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La presidente di Confindustria vuole nel suo Gruppo un salario d'ingresso per sei anni e mezzo. Ingorda e pericolosa!

Post n°4622 pubblicato il 24 Aprile 2011 da cile54

Marcegaglia taglia i salari, ma non gli infortuni

 

Vuoi lavorare? bene, per sei anni e mezzo acconciati ad essere un operaio di serie B. Al sindacato non sta bene questo? pazienza, esternalizzeremo le lavorazioni o, addirittura, punteremo soltanto sull'estero.

Questo, in sintesi, l'atteggiamento del Gruppo Marcegaglia, impresa della attuale presidente di Confindustria, che proprio in questi giorni sta tentando un affondo pesantissimo.

Lo chiamano "salario di ingresso" per i nuovi assunti: in pratica si tratta di una differenziazione salariale in grado di determinare, per chi entrerà in fabbrica, uno stipendio inferiore del 25% rispetto a quello praticato per i lavoratori già in servizio.

Uno dei tanti problemi di questa vicenda consiste nel fatto che questo trattamento salariale dovrebbe durare addirittura 78 mesi: cioè per sei anni e mezzo esisterebbero lavoratori che, con le stesse mansioni e gli stessi orari degli altri, percepirebbero molto meno. Questo è il prezzo da pagare per ottenere 250 nuove assunzioni e per sbloccare la vicenda del rinnovo dei contratti aziendali scaduti.

«Le pressioni messe in atto da Marcegaglia per ottenere questo sfondamento sono enormi» spiega Mirco Rota segretario della Fiom lombarda.

Raccontano che un nuovo assunto per il ciclo continuo arriverebbe a prendere 1.700 euro al mese, «quando in realtà - precisa Rota - si tratta di 1.656 euro lordi, cioè 1.200 netti e solo facendo 30 ore di straordinario al mese!».

Per l'azienda il risparmio, tutto giocato sul costo del lavoro, sarebbe enorme: 36mila euro a lavoratore nell'arco dei 78 mesi (per complessivi 900 milioni di euro): come a dire che ciascun operaio lavorerà circa due anni gratis per l'impresa.

Questo è inaccettabile nell'ambito di un Gruppo che ha chiuso il bilancio 2009 con un utile di 28 milioni di euro, nel 2010 ha avuto un fatturato di 3,7 miliardi e per il 2011 prevede un ulteriore crescita del 30% pari a 4,7 miliardi. E che continua ad investire all'estero: in questi giorni ha aperto uno stabilimento in Cina che arriverà ad occupare 500 persone con un investimento di 150 milioni di euro, verrà raddoppiata la capacità produttiva in Brasile, verrà costruito un nuovo stabilimento in Polonia e si realizzerà la produzione di tubi speciali in Russia.

Ad eccezione di Usa e Gran Bretagna, checché ne dicano gli amministratori del Gruppo, l'impresa sta investendo massicce risorse nei paesi a basso costo del lavoro.

Contemporaneamente minaccia di esternalizzare parte del lavoro; «in realtà - per la Fiom lombarda - non esistono garanzie. Marcegaglia proponendo il salario di ingresso non ha voluto impegnarsi per evitare future esternalizzazioni delle attività: questo significa che anche accettando il "sacrificio" del salario di ingresso non si avrebbero certezze sui piani aziendali».

La Fiom si sta attrezzando per fronteggiare l'offensiva della Marcegaglia con materiali informativi da distribuire nelle fabbriche del Gruppo anche per far capire che nemmeno gli attuali dipendenti possono sentirsi "garantiti": «E' evidente - spiega Rota - che in presenza di una crisi aziendale non saranno certo i nuovi assunti, che costano poco all'azienda, ad essere colpiti dalla cassa integrazione: all'impresa conviene lasciare a casa i lavoratori che hanno un salario superiore».

Da sempre è così: le differenziazioni tra lavoratori, oltre a colpire direttamente e immediatamente quelli più svantaggiati, nel complesso indeboliscono l'intero mondo del lavoro.

La parola d'ordine, quindi, è quella di informare e resistere: a partire dal territorio mantovano, dove ha sede il Gruppo, «la Fiom - spiega Mauro Mantovanelli, segretario dei metalmeccanici mantovani - spiegherà che il vero obiettivo dell'impresa è quello di arrivare al salario variabile legato alla presenza».

Cioè un salario che dipende da quanti giorni l'operaio passa in fabbrica.

Questo discorso della presenza non può che rimandare al tema delicatissimo degli infortuni in fabbrica: «Anziché abbassare i salari Marcegaglia dovrebbe abbassare gli infortuni - incalza Mantovanelli - visto che nello stabilimento di Gazoldo, nel 2010, gli infortuni sul lavoro sono stati 135 su un totale di 1.183 dipendenti».

 

Matteo Gaddi

Rifondazione Comunista, Responsabile lavoro nord Italia

23/04/2011

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