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Dopo 34 anni di civlità nelle cure per la salute mentale, la legge Basaglia sotto tiro anche con questo governo

Post n°6771 pubblicato il 08 Agosto 2012 da cile54

La libertà è terapeutica

Da alcuni giorni sta girando un appello redatto da alcuni psicologi, contrari alla riforma della legge Basaglia sul trattamento dei pazienti con problemi psichiatrici proposta alle Camere a fine giugno. In particolare, com’è noto, la legge 180 del 1978 ebbe il merito di decretare la chiusura dei manicomi, e di provare a tradurre in realtà un approccio diverso alla malattia mentale, affrontando la questione senza la costrizione e concentrandosi sulla ricerca di una buona qualità della vita dei pazienti.

Il disegno di legge che cambierebbe questo principio porta il nome di Carlo Ciccioli, deputato Pdl e relatore del testo elaborato da un comitato in un percorso iniziato con una proposta del 2009 dello stesso Ciccioli. «A far discutere è innanzitutto l’articolo 4 -scrive Affaritaliani-, dedicato agli “interventi sanitari obbligatori e necessari” [...], da attivare “quando la garanzia della tutela della salute è ritenuta prevalente sul diritto alla libertà individuale del cittadino”. […] Un altro punto assai criticato è l’articolo 5 che, in sintesi, prolunga fino a 12 mesi il periodo di “trattamento necessario extraospedaliero prolungato, senza consenso del paziente”. Il trattamento necessario extraospedaliero prolungato, si legge nel testo della proposta, “è finalizzato a vincolare il paziente al rispetto di alcuni principi terapeutici, quali l’accettazione delle cure e la permanenza nelle comunità accreditate o nelle residenze protette, per prevenire le ricadute derivanti dalla mancata adesione ai programmi terapeutico-riabilitativi”. Molto critica la posizione dell’Unasam (Unione nazionale delle associazioni per la salute mentale, ndr): “L’approvazione della proposta di legge -commenta l’associazione- è un atto di gravità inaudita che non fa onore ai parlamentari che l’hanno approvata e che rischia di riportare il nostro Paese indietro di 35 anni, riproponendo metodi e luoghi di internamento indegni di un Paese che ha scelto la civiltà e il progresso sancendo il definitivo superamento dei manicomi e di tutto ciò che essi rappresentavano”».

Ciccioli, nel difendere la bontà del suo testo, argomenta sottolineando come in Italia sia sempre difficile cambiare le cose, per un generico pregiudizio contro il nuovo, in favore dello status quo: «Dopo 34 anni, che ci sia una revisione della normativa è più che giusto, perché le leggi d’intervento non resistono mai 34 anni». C’è da dire che l’Oms (Organizzazione mondiale per la sanità) ha dichiarato la Basaglia legge d’eccellenza, tanto che dopo la sua approvazione nel 1978 molti altri Paesi adottarono norme simili, sull’esempio italiano. Ciccioli continua citando alcuni effetti non previsti dalla 180: «La legge Basaglia ha infatti avuto il merito di chiudere i manicomi: tra i suoi effetti perversi e involontari c’è stato però l’abbandono in strada di tanti pazienti psichiatrici, o l’abbandono in famiglia, per chi ne aveva una. È una legge che tutela la malattia ma non la persona: noi vogliamo tutelare la persona e aggredire la malattia».

Ma allora perché prima non si fa un controllo per capire come mai certe disposizioni non sono state rispettate fino a ora? Dalle colonne del blog Doppiozero, Pietro Barbetta si pone la stessa domanda: «In molte parti d’Italia la Centottanta non è stata mai applicata, si è sempre disastrosamente fatto, illegalmente, ciò che verrebbe legalizzato ora, non mi pare che dove già si svolgono queste operazioni ci siano centri di eccellenza psichiatrica. Questa legge è una sorta di condono edilizio mentale. È paradossale: dopo l’encomiabile proposta di chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari avanzata da Ignazio Marino, viene proposto l’opposto per gli ospedali psichiatrici non giudiziari. Viviamo in un paese pronto a una diagnosi di dissociazione».

Fonte: blog Zeronegativo

 
 
 
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