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Fecondazione assistita: sentenza a Cagliari. È la prima volta dall’entrata in vigore della legge 40 bocciata dall'Europa

Post n°7075 pubblicato il 16 Novembre 2012 da cile54

I Centri di Fecondazione assistita debbono offrire anche l’analisi preimpianto

L'ordinanza del magistrato in sostanza dice ai Centri pubblici che, se hanno un laboratorio di citogenica attrezzato per eseguire la fecondazione assistita, debbono dotarsi di strutture in grado di offrire anche la diagnosi di preimpianto a chi lo richieda o, in alternativa, debbono legarsi in convenzione con adeguate strutture sanitarie esterne”.

Il giudice del tribunale di Cagliari ha riconosciuto il diritto alla diagnosi preimpianto a una coppia formata da una donna affetta da talassemia major e da un uomo portatore sano della malattia. È  la prima volta che succede dall’entrata in vigore della legge 40 che regola la procreazione medicalmente assistita: fino ad oggi la norma infatti consentiva la pratica diagnostica solo alle coppie sterili o a quelle in cui il partner maschile avesse una malattia sessualmente trasmissibile, come l'Aids.

I due avevano fatto ricorso al tribunale dopo il rifiuto del laboratorio di citogenetica della struttura pubblica di procedere alla analisi di preimpianto, malgrado la legge 40 ne riconosca la possibilità perché lei malata e lui portatore sano per verificare prima di continuare la procedura se l’embrione è affetto dalla patologia dei genitori.

Oggi il giudice ha dato ragione alla coppia."L'ordinanza in sostanza dice ai centri pubblici che, se hai un laboratorio di citogenica attrezzato per eseguire la fecondazione assistita, ti devi dotare di strutture in grado di offrire anche la diagnosi preimpianto a chi lo richieda o, in alternativa, devi legarti in convenzione con strutture sanitarie esterne”, ha spiegato Filomena Gallo, segretaria dell'associazione Luca Coscioni che ha reso pubblica la notizia in una conferenza stampa.

 “Un passo avanti fondamentale: dei 76 centri pubblici di procreazione medicalmente assistita attualmente esistenti nessuno offre la diagnosi preimpianto, che era vietata dalla legge 40 ma poi è stata autorizzata dalle linee guida Turco del 2008 e dalle innumerevoli sentenze di questi anni".

La sentenza dunque corregge un’anomalia italiana, dopo che anche la Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo aveva bocciato ad agosto la stessa legge 40 perché violava l’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione europea dei diritti sull’uomo.

In quell’occasione la coppia, che aveva fatto ricorso e si era vista dare ragione dalla Corte europea, era portatrice di fibrosi cistica, e aveva denunciato all'Europa che la normativa italiana gli impediva ad accedere alla diagnosi preimpianto degli embrioni.La sentenza specificava che la scelta era dovuta a un’incoerenza nella legge, che non permetteva la diagnosi preimpianto, costringendo agli aspiranti genitori di dover procedere alla cieca alla procedura di impianto degli embrione; ma contemporaneamente in un altro punto la norma consentiva loro  di accedere a un aborto terapeutico in caso che il feto venisse trovato affetto da fibrosi cistica.Dopo questa sentenza dunque, le strutture pubbliche che eseguono interventi di procreazione medicalmente assistita dovranno dotarsi di attrezzature che permettano alle coppie, affette da malattie genetiche, la diagnosi di preimpianto.

UN AFFARE DI EURO - Anche perché il divieto è stato aggirato. Trentamila euro per avere accesso alla diagnosi preimpianto nel tentativo di concepire un figlio sano è stata la cifra che una coppia di Torino ha dovuto sborsare per evitare che il figlio nascesse, come i suoi genitori, affetto da una grave malattia genetica. Ora, questi due aspiranti mamma e papà chiedono che lo Stato italiano gliela rimborsi. E perciò si sono rivolti al tribunale del capoluogo piemontese, dove «è già stato depositato il ricorso». «La coppia è affetta da una traslocazione cromosomica bilanciata, una condizione che comporta il rischio altissimo di aborto e di malformazioni del feto», ha speigato Maria Paola Costantini, avvocato della coppia che ha seguito diversi casi di battaglie legali contro la legge 40. «Dopo che la Asl ha negato la diagnosi preimpianto prima di accedere alla fecondazione assistita, si sono rivolti a un centro spagnolo e poi a uno italiano, ma privato, per poter utilizzare questa tecnica. Hanno speso circa 30 mila euro». Alla coppia torinese si aggiunge il caso di una coppia di Venezia con fibrosi cistica, che ha speso 20 mila euro in Spagna per lo stesso motivo. Anche loro stanno per depositare il ricorso al tribunale. «L'idea che sosteniamo - conclude il legale - è che dovrebbe esserci almeno un centro pubblico di riferimento in ogni Regione che effettui la diagnosi preimpianto».

19 RICORSI - Come c'era da spettarsi diversi i commenti politici: Quella appena emanata dal Tribunale di Cagliari sulla legge 40 è «la sentenza numero 19: si tratta di una specie di via crucis infinita che dimostra come la legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita sia una legge ideologica» ha commentato Emma Bonino, il vice presidente del Senato durante la conferenza stampa promossa alla Camera dall'associazione Coscioni per illustrare i contenuti della sentenza. Una legge, ha osservato Bonino, «quando è fatta fuori dal contesto del rispetto della scienza e dell'individuo, espone poi a drammi giudiziari e personali». Le 19 coppie che hanno fatto ricorso, ha sottolineato Bonimo, «sono la punta dell'iceberg rispetto a migliaia di coppie che invece hanno subito la 'sragionevolezzà di questa legge. Queste 19 coppie hanno cioè avuto la forza, anche economica, di opporsi». E, riferendosi alla recente sentenza della Corte europea che boccia la legge 40, Bonino ha sottolineato la richiesta già avanzata al governo di «non fare ricorso»: «la scadenza per il ricorso è il 28 novembre e ad oggi constatiamo che alcun ricorso è stato presentato».

Fonte: www.geniodonna.it/

 
 
 
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