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E’ una realtà drammatica, resa tragica da un governo che l’affronta con l’unica ricetta liberista possibile: lo schiavismo

Post n°4580 pubblicato il 13 Aprile 2011 da cile54
Foto di cile54

'La precarietà fa audience. Ma “Non si uccidono così anche i cavalli?”'

Non le abbiamo viste tutte, a quanto sembra. Dopo la trasmissione in onda su La7 che per prima ha trasformato in reality la conquista di un contratto di lavoro, - “Il contratto”, così è titolata questa triste competizione fra disoccupati mascherata da sfida fra competenze, ora tocca a Canale 5, che naturalmente va ben oltre. La proposta è quella di fare una sorta di game show, un gioco a quiz dove a concorrere dovrebbero essere i docenti precari chiamati a rinfrescare conoscenze ad ignoranti ma noti partecipanti di reality quali Grande Fratello. Quelli che meglio eserciteranno le loro qualità professionali, vinceranno “10 anni di tranquillità”. Senza scherzi, così recita la striscia pubblicitaria che scorre in questi giorni sugli schermi televisivi, appena si mal-capita su Canale 5.

Così il tanto sbandierato merito diventa primo premio in un quiz, e la conoscenza il plusvalore con il quale l’azienda fa profitto acquisendo gratuitamente audience, in perfetto stile Canale 5. ‘La trasmissione la fate voi’ sembra essere lo slogan del palinsesto dell’ammiraglia di Mediaset; il vostro guadagno? essere visti in Tv. Ma naturalmente conquistare un simile posto al sole ha un prezzo molto salato: scannarsi gli uni con gli altri, fino a che non ne rimanga uno. Che a quel punto, si merita anche di non lavorare. Ma è davvero un merito, in una “Repubblica fondata sul lavoro”?, e perché no, il lavoro è diventato un incubo. Ignorato dal governo, schivato dall’opposizione, è il terreno dove più è evidente il deserto della politica. E nel cuore di esso, la solitudine dei lavoratori diventati a migliaia cassintegrati, disoccupati, precari, assediati dai debiti che crescono a dismisura con l’aumento del costo della vita. Come non potrebbe essere appetibile una simile posta in gioco come avere tregua per 10 anni.

E’ una realtà drammatica, resa tragica da un governo che l’affronta con l’unica ricetta liberista possibile, quella della competizione globale, nella quale ogni individuo, atomizzato, concorrerà senza esclusione di colpi e senza regole, se non quella della legge del più forte. Del resto le ultime dichiarazioni della presidente di Confindustria Marcegaglia ne sono il segno tangibile. La stessa politica industriale è ormai capitalismo d’accatto, roba del secolo scorso. Della defenestrazione di Geronzi la Marcegaglia ha avuto persino l’ingenuità di dire che “non ne sapevamo niente”, così come nel video di ieri, disperante tentativo di usare “tutti i mezzi possibili”, Marcegaglia ha dichiarato la solitudine degli imprenditori. Ancorché dorata e con i beni in Svizzera, molto lontana quindi dagli sfratti e dalle ipoteche sulla casa di chi perde il lavoro, ha come solo e unico punto di riferimento ancora il lavoro. Bene sorpassato dalla lotta per la sopravvivenza che la Tv, ancora una volta all’avanguardia nell’indicare la realtà, delinea per il futuro.

Superata la retorica del merito, utile non certo per rompere la logica clientelare e familistica, ma solo per l’ideologia della competizione, la Ministra Gelmini, con il suo burattinaio Tremonti, affiancata dalla retorica della deregulation supportata dalla sussidiarietà dei Sacconi e dei Brunetta, può lasciare campo libero alla sua rappresentazione, fatta di vip prodotti dalla società dello spettacolo, diventati tali quindi non per meriti personali ma solo perché corrotti dalle regole del gioco, la cui sostanza è una lotta fatta senza esclusione di colpi per agguantare soldi, non per lavorare. Ce l’ha insegnato la bolla speculativa scoppiata nel 2008. Si tratta di diventare “too big to fail”, troppo grande per fallire, oppure provare a correre più veloce degli altri, in quella giostra disperata che richiama il film di Pollack “Non si uccidono così anche i cavalli?”. Una gara di danza fino all’ultima eliminazione, per guadagnare due soldi di premio, durante la grande crisi del ’30. Una giostra nella quale si cade quando si è soli, ma che si può fermare facendo sponda insieme.

Anna Maria Bruni

12/04/2011

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