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La battaglia del collettivo di donne tunisine e italiane che sostengono la campagna “Da una sponda all’altra: vite che contano”

Post n°5967 pubblicato il 12 Febbraio 2012 da cile54

Verità e giustizia per le madri dei migranti tunisini

La notizia arriva dalla delegazione delle famiglie dei migranti tunisini dispersi, da qualche giorno in Italia, a Palermo, per iniziare la ricerca dei propri figli. Da oggi sono in sciopero della fame e in sit-in davanti al consolato tunisino insieme al comitato di associazioni che li sostiene. In Tunisia, le famiglie chiedono da quasi un anno, ormai, che qualcuno risponda loro sulla sorte di quei giovani partiti verso l’Europa subito dopo la rivoluzione e che non hanno dato notizia di sé dopo la loro partenza. Manifestazioni e sit-in davanti ai diversi ministeri e all’ambasciata italiana, incontri con diversi ministri o funzionari ministeriali non hanno permesso loro di aver ancora alcuna risposta. Da qualche mese, hanno diffuso in Tunisia e in Italia il loro appello dando luogo, insieme a un collettivo di donne tunisine e italiane, alla campagna “Da una sponda all’altra: vite che contano”: chiedono la collaborazione tra le istituzioni italiane e tunisine affinché ci sia un riscontro delle impronte digitali dei loro figli, per poter sapere se siano vivi o morti. E’ una richiesta inaudita per quelle autorità, abituate allo scambio quotidiano delle impronte per poter espellere i migranti. Non è, dunque, un caso che a tutt’oggi non sia pervenuta nessuna risposta ufficiale, nonostante i via vai diplomatici da un paese all’altro per continuare la pratica degli accordi sul controllo e il governo delle migrazioni in cui, giungono notizie di corridoio, anche quella vicenda comincia a essere posta sul tavolo dei negoziati. Evidentemente, né le istituzioni italiane né quelle tunisine ritengono che le mamme e le famiglie dei migranti siano soggetti con cui interloquire e a cui comunicare le proprie decisioni, per quanto riguardino i loro figli. E mentre in Tunisia l’attenzione mediatica che le famiglie sono riuscite a imporre con le loro continue manifestazioni fa litigare tra loro i membri del nuovo governo, in Italia l’unica risposta ufficiale è stata quella che ha impedito alla delegazione di entrare al Cara di Caltanissetta, trasformando all’occasione in una struttura detentiva quello che dovrebbe essere un Centro di accoglienza per richiedenti asilo.

Quelle mamme e quelle famiglie vogliono sapere che fine abbiano fatto i loro figli. Lo chiedono in Tunisia e in Italia, ma è una domanda che riguarda anche l’Unione europea. Sono arrivati? Sono stati catturati in un sistema detentivo come previsto dalle politiche di controllo delle migrazioni dell’Ue? Sono stati respinti in mare, secondo una pratica seguita dalle autorità italiane anche nel corso del 2011 nonostante contravvenga le norme e i trattati internazionali?

Come collettivo di donne tunisine e italiane che sostengono la campagna “Da una sponda all’altra: vite che contano” chiediamo insieme alle famiglie che le istituzioni tunisine, italiane ed europee diano un’immediata risposta e che lo scambio delle impronte digitali avvenga dinanzi alle famiglie e a una delegazione del collettivo di sostegno all’appello.

11/02/2012

Fonte: comitato venticinque undici

 
 
 
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