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La situazione italiana era molto meno disuguale negli anni 60 e, da metà anni 70, finché c'è stata la scala mobile

Post n°7908 pubblicato il 25 Giugno 2013 da cile54

Italia disuguale, più di tutti gli altri  

Una ricerca commissionata dall'Unione Europea conferma che le disuguaglianzesociali sono cresciute enormemente, e che in Italia sono cresciute più deglialtri paesi. Negli anni settanta era esattamente il contrario.
I dati sulla crescita delle disuguaglianze sociali in Italia, erano già emersimesi fa da una ricerca condotta dall’Istat e dal Cnel sulle condizioni di vitadelle famiglie italiane, dove invece del classico Pil era stato adottato infattiun nuovo indicatore, detto di Benessere equo e solidale.
Quel dato viene adesso confermato da una ricerca internazionale commissionatadall'Unione Europea ad una serie di università. La ricerca porta ladenominazione di "Gini Growing Inequality Impact" e i suoi risultatidefinitivi verranno resi pubblici con due "tomi" a dicembre, ma dalleanticipazioni già emerge non solo la crescita delle disuguaglianze sociali neipaesi capitalisti, non solo che il trend è in crescita anche in paesi inimmaginabilifino a poco tempo fa come la Svezia (dove è andato al governo ilcentro-destra), ma che tra i paesi più "disuguali" in assoluto c'èproprio l'Italia, battuta nell'Unione Europea solo dal tempio del liberismocioè la Gran Bretagna.

La disparità nella distribuizione dei redditi è stata misurata con l'indice diGini: si tratta di un indice di concentrazione il cui valore può variare trazero e uno. Valori bassi indicano una distribuzione abbastanza omogenea, valorialti una distribuzione più disuguale, con il valore 1 che corrisponderebbe allaconcentrazione di tutto il reddito del paese su una sola persona. Dallo studioemerge che, alla fine della prima decade degli anni Duemila, l'Italia ha unindice di Gini pari a 0,34: ovvero, due individui presi a caso nella popolazioneitaliana hanno mediamente, tra di loro, una distanza di reddito disponibilepari al 34% del reddito medio nazionale.
La fotografia che usciva dalla ricerca del Cnel e dell'Istat di mesi fasull'Italia era già impietosa e, tra i numeri più sconvolgenti, ci sono quelliche descrivono una realtà con circa l’11% degli italiani in grave difficoltà.

Si tratta di circa 7 milioni di individui, 2,5 milioni in più di quelli registrati solo un anno fa. L'economista Antonella Stirati sottolineagiustamente "lo sappiamo tutti che il reddito di un lavoratore dipendentedel pubblico o del privato, varia mediamente dagli 800 ai 1.200 euro al mese. Pensare che in queste condizioni, soprattutto quando siamo in presenza di unafamiglia con figli, ci possano essere serie difficoltà ad arrivare a fine mesenon sorprende assolutamente”. E proprio il tema dei redditi è uno deglielementi più significativi che emerge dalla ricerca, perché viene messo in luceun fenomeno di dilagante diseguaglianza che preoccupa non poco tutti gliosservatori.


Il divario tra il 20% di popolazione più ricca e il 20% di quella più povera è aumentata infatti nel 2011, ultimo dato disponibile, del 5,6% e c’è daimmaginare che nell’ultimo anno la situazione sia ancora peggiorata. “L’Italianegli Anni Settanta, dopo l’uscita dalla fase post-bellica – sottolinea ancorala Stirati – era un Paese con un basso livello di diseguaglianza. Nel corso diquesti ultimi decenni la situazione però è degenerata e oggi, non dico cheassomigliamo a società di tipo sudamericano, ma di certo la nostra strutturasociale si è avvicinata enormemente a quella di Paesi come Stati Uniti e GranBretagna, che rappresentano le economie a più alta diseguaglianza tra quelleoccidentali, piuttosto che a campioni (ma qui sarebbe meglio aggiornare con excampioni, NdR) dell’uguaglianza sociale come la Svezia”.


Il Sole 24 Ore di oggi, commentando il rapporto commissionato dall'UnioneEuropea, è stato costretto ad ammettere che "L'Italia fa parte del gruppodei paesi mediterranei, nei quali si evidenziano livelli di disuguaglianzaabbastanza alti. La situazione italiana era molto meno disuguale negli anniSessanta e, da metà anni Settanta, finché c'è stata la scala mobile (nel 1992l'indice di Gini era di circa 0,27). Poi l'indice di disuguaglianza è schizzatoverso l'alto, rimanendo in seguito abbastanza piatto". E ancora parlanomale degli anni Settanta e delle conquiste sociali che hanno portato?

Stefano Porcari

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