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Nell'ultima udienza, il 7 ottobre scorso, la solita messa in scena da parte dei difensori degli imputati

Post n°5354 pubblicato il 15 Ottobre 2011 da cile54

Le troppe morti della Marlane e un processo che non finisce mai

 

Per istruire il processo alla Thyssen Krupp e arrivare a una sentenza di condanna ci sono voluti solo tre anni. Per istruire quello sulla Marlane di Praia a Mare (Cosenza) ce ne sono voluti tredici, superando ben tre richieste di archiviazione, due o tre Procuratori del Tribunale di Paola, tre o quattro Pubblici Ministeri, per giungere a una congiunzione fortunata fatta dall'attuale procuratore capo Bruno Giordano e dalla Pm Antonella Lauri che questo processo hanno voluto e hanno lavorato affinché si facesse. La Pm Lauri poi è andata via dal Tribunale, trasferita in altra sede, e al suo posto è subentrata l'attuale Pm Cauterucci. I rinvii a giudizio dei capi e dei capetti della Marlane di Praia, ben tredici, sono arrivati mentre nella costa tirrenica cosentina si manifestava contro le navi dei veleni, la Jolly Rosso arenata ad Amantea, e la Cunsky affondata dalla ‘ndrangheta cetrarese davanti la costa di Cetraro. La manifestazione ad Amantea del 24 ottobre del 2009, cui parteciparono oltre 30mila persone, per chiedere la verità sulle navi dei veleni, portò al suo interno, anche la questione della Marlane e certamente rappresentò una spinta per il procuratore capo Bruno Giordano per la riapertura dell'inchiesta.

Ma tutto questo non fece i conti con la potenza degli imputati. Imputati eccellenti a cominciare dal comandante in capo Pietro Marzotto, passando per i capetti quali Benincasa, Cristallino,Comegna, De Jaegher, Favrin, per finire all'attuale sindaco di Praia a Mare Carlo Lomonaco. Questi capetti sono quelli che hanno reso la fabbrica della Marlane un campo di concentramento. Le testimonianze rese ai giudici in istruttoria, da diversi operai, sono agghiaccianti. Si parla di clima teso, di ricatti, di minacce, di paure, di silenzi. Soprattutto di silenzi, dovuti alla paura del licenziamento prima di tutto, e poi dal peso delle famiglie da mantenere, dei mutui da pagare. Intanto i morti per tumore continuavano.

Anche quelle morti restavano avvolte nel silenzio. Nessuno parlava del perché si moriva, su molti referti medici veniva scritto, «morto da infarto». Spesso ai funerali partecipavano anche quei capetti oggi imputati. Nel 2001 il parroco di Maratea, Don Vincenzo, stanco dei funerali di operai provenienti da quella fabbrica, nella sua omelia urlò: «Basta con questi morti per tumore!». Il giorno dopo il prete ebbe la visita dei soliti kapò. Minacce velate, avvertimenti,consigli, «fatti gli affari tuoi e lascia stare quella fabbrica» gli venne detto. Il capetto Benincasa , oggi imputato, lo ripetè anche al giornalista Alessandro Sortino, giunto a Praia per un famoso servizio delle Iene trasmesso nel febbraio del 2001 e oggi ancora in rete. Ma c'era un operaio che non stava mai zitto e che ancora oggi continua a parlare. Era Luigi Pacchiano, oggi coordinatore provinciale del Si-Cobas. E' impietoso Pacchiano, colpito da tumore anche lui, ma sopravvissuto e memoria storica di tutto quanto è avvenuto in quella fabbrica-campo di concentramento dalla sua nascita fino alla sua chiusura. Chiusura avvenuta non per fallimento, ma per le leggi della globalizzazione, e spostata con tutti i macchinari nella Repubblica Ceca. Pacchiano ricorda tutto, ricorda le date di cambio della struttura interna, ricorda i nomi degli operai morti, degli operai ammalati, delle loro famiglie abbandonate dallo Stato, dei capetti e dei loro movimenti per nascondere tutto. Pacchiano stana tutti, fa parlare gli operai, fa dire loro la verità, smantellando le paure. E' lui che ha convinto De Palma, operaio addetto alla lisciatrice, a parlare e dire come venivano sepolti i rifiuti tossici nel terreno antistante la fabbrica stessa. E soprattutto a dire i nomi di chi comandava loro questo servizio che ha provocato un disastro ambientale per tutto il paese. La testimonianza di De Palma è in un documentario-inchiesta girato dalla giornalista Giulia Zanfino e acquisito agli atti nel processo.

Nell'ultima udienza, il 7 ottobre scorso, la solita messa in scena da parte dei difensori degli imputati, certamente non l'ultima. Questa volta la richiesta del rinvio è dovuta a un legittimo impedimento dell'avvocato dell'imputato De Jaegher. E' impegnato in un processo a Roma e non può essere sostituito né a Roma né a Paola, quindi l'udienza va spostata. Clamorosamente il Pm Cauterucci dà ragione all'avvocato e ne accetta la richiesta. Breve sommossa degli avvocati della parte civile che chiedono che i verbali vengano sottoposti alla Procura Generale di Catanzaro per controllarne la legittimità. Il Presidente dopo mezz'ora di Camera di Consiglio accetta la richiesta dell'avvocato di De Jaegher e rinvia al 28 ottobre, annullando anche un'altra udienza già fissata per il prossimo 14 ottobre. Il gioco al rinvio è stato chiaro fin dall'inizio. Altri rinvii, ben tre in sette mesi, produssero anche un interrogazione parlamentare da parte dell'on. Boccuzzi, operaio sopravvissuto della Thyssen.

Alla notizia del nuovo rinvio i familiari delle vittime sono usciti dal Tribunale molto sconfortati. Sanno che molti reati, quali il disastro ambientale e l'omicidio colposo potranno essere prescritti. In Calabria è un gioco che funziona. Ha funzionato per gli imputati eccellenti, tra i quali l'ex assessore regionale all'ambiente Sergio Stancato, che vennero accusati di aver sepolto 35mila tonnellate di ferriti di zinco nelle campagne della Sibaritide, ha funzionato per il disastro ambientale provocato dalla ditta Wts di Tortora dove sparirono in un impianto di depurazione milioni di litri di sangue provenienti dalle macellazioni, ed è un gioco che sta funzionando anche nel procedimento contro l'ex presidente della Regione Calabria Chiaravalloti che riguarda i soldi spariti nella depurazione.

Ora piomba la notizia di una nuova morte per tumore. Si tratta della morte di Franco Morelli. Aveva 7settant'anni, aveva lavorato sin da giovane nella Marlane, nel reparto filatura, vi era entrato come operaio ed uscito come caporeparto. Aveva due figlie. Morelli si aggiunge al lungo elenco di centinaia di operai morti.

 

Francesco Cirillo

14/10/2011

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Roma, 12 maggio 1977

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