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Un libro di Francesco Sidoti. L'Aquila, ecco come è stato costruito il mainstream dell'informazione

Post n°4493 pubblicato il 20 Marzo 2011 da cile54

"Le verità del terremoto"

Il problema della verità è la tesi centrale del libro Le verità del terremoto di Francesco Sidoti (edito da Libreria universitaria Benedetti, L'Aquila 2010, euro 12). L'autore tenta di far dialogare le verità che hanno preceduto e seguito il terremoto del 6 aprile 2009 a L'Aquila. E questo non tanto per autorizzarle tutte indistintamente, quanto per vigilare su quella verità che è ancora in cerca di giustizia: quella delle vittime, verità scomode e sepolte, minori appunto.

Secondo Sidoti, il terremoto aquilano avviene a margine di fenomeni sociali molto più ampi, che mostrano la direzione ostinata di una regressione in atto: incompetenza, irresponsabilità, mancanza di prevenzione. Questa regressione è il sintomo di un nuovo Medioevo, in cui l'individualismo esasperato si insinua nella vita civile nelle forme dell'egoismo, della sopraffazione, dell'arroganza e dell'ignoranza. È l'ignoranza, infatti, uno dei temi sollevati da Sidoti, il sonno della ragione, motivo degli effetti più scellerati che gli eventi naturali procurano agli uomini. La società, dunque, se vuole definirsi civile, deve esigere dai suoi membri virtù e conoscenza, richiami danteschi di incalcolabile valore per chi, da cittadino, avverte il compito di partecipare lealmente alla reciprocità delle parti per la convivenza equilibrata del tutto.

Per Jaspers, ogni esistenza è a se stessa la sua propria verità. Ma siccome i singoli sono in rapporto reciproco, ognuno è in rapporto con la verità altrui, tanto che spesso abbiamo l'impressione che di verità ce ne siano fin troppe. Ma non hanno lo stesso peso le verità. Oggi, infatti, la rappresentazione mediatica non è più specchio, ma artefice della realtà, e, in quanto tale, ha un effetto di verità senza precedenti. Anche se la verità dovrebbe avere qualche corrispondenza con la realtà, a L'Aquila si è visto, invece, come abbia avuto una forte corrispondenza con la persuasione mediatica. È qui che diventa prepotentemente attuale l'ammonimento di Nietzsche: "Le verità sono illusioni di cui si è dimenticata la natura illusoria".

A L'Aquila sono state 308 le vittime della mancata prevenzione a un disastro temuto; a L'Aquila una città intera è stata presa d'assalto da una criminalità organizzata più veloce della giustizia che doveva opporvisi; a L'Aquila studi sull'agibilità di edifici pubblici, precedenti al terremoto e costati una fortuna, sono stati ignorati; e ancora a L'Aquila la ricognizione di Sidoti sulle verità del terremoto diventa un tentativo di rendere collettivo il lutto e pubblica la richiesta di giustizia, evitando di isolare il dolore dei parenti delle vittime dentro le sfere del privato e ritessendo la trama della fiducia in chi ancora vuole vivere la propria città senza timori. Sidoti mette in relazione le vicende del terremoto con le responsabilità evase: «Non può finire con una sceneggiata, con un'amnistia indiscriminata; e questo, non per vendetta, ma perché non accada di nuovo, altrove, allo stesso barbaro modo».

Responsabilità, dunque, nei rapporti tra gli uomini. Ma questo non basta più: porre le basi per un'etica che si prepari ad affrontare il moderno vuol dire esercitare la collettività a rispondere non solo dell'interiorità delle proprie intenzioni ("Non avevo alcuna intenzione di nuocere!") e non solo delle conseguenze delle proprie azioni ("Ho agito secondo le regole, ma se le regole non sono giuste non è affar mio!"), ma anche con un'attenzione particolare allo scenario aperto dall'età della tecnica, che oggi rende gli effetti delle nostre azioni sempre più imprevedibili ("Non potevo immaginare che sarebbe successo!"). L'appello di Sidoti è, dunque, a uno spirito critico, a un pensiero razionale che nasca da motivazioni critiche rispetto a tutto ciò che per inerzia si fa verità tradizionale. La calamità naturale può diventare una provocazione del rapporto tra uomo e natura; ma affinchè l'agonia a cui assistiamo, che ha tempi lunghi, oltre alle parti nobili del cervello, non atrofizzi anche il resto del corpo sociale, occorre iniettare gli anticorpi della prevenzione attraverso l'esercizio fecondo della dialettica sociale. E lì scoprire che le verità, in fondo, non sono più immutabili, ma dinamiche, come la terra.

 

Andrea Calderon

19/03/2011

 

 
 
 
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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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