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Forte il malcontento della popolazione, già attivata con iniziative e raccolte firme per scongiurare i tagli

Post n°5423 pubblicato il 27 Ottobre 2011 da cile54

Caos sanità nelle Marche

 

Un ospedale per provincia. Questo, in breve, quanto previsto dalla riforma sanitaria varata dalla Giunta Spacca ed entrata parzialmente in vigore dal 1° Ottobre 2011. Nelle Marche sono già operative le cosiddette “Aree Vaste”, che soppiantano le precedenti Aziende Sanitarie Locali o Zone Territoriali. Ma non si tratta di una riforma puramente burocratica. L’istituzione dell’Area Vasta, una sorta di Azienda Ospedaliera Provinciale, prevedrebbe da un lato il mantenimento di un unico ospedale per area, quindi per provincia, coincidente – eccezion fatta per Fabriano (Ancona) e Fano (Pesaro) – con la sede amministrativa della provincia stessa. Dall’altro, affiderebbe le restanti 13 strutture a non meglio noti progetti di “riqualificazione” e “specializzazione” in complessi di lungodegenza e residenze sanitarie assistite. Strettamente legata al progetto delle “Aree Vaste” è anche la preannunciata chiusura dei punti di primo intervento di Cagli, Fossombrone, Cingoli, Chiaravalle, Loreto (solo giornaliero), Matelica, Porto Sant’Elpidio e Montegiorgio, e l’eliminazione della figura del medico nelle Potes (cioè per il soccorso del 118) di Arcevia, Cingoli, Matelica, Falconara, Sassoferrato e Porto San Giorgio, proprio perché comuni sprovvisti di Unità per acuti. La Regione conterebbe di risparmiare con la sola ultima manovra sulle Potes 2.400.000 euro, stimando un costo per Potes pari a 400.000 euro (5 il numero minimo di medici necessari per la turnazione, 80.000 gli euro che in un anno un medio “costerebbe” alla sua ex-Asur qualora assunto con una regolamentazione contrattuale ormai, per altro, rarissima). Forte il malcontento della popolazione, che si è in molti casi già attivata con iniziative e raccolte firme per scongiurare i tagli previsti. Se è vero che i progressi fatti in campo medico – basti banalmente pensare al crescente aumento dei tipi di problematiche risolvibili in modalità day hospital – hanno comportato un aumento dei posti letto a disposizione per i pazienti acuti, e che le Marche sono un territorio profondamente mutato a livello demografico, con un sensibile innalzamento dell’età media della popolazione, è altrettanto vero che i ricoveri ordinari hanno subito un netto incremento dal 2008 ad oggi. Serpeggia quindi una forte perplessità, tra addetti ai lavori e non, su quanto effettivamente riforme così ideate tutelino la salute del cittadino, garantendo la qualità del servizio. Secondo il Piano Sanitario appena presentato, attualmente sarebbero 4,12 i posti letto disponibili ogni 1000 abitanti, per un totale di circa 6.200 unità. E nonostante nell’ultimo quinquennio si sia assistito ad un taglio del 4% dei posti per acuti, contro un aumento del 16% di quelli per lungodegenza e riabilitazione, la Regione sarebbe al di sopra della soglia richiesta dalla normativa nazionale. Dal 2009 ad oggi il Fondo Sanitario Nazionale ha visto un incremento del + 1.03 %, aumento di certo inferiore rispetto a quello dei costi del sistema dovuti al processo inflattivo. Per la Regione Marche, nel 2009 con lo stesso Fondo si sono stanziati 2.630.501.000 euro, aumentando il finanziamento a 2.652.696.000 nel 2010 e 2.693.273.000 nel 2011. Se si somma a queste cifre l’ammontare in euro di altre entrate (come l’addizionale IRPEF, o la Mobilità Attiva) si registra, in materia di sanità, un incremento di risorse pari rispettivamente al +1,13% (2009-2010) e al +0,47% (2010-2011). Dati che sembrerebbero indicare un bilancio sanitario regionale in buona salute. Ma le Marche da sempre devono fare i conti con un problema: l’assenza di eccellenze e specializzazioni nel proprio territorio o lo scarso potenziamento delle stesse laddove esistenti. Pesano, quindi, in modo incisivo i conseguenti rimborsi che la Regione deve alle altre strutture regionali italiane. Un Piano Sanitario Regionale che guarda ad altre realtà, quella emiliana e quella toscana in primis. Realtà, però, fortemente diverse da quella marchigiana, sia sotto il profilo geografico che per la viabilità ad esso strettamente connessa. In molti si chiedono quanto, cifre alla mano, possano incidere positivamente sulle casse della sanità locale entrate ottenute tagliando posti letto, eliminando servizi ospedalieri e di primo soccorso o intervento se, per supplire a tali mancanze, si debba poi ricorrere al trasporto, comportando un forte aumento delle spese in questo settore. E ciò aprirebbe ad un’altra problematica: quella della privatizzazione delle emergenze. Su pressione dell’Europa, le Marche stanno uniformando il trattamento delle emergenze, la cui gestione era prevista per gara d’appalto nella sola provincia di Pesaro. Privatizzazione che, dove presente, fa rilevare già un lievitare dei costi: se un’ambulanza di 118 fornita dal servizio pubblico con medico, infermiere, autista e barelliere a bordo costa alla Regione 93.000 euro, si arriverebbe a 220.000 euro per un mezzo, con solo autista e medico a bordo, fornito dal privato. Da un lato, un programma sanitario che cercherebbe di ottimizzare le entrate e ridurre fortemente i costi. Dall’altro, spese che aumenterebbero. E punti di primo intervento privati di medici o chiusi in zone non facilmente collegate con gli ospedali più vicini. I dissidenti cominciano a guardare a soluzioni alternative. Come il piano di riordino delle emergenze-urgenze attualmente in fase di studio a livello nazionale che, prevedendo una centrale operativa ogni milione di abitanti, comporterebbe ben più di un dimezzamento dei corrispettivi costi per la Regione. E si guarda anche a quelle specializzazioni ed eccellenze che, seppur nella realtà presenti, non usufruiscono di budget tali da smaltire le lunghe liste di attesa. Liste di quegli stessi pazienti che, decidendo di emigrare fuori Regione per rispondere tempestivamente alle loro problematiche, ne aumentano le spese. Un circolo vizioso. Che i marchigiani sembrano non accettare, promettendo un autunno caldo. Chiara Riccardi

 

Chiara Riccardi

26/10/2011

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