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I MISTERI DEI TEMPLARI

Post n°389 pubblicato il 13 Maggio 2007 da io_deifobe


Meno comprensibile appare la spiegazione di come tale ordine, dall’oggi al domani, raggiungesse ed esprimesse ben oltre l’interesse religioso, ed è certo che proprio l’interesse fu economico la causa della sua rovina.
Se vogliamo considerare gli eventi - ormai fuori da partigianerie - appare molto dubbio che l’opinione pubblica (almeno quella che si potesse definire tale) fosse favorevole a chi uccideva un uomo, cosa contraria all’etica cristiana ed al diritto canonico che vietava lo spargimento di sangue, seppur di un infedele.
Bernardo, teorico del potere templare, fu il "Deus ex machina" che aveva particolarmente brigato per il riconoscimento dell’Ordine, ne aveva seguito i lavori a Troyes e ne aveva stilato la Regola.
Dietro insistenza di de Payns, fra’ Bernardo risolse la questione nel "De Laude novae militiae" nel quale esaltava i costumi e l’etica della "cavalleria celeste" (naturalmente quella templare) contrapposta alla "cavalleria secolare", ormai vuota di significati spirituali 
(9).
L’Ordine si poneva in tal modo come risposta, quasi obbligata allo stato di necessità determinato dalla presenza - sul terreno della storia - degli eserciti islamici. I Templari incarnavano il bene e la lotta al male li legittimava.
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LA REGOLA TEMPLARE
La regola templare emersa dal Concilio di Troyes in teoria è semplice.
Pur essendo laici, i Templari facevano voto di castità, obbedienza e povertà; vestivano una cappa bianca con una croce rossa, erano divisi in Cavalieri, Cappellani, Sergenti, Artigiani, comandati da un Gran Maestro e da un Concilio e dipendevano direttamente ed esclusivamente dal Papa.
Per molti secoli si è creduto che il documento originale fosse andato perso. Se ne conoscevano solo due versioni in copia. La prima (del 1240 circa, che conteneva anche gli Statuti aggiunti, redatta in Francese) e una edizione dell’800, che Henri de Curzon trasse da tre copie redatte tra il XIII e XV secolo e conservate a Roma, Parigi e Digione. Quest’ultima era in Catalano ed era stata trascritta dopo il 1330, vale a dire dopo la soppressione dell'Ordine.
La "regola" del 1127 non era mai stata pubblicata e sembrava coperta da una vera congiura del silenzio che permetteva a chiunque di attribuire alla Regola tutti i contenuti e segreti che voleva.
Nel 1995 la "regola originale" é stata pubblicata in versione integrale da Fabio Giovanni Giannini, con lo scopo di portare a conoscenza del pubblico italiano un documento citato moltissimo, ma mai letto.
La pubblicazione era il frutto di due ritrovamenti coincidenti: il primo manoscritto rinvenuto era un'antica copia custodita presso la biblioteca Marciana ed edita a Venezia nel 1736, la seconda fu trovata a Milano tra gli "acta Conciliorum" presso la Biblioteca Braidense 
(10).
Questo ritrovamento consentiva agli antichi "Monaci Guerrieri" di recuperare 600 anni di ingiusto silenzio 
(11).
Va osservato preliminarmente che i Templari avevano mutuato lo schema costitutivo del proprio ordine dai biblici muratori-guerrieri di Zorobadel che avevano ricostruito il secondo Tempio sulle rovine del primo e che, secondo la tradizione, lavoravano con la cazzuola in una mano e la spada nell'altra.
Questa impostazione consentì l’introduzione in Europa delle cattedrali. La spada e la cazzuola compaiono, infatti, nelle insegne dei Templari dove la cazzuola ha quattro lame triangolari disposte a croce e costituiscono il pentacolo cabalistico noto come "croce d'oriente".
La solite "voci" narrano che De Payns fosse entrato in contatto ed aveva conosciuto le teorie dei Gioanniti (il cui sommo sacerdote era stato un certo Teocleto) 
(12).
Si sostiene, in altre parole, che i Templari avrebbero seguito due dottrine: una pubblica (legata all'ortodossia cattolica) ed una segreta, quella gioannita (vale a dire quella della Kabalah gnostica degenerata in un panteismo mistico-idolatrico).
Il Levi sostiene che, per tale strada, sarebbero approdati ad un simbolismo panteistico proprio dei grandi maestri della magia nera (il Baphomet avrebbe quindi rappresentato l'equivalente del vitello d'oro di Dan e di Betel) 
(13).
Lo statuto, quale ci appare oggi, si compone di quattro parti distinguibili per l’epoca di formazione:

  • la "Regle Primitive", che sembra corrispondere al testo approvato dal Concilio di Troyes del 1128
  • i "Retraits", raccolta di usi e costumi risalente intorno al 1165
  • gli "Statuts hiérarchiques" che riguardano le cerimonie ed è del 1230-1240
  • gli "Egards", che si occupano dei reati e delle pene e risale al 1257-1267
La "regola" sanciva la subordinazione del Tempio alla giurisdizione ecclesiastica, elencava uffici celebrativi, digiuni e feste obbligatorie; prescriveva semplicità nel vestire (14), caratterizzato da una croce rossa; fissava una disciplina cenobitica severissima (15).
Ma l’evoluzione dei Templari non era ancora conclusa.
Era passato appena un anno dal Concilio di Troyes quando il Papa stabilì che l’Ordine era sottoposto direttamente all’autorità pontificia e quindi sottratto a quella del Patriarca di Gerusalemme. L’ordine era così entrato nel gioco della grande politica, nella lotta tra chiesa dell’occidente e scisma d’oriente.
A questo deve aggiungersi che il Gran Maestro ed il Capitolo andavano ad assumere la responsabilità completa ed assoluta della gestione dell’Ordine.
In pratica l’Ordine diveniva indipendente. E nello stesso momento - guarda caso - i Cistercensi perdevano l’obbligo di versare le decime per i loro possedimenti e di riscuoterle in proprio col consenso del Vescovo.
Fu il classico "scherzo da prete". La riduzione delle entrate ai chierici non venne digerito bene e le continue controversie richiesero spesso l’intervento della Santa Sede.
Ormai era l’anno 1145 ed era maturo il tempo per l’adozione di una nuova disciplina, che arrivò puntualmente con la bolla pontificia "Militia Dei" e che si risolse in una conferma e puntualizzazione dei privilegi dei Templari.
Tuttavia, apparentemente non successe nulla anche se l’obbedienza formale cui erano obbligati gli ordini religiosi generò sordi (e sordidi) rancori che covarono sotto la cenere per divampare nel rogo che devastò l’Ordine Templare.
Nel frattempo e per il momento, come osserva Claudio Contorni 
(16), i nove cavalieri iniziali erano diventati una milizia della quale non si poteva fare a meno ed al cui potere si piegavano papi e re.
La commistione fra il potere spirituale e temporale si era realizzata con la benedizione di fra’ Bernardo e dei Cistercensi ma anche con la minaccia del braccio armato di de Payns e della nobiltà schierata con lui.
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LA CONGIURA E L'ARRESTO DEI TEMPLARI
Se dovessimo fermarci ad una esegesi storica del fenomeno "Templare", potremmo dire di essere giunti ad un buon punto. Il che non è affatto vero.
La domanda d’obbligo è se ci sia stato un segreto e quale fosse stato questo segreto.
Qualche storico ha osservato che non si trattò di un solo segreto quanto un "insieme" di segreti il cui insieme che li condussero alla tragica conclusione del 18 marzo 1314.
Ma dietro alle fiamme del rogo, si intravedevano le figure di un re (Filippo IV), di un papa (Clemente V) e di un primo ministro (Nogaret).
Qual era il rapporto tra costoro ed i Templari, in particolare nel periodo che va dal 1306 al 1315?
Le riposte sembrano lì, a disposizione; facili da acquisire, ma - come si suol dire - guai a fermarsi alla prima taverna. I fatti di cui mi sto occupando hanno offerto il destro a molte speculazioni storiche, letterarie, esoteriche (o pseudo esoteriche).
La storia tace su molti, troppi punti. La leggenda invece parla di una maledizione e di una vendetta templare 
(17).
Di fatto, che cosa scatenò l’orgia di fiamme del 1315?
A prima vista non risulterebbero motivi di dubbio su quella che fu la causa scatenante dell’odio di Filippo IV e di Clemente V. Tutti sono concordi nell’accreditare la tesi della ricchezza dell’ordine per il primo e dell’inetta insipienza per il secondo.
Per la verità esistono anche altre verità sia sul piano storico che su quello esoterico. Ne sono sostenitori coloro che attribuiscono i successi militari di Terrasanta a componenti iniziatiche ed esoteriche acquisite attraverso la conoscenza di testi segreti (??).
Ed infatti sono ben noti i contatti dei Templari con sette gnostiche e cenacoli esoterici islamici. C’è, infatti, la pista degli Ismailiti, della Setta degli Assassini e di Hassan-al Sabbah (noto come il "Vecchio della Montagna") capo della setta degli Hashishin dalla quale avrebbero appreso del Baphomet e di altri tenebrosi segreti.
Che cosa avessero appreso non lo sa nessuno ed è sembrato lecito dare la stura ad una serie letterale di invenzioni più o meno fantasiose.
A me sembra che non occorra scomodare né Ismailiti né Vecchio della montagna: basta guardare molto più vicino. Nella Francia del XIV sec.
In maniera molto meno romanzesca ma molto prosaico della finanza, basterà ricordare che i Templari erano divenuti i banchieri (leggi: usurai) avendo sottratto tutti i trucchi del mestiere ai giudei. Non a caso avevano introdotto nella prassi europea degli affari la cambiale, l’assegno circolare e la lettera di credito 
(18).
Con questi mezzi i Templari si arricchirono perdendo di vista gli ideali iniziali 
(19) ma acquistando il carattere di una vera e propria milizia sovranazionale, legata solo al giuramento di fedeltà al Gran Maestro e al Papa.
Con la caduta dei Regni Latini d’Oriente, tornati in Europa i Templari furono costretti ad uscire dal loro semi-anonimato. La loro presenza cominciò così a dare fastidio.
Si aggiungano alcune circostanze che dovevano pesare quanto un macigno sulle decisioni politiche:
  • Il Papa aveva bandito le crociate non solo per liberare il Santo Sepolcro, ma anche per spostare fuori dall’Europa il terreno delle faide tra Re cristiani. Molto probabilmente credette di poter utilizzare i Templari come supermilizia Vaticana in grado di garantire la pace come forza di interposizione tra frontiere "calde" (ad esempio quella pirenaica (20) o quella russo-polacca (21)).
  • In secondo luogo il Re di Francia Filippo IV, detto il Bello, ed il suo fedelissimo ministro Nogaret, non potevano certo tollerare una supremazia papale proprio con il papa in territorio francese (22).
  • In terzo luogo il vile denaro: perché, in questo complesso quadro fatto di interessi contrapposti le casse del Regno di Francia erano vuote. Il tesoro templare poteva essere nella soluzione di diversi problemi nei quali era invischiata la Francia.
  • Infine la posizione strategia dei Templari nell’ambito della politica francese. I Templari, fortissimi a Parigi e in molti altri centri, erano divenuti di fatto un pericolo per la successione dinastica a causa del loro collegamento col Papa e dell’atteggiamento immorale delle figlie del Re (23).
Queste le cause della congiura anti-Templare. Ma per la sua riuscita bisognava spezzare il cordone ombelicale che legava il Papa all’Ordine. E Clemente V assunse, per l’occasione, la veste del burattino nella mani del Re di ferro (complice, ancora una volta, il Nogaret).
Queste considerazioni spiegano benissimo le motivazioni ed i comportamenti di tre delle parti in causa (in particolare spiegano i rapporti di Filippo IV e di Clemente V parti indispensabili nell’isolamento dei Templari troppo liberi da vincoli di natura temporale).
Però non spiega assolutamente la remissività di quegli autentici fulmini di guerra, i membri dell’ordine, al momento degli arresti.
Quando gli armigeri si presentarono nelle varie fortezze del Tempio, esse si arresero senza colpo ferire. È vero che nessun Templare immaginava che la stessa cosa stesse accadendo, in quello stesso momento, presso quasi tutte le fortezze (escluse quelle dell’Emilia, del Portogallo e della Gran Bretagna).
Possibile che ciascuna comunità attendesse l’aiuto di altre e, tutte insieme, confidassero sulla protezione incondizionata del Pontefice?
Una possibile spiegazione può essere cercata solo per Clemente V e si connette alla natura del complotto architettato da Nogaret. Questo, sul piano della fede, spuntò molte delle armi che il Pontefice poteva usare senza rimanere egli stesso coinvolto, ma la strada scelta fu talmente tortuosa e lenta da lasciare in piedi numerosi sospetti che sono purtroppo destinati a restare tali.
Né il processo né la documentazione storica sono fornire una risposta.
Nel rapporto tra Templari e Filippo il Bello sembra che una grossa parte abbia giocato la sorpresa e la fiducia, mal riposta, nelle possibilità e capacità politiche di Clemente V.
Non v’è dubbio che Nogaret gestì da par suo la regia accuratissima nella scelta dei tempi sicché riuscì a sottrarre i Templari alla giurisdizione pontificia prima che questa avesse il sentore di quanto stava accadendo.
Nogaret, dispose ed eseguì gli arresti con un tempismo senza precedenti. I primi ad esserne disorientati furono proprio gli arrestati che non riuscirono ad organizzare alcuna forma di resistenza armata.
Lo stato di confusione in cui cacciò i prigionieri fu tale che, sotto tortura, alcuni cavalieri cominciarono a fare delle ammissioni compromettenti (essenzialmente sulla sodomia, sull’adorazione del diavolo e negazione della Santissima Trinità).
A quel punto un papa - di per sé già sottomesso al volere regio - aveva già perso qualsiasi arma; né se la sentì di azzardare mosse che avrebbero potuto tradursi in uno "scisma" 
(24).
Particolarmente squallido si rivelò il comportamento di Jacques de Molay che si auto-accusò degli stessi misfatti. Al momento, ormai compromesso e sbugiardato, venne rilasciato. Ma l’assassinio di Ugone da Bologna, lo privò del potente aiuto dei Templari dell’Emilia e lo rese definitivamente inoffensivo: era carne da rogo anche lui.
Maestro Jacques solo sul rogo, ritrovò la fierezza del ruolo ribellandosi all’Arcivescovo di Saëns che aveva lanciato roventi accuse contro l’Ordine. Ma non potette far altro che scagliare maledizioni.
Ma è destino che nella vicenda dei Templari nessuna tessera del mosaico vada al posto giusto.
Andando a monte mi chiedo: quali furono le ragioni di tanto accanimento contro i Tempio?
Perché tanta indifferenza di tutte le parti coinvolte?
Ma anche queste sono domande che attendono una risposta.
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LE CAUSE REMOTE: IN TERRASANTA
Taluno ipotizza che l’origine dei problemi dei Templari deve essere ricercata lontano, nella loro permanenza in Terrasanta. Ma il solo elenco delle ipotesi avanzate sono di per sé troppe ed elencarle tutte troppo lungo.
Farò in questa sede solo un cenno a qualcuna di esse rimandando per una valutazione critica alle conclusioni.
Si è parlato:
  • Di testimonianze scomode o di un grande segreto inerente la cristianità. Ma a quali mai segreti potettero attingere? A quali documenti erano abilitati ad accedere?
  • Di una casta sacerdotale della Terrasanta (ma quale... gli ultimissimi seguaci degli Esseni o gli Ashishin?) in possesso delle prove di una verità che attraversava il Cristianesimo e le sue origini, non confacenti per l’ortodossia romana.
  • Del presunto ritrovamento dell'Arca dell'Alleanza, o dei segreti costruttivi delle cattedrali gotiche, o di carte segrete che indicavano la rotta per le Americhe, o tutte queste cose insieme. Il fatto è che, ad un certo punto, fantasia e leggende si confondono in un groviglio inestricabile rigirandosi su se stesse. Jacques de Mahieu, ad esempio, sostiene che i Templari avrebbero raggiunto l’America tre secoli prima di Colombo partendo da La Rochelle e fermandosi in Messico; qui, sfruttando l'argento locale, si sarebbero procurato il denaro necessario a finanziare le Cattedrali.
  • Del presunto ritrovamento o della presunta consegna, da parte degli Ashishin, del Sacro Graal che poi avrebbero trasferito, dimenticandolo in qualche, del Castello di Gisors.

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