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Privatizzazione sanità: il caso del Piemonte. Intervista a Eleonora Artesio, consigliera di Rifondazione Comunista/FdS

Post n°7716 pubblicato il 04 Maggio 2013 da cile54

"Sanità, il pericolo è la privatizzazione di fatto. Ecco come..."

Cosa sta accadendo in Piemonte per quanto riguarda la privatizzazione della sanità?

La situazione piemontese ha delle caratteristiche originali. E’ l’unica regione del nord sottoposta ad un piano di rientro e quindi si trova in una situazione di controllo sulle azioni di rientro del piano sanitario a cui partecipano soggetti come il ministero della Sanità. A questo la Giunta ha associato l’assegnazione di alcune competenze ad una figura esterna al mondo dei servizi pubblici, cioè un manager della Fiat Iveco. L’operazione che questo assessore ha fatto è stata quella di nuova architettura istituzionale in cui compare un livello intermedio tra le aziende sanitarie e la Regione, ovvero la federazione sovrazonale.

Invenzione pura. Come è stata giustificata?

Questa operazione è stata giustificata con l’idea di dare la gestione, nelle aree no core, dai magazzini all’amministrazione tanto per intenderci, ad amministratori delegati nominati dalle aziende sanitarie che rispondessero direttamente all’assessore. Quindi, si pone da subito un problema di democrazia e di regole, perché i direttori rispondono direttamente alla Regione ma, dall’altro lato rispondono alle conferenze dei sindaci che intervengono sulla definizione delle priorità e valutano l’operato dei direttori generali. Queste nuove figure, ivnece, rispondono solo al proprio consiglio di amministrazione. Così si salta il controllo sociale. E la questione che ha preoccupato molto rispetto alle prospettive future era il fatto che in capo a queste federazioni ci fossero nuove modalità organizzative, dal project financing al partenariato con il privato puro che interviene nel campo dell’informatica, dei trasporti della gestione dei magazzini. In qualche modo è stata ipotizzata una sorta di ingresso di quella imprenditoria che del mondo sanitario non si è mai occupata, eppure sbandiera lo slogan del “privato è bello”. Un modello diverso dalla Lombardia, vorrei sottolineare, che invece ha un rapporto con un erogatore di cura privato. Questo tipo di privato che si sta affacciando all’interno del sistema piemontese è un privato a prescindere, che non ha la cura della sanità ma dei processi organizzativi, sui quali sottrae gestione e direzionalità. Tutto entra nel calcolo dei budget del consiglio di amministrazione.

Un modello complesso, però…

Non è finita, perché a questo hanno associato il fondo immobiliare. Ad un certo punto è cominciata a crescere con la scusa della ricerca delle risorse aggiuntive a causa dei tagli la possibilità che un modo per risolvere la crisi di liquidità potesse essere il fondo immobiliare: 66% dal pubblico e il 33% dal privato. Il pubblico, le aziende sanitarie; e il privato, fondazioni bancarie e assicurazioni sanitarie. Il fondo immobiliare prende le garanzie dal patrimonio asl, che in questo modo avrebbero dovuto avere in cambio quote di partecipazione. Ovviamente poi le aziende stesse avrebbero dovuto pagare un canone di locazione per il le strutture. Il vantaggio accampato è che le asl avrebbero avuto risorse subito.

Una cosa molto simile sono le cartolarizzazioni.

Simile, sì, ma non è la tessa cosa. La cosa che però oltre ad avere questo aspetto inedito inquietava è che in capo al fondo immobiliare si sarebbero messe anche le funzioni legate alla gestione del patrimonio. Quindi di nuovo una operazione per cui ad occuparsi di ampliamento e cura degli edifici fino alle tecnologie non sarebbe stato il direttore generale ma un altro ente, del tutto opaco rispetto al rapporto con i cittadini. Tutta questa vicenda ha livelli di realizzazione diversi. Le federazioni sono nate un anno fa, e stanno ricevendo una resistenza passiva da parte del personale sanitario di tutti i livelli. Tanto che la resistenza passiva sta provocando dei costi aggiuntivi, e il ministero ha messo in mora il Piemonte chiedendo di giustificare quale profitto trae da una operazione del genere. Sul fondo immobiliare, la parola d’ordine della vendita degli ospedali ha suscitato immediatamente l’opinione contraria dei cittadini che ovviamente sono attaccati ai loro ospedali.

E questo ha bloccato il processo?

Non arriveranno a metterlo in campo, tanto è che la stessa Giunta sta tergiversando. L’assessore se ne è andato un mese fa sbattendo la porta contro la politica. L’accusa è di incapacità a governare i costi.

Vuol dire che la privatizzazione fa un passo indietro?

Non direi. In mezzo c’è quello che accade nel quotidiano sul piano della qualità dei servizi. E che riguarda una convinzione che ho, e basta vedere i dati. Cioè che con questa riduzione costante dei trasferimenti non saremo più in grado di garantire i livelli essenziali di assistenza. Dentro questo quadro c’è una grande ipocrisia. Nella riforma del titolo quinto sono stati definiti sì i livelli e quindi gli obblighi di chi fornisce il servizio, ma quello che è saltato però è il rapporto tra le risorse trasferite e la garanzia del rispetto di questi livelli essenziali. A ogni riduzione si è sostenuto che sì le risorse erano minori e il trend concordato nel patto con la salute della crescita del 3-4% annuo si è interrotto ma non bisogna preoccuparsi perché si sta incidendo su sprechi e inefficienza. E’ ragionevole ragionare che nelle macro organizzazioni ci possono essere delle inefficienze ma a volte la dispersione è in qualche modo nello svolgimento del servizio stesso quando, per esempio, la popolazione stessa è distribuita su un’area ampia. o casi particolari come le malattie professionali particolari. Tutto questo quando parlano di sprechi può essere raccontato, come la vicenda della siringa. Il problema è che governare gli sprechi vuol dire guardarli da vicino. La realtà, alla fine, è che se lo fai a distanza di fatto usi il taglio lineare della spesa e l’unica cosa che ti succede è che gli sprechi non li riduci e così metti a rischio la qualità dei servizi.

Per esempio?

Hanno bloccato il turn overe con la perdita di 2.750 unità lavorative nel combinato disposto di tagli e piani di rientro. E la ricerca che fine fa? E le eccellenze? E questo è stato sbandierato come un risparmio di 25 milioni. Si sono prodotte le liste di attesa, non quelle classiche di diagnostica ma quelle del ricovero per anziani e non autosufficienti. Persone che da due anni hanno avuto la certificazione e che invece stanno pagando la loro assistenza e siamo a quota 30mila in lista di attesa.

Ecco, siamo al punto credo…

In questa vicenda qui mi son dovuta ricredere sui criteri di interpretazione del rapporto pubblico-privato. Dentro la spending review c’è anche una ricontrattazione dei contratti con la sanità privata. Il privato accreditato si è visto ridurre del 5% la remunerazione. Quindi, pensare che i tagli rappresentino il favore verso il privato non è l’interpretazione più giusta. Il problema è che è possibile che il privato raccolga una domanda che non è più soddisfatta nel pubblico, che non riesce più a garantire i livelli minimi. E questo lo vediamo abbastanza sui ticket. Quando il governo fece a giugno il mancato rimborso e quindi obbligò le Regioni ad aumentare i ticket quello che venne fuori è che il cittadino va con la sua prescrizione con la ricetta e si sente dire dal privato che se viene con il sistema convenzionato pagherà la tua quota parte ma se viene privatamente pagherà solo 10 euro in più. Questo movimento sposta verso la gestione privatistica, non c’è dubbio. Il privato sta recuperando gli spazi, che nella spending review sono stati tagliati, in una sorta di competizione nell’offerta con il pubblico e l’obiettivo è il cittadino che paga di tasca sua. Aumenterà tutta questa parte di popolazione che finché può paga. Magari si può anche cominciare a pensare che su questo modello si può innescare quello delle coperture assicurative. L’ingresso di un sistema assicurativo nella sanità perché ormai si dà per scontato che i lea non saranno più garantiti e quindi le persone che possono assumono su di sé l’onere, sta nei mumeri.

Fabio Sebastiani

04/05/2013 www.controlacrisi.org

 
 
 
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Roma, 12 maggio 1977

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