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Offresi psicologo abilitato Asl al lavoro nero. Il caso Piemonte e lo sfruttamento legale di centinaia di giovani

Post n°5614 pubblicato il 02 Dicembre 2011 da cile54

SVENDITA TOTALE DEI PSICOLOGI PRECARI

Il futuro che verrà, quello atteso dai famosi mercati che devono essere rassicurati, è ben raccontato dal Coordinamento Psicologi e Psicoterapeuti Piemontesi, un gruppo di laureati che può tranquillamente parlare di semi-sfruttamento legale, in regola, certificato. Il mondo del lavoro post riforme che si intravede sullo sfondo degli appelli lanciati urbi et orbi da banche, padroni e servitù politica, è narrato in anteprima da circa quaranta tra psicologi e psicoterapeuti che sgobbano e pagano farlo. Vittime anche loro della guerra scatenata dal capitale contro il lavoro, si smetta una volta per tutte di chiamare questo conflitto “crisi”, si trovano sulla trincea del lavoro non retribuito: senza sbocchi, senza futuro e con una gran rabbia. I nomi che seguono sono inventati per ovvie ragioni che loro stessi racconteranno nelle righe successive. Lavorano nelle Asl torinesi e sono coloro che operano nel disagio con il disagio. Francesca: “Il mio è un tirocinio da 10 ore alla settimana , ufficialmente la mia scuola ne riconosce la metà. Mi è stato proposto/imposto col ricatto classico: o accetti o voltati, dietro di te c’è la fila. Ho accettato perché avevo paura di non trovare un’altra sede. In queste dieci ore vedo cinque pazienti, due ogni settimana e tre ogni quindici giorni, per altre quattro svolgo una specie di counseling nell’ambito di un progetto esterno, naturalmente sempre “per conto” della mia tutor; e poi restano due ore di riunione. Le relazioni me le scrivo a casa ovviamente. Faccio anche un po’ di fotocopie, scarico la posta della mia tutor e gliela stampo, ho verbalizzato per lei un anno di inutili riunioni nell’ambito di un progetto che di pratico e di clinico non aveva nulla. Senza dimenticare che i pazienti mi consegnano i ticket pagati per le prestazioni che io elargisco in abbondanza e gratuitamente. E poi se mi viene proposto di seguire un convegno di qualche narciso pezzo grosso dell’ASL (leggi capo della tutor) al di fuori di queste benedette 10 ore e io declino, mi viene risposto che non ho voglia di imparare.” Roberta: “C'è poco da dire, quando nelle ASL piemontesi il 95% degli operatori psicologici sono tirocinanti, volontari, precari ad ore (mi riferisco alle borse di studio ), beh allora è chiaro che siamo di fronte a un gigantesco fenomeno di sfruttamento. Di fronte a questo scempio tutti devono decidere da che parte stare! Stiamo parlando di diritti, e se l'argine dei diritti si rompe, oggi tocca a noi o domani sarà il vostro turno. Magari domani anche a voi raddoppieranno l'orario di lavoro senza consultarvi, solo che in quel caso, il precedente avrete contribuito anche voi a determinarlo. Dovete capire che questo stato di cose fa male a noi tirocinanti e a anche a voi. Forse prima nessuno conosceva tali questioni, nessuno se ne era accorto, ma ora lo stiamo dicendo, lo stiamo urlando! I tutors non hanno più scuse. Allora faccio un appello: cari tutors, cessate di fare firmare contratti di tirocinio che vanno oltre le ore richieste dalla legge, aiutateci a fare in modo che le attività di tirocinio restino attività di tirocinio, cioè di pratica psicoterapeutica e che non si trasformino nel sostituto di servizi di Psicologia e di Psicoterapia che dovrebbero esserci e non retti da studenti sfruttati!” Il capitolo pagare per lavorare, comune a buona parte delle esperienze, lo racconta Marika: “Finita l’università, ecco il tirocinio post-lauream, 500 ore in 6 mesi: non essendoci più la copertura assicurativa dell’università, è necessario pagare un'assicurazione di circa 200 euro. Pagare per lavorare … si inizia così. Terminato il post-lauream, c’è il traguardo dell’esame di stato da raggiungere, meta indispensabile per l’esercizio della professione. Circa 500 euro per sostenerlo. Passato l’esame di stato, ci si iscrive all’albo: circa 380 euro tra iscrizione all’albo e pagamento della tassa per ottenere i certificati, un mero pezzo di carta. Se si vuole lavorare diventa poi quasi indispensabile fare una scuola di specializzazione. Le scuole variano, come costi, dai 3000 euro ai 4.900-5000 euro l’anno. Per quattro anni. Ma sembra che ci sia l’idea di passarle a 5 anni. Nella mia esperienza, 10- 15 ore settimanali in media. Alcuni ne fanno anche di più. Perché ne facciamo di più? Perché è l’unico modo che abbiamo per formarci sul campo e acquisire una professionalità. Questo è il punto. Mentre per le altre professioni, dopo la formazione si inizia a lavorare e quindi a costruirsi un’identità professionale lavorando, per noi non è così. Il lavoro non c’è. Sembra non esserci. O meglio: la domanda c’è, ma nessuno è disposto a offrirci una retribuzione. I medici, passato l’esame di stato, iniziano la specializzazione: forniscono prestazioni per il servizio pubblico, sono pagati per farlo, e di fatto continuano a specializzarsi. Per noi psicologi, no: lavoriamo gratis nelle Asl e paghiamo per farlo.” E così via, testimonianze tutte molto simili che raccontano uno spaccato grottesco. Il contesto nel quale tenta di porre una resistenza il Coordinamento Psicologi Piemontesi è silente. D’altronde la politica e il mondo baronale prosperano anche grazie ad eserciti di riserva come quello Cppp, una delle tante industrie di tirocinanti che lavorano gratis abbassando i famosi costi di produzione e rendendo il sistema economico più competitivo. Ad oggi le proteste degli Psicologi e Psicoterapeuti, anche se sarebbe meglio usare il femminile data la netta prevalenza di donne, ha ottenuto un tavolo di confronto e un po’ di ascolto in ambito istituzionale, ma concretamente nulla si muove.

 

Maurizio Pagliassotti

01/12/2011

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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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