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Una ricerca Istat parla di un paese in difficoltà: oltre 2 milioni di disoccupati, altrettanti scoraggiati e inattivi

Post n°4734 pubblicato il 25 Maggio 2011 da cile54
Foto di cile54

Un'Italia a pezzi tra disoccupazione, povertà e disuguaglianze. 

 

E' un'Italia a pezzi, quella che esce da due anni di crisi. Un Paese in cui l'economia arranca, il lavoro resta un miraggio e le famiglie erodono i propri risparmi, rischiando seriamente la povertà. Lo sostiene l'Istat, nel rapporto sulla situazione nel 2010, reso noto oggi.

 

Debiti e risparmio. Secondo l'Istituto di statistica, sono sempre di più le famiglie italiane che si indebitano o intaccano il patrimonio per mantenere stabile il tenore di vita "nonostante la sostanziale stabilità degli indicatori di deprivazione (quelli che mostrano il disagio economico, ndr), il 43,3 per cento delle famiglie dichiara di aver visto peggiorare la propria situazione economica rispetto all'anno precedente, una quota comunque inferiore a quella del 2009 (pari al 50 per cento)". "La difficile situazione economica - sottolinea l'istituto di statistica - costringe infatti le famiglie a contrarre debiti o a fare ricorso alle proprie risorse patrimoniali (16,2 per cento contro il 15,1 per cento del 2009) e a risparmiare meno dell'anno precedente (19,1 per cento)". In Europa, poi, l'Italia è penultima per la spesa pubblica a favore delle famiglie. In media, "i paesi europei destinano a questa voce di spesa una quota pari all'8,3 per cento del totale", mentre in Italia "questa funzione assorbe il 4,7 per cento e solo la Polonia, fra i 27 paesi europei, vi destina una quota più bassa, circa il 4 per cento". E dal 2004 la tendenza "è stabile sia in Italia sia in Europa".

 

Disoccupati a quota 2,1 milioni, è record dal 2002. I disoccupati sono oltre quota due milioni nel 2010, il livello massimo da quasi dieci anni. L'anno scorso, afferma il rapporto Istat, "l'area della disoccupazione ha continuato a estendersi, seppure con un ritmo meno intenso. Nel 2010 il numero dei disoccupati è aumentato su base annua dell'8,1 per cento (+158mila unità), raggiungendo i 2,1 milioni, il livello più elevato dal 2002".

 Alla crescita della disoccupazione "hanno contribuito più gli uomini delle donne: l'incidenza della componente maschile sul totale dei disoccupati ha raggiunto il 53 per cento nel 2010 dal 51,4 per cento dell'anno precedente". L'aumento delle persone in cerca di lavoro ha interessato tutto il territorio, "ma è stato più forte nel Mezzogiorno, dove il tasso di disoccupazione (13,4 per cento) è più che doppio di quello del Nord".

 

Scoraggiati e inattivi, secondi solo a Malta. Le persone inattive "scoraggiate" sono arrivate a quota 2 milioni, quasi come i disoccupati, e in Europa l'Italia è seconda solo a Malta in questa poco gratificante classifica. "Ritenere di non riuscire a trovare un impiego - afferma l'Istat - e attendere gli esiti di passate azioni di ricerca sono state le principali ragioni che hanno indotto a non cercare lavoro. Nel 2010 questi motivi hanno interessato circa 2 milioni di persone, una cifra vicina a quella dello stock dei disoccupati". Nel 2010 - secondo l'istituto di statistica - Malta è il primo paese in Europa per il tasso di inattività complessivo 15-64 anni, con un valore del 39,8 per cento, seguita dall'Italia col 37,8 per cento. Rispetto all'insieme dei paesi Ue, l'Italia ha "un'incidenza più che doppia, sul totale delle non forze di lavoro (15-64 anni), degli inattivi scoraggiati: la quota degli scoraggiati dell'Italia è più che doppia rispetto a quella della Spagna e sei volte superiore a quella della Francia".

 

Le donne stanno peggio. Peggiora la qualità del lavoro per le donne, con il divario salariale rispetto agli uomini che resta "notevole". L'anno scorso, secondo lo studio, l'occupazione femminile "rimane stabile, ma peggiora la qualità del lavoro. È scesa l'occupazione qualificata, tecnica e operaia (-170mila unità) ed è aumentata soprattutto quella non qualificata (+108mila)". Si tratta soprattutto "di italiane impiegate nei servizi di pulizia a imprese ed enti e di collaboratrici domestiche e assistenti familiari straniere". Un secondo fattore di peggioramento "è dato dalla crescita del part-time (+104mila unità), quasi interamente involontaria e concentrata nei comparti di attività tradizionali (commercio, ristorazione, servizi a famiglie e persona) che presentano orari di lavoro poco adatti alla conciliazione con i tempi di vita". Inoltre, "permane tra le donne una maggiore diffusione del lavoro temporaneo: 14,3 per cento contro il 9,3 per cento degli uomini".

 

Pil a picco, dieci anni sprecati. Dieci anni sprecati per migliorare la produttività, che ora è a un livello peggiore del 2000. Lo sottolinea l'Istat nel rapporto sulla situazione del Paese nel 2010. "La produttività del lavoro nel periodo di espansione 2001-2007 - secondo lo studio - è cresciuta in misura molto modesta, segnando una caduta del 3,6 per cento (in termini di valore aggiunto per unità di lavoro) nel biennio 2008-2009. La produttività ha poi registrato un recupero del 2,2 per cento nel 2010, collocandosi però sotto il livello del 2000". "L'evoluzione stagnante della produttività - aggiunge l'istituto di statistica - ha rappresentato un limite all'espansione dei salari, contribuendo alla debolezza della domanda interna nel corso dell'intero decennio. D'altro canto, la modestissima dinamica dell'economia italiana è stata anche il risultato di una protratta debolezza sia della domanda interna sia di quella estera, che perdura anche in questa fase di ripresa"."Nel decennio 2001-2010 l'Italia ha realizzato la performance di crescita peggiore tra tutti i paesi dell'Unione europea". Il paese e' "fanalino di coda nell'Ue per la crescita". La fotografia della situazione economica del paese e' contenuta nel rapporto annuale 'La situazione del paese nel 2010' dell'Istat, presentato oggi alla camera dei Deputati dal presidente dell'Istituto, Enrico Giovannini.

 

Rischio povertà. La conseguenza di tutto ciò è che una persona su quattro in Italia è a rischio povertà o esclusione sociale. Secondo l'Istat, "nel nostro Paese circa un quarto della popolazione (24,7 per cento) sperimenta il rischio di povertà o esclusione, un valore superiore alla media Ue (23,1 per cento)". In particolare, le categorie più a rischio sono gli anziani soli e le famiglie numerose. Il Mezzogiorno - spiega l'istituto di statistica - è la zona del Paese con i più elevati tassi di povertà o esclusione. Al Sud infatti, "dove risiede circa un terzo della popolazione nazionale, vive il 57 per cento delle persone a rischio di povertà o esclusione".

23/05/2011

Fonte: rassegna.it

 
 
 
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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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