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The day after in Puglia. Non è una rivoluzione il testo approvato in Regione sull'Acquedotto

Post n°4836 pubblicato il 17 Giugno 2011 da cile54

I comitati: «Questa legge non è la nostra»

 

C'è chi l'ha chiamata "rivoluzione" - un quotidiano che più vendoliano non si può - e chi - il movimento puglese per l'acqua bene comune - è decisamente più cauto e sta cercando di capire la portata di quanto accaduto in consiglio regionale proprio all'indomani della clamorosa vittoria referendaria. Perché una legge sulla ripubblicizzazione dell'acqua potrebbe nascondere delle insidie. E il cammino di quella pugliese ne è un esempio concreto. Scritta a molte mani dai comitati e dagli esperti della Regione, la legge aveva già subito un ritocco malizioso ma subito scoperto. Poi è stata a lungo nei cassetti fino ad approdare in commissione per essere subito oggetto di emendamenti. Intanto i comitati hanno appreso solo dalla stampa che il governo regionale aveva posto in discussione il disegno di legge sulla gestione del Servizio Idrico Integrato. «Il testo portato in aula sulla "cosiddetta" ripubblicizzazione dell'Acquedotto Pugliese non è quello originario - spiega il comitato regionale "2Sì per l'acqua bene comune" - scaturito dal tavolo tecnico congiunto fra Regione e forum Italiano dei movimenti».

In Aula, agli emendamenti dell'assessore Amati (già approvati dalle commissioni competenti) si sono aggiunti quelli presentati grazie alla tempestiva mobilitazione realizzata dal "popolo dell'acqua" di tutto il Paese. In attesa di una valutazione ponderata da parte degli esperti, prevista per oggi, un comunicato del comitato dava conto ieri dei punti principali della questione.

A voler vedere la bottiglia mezza piena potrebbe servire l'avvenuta eliminazione del riferimento alla possibilità di ingresso dei privati dalla finestra, nella gestione attraverso società miste delle "attività strettamente connesse" alla gestione del servizio idrico integrato. La nuova formulazione fa riferimento alle "attività diverse dal servizio idrico integrato ma da esso rivenienti". «Questo significherebbe che il ricorso eventuale a società di capitale non dovrebbe riguardare le attività di potabilizzazione, depurazione e distribuzione idrica», spiegano gli attivisti referendari pugliesi. «Ma l'erogazione gratuita del minimo vitale resta legata esclusivamente all'avanzo netto annuale di gestione - e questo per i movimenti - non è accettabile se si vuole garantire realmente il diritto all'acqua potabile, perché non sia solo una mera dichiarazione di principio». Anche l'articolo che faceva riferimento all'amministratore unico nominato e revocato dal presidente della Regione sentita la Giunta è rimasto invariato nonostante la proposta di un ulteriore emendamento che stabilisse la scelta, almeno del direttore generale, attraverso concorso pubblico. Di qui lo scetticismo dei comitati per la rinnovata «forte influenza di carattere politico-partitico» sulle nomine. «Non si potrà parlare di Acquedotto pugliese pubblico fin quando rimarrà una società per azioni non in grado, fra l'altro, di garantire l'erogazione gratuita del minimo vitale e, quindi, il diritto all'accesso all'acqua potabile», spiegano ancora i referendari.

Analogo il giudizio di Sinistra critica pugliese, per la quale «non è bastato l'ottimo risultato referendario registrato in Puglia, e frutto soprattutto del grande lavoro del Comitato Pugliese Acqua Bene Comune, a convincere il governo regionale della necessità di fermarsi ed ascoltare i movimenti, prima di approvare la legge per la ripubblicizzazione dell'Acquedotto Pugliese». Da quattro mesi - si ricorda - la giunta regionale «ha rifiutato ogni tipo di incontro con il movimento, andando dritto per la propria strada». Per Sc «questa legge consegna l'acquedotto saldamente in mano ai partiti, con tutti i dirigenti, dal presidente al direttore generale, nominati direttamente dal presidente della Regione in controtendenza con il principio di gestione partecipata di un bene pubblico».

 

Francesco Ruggeri 

16/06/2011

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