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American Sniper

Post n°347 pubblicato il 03 Gennaio 2015 da Taniello
 

 

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Clint ormai è un anziano conservatore americano (decenni fa, invece, era un giovane conservatore americano), quindi ancora più arcigno e antipatico. Magari fa su e giù a casa sua in canottiera e ciabbatte digrignando i denti alla Gunny e imprecando quanto Obama somigli ad una scimmia. Lui (Clint) sì che saprebbe come fare per dare una lezione a quei fottuti terroristi, mentre sputa tabacco sulla tappezzeria del divano premurosamente ripulita dalla colf (rigorosamente messicana).
Nonostante ciò qui si ama Eastwood incondizionatamente e semplicemente perché egli è Eastwood. Nel suo cinema ci sono sempre stati uomini portatori di idee che, giusto o sbagliate che siano, comportano prezzi altissimi da pagare.
E anche con American Sniper è bravissimo, da regista, a mostrarci quanto sia difficile in ogni caso fare scelte quando queste incidono sugli altri, famiglia o nemici che siano.
E qua il fatto è pure biografico.
La sceneggiatura è solo apparentemente tagliata con l'accetta là dove il rude cowboy texano di fronte alla tragedia delle Twin Towers decide di arruolarsi ma è realtà, è così che è avvenuto per tanti. E' così che tanti hanno deciso di prendersi una donna e farci una famiglia, è così che tanti hanno deciso di andare a combattere consapevoli di poterci lasciare la pelle o almeno il cervello.
Non è solo retorica patriottarda da due soldi tipo quella che sta sommergendo di melassa ipocrita noi poveri italiani per due signori in divisa che hanno sparato a due pescatori indiani o peggio quella ancor più patetica delle "missioni di pace" per non chiamarle guerre.
E' la storia di un tizio come tanti e che in tanti non sopportano, ma è così.
Quando poi la dinamica della storia diventa i suoi periodici ritorni a casa e l'apparire dei primi sintomi di sindrome post traumatica allora si va sul classico, anche un po' noioso, con "la famiglia" che non ti riconosce più. Ma ci sta. Per dare un po' di sale alla pellicola non manca poi il duello con un altro cecchino nemico, un escamotage narrativo che funziona sempre.
E poi va a finire come doveva finire, è biografia pure quella, e là pure un Gino Strada forse sarebbe stato un minimo accondiscendente.
No, Gino Strada no. Io sì.

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