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Un terzo della popolazione totale dell'Ue soffre di patologie a carico del cervello

Post n°5214 pubblicato il 16 Settembre 2011 da cile54

L’Europa è matta

 

La Ecnp (European College Neuropsychopharmacology) è un’associazione scientifica indipendente costituita nel 1987 da un gruppo di scienziati europei volti ad incoraggiare la ricerca scientifica, facilitando gli scambi nell’ambito delle discipline confluenti alla neuropsicofarmacologia. L’annuale congresso Ecnp attira scienziati e clinici provenienti da tutto il mondo per discutere gli ultimi progressi nella ricerca sul cervello nel più grande meeting europeo di settore.

 

In occasione del 25° Congresso dell’European College of Neuropsychopharmacology (Ecnp), svoltosi a Parigi il 5 settembre 2011, sono stati presentati i risultati di un lavoro scientifico dal titolo “The size of mental disorders and other disorders of the brain in the EU – More frequent than previously thought!” relativo all’incidenza dei disturbi mentali e delle patologie a carico del cervello in Europa. Tale studio ha dimostrato che l’incidenza è maggiore di quanto si potesse ipotizzare, ragione per cui pare che i disturbi mentali rappresentino la più grande sfida sanitaria del Continente europeo del 21° secolo, anche perché la maggior parte di questi disturbi non sono clinicamente trattati, suggerendo un notevole livello di bisogni non soddisfatti.

 

Lo studio si è svolto nel corso degli ultimi 3 anni interessando 30 paesi (Unione Europea, Svizzera, Islanda e Norvegia) ed una popolazione di 514 milioni di individui e non ha precedenti rispetto all’inclusione dell’intero spettro di disturbi interessanti tutte le età, suddivise in bambini e adolescenti (2-17 aa), adulti (18-65 aa) anziani (65 aa + aa). Il metodo utilizzato ha contemplato le sistematiche recensioni della letteratura, la revisione delle analisi dei dati esistenti, facendo particolare riferimento al lavoro pubblicato nel 2005 “Size and burden of mental disorders in Europe—a critical review and appraisal of 27 studies” di Hans-Ulrich Wittchen e Frank Jacobib.

 

I risultati stimano che ogni anno il 38,2% della popolazione dell’UE soffre di un disturbo mentale, con gli adeguamenti per età e co-morbilità si calcola una corrispondenza di 164,8 milioni di persone colpite. Rispetto allo studio del 2005, dal quale si evinceva una percentuale corrispondente al 27,4%, la stima superiore pare determinata dall’inclusione, tra le malattie, di 14 nuovi disturbi, soprattutto riferentesi alle fasce di età infantile/adolescenziale e senile. Quindi non si registrano grandi variazioni rispetto al passato, se non un’evidente aumento di casi di demenza senile relative all’aumento delle aspettative di vita.

 

Le problematiche più frequenti sono disturbi d’ansia (14,0%), insonnia (7,0%), depressione maggiore (6,9%), disturbi da somatizzazione (6,3%), dipendenza da alcol e droga (> 4%), deficit di attenzione e iperattività (ADHD , 5% nei giovani), e demenza (1% tra quelli di età 60-65, il 30% tra quelli di età compresa tra 85 e sopra). Fatta eccezione per i disturbi derivanti da uso-abuso di sostanze e per il ritardo mentale, non si sono osservate variazioni di rilievo in riferimento al livello culturale o ai Paesi presi in esame. Accanto ai disturbi mentali si devono poi considerare i milioni di individui che, solo nel nostro continente, soffrono di disturbi neurologici (es: da ictus, traumi cerebrali, morbo di Parkinson, sclerosi multipla). Le problematiche maggiormente invalidanti sono da riferire alla depressione, alle demenze, alle conseguenze da ictus e da uso-abuso di alcolici.

 

A tutt’oggi non si contemplano miglioramenti nell’ambito dei trattamenti di questi importanti ed invalidanti disagi, in effetti ancora solo 1/3 di individui invalidati sono sottoposti a terapia, inoltre, anche in questi casi, si riscontrano ritardi all’approccio clinico, tanto da rendere più difficoltosa, se non inefficace, la terapia. Per non parlare, poi, delle auto-terapie e/o degli approcci che non contemplano il riferimento al metodo scientifico, così come lo si intende a tutt’oggi nel nostro contesto sociale, spesso dall’esito, diciamo, problematico. Lo studio ha poi individuato alcune delle criticità nell’approccio clinico e diagnostico, anche su base concettuale:

 • le ultraspecializzazioni sia per ciò che riguarda la clinica che la diagnostica

 • la stigmatizzazione e l’emarginazione di chi soffre di disturbi mentali, soprattutto se certificato

 • la mancanza di consapevolezza pubblica relativamente i disturbi mentali, nonché neurologici e il pesante carico per la società tutta

 

Lo studio presentato a Parigi evidenzia, quindi, l’importanza per la Comunità di comprendere quanto sia indispensabile dare priorità all’azione orientata al miglioramento di questa grave problematica sociale, oltre che individuale, agendo a tutti i livelli, compreso quello dei finanziamenti. Occorre studiare, sperimentare ed applicare nuove strategie di intervento sia diagnostico che clinico, oltre che preventivo, per esempio riducendo il gap tra soggetti in terapia e soggetti non trattati. Se il contesto sociale riuscisse a riconoscere ed accogliere anche queste problematiche sanitarie, ampliasse, quindi, gli orizzonti culturali, tanto da modificare le dinamiche sociali che lo sottendono, allora si potrebbe pensare ad una sequela strategica davvero efficace.

 

L’approccio ai disturbi mentali indubbiamente abbisogna di importanti ricerche in ambito psicofarmacologico, tecnico e strumentale, ma, perché tali possibili interventi innovativi possano agire migliorando nettamente le incidenze di morbilità, è indispensabile agire sia sulla cultura medica che su quella sociale. Forse è proprio per questo che gli autori dello studio in esame insistono definendo questo gruppo di malattie come la sfida del 3° millennio, forse si sta intravedendo la possibilità di applicare alla clinica il concetto teorico di promozione alla salute riportato nella Carta di Ottawa del 1986. 

 

Luisa Barbieri

15-09-2011

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