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« C’è qualcosa di orrendo ...Le dittature orientali e... »

Italia terra di morte, di lavoro, non lavoro e ingiustizia. Coppia si suicida per la crisi, il fratello di lei si getta in mare

Post n°7596 pubblicato il 06 Aprile 2013 da cile54

Siamo al capolinea. La crisi fa vittime su vittime mentre il teatrino della politica continua indisturbato, come se nulla stesse accandendo. In fondo c'è chi pensa che la crisi sia solo psicologica o chi una cosa naturale che passa da sola come un raffreddore. Ma intanto la gente è massacrata, sprofonda nella povertà e, a volte, ci muore perché disperata. Oggi, due coniugi si sono tolti la vita, impiccandosi uno accanto all'altro in uno stanzino vicino al garage di casa. E' successo a Civitanova Marche. Lui si chiamava Romeo Dionisi, aveva 62 anni ed era un muratore disoccupato che da mesi non riusciva a farsi pagare neanche i vecchi lavori svolti. Lei si chiamava Annamaria Sopranzi, aveva 68 anni e viveva con una pensione di 500-600 euro. Appena appresa la notizia, il fratello della donna, Giuseppe, 72 anni, si è ucciso gettandosi in mare. Non ci sono dubbi, il motivo della loro morte è riconducibile alle difficoltà economiche. 

Prima di togliersi la vita, i coniugi hanno lasciato un biglietto in cui chiedevano perdono per il gesto estremo. Il sindaco li aveva anche invitati a parlare con i servizi sociali, ma loro non hanno accettato per troppa vergogna.

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Quanti omicidi d'austerità ancora per risanare i conti?

Romeo, Annamaria e Giuseppe si sono uccisi uno dopo l'altro a Civitanova Marche.

Come per i morti sul lavoro, non c è alcuna tragica fatalità nella strage che ha visto autodistruggersi una intera famiglia di sessantenni. Fanno bene i dirigenti della CGIL Marche a rompere il solito velo di ipocrisia che copre questa e le altre tragedie che si susseguono.

Questi tre poveri morti sono vittime delle controriforma Fornero delle pensioni. Si può dire tutto quello che si vuole, ma se il lavoratore non avesse subito quella terribile condizione di non avere né lavoro né pensione a 62 anni, una età per cui se perdi il lavoro per il mercato sei già morto. Se a questa sua condizione non si fosse sommata quella della pensione di fame della moglie, e se tutto questo non si collocasse nel massacro dell'austerità, non ci sarebbe stata la terribile catena di suicidi che oggi ci lascia una rabbia tanto profonda quanto impotente.

Quanti sono oramai gli omicidi dell'austerità nel nostro paese?

Il disoccupato di Trapani che si è impiccato con in mano la Costituzione, l'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro. O quello che si è dato fuoco davanti al parlamento. O l'ultimo piccolo imprenditore strangolato dalle banche che non ce l' ha fatta più.

Quanta gente dovrà morire ancora, prima che si capisca che le politiche di austerità sono assassine?

Abbiamo da poco commentato una ricerca della rivista medica Lancet, che ha misurato in Europa il rapporto tra tagli allo stato sociale e distruzione della salute dei cittadini.

Ci sono le patologie e gli omicidi da austerità, come nella strage che colpisce il lavoro. Ma su questa almeno si aprono le inchieste e a volte, come alla Tyssen Krupp di Torino, ci sono persino condanne esemplari dei colpevoli.

Tuttavia, nonostante i processi, la strage del lavoro continua ed è proprio l'austerità che l'alimenta. Anche perché la strage di austerità non rientra nel codice. Come per chi oggi provoca le vittime di guerra, essa gode di una assoluzione preventiva, non ha responsabili né colpevoli.

Quella della austerità è una guerra che i governi e le classi dirigenti conducono contro il proprio popolo. Una guerra umanitaria naturalmente, come tutte quelle che si fanno oggi. Una guerra con il supremo obiettivo di rendere nuovamente virtuosa e competitiva l'economia e che inevitabilmente provoca danni collaterali. Che tutti i potenti deprecano e condannano, salvo poi continuare esattamente come prima.

Se si bombarda una città mirando alle opere militari, gli esperti sanno perfettamente calcolare quale sarà la percentuale minima inevitabile di vittime civili.

Se, per mantenere quel pareggio di bilancio a cui ci siamo impiccati obbedendo ai diktat della Troika europea, si devono tagliare spese per il lavoro, per le pensioni e la sanità; se così si taglia, una percentuale definita di persone verrà brutalmente colpita nelle condizioni di vita, nella salute e nella dignità. E una parte di esse non potrà reggere alla disperazione.

Si sa benissimo che accade e perché accade, ma si continua. Il codice ed il mercato assolvono preventivamente gli autori di questa criminalità economica.

Come diceva Charlie Chaplin in Monsieur Verdoux, se uccidi una persona sei un assassino, un milione sei uno statista.

Quanta gente ancora dovrà essere uccisa dalla austerità, prima che essa sia cancellata e condannata come socialmente e moralmente esecrabile e i suoi responsabili chiamati a risponderne?

Giorgio Cremaschi

05/04/2013 www.liberazione.it

 
 
 
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Roma, 12 maggio 1977

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