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A Torino non c'č solo la stazione di Porta Susa che č grottesca, lo č tutta la politica amministrativa della cittā

Post n°8137 pubblicato il 26 Settembre 2013 da cile54

Situazione indegna di una città come Torino

Considerando che la nuova Stazione diTorino Porta Susa è stata inaugurata nel gennaio di quest’anno e presentatacome un “fiore all’occhiello”, che «collega Torino all’Europa», ci saràqualcuno che vorrà replicare al dettagliato racconto di un nostro Lettore condisabilità, che in quella Stazione ha registrato invece, solo qualche giornofa, una situazione drammaticamente carente sul piano dell’accessibilità edell’informazione?

«È possibile – ci scrive Antonio daTorino – che in una domenica pomeriggio di settembre inoltrato, alla nuovaStazione Porta Susa di Torino, scintillante di modernità, aspirante al primatocittadino sull’antica blasonata Porta Nuova, non funzionino gli ascensori? Eche non vi sia modo, ad esempio per una persona in carrozzina, né di accederealla stazione né di parlare con qualche operatore se non percorrendo centinaiadi metri, la distanza, cioè, che intercorre tra l’Ingresso A e l’Ingresso D,giacché gli Ingressi B e C, chissà per quale motivo, presentano gradini e nonsono accessibili?».

A quanto pare è proprio possibile e perquesto ben volentieri cediamo la parola al Lettore, il cui dettagliato raccontorischia talora di rasentare i confini del grottesco, ad esempio quando sipropone di segnalare alla Sala Controllo l’inaccessibilità degli ascensori,tramite un citofono che proprio dentro a quegli ascensori (inaccessibili) sta…

«Intorno alle sette di sera – scriveAntonio -, tornando a casa dal centro, come altre volte, prendo il Bus n. 55 escendo a Porta Susa, pronto a balzare sulla metro che mi porterà a casa. Midirigo quindi verso l’ascensore esterno: tasto di chiamata (e sorvoliamo sulposizionamento delle pulsantiere, che contravvengono ogni criterio ergonomico,nonostante la pregressa esperienza della metro), ma nessuna reazione. Non unaspia accesa, non un movimento. Sarà guasto. Càpita. Torno indietro (e quisorvoliamo sul fatto che se non avessi una carrozzina a motore, la cosa sarebbeassai gravosa) e mi dirigo verso gli ascensori interni. Quello sulla destra èfuori servizio per manutenzione. Quello sulla sinistra ha l’accesso sbarrato dauno di quegli oggetti in plastica gialla che stanno a dirti più o meno lastessa cosa: “non funziona”, oppure “lasciaci lavorare”. Mi guardo intorno allaricerca di un citofono o di un umano in veste di operatore. Deserto. Un signorein attesa di qualcuno o qualcosa mi dice che c’è un ingresso più in là, ma èparecchio lontano. Non passa molto e arriva un giubbotto arancione con unsimpatico ragazzone dentro, che sta per entrare in stazione e ha tutta l’ariadi lavorarci. Chiedo a lui. Mi confessa di essere l’idraulico e di non sapernenulla, ma con un gesto che stupisce favorevolmente – purtroppo, perché insolito-, invece di proseguire per la sua strada, si ferma con me, cerca sul suocellulare il numero della Sala Controllo, contatta gli operatori e spiega ilproblema. In risposta: il consiglio di recarsi all’Ingresso B. Lo ringrazio perl’aiuto e la gentilezza e proseguo verso l’ingresso indicato, ma una voltaarrivato lì, constato che è un ingresso per tutti ma non per me, perché con lacarrozzina a motore quei gradini non c’è proprio modo che di salirli».

«Proseguo – continua Antonio -, aumentala pressione sanguigna e il nervosismo misto all’incredulità. L’Ingresso C ,come già sapevo, è altrettanto inaccessibile. Quando sto per schiumare dirabbia, passando in rassegna tutte le imprecazioni più note all’indirizzo diprogettisti, architetti, committenti, gestori e consulenti delle Ferrovie,giunge di corsa un giovane addetto dalla Sala Controllo, scusandosi per iltempo impiegato a raggiungermi e spiegandomi che non sapeva dov’ero conprecisione, a quale punto del lungo tunnel doveva raggiungermi. Ecco,schematicamente, quello che ci siamo detti nel (lungo) cammino fatto insieme ilsottoscritto (S) e l’addetto (A):

“A: Ci scusi, ci hanno telefonato,l’abbiamo vista con le telecamere, ma dovevamo capire dove si trovavaesattamente…”; “S: Va bene, ok. Certo, però, che se ci fosse un qualche mezzoper mettersi in comunicazione con voi, che so, un citofono, avrei potutodirvelo io stesso…”; “A: Il citofono c’è, dentro gli ascensori…”; “S: Sì, ma sedentro gli ascensori non ci si arriva…”.

E ancora:

“A: Dobbiamo andare all’Ingresso D,prendere l’ascensore, scendere, ripercorrere la strada indietro sino agliascensori 6 [credo che abbia detto 6; quel che è certo è che è un sacco distrada]”; “S: Certo che se avessi dovuto spingere la carrozzina a braccia ozompettare sin lì con le stampelle…”. E qui aggiungo uno dei miei refrainpreferiti sui percorsi “speciali” per disabili: la logica vorrebbe che le“persone a ridotta mobilità” (eufemismo tra i tanti, ma forse tra i menobugiardi per dire carrozzati, stampellati e simili) fossero messe in condizionedi percorrere meno strada degli altri, bipedi normodotati, non di più. Non soperché, al contrario, si progettino i percorsi più astrusi, sempre “altri”,sempre diversi, e sempre più lunghi, rispetto a quelli “normali”, che sono“normalmente” inaccessibili.

Infine:

“S: Ma scusa [ormai siamo passati al“tu”], da quanto tempo sono fuori servizio, gli ascensori?”; “A: Quattrogiorni”; “S: Quattro giorni? Non ci posso credere!”; “A: Hai ragione, ma laTyssen ha l’appalto per la manutenzione e stiamo aspettando…”; “S: Da quattrogiorni? Aspettiamo che la Tyssen abbia voglia di ripristinare gli ascensori(non un ascensore, ma quattro) della principale stazione di Torino?”.

«A questo punto – conclude il nostroLettore – ho pensato che le possibilità fossero due, anzi tre: o le cose nonstavano esattamente come mi sono state riferite; o chi ha “disegnato” l’appaltopensava di gestire un condominio e non una stazione, fissando condizioni checonsentono al manutentore di riparare gli ascensori con molta, molta calma;oppure, ancora, gli accordi vengono violati.

Il dato di fatto incontestabile, però, èche la Stazione Porta Susa di Torino è drammaticamente carente sul pianodell’accessibilità e dell’informazione e che quel giorno, se invece di dovertornare a casa in metro avessi dovuto prendere un treno, l’avrei perso».

Anche considerando quindi che la nuovaStazione di Torino Porta Susa è stata inaugurata il 14 gennaio di quest’annodall’allora presidente del Consiglio Mario Monti e che all’epoca l’operazionevenne presentata con parole roboanti quali «La nuova Porta Susa collega Torinodritto in Europa», ci sarà qualcuno che si sentirà chiamato in causa daldettagliato racconto di Antonio e che vorrà in qualche modo replicare? Lenostre pagine, come sempre, sono del tutto aperte. (S.B.)

Ringraziamo Paolo De Luca per lasegnalazione.

25/09/2013 Fonte: www.superando.it 

 

 
 
 
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Roma, 12 maggio 1977

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