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Messaggi di Luglio 2014

 

LIBERI DI FAR CONOSCERE GESÚ' PORTIAMO NEL MONDO LA FORZA DEL SUO PERDONO E DEL SUO AMORE

Post n°826 pubblicato il 18 Luglio 2014 da sebregon

 

FESTA DI SAN VINCENZO DE PAOLI

 

 

In quel tempo: il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe. Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l'operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio.


Dopo aver letto questo vangelo, in cui Gesú designa 72 discepoli e li invia ad evangelizzare, dobbiamo chiederci semplicemente questo: "Noi cristiani solo per il fatto d'essere battezzati abbiamo bisogno d'essere inviati per evangelizzare o per il fatto stesso di conoscere Gesú possiamo parlarne e quindi possiamo farlo conoscere a chi non l'ha mai incontrato nella sua vita?". Certo e non solo lo possiamo fare, ma con gioia dobbiamo farlo. A questo proposito, e per farci uscire da una falsa subalternitá ai preti ecco cosa dice Papà Francesco in un suo meraviglioso intervento:



 UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro

Mercoledì, 15 gennaio 2014



Cari fratelli e sorelle, buongiorno.


Mercoledì scorso abbiamo iniziato un breve ciclo di catechesi sui Sacramenti, incominciando dal Battesimo. E sul Battesimo vorrei soffermarmi anche oggi, per sottolineare un frutto molto importante di questo Sacramento: esso ci fa diventare membri del Corpo di Cristo e del Popolo di Dio. San Tommaso d’Aquino afferma che chi riceve il Battesimo viene incorporato a Cristo quasi come suo stesso membro e viene aggregato alla comunità dei fedeli (cfr Summa Theologiae, III, q. 69, art. 5; q. 70, art. 1), cioè al Popolo di Dio. Alla scuola del Concilio Vaticano II, noi diciamo oggi che il Battesimo ci fa entrare nel Popolo di Dio, ci fa diventare membri di un Popolo in cammino, un Popolo peregrinante nella storia.


In effetti, come di generazione in generazione si trasmette la vita, così anche di generazione in generazione, attraverso la rinascita dal fonte battesimale, si trasmette la grazia, e con questa grazia il Popolo cristiano cammina nel tempo, come un fiume che irriga la terra e diffonde nel mondo la benedizione di Dio. Dal momento che Gesù disse quanto abbiamo sentito dal Vangelo, i discepoli sono andati a battezzare; e da quel tempo a oggi c'è una catena nella trasmissione della fede mediante il Battesimo. E ognuno di noi è un anello di quella catena: un passo avanti, sempre; come un fiume che irriga. Così è la grazia di Dio e così è la nostra fede, che dobbiamo trasmettere ai nostri figli, trasmettere ai bambini, perché essi, una volta adulti, possano trasmetterla ai loro figli. Così è il battesimo. Perché? Perché il battesimo ci fa entrare in questo Popolo di Dio che trasmette la fede. Questo è molto importante. Un Popolo di Dio che cammina e trasmette la fede.


In virtù del Battesimo noi diventiamo discepoli missionari, chiamati a portare il Vangelo nel mondo (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 120). «Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione… La nuova evangelizzazione deve implicare un nuovo protagonismo» (ibid.) di tutti, di tutto il popolo di Dio, un nuovo protagonismo di ciascuno dei battezzati. Il Popolo di Dio è un Popolo discepolo – perché riceve la fede – e missionario – perché trasmette la fede. E questo lo fa il Battesimo in noi. Ci dona la Grazia e trasmette la fede. Tutti nella Chiesa siamo discepoli, e lo siamo sempre, per tutta la vita; e tutti siamo missionari, ciascuno nel posto che il Signore gli ha assegnato. Tutti: il più piccolo è anche missionario; e quello che sembra più grande è discepolo. Ma qualcuno di voi dirà: “I Vescovi non sono discepoli, i Vescovi sanno tutto; il Papa sa tutto non è discepolo”. No, anche i Vescovi e il Papa devono essere discepoli, perché se non sono discepoli non fanno il bene, non possono essere missionari, non possono trasmettere la fede. Tutti noi siamo discepoli e missionari.


Esiste un legame indissolubile tra la dimensione mistica e quella missionaria della vocazione cristiana, entrambe radicate nel Battesimo. «Ricevendo la fede e il battesimo, noi cristiani accogliamo l’azione dello Spirito Santo che conduce a confessare Gesù Cristo come Figlio di Dio e a chiamare Dio “Abbà”, Padre. Tutti i battezzati e le battezzate … siamo chiamati a vivere e trasmettere la comunione con la Trinità, poiché l’evangelizzazione è un appello alla partecipazione della comunione trinitaria» (Documento finale di Aparecida, n. 157).


Nessuno si salva da solo. Siamo comunità di credenti, siamo Popolo di Dio e in questa comunità sperimentiamo la bellezza di condividere l’esperienza di un amore che ci precede tutti, ma che nello stesso tempo ci chiede di essere “canali” della grazia gli uni per gli altri, malgrado i nostri limiti e i nostri peccati. La dimensione comunitaria non è solo una “cornice”, un “contorno”, ma è parte integrante della vita cristiana, della testimonianza e dell’evangelizzazione. La fede cristiana nasce e vive nella Chiesa, e nel Battesimo le famiglie e le parrocchie celebrano l’incorporazione di un nuovo membro a Cristo e al suo corpo che è la Chiesa (cfr ibid., n. 175b).


A proposito dell’importanza del Battesimo per il Popolo di Dio, è esemplare la storia della comunità cristiana in Giappone. Essa subì una dura persecuzione agli inizi del secolo XVII. Vi furono numerosi martiri, i membri del clero furono espulsi e migliaia di fedeli furono uccisi. Non è rimasto in Giappone nessun prete, tutti sono stati espulsi. Allora la comunità si ritirò nella clandestinità, conservando la fede e la preghiera nel nascondimento. E quando nasceva un bambino, il papà o la mamma lo battezzavano, perché tutti i fedeli possono battezzare in particolari circostanze. Quando, dopo circa due secoli e mezzo, 250 anni dopo, i missionari ritornarono in Giappone, migliaia di cristiani uscirono allo scoperto e la Chiesa poté rifiorire. Erano sopravvissuti con la grazia del loro Battesimo! Questo è grande: il Popolo di Dio trasmette la fede, battezza i suoi figli e va avanti. E avevano mantenuto, pur nel segreto, un forte spirito comunitario, perché il Battesimo li aveva fatti diventare un solo corpo in Cristo: erano isolati e nascosti, ma erano sempre membra del Popolo di Dio, membra della Chiesa. Possiamo tanto imparare da questa storia!


Il testo di questo blog é stato lungo ma ne valeva la pena. Riprendiamoci Gesú allora e smettiamola di pensare che spetti solo ai preti farlo conoscere.


Michele Sebregondio


 

 
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BUONE VACANZE!

Post n°825 pubblicato il 12 Luglio 2014 da sebregon

 

 

Un caro saluto a tutti quelli che seguono questo Blog ed un augurio di buone vacanze che siano per tutti un'occasione per guardare alla propria vita da un contesto diverso da quello usuale. Abbiamo tutti bisogno di capire come la configurazione che diamo al nostro mondo non sia l'unica. E questo non per immaginare una fuga dal nostro quotidiano ma per scoprire le ragioni profonde che animano il nostro agire e reimpostarle quando sono prive di anima o non sono baciate da quel sorriso che fa risplendere noi ed il mondo che ci circonda. Le difficoltá ci sono sempre, lo sappiamo, ma la loro ombra non ci oscurerá la vita se saremo aiutati da una luce piú grande e le vacanze possono contribuire a ritrovarla. In questo Blog  abbiamo sempre  cercato di esporci alla luce di Gesù ed il nostro ulteriore augurio allora é  che, anche durante questo periodo, essa vi illumini, vi consoli e vi faccia vivere alla grande.

Riprenderemo in modo regolare ad Ottobre.

Michele Sebregondio

 
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TUTTE LE PAROLE UMANE MESSE IN FILA NON BASTEREBBERO A FARCI CAPIRE QUANTO DIO CI AMA

Post n°824 pubblicato il 09 Luglio 2014 da sebregon



XIV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO



 





Os 11, 1-4; 8c-9


Quando Israele era fanciullo, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio. Ma più li chiamavo, più si allontanavano da me; immolavano vittime ai Baal, agli idoli bruciavano incensi. A Èfraim io insegnavo a camminare
tenendolo per mano, ma essi non compresero che avevo cura di loro. Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore, ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia, mi chinavo su di lui per dargli da mangiare. Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo all’ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Èfraim, perché sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te e non verrò da te nella mia ira.


Nella parabola del figliol Prodigo ( O Padre Misericordioso che dir si voglia) c’è un verbo che rappresenta un atteggiamento chiave di Dio. Questo verbo ( Esplanknizein) è un verbo che indica letteralmente movimento alle viscere. Significa che Dio, quando vede da lontano il figlio ritornare ha letteralmente, il mal di pancia. Un po’ come quando noi ci innamoriamo di qualcuna o facciamo qualcosa d’importante nella nostra vita, ci viene un mal di pancia da stress emotivo.

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Atteggiamento che non ci aspetteremmo di trovare in chi rimprovera l’indifferenza di colui a cui ha fatto tanto bene. Eppure in questo brano del profeta Osea, Dio reagisce allo stesso modo. E’ presente infatti questo stesso verbo ma la cosa più comica è la motivazione di questo atteggiamento: io sono Dio e non uomo. Ma è proprio questo che fa la differenza fra Dio e noi. Dio continua a voler bene anche quando è rifiutato, noi ci fermiamo al nostro io ferito e al nostro orgoglio in frantumi, e stiamo a piangerli, senza comprendere che se a poco a poco andassimo oltre noi stessi troveremmo una forza che ci sorprende: l’amore che va oltre, oltre a noi stessi oltre la nostra stessa capacità di amare.

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Dio non solo si dimentica mai di noi ma ci fa sperimentare ogni giorno questa realtà: che lui soffre ogni volta che noi ci tentiamo ( ma non riusciamo mai davvero! ) di allontanarci da lui. Ed è questo che in Osea qualifica l’essere di Dio: Dio fa così perché è Dio e non uomo. Potremmo dire a questo punto: “ bravo! Ma che costanza! ” E però restare tutto il tempo fuori dalla porta, come il figlio maggiore della suddetta parabola a non volere entrare. Franz Kafka in un libro sintetizza questo raccontando un sogno, sogna una porta aperta attraverso cui vuole entrare ma ogni volta che chiede gli viene risposto di no.

 

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Poi alla fine capisce che in realtà nella porta aperta poteva entrare sempre senza chiedere, il suo stesso chiedere era in realtà un negarsi l’entrata. Sarebbe davvero semplice per tutti noi accorgersi che c’è un Dio che ci ama, da cui non dobbiamo discostarci ma accogliere nella nostra vita. Sempre lui ci cercherà, anche incredibile a dirsi, nel nostro peccato.

La nostra vita e la Parola

Dio che ci ami, Dio che ci cerchi, Dio che dici alla nostra vita una parola di tenerezza, prendici ancora per mano, amaci ancora come nella nostra giovinezza e regalaci il gusto di arrenderci ogni giorno al tuo amore. Amen

P. Elia Spezzano O. Cist

 
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LO SGUARDO UMANO E MISERICORDIOSO VERSO I FRATELLI CHE SOFFRONO CI APRIRA' LA PORTA DELLA VITA

Post n°823 pubblicato il 08 Luglio 2014 da sebregon

XIV SETTIMANA DEL T.O. - MARTEDÌ

 

 


 

 

 

 Mt 9, 32-38

In quel tempo, presentarono a Gesù un muto indemoniato. E dopo che il demonio fu scacciato, quel muto cominciò a parlare. E le folle, prese da stupore, dicevano: «Non si è mai vista una cosa simile in Israele!». Ma i farisei dicevano: «Egli scaccia i demoni per opera del principe dei demoni».Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità. Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe perché mandi operai nella sua messe!».

Le folle “stanche e sfinite” sono come pecore che non hanno pastore, o come messi che non hanno contadini… Due metafore per dire che gli esseri umani hanno bisogno di cure, e di essere aiutati a prendersi cura. Questo brano mi fa subito pensare al fatto che tutti, nessuno escluso, abbiamo bisogno di essere accompagnati nel nostro cammino.

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Lo siamo fin dalla nascita: abbiamo dapprima bisogno che ci insegnino a sopravvivere, poi a soddisfare i nostri bisogni, poi a diventare autonomi e a entrare in relazione con gli altri in modo vero e amorevole, infine a coltivare noi stessi a ogni livello per la nostra crescita personale e spirituale. Tutto questo fa sì che ci sia bisogno di persone che, realizzando in questo se stesse, si dedichino al servizio: non solo i genitori (essere madre e padre è il primo e principale “mestiere di servizio”), ma poi tutti gli insegnanti ed educatori di ogni ordine e grado, i medici, infermieri e terapeuti (psicologi, psicoterapeuti, counselor ecc.) di ogni tipo.

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E, ovviamente, i “pastori di anime”. L’invito di Gesù, come di tutti i grandi maestri, è di sviluppare questo “senso del servizio”, affinché tutti sentano, a poco a poco, di prendersi cura. Degli altri e di sé. Lo trovo bellissimo.



Alessandra Callegari

 
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VINO NUOVO IN OTRI NUOVI:APRIAMO IL CUORE E SARA' INVASO DALLO SPIRITO SANTO, IL VINO NUOVO LASCIATOCI DA GESU'

Post n°822 pubblicato il 04 Luglio 2014 da sebregon

XIII SETTIMANA DEL T.O. – SABATO



 

 

 

 

 

 

 

 Mt 9, 14-17


 
In quel tempo, si accostarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano». E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo squarcia il vestito e si fa uno strappo peggiore. Né si mette vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si rompono gli otri e il vino si versa e gli otri van perduti. Ma si mette vino nuovo in otri nuovi, e così l'uno e gli altri si conservano».   

 

Il punto è questo: come si fa ad essere un otre nuovo? L’otre è un recipiente adatto a ricevere il vino ma se in quest’otre non vi si può versare del vino nuovo perché si rompe allora è gioco forza prenderne uno nuovo. Questo vale appunto per l’otre fisico, ma se passiamo al recipiente umano che per tanto tempo si è fatto impregnare da idee ed azioni malvagie dobbiamo forse dire che non potrà ricevere delle cose buone perché se no va in paranoia?

 

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Mettiamo allora un punto fermo: solo Dio può cambiare il cuore dell’uomo in modo che ciò che era prima, e cioè il male, scompaia completamente dal suo orizzonte. Gli uomini possono solo acconsentire al cambiamento ma chi opera  per far nascere un uomo nuovo è solo Dio.

 

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Quando si diventa figli di Dio è solo allora che si possono capire le novità apportate da Gesù nell’instaurare il suo regno. Non prima. Noi cristiani facciamo bene a proclamare il vangelo ma dobbiamo sempre tener presente che ci rivolgiamo all’uomo vecchio che dunque non conoscendo Gesù e la sua ricchezza infinita la travisa con molta facilità.

 

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Noi vorremmo che grazie alle nostre parole la gente  capisse ma occorre superare questo modo ingenuo di procedere perché, se anche ci può sembrare molto umano, tuttavia  ci fa credere  d’essere noi i veri promotori  del cambiamento. Oggi  poi, che abbiamo meno occasioni di proclamare il vangelo, il nostro dire e testimoniare deve essere sempre accompagnato dalla coscienza che le nostre parole o le nostre azioni sono solo dei possibili agganci offerti a chi ascolta per fare un primo passo di accettazione del mistero divino.

 

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Dio poi farà il resto. Allargando poi il discorso dobbiamo dire che il vino  di Gesù è la legge dell’amore che è una pagina  nuova rispetto al vino vecchio dei suoi interlocutori fondato sulla legge e sulla sua osservanza. Gesù ci viene a dire che noi ci salviamo davanti a Dio ed agli uomuni se facciamo le cose non per obbedire ad una legge ma con il nuovo spirito dell’amore.

 

La nostra vita e la Parola

 

Spirito Santo che sei l’artefice del cambiamento di prospettiva portato da Gesù fa che anche noi non percorriamo la via del fare solo per  dovere di giustizia, ma per libera scelta d’amare.

 

Michele Sebregondio

 
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IL MALE VERO SI PRESENTA SEMPRE IN GRUPPO, A LEGIONI MA LA FORZA DI UNO SOLO, GESU', LI DISPERDE

Post n°821 pubblicato il 03 Luglio 2014 da sebregon

XIII SETTIMANA DEL T.O. - MERCOLEDÌ


 

 

 



 Mt 8, 28-34


 
In quel tempo, giunto Gesù all’altra riva, nel paese dei Gadarèni, due indemoniati, uscendo dai sepolcri, gli andarono incontro; erano tanto furiosi che nessuno poteva passare per quella strada. Ed ecco, si misero a gridare: «Che vuoi da noi, Figlio di Dio? Sei venuto qui a tormentarci prima del tempo?».A qualche distanza da loro c’era una numerosa mandria di porci al pascolo; e i demòni lo scongiuravano dicendo: «Se ci scacci, mandaci nella mandria dei porci». Egli disse loro: «Andate!». Ed essi uscirono, ed entrarono nei porci: ed ecco, tutta la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare e morirono nelle acque. I mandriani allora fuggirono e, entrati in città, raccontarono ogni cosa e anche il fatto degli indemoniati. Tutta la città allora uscì incontro a Gesù: quando lo videro, lo pregarono di allontanarsi dal loro territorio. 


 

Cosa fa essere il male così sicuro del suo dominio? E per uscire dall’indistinto: cosa fa essere così sicuri i malfattori del dominio che pretendono di avere sulla natura e sugli altri esseri umani? Una proiezione visionaria e paranoica che fa credere loro che ciò su cui vogliono mettere mano è ‘cosa nostra’. E non solo è ‘cosa' loro nel senso di dominio immediato e fisico ma anche come un dominio che pretendono di  estendere nel futuro e cioè fino al tempo in cui potranno mollare la presa in quanto quella ‘cosa’ è ormai inservibile perché le si è succhiata tutta la vita.

 

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I demoni si lamentano con Gesù perché si credono tormentati da lui prima del tempo e cioè di quel tempo di cui,  nel loro desiderio delirante, si sono impadroniti. Il male vissuto così non è simile a quello che si commette con un atto inconsulto in un momento di follia per  una vita sbagliata ma è un male che si fa sistema e che agisce in grande, in legioni, in movimenti organizzati che portano terrore nel mondo e che vogliono mantenere un potere assoluto in cui non vi sia alcuna opposizione. Quando in un tal sistema appare una luce di verità ecco che le forze negative si attivano tutte per spegnere quella luce.

 

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Con Gesù è successo proprio così. Alla fine l’hanno ucciso. Questo alla fine però perché Gesù ha voluto mostrare prima che Egli aveva il potere di contrastare le forze del male  e di farle perire. Allora la domanda più giusta che dobbiamo farci è questa: “Se Gesù aveva questa potenza perché non l’ha usata per salvare la sua vita? Non era legittimo per lui farlo?”. Da quanto vediamo nei vangeli Gesù aveva tutto al sommo grado: intelligenza, volontà, conoscenza, forza. Ed era nel suo diritto difendersi con tutte le armi che aveva a sua disposizione  e non necessariamente violente: ricordiamoci come nel giardino degli ulivi quando egli fa la domanda : ‘chi cercate?’  i soldati sono tutti caduti per terra.

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Ora se non ha voluto usare il suo potere fino in fondo è perché non si trattava solamente della sua vita ma soprattutto della nostra. E qui il discorso diventa interessante e diventa, per chi vuole lanciarsi in una splendida avventura di comprensione, un’occasione splendida per avvicinarsi  al cuore pulsante ed amante del nostro Gesù ed al suo   rapporto di liberazione-guarigione che ha voluto avere nei riguardi di tutta l’umanità. Egli non ha voluto darci qualcosa che azzerasse la nostra partecipazione. Non ha voluto essere uno zio d’america che arriva e ci arricchisce magari andando a finanziare, a sua insaputa, il malaffare.

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Gesù ha voluto dipendere dalla nostra libertà dandole tutte le ragioni per scegliere la via dell’amore e non quella dell’odio. E per far questo il suo amore l’ha portato alle estreme conseguenze amando cioè i suoi nemici nella speranza che nelle ragioni profonde del cuore, anche quello  del più malvagio, c’è sempre la possibilità di voltare pagina quando ci  si vede amatio come Lui ha fatto.

 

La nostra vita e la Parola

 

Spirito Santo, che nella vita di Gesù ci hai fatto scoprire la grandezza del vero amore fa che non ci tiriamo mai indietro dal percorrerne fino in fondo la via.

 

Michele Sebregondio

 
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