo scandalo ma che danno solo una sapiente lettura di come vanno le cose tra gli uomini. E faremmo bene anche noi a tenerne conto quando vorremmo essere ascoltati, capiti o consolati da chi ci sta vicino. Infatti vorremo che proprio coloro che condividono con noi la vita fossero quelli che ci capissero di più.

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Ed invece no, nel mondo dello spirito non succede così proprio perché è il mondo della libertà e non quello dell’omologazione. In questo mondo non si cresce per semplice aggregazione o perchè si fa parte di una medesima società, ma perché si è data una risposta personale ad una chiamata che per ognuno è diversa rimanendo  medesimo lo sfondo in cui si iscrivono le nostre esistenze. Siamo infatti tutti chiamati all’amore, alla responsabilità, alla giustizia, alla pace, ma ognuno può essere più disponibile o meno degli altri.

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E così può avvenire che una persona, grazie a questa sua disponibilità, va più avanti, capisce di più ma succede pure che chi gli sta vicino, e che non ha voluto fare lo stesso cammino o anche perché i suoi tempi di maturazione sono diversi,  può  essere invidioso verso chi porta nell’ambiente comune qualcosa di diverso e di innovativo. Spesso non accettiamo che qualcuno sia più avanti di noi ed allora comincia la guerra e si fa di tutto per non dargli fiducia e mettergli il bastone tra le ruote.

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Gesù per questo motivo non riesce a fare miracoli nel suo ambiente e ciò ci fa capire che il miracolo non è come spesso pensiamo un atto di uno che decide di farlo e basta, ma il risultato di una complessa e nello stesso tempo semplice interazione tra due soggettività che assieme lo producono. Certo Gesù ha da parte sua ha la potenza per cambiare le cose, ma questa non basta per produrre un miracolo perché ci vuole che chi lo riceve abbia fede e cioè sia nella disponibilità di desiderarlo e di attribuire a Lui il potere di compierlo.  Questa modalità è proprio bella perchè ci fa partecipe assieme in un qualcosa da non ricevere in una ricezione passiva ma in andarsi incontro per gioire di un cambiamento che non è solo la produzione del miracolo, ma di più una unione di cuori.

nostra vita e la Parola

 

Spirito del Signore che ci sei stato dato da Gesù, grazie alla sua venuta su questa terra ed alla sua passione morte e resurrezione, fa  che nella realtà in cui viviamo non abbiamo a sentirci tristi per non essere accolti da coloro che ci amano, ma dacci la spinta per portare altrove ciò a cui teniamo veramente.

 

Michele Sebregondio

 
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