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Si pensi agli stereotipi penosi adatti solo ai giornalisti di Repubblica (agente bravo vs manifestante violento)

Post n°6066 pubblicato il 06 Marzo 2012 da cile54

Cronaca di uno Stato illegale

Accade a Bologna, dove nasce la banda della “Uno Bianca”, dove per tanti anni è stato normale avere una Ps più violenta che nel resto del Paese. Accade a Bologna che 4 agenti di polizia si ritrovino ammanettati per rapine ai danni di cittadini stranieri. Vale la presunzione di innocenza, sempre, ma le distanze prese immediatamente anche dal ministro dell’interno Anna Maria Cancellieri, fanno riflettere. Due gli episodi effettivamente contestati, ma potrebbero essere solo l’apice di un modus operandi. Si prendono ambulanti, uomini che vivono di piccoli espedienti, li si porta lontani dalle luci dei riflettori e lì a colpi di schiaffi e pugni ( ad un ragazzo è stata riscontrata una perforazione del timpano) ci si fa consegnare i soldi guadagnati, poche centinaia di euro di solito, magari anche il cellulare e le scarpe per non fuggire. La giustizia farà il suo corso e chi scrive non emette sentenze ma si sente in diritto / dovere di fare alcune riflessioni. La prima, dato il magro bottino e dati i magri stipendi viene da pensare che i due episodi denunciati siano solo un piccolo raggio di luce in una melma ancora più profonda. La seconda, per chi si occupa di immigrazione, quante volte è capitato di sentirci raccontare da ambulanti, rom, lavoratori al nero, irregolari, anche micro spacciatori di droghe leggere, di soldi rubati e mai denunciati da parte di chi deve far rispettare la legge. Di quantità ingenti di stupefacenti requisite e mai consegnate all’autorità ma accantonate, come un qualsiasi ricettatore da uomini in divisa? Di percosse date gratuitamente, laddove non lasciano traccia, tanto per punire, tanto per far capire chi comanda. Oggi abbiamo 4 uomini che hanno forse lordato il proprio ruolo, arrecando alle istituzioni che hanno giurato di voler difendere, un danno infinito ma quanti altri sono sfuggiti, quanti altri vagano in un contesto fatto di corruzioni, atte ad incrementare un misero salario ma che inquinano alla base le relazioni fra Stato e cittadino? Molti migranti non potranno mai denunciare i soprusi ad una procura, sanno di non essere creduti, sanno che rischierebbero molto e con scarsi risultati. Per molti e molte la divisa è sinonimo a prescindere di elemento di paura, come avveniva e ancora avviene fra il sottoproletariato autoctono delle metropoli. Diffidenza e sfiducia totale in una giustizia percepita – a torto o a ragione – come nemica e fonte di pericolo costante. E allora, quando giustamente ci si indigna per gli insulti rivolti ad un agente da un manifestante e si esalta la capacità di non reagire dell’agente stesso, quando si costruiscono stereotipi penosi adatti solo ai giornalisti di Repubblica (agente bravo vs manifestante violento) si pensi al vivere  nelle metropoli, si pensi alla quotidiana violenza delle istituzioni verso i soggetti definiti devianti ma più agevolmente punibili, si pensi alle razzie condotte fra chi vende prodotti contraffatti, alle tante vite in fuga appese ad un filo. Si pensi ai tanti morti per mano di una violenza da caserma che ha superato i limiti, ai tanti processi in corso e a quelli che non si apriranno mai perché della vittima non importa nulla a nessuno. Farebbe bene, ci farebbe bene, pensare ad una nuova e migliore declinazione della parola “democrazia”

Stefano Galieni

05/03/2012

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Roma, 12 maggio 1977

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