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Quello che sta accadendo a Napoli in questi giorni, in queste ore è di una densità metaforica straordinaria

Post n°4881 pubblicato il 27 Giugno 2011 da cile54

Sovversivismo delinquenziale

 

Gramsci ha parlato, a suo tempo, di sovversivismo «dall’alto», in relazione alle classi dirigenti italiane e ai loro tratti storici, e di «sovversivismo reazionario», in relazione a Mussolini e al fascismo. Ebbene, la pessima decisione del governo Berlusconi di rinviare al Consiglio dei ministri della prossima settimana la discussione sul decreto rifiuti (sui conferimenti extraregionali) ci costringe a parlare di un sovversivismo delinquenziale, che appare oggi la forma più propria di quelle che, più che classi, si debbono definire cricche dirigenti italiane. Non sembri un puro sdegno moralistico di fronte allo spettacolo cinico e insieme grottesco della politica-potere di una maggioranza sempre più autoreferenziale e separata dai problemi e dai bisogni drammatici della società, e sempre più dilaniata e paralizzata dalle proprie micidiali e miserevoli contraddizioni interne.

Conosciamo da tempo la fisionomia delle attuali democrazie oligarchiche, che hanno via via puntato ad una scissione sempre più grave e strutturale tra il politico e il sociale, ad una frammentazione e quasi invisibilità di un dolore sociale sempre più diffuso.

E sappiamo pure che in Italia il mix di liberismo e populismo ha avuto e ha ancora (si spera per poco) nella lunga stagione berlusconiana una declinazione particolare, che si collega alla peculiare gabbia del bipolarismo maggioritario nostrano e anche a quel tratto della storia italiana di ieri e di oggi che Gramsci ha analizzato acutamente e ha chiamato trasformismo. Ma, a scanso di equivoci, non si tratta di folclore, si tratta pur sempre del capitalismo italiano, dei suoi poteri e delle sue classi dirigenti.

Non si è ancora spenta l’eco delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, che sono state quasi generalmente caratterizzate da una clamorosa esaltazione acritica del Risorgimento italiano, del processo di formazione dello stato unitario, che l’autore dei Quaderni del carcere definì «rivoluzione passiva» e altri «conquista regia». Una delle conseguenze di questa morte della critica è stata - segno dei tempi - la scomparsa dell’attenzione sulla natura duale della storia italiana (nord-sud, sviluppo-sottosviluppo) e sulle nuove, inedite forme della dipendenza meridionale all’interno del capitalismo multinazionale, laddove invece sarebbe assolutamente necessario che si profilasse un nuovo meridionalismo critico, latitante da troppo tempo nell’agenda politica e culturale del Paese.

Quello che sta accadendo a Napoli in questi giorni, in queste ore è di una densità metaforica straordinaria. Il governo della città sembra sotto assedio: ragazzini sabotatori, incarnazione postmoderna (si fa per dire) dei “lazzaroni” al servizio del cardinale Ruffo al tempo della rivoluzione napoletana del 1799, in realtà guidati da adulti al servizio di interessi criminali, lanciano e disseminano i rifiuti per le strade, contro le automobili, in una sorta di piccolo, virulento sovversivismo dal basso (al grido «facciamo casino... facciamo cadere lui e quelli che lo hanno votato...») ma al tempo stesso (un’altra Napoli è possibile), negli stessi quartieri spagnoli si vanno formando molti gruppi che da soli danno vita alla raccolta autoregolata, in una sorta di cooperazione spontanea, potremmo persino dire in una sorta di piccola, embrionale costituente del bene comune (la salute).

La rivoluzione passiva del berlusconismo, che col suo mix drogato di sogno e di paura ci aveva finora frammentato e governato, presupponeva la quasi assenza o la scarsa visibilità di una «antitesi vigorosa». Da qualche tempo questa antitesi comincia a rendersi visibile, i segnali cominciano ad essere tanti. Vuoi vedere che anche la piccola moltitudine, organizzata, degli angeli della monnezza possa contribuire a liberarci dalla monnezza del governo Bossi-Berlusconi?

 

Pasquale Voza

26 giugno 2011

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