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I volontari di Medici Senza Frontiere. Cristina racconta la sua esperienza di logista in Liberia

Post n°5502 pubblicato il 10 Novembre 2011 da cile54

Vi scrivo da... Saclepea

 

Sono arrivata a casa da poche ore. Riscopro cose già note: i gesti lenti di mio padre, le fusa del mio gatto, i profumi del giardino dove sono cresciuta e me ne emoziono.

Perché mi sono allontanata da questo mondo a me piacevolmente familiare in ogni dettaglio? Gli ultimi tre mesi li ho passati in Liberia a fare la logista per Medici Senza Frontiere per un progetto che ha lo scopo di fornire servizi sanitari di base ai rifugiati che fuggono dalla Costa d’Avorio e arrivano in Liberia. Il progetto si articola in due diversi tipi di intervento: la creazione di un centro di cure ambulatoriali all’interno del campo rifugiati organizzato e gestito dalle organizzazioni internazionali e l’avvio di cliniche mobili lungo in confine con la Costa d’Avorio.

Il centro di salute all’interno del campo rifugiati è realizzato con tende e altre strutture temporanee. Il circuito si snoda tra la zona di attesa, la zona per essere registrati, tre zone di consultazione dove degli infermieri specializzati fanno le loro diagnosi per poi passare allo spazio per i casi in osservazione, alla tenda per le medicazioni e infine alla farmacia. In più c’è una tenda dedicata alle donne in attesa. Nel centro ambulatoriale si lavora dalle 8 alle 16 circa. L’equipe di MSF varia dai 10 ai 15 operatori e arriva a fornire assistenza e cure anche a più di 70 persone al giorno. I casi più gravi che necessitano ricovero, esami specifici o interventi chirurgici vengono trasferiti in altre strutture della zona. Purtroppo, come logista, non ho avuto la possibilità di passare un’intera giornata al centro di salute, dove ho svolto soltanto delle visite mirate per verificare i lavori fatti o quelli da fare, ma del poco tempo passato lì ricordo le persone sedute nella sala d’attesa composte e pazienti, il medico che si muove svelto tra loro per vedere se c’è qualche caso più grave da esaminare con priorità. E a volte il rumore poco piacevole di una bambina che vomita ripetutamente perché ha la malaria.

Nelle cliniche mobili la filosofia è la stessa ma su scala ridotta. Ogni team medico in questo caso è composto da un infermiere, un medico e un’ostetrica. Ci sono tre team che ogni giorno vanno in tre diverse località come definito dal piano settimanale. Alle 7,30 tutti e tutto in macchina: medico, infermiera, ostetrica, medicine, vaccini, documenti e a volte anche tavoli e sedie. Si parte per raggiungere la destinazione prefissata lungo il confine. Arrivati sul posto ci si installa nella struttura resa disponibile dalla comunità o a volte costruita insieme alla comunità, a volte in bambu a volte di fango, raramente in mattoni. Ma questo basta per poter fare una prima consultazione e fornire assistenza.

Ora mi sveglio la mattina e posso riposare, un ragazzo francese mi ha sostituita e adesso è lui che dovrà pensare ai problemi di infiltrazione di alcune tende nel centro di cure ambulatoriali, ai rifornimenti di carburante che devono arrivare dalla capitale, ai lavori di costruzione in corso per il garage, alle strade che diventano impraticabili durante la stagione delle piogge e a molte altre cose…Ma sarà lui anche ad avere la soddisfazione, giorno dopo giorno, di fare parte integrante di un progetto che non cambia il mondo ma che può cambiare la vita per molti. Io me ne sto qui, con la tranquillità d’animo di poter mangiare presto un bel piatto di spaghetti alle vongole (che ho potuto soltanto sognare negli ultimi tre mesi) e con i miei preziosi ricordi conditi da un bel po’ di nostalgia per l’angolo di Liberia che, nonostante una storia recente troppo spesso piena di violenze, riesce ad andare avanti con una meravigliosa ostinazione.

 

Cristina, logista

08/11/2011

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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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